Dott. Antonio Russo psicologo clinico e forense

Dott. Antonio Russo psicologo clinico e forense

Esperto psicodiagnosta si occupa di adolescenti e adulti esercitando l'attività di psicoterapeuta ad orientamento analitico nel suo studio privato.

Si occupa inoltre di neuroscienze e della psicologia forense.

18/06/2024

😱 Uno studio ha rivelato il vero motivo. "La sera non bisogna mangiare: si rischia di...Altro...

01/06/2024
14/02/2024

Nel giorno in cui si festeggia l'amore, da uomo, mi sia consentito dedicare a Voi Donne la mia riflessione. Espressione di gratitudine di un mondo maschile che molto spesso manca di sensibilità e rispetto.
Riportando i versi della grande artista, Fiorella Mannoia, che ha dedicato all'amore parole straordinarie, ne cito le frasi più significative.
"A chi ha perso tutto e riparte da zero, perché niente finisce quando vivi davvero...
A chi trova se stesso nel proprio coraggio, a chi nasce ogni giorno e comincia il suo viaggio.
A chi resta da solo abbracciato al silenzio, a chi dona l'amore che ha dentro...
Che sia benedetta, per quanto assurda ci sembri la vita, è perfetta".
Nel rinnovare a voi tutte i miei auguri, un pensiero particolare va alla donna con cui condivido sentimenti e valori da oltre trent'anni.

20/11/2023

Giulia, la giovane 22enne di Vigonovo scomparsa l'11 novembre insieme all'ex fidanzato Filippo Turetta è stata trovata ca****re una settimana dopo vicino al lago di Barcis, in provincia di Pordenone. Apprendiamo che è stata uccisa dall’ ex fidanzato Filippo Turetta, che al momento si trova nel carcere di Halle, in Germania, in attesa dell’estradizione. Il giovane 22 enne è accusato di omicidio con l'aggravante della premeditazione. L’ha colpita con efferata violenza, fino a renderla esanime, in una strada nella zona industriale di Fossò. Dopo averla accoltellata 20 volte in testa, sul collo, sulle mani e sulle braccia, l’ha trascinata e caricata nel bagagliaio della sua auto, allontanandosi dal luogo dell’aggressione per oltre cento chilometri, dirigendosi lungo un dirupo ed occultando il corpo ormai senza vita sotto una grande roccia. Sarebbe stato lui, stando a quanto emerso in un filmato, ad aggredirla e presumibilmente ucciderla nascondendone il suo corpo. Il giovane aggressore è stato descritto dalla sua famiglia come un “ragazzo tranquillo”, per cui è naturale chiederci come sia possibile che l’ex fidanzata e le famiglie di entrambi non abbiano colto, durante tutto questo tempo, nel comportamento di Filippo i segni di una grave irrequietezza comportamentale, forse mistificata, di cui non sempre se ne è colta la complessità.
In pieno accordo con l’affermazione di esperti operatori del settore e senza alcun riferimento specifico all’indagato, ritengo che non si diventi un pericoloso aggressore da un giorno all’altro. Certamente per il giovane Filippo la separazione e il tentativo di emancipazione dell'ex fidanzata ha slatentizzato una condizione di solitudine, così pervasiva nei giovani, tale da far emergere ancor più la grande incapacità ad accettare la propria partner come altro rispetto a sé. Questa incapacità può essere esemplificata con le seguenti espressioni “tu mi appartieni e non mi interessa quali siano i tuoi bisogni, ti controllo e non accetto che tu mi contraddica o addirittura ti allontani da me”. In tali situazioni confondere l’amore col possesso è un grave errore.
Il femminicidio tra i giovani è un problema serio e preoccupante: Giulia è la vittima numero 105 di questo anno. Certamente il femminicidio coinvolge persone di diverse età, ma non si registravano così tante tragedie nel mondo giovanile prima d’ora. Esistono molte ragioni complesse dietro questi tragici eventi, inclusi problemi di relazione, disuguaglianze di genere, problemi mentali e culturali.
Il comportamento violento, nei moltissimi casi che registriamo, nasce da una condizione di grande fragilità, che non si riesce a gestire, e si trasforma in azione. Si prefigura come una modalità per contrastare angosce complesse, minacce di abbandono, vissuti persecutori che non sono riconosciuti come propri e quindi non elaborati. Il rifiuto, la paura di non essere amati o che la propria donna possa preferire un altro uomo, riattivano tali sentimenti di profonda inadeguatezza, di solitudine che hanno sempre radici profonde. La violenza diventa, allora, un tentativo di controllare, attraverso l’azione, la complessità delle emozioni vissute e quindi di non entrare in contatto con esse. Questi uomini che usano violenza contro le compagne, spesso sono uomini insicuri, insoddisfatti, con scarsa fiducia in sé stessi, terrorizzati dall’abbandono. Sono uomini che piuttosto che lavorare su di sé e sui propri limiti, si ritrovano a riversare sulle donne, ritenute responsabili dei loro fallimenti, tutta la loro rabbia.
Educare i giovani e coinvolgere fattivamente le loro famiglie sul rispetto reciproco, sull'uguaglianza di genere e sulle relazioni sane è fondamentale per prevenire futuri casi di violenza contro le donne. Ciò potrà essere possibile attraverso il particolare contributo di istituzioni, principalmente la scuola e la famiglia, i servizi sanitari e sociali, le associazioni no profit, che dovranno garantire programmi educativi e di sensibilizzazione per affrontare la violenza di genere e promuovere relazioni sane e rispettose.

16/09/2023

L'utilizzo di un'indagine di natura psicopatologica che possa favorire o attenuare in contesti forensi la gravità di comportamenti criminali per vizio mentale, non sempre beneficia in maniera opportuna di quegli strumenti che potrebbero non farci cadere in valutazioni non appropriate.
In questi giorni vengono riportate dai mass media molte situazioni di tale natura, che si avvalgono di perizie psichiatriche per alleggerire o giustificare comportamenti e/o condotte delinquenziali.
Senza dilungarmi in osservazioni di alta complessità, che richiederebbero ben altre e più esaustive trattazioni, mi limito a ricordare che uno dei compiti principali del professionista che si occupa di psicodiagnosi o assessment psicologico riguarda la valutazione della credibilità dei problemi psicologici riportati dall’esaminato. Quando si considera la possibile presenza di un danno psichico, così come quando si decide dell’imputabilità di un criminale che ha commesso un reato, è infatti essenziale assicurarsi che le difficoltà psicologiche lamentate dal periziando siano autentiche/genuine piuttosto che inventate/simulate, come nel caso del “malingering”.
Per fare ciò, diverse società scientifiche internazionali, come la American Academy of Clinical Neuropsychology (AACN), hanno messo a punto delle linee guida specifiche e dettagliate, che sottolineano l’importanza di affiancare al colloquio clinico ed ai vari test di personalità, l’utilizzo di una specifica batteria ad hoc, sviluppata da specialisti qualificati.
Purtroppo dalla lettura di molti elaborati si evidenzia la scarsa applicazione di tali strumenti, che certamente rappresentano, insieme ad altri esami, un utile ausilio di una corretta valutazione. Forse in tal modo sarebbe possibile ridurre quelle incertezze a cui esponiamo talora il giudice nell’esplicazione delle sue funzioni.
A riguardo vorrei inoltre ricordare che trincerarsi dietro valutazioni cliniche diverse in campo criminologico non è espressione necessariamente di letture psicopatologiche differenti, ma……

28/01/2023

Nel lavoro con gli adolescenti è di vitale importanza il sostegno ai genitori al fine di rinforzare un ruolo che, oggi, viene esercitato con grande difficoltà.
In una società caratterizzata dalla crisi delle ideologie, della religione e di valori, la coppia genitoriale si è dimostrata completamente impreparata a questi grandi cambiamenti, i cui effetti hanno determinato, nella maggior parte dei casi, un aumento della conflittualità, in special modo sul riconoscimento del ruolo genitoriale.
La ricerca di una esibita ma scarsamente acquisita autostima, l’assenza di un fisiologico pudore, il bisogno di mostrarsi in ogni momento all’altezza di irrealistiche aspettative di successo, l’attenzione su di sé a discapito della relazione con l’altro, sono solo alcuni dei corollari di una complessa condizione narcisistica con cui ci confrontiamo quotidianamente dentro e fuori del contesto clinico. Ne è prova l’incremento di persone caratterizzate da tali complessi tratti di personalità, a cui certamente contribuisce un ambiente sociale che rinforza l’emergere di questa negativa condizione anche attraverso le istituzioni pubbliche e private che non sempre contribuiscono a determinare buone identificazioni, per assenza di una funzione normativa che costituisce un punto di riferimento con cui l’adolescente si confronta e attraverso cui sviluppa la propria identità.
Quando si parla di narcisismo non si intende solo quello grandioso che si esprime esibendo alte qualità di sè non presenti nel bagaglio delle proprie competenze, ma una diversa e stabile condizione che si manifesta con la prepotenza e l’arroganza, tentando di imporre se stesso o la propria superiorità. Mentre i narcisisti cosiddetti grandiosi ostentano una apparente sicurezza di sè, questi di ultima generazione definiti da alcuni autori narcisisti fragili, necessitano non solo di continue conferme, ma sono costantemente alla ricerca di un apprezzamento anche quando la situazione e le circostanze non lo richiedono, tanto da apparire alquanto grotteschi.
Avevamo già rilevato da tempo questa nuova condizione, presente nelle diverse forme di ansia pervasiva e generalizzata associata ad angosce depressive, che caratterizza una polisintomatologia in pazienti adulti ed adolescenti che afferisce ai servizi pubblici ed ai privati. Tale trasformazione da una condizione edipica ad una condizione di stampo narcisitico ci ha indotto, negli ultimi trent’anni, a rivedere ed ad affrontare le varie fasi evolutive-comportamentali approcciando diversamente la fisiologia della crescita e del disagio giovanile. A riguardo, va osservato che addebitare alla pandemia tali trasformazioni evolutive è alquanto riduttivo, in quanto essa ha, solo, fatto emergere in modo evidente ciò che ancora era, quantomeno parzialmente, sommerso.
L’emergenza sanitaria, e la gestione da parte degli adulti di questa epoca post pandemica, ha messo in evidenza la fragilità di madri, padri, insegnanti e operatori socio-sanitari, che appaiono impotenti a fronteggiare un mondo adolescenziale che non riconosce, talora per la stessa complicità degli adulti che temono di apparire impopolari, quell’importante ruolo genitoriale che rappresenta guida e contenimento per la ricerca ed acquisizione nel proprio percorso identitario giovanile.
Ne è un chiaro esempio l’aggressione subita dalla professoressa Maria Cristina Finatti all’interno della classe ove stava esercitando il proprio ruolo di docente: l’insegnante è stata colpita all’occhio sinistro da un pallino di gomma sparato da uno studente con una pi***la ad aria compressa. Il tutto è avvenuto con la complicità di gran parte della classe, che non ha manifestato, se non tardivamente, sensibilità verso la persona ferita. Cosa ancor più grave, è che la dirigenza dell’Istituto abbia atteso quasi tre mesi per esprimere solidarietà alla propria collaboratrice. In ultimo, un commento inappropriato attraverso la rete televisiva da parte di un personaggio noto ai più, ha rinforzato ulteriormente un comportamento incivile ed in qualche misura delinquenziale.
Tali comportamenti non possono essere demandati poi alle sole cure psicologiche, ma rappresentano la conseguenza di un vuoto sociale e generazionale che tende a produrre confusione e grave malessere. Pertanto è necessario che sin dalla scuola primaria nascano progetti che coinvolgano nella funzione educativa i genitori, gli insegnanti e gli alunni, per favorire una crescita più sana di questi ultimi.

05/01/2023

Il parental abuse
Il reato di maltrattamenti in famiglia è spesso commesso dai genitori nei confronti dei propri figli, ma negli ultimi anni si rileva un aumento dei casi in cui le parti lese sono i genitori e gli agenti, invece, i figli.
Sono trascorsi pochi giorni dalla notizia di una ragazza di 17anni che ha ucciso la madre di 55 anni, maestra elementare, trovata morta nella sua abitazione a Bagheria sulla costa tirrenica della Sicilia. Teresa Spanò, all'età di 55 anni ha smesso di vivere per mano della figlia diciassettenne, rea confessa, che l'avrebbe strangolata durante una lite, ma sarà l'autopsia ad accertare le cause. Dalle indagini condotte dalle forze dell’ordine, fra madre e figlia, che vivevano insieme senza altre presenze in famiglia, c’erano continui litigi.
In Italia Il parental abuse è un fenomeno sottostimato ma sempre più diffuso: non si parla di famiglie disagiate, ma di famiglie integrate nella nostra società. Famiglie insospettabili che vivono ogni giorno la prepotenza di figli che non hanno nè rispetto nè timore. Sono molti gli adolescenti che minacciano, aggrediscono e cercano di imporre il proprio potere e controllo nella relazione con i genitori.
Si tratta di un fenomeno emergente che la letteratura scientifica sta studiando con molta attenzione in quanto si hanno pochi dati di tali drammi familiari, perché i genitori non hanno il coraggio di denunciare i propri figli, cercando di proteggerli ed evitando loro di avere a che fare con la giustizia: preferiscono tenere segreto ciò che avviene all’interno delle mura domestiche, provando vergogna ed anche sensi di colpa, pensando di non averli saputi educare in modo adeguato.
Il “parental abuse” o violenza filio-parentale è, dunque, un fenomeno in crescita che riguarda gli adolescenti che abusano fisicamente, emotivamente e verbalmente dei genitori. Non stiamo parlando di soggetti adulti ma di giovani minorenni che rappresentano un pericolo per l’integrità fisica e mentale dei propri genitori.
In Italia tra il 2015 e il 2021 c’è stato un aumento del 61 per cento delle denunce a carico di minori in ambito familiare.
Secondo la Suprema Corte di Cassazione, il figlio che pone in essere comportamenti violenti, sia fisici che verbali, con la volontà di vessare i propri familiari, facendoli vivere in uno stato di terrore, commette il reato di maltrattamenti in famiglia, se convivente con gli stessi. A riguardo, il Giudice può disporre l’allontanamento dalla casa familiare attraverso una misura cautelare, allo scopo di prevenire ulteriori danni e pericoli per le vittime.
La drammaticità di questo fenomeno in costante aumento non è la violenza parentale che riguarda ragazzi con psicopatologie conclamate, o problemi di tossicodipendenza, ma quella degli adolescenti “normali”, cresciuti in famiglie prive di particolari problematicità.
Questo tipo di violenza consiste nell’umiliazione costante e impietosa del genitore, in un’escalation di aggressività che sembra seguire dei passaggi tipici: eccessiva irritabile, enfatizzazione con teatralità sui danni che ritiene di aver subito; a piccole azioni di danneggiamento subentrano comportamenti intimidatori, la distruzione di oggetti, fino all’aggressione fisica. Benché il fenomeno sia molto complesso, è possibile individuare alcune costanti. Le famiglie mononucleari, composte da madre e figlio maschio, sembrano particolarmente a rischio. Le vittime sono più spesso le madri, tanto che alcuni preferiscono parlare di violenza filio-materna.
Genitori poco normativi e scarsamente contenitivi sono particolarmente tiranneggiati da figli cresciuti nell’idea irrealistica che tutto sia loro dovuto. A volte si tratta di adolescenti ai quali è mancata la possibilità di sperimentare la separazione e l’indipendenza emotiva.
La sottovalutazione del problema è una costante di queste situazioni drammatiche, che tendono ad aggravarsi sempre di più per la presenza di una sorta di collusione tra genitori spaventati e gravati da sensi di colpa e professionisti che non colgono la complessità della situazione relegando il tutto ad una normale conflittualità genitori-figli.

20/12/2022

Quando si descrive la vasta area della patologia cronica ci si trova a confrontarsi con due importanti settori della disciplina sanitaria che si intrecciano tra loro ossia l’area psicologica e l’area pediatrica. Ne deriva che l'eziopatogenesi sia di natura organica con sintomatologia psichica o, viceversa, psichica con sintomatologia organica rappresenta un intreccio di situazioni che vedono comunque al centro del processo di cura il bambino.
Molti sintomi e disturbi di pazienti dell’area pediatrica costituiscono l’immagine somatica di un disagio psicologico, di una conflittualità affettiva e ambientale. E noto che nel bambino “Il corpo è lo strumento, il solo o quasi, prima del linguaggio, attraverso cui esprimere una sofferenza psicologica (Kreisler L. )” . Pertanto alcune funzioni corporee, investite nel processo di sviluppo, sono più facilmente oggetto di somatizzazione. Le emozioni in tal modo subiscono un black-out, in cui la rimozione sembra annullare sentimenti e desideri conflittuali. I sintomi di somatizzazione, quindi, si collocano nell’intersezione tra le due dimensioni che caratterizzano ogni essere umano: la psiche e il soma. Pertanto mente e corpo sono parti inscindibili, la cui non integrazione genera disagio che si può manifestare, come si è già accennato, sia a livello psichico sia a livello fisico.
Molti AA. affermano che i bambini, quanto più sono piccoli, tanto più utilizzano il corpo come “luogo e mezzo” privilegiato attraverso il quale esprimere il proprio malessere. Il corpo è infatti il primo mezzo con cui il bambino si pone in relazione con le figure significative e per questo motivo diviene luogo di veicolazione d’importanti significati riguardanti la qualità dei propri legami affettivi e della strutturazione del Sé. È soprattutto l’ambiente che accoglie il piccolo fin dal periodo prenatale e nei primi mesi di vita a influenzarne lo sviluppo. In particolare, la “preoccupazione materna primaria”, cioè uno stato di particolare empatia, nei confronti del figlio, permette alla madre di svolgere funzioni di holding che favoriscono il realizzarsi di un primo processo d’integrazione somato-psichica. Quando, invece, le modalità di relazione risultano carenti, l’esperienza corporea, non sufficientemente integrata, dà origine al sintomo somatico come tentativo di difesa da sentimenti di angoscia e di disintegrazione . Ne deriva che il bambino apprende a negare il dolore psichico e a registrarlo come dolore corporeo.
Psicologia e pediatria, pur mantenendo una loro precisa identità, si incontrano, per così dire, con un unico scopo: la presa in carico globale del bambino sofferente e della sua famiglia. Bambino, famiglia, malattia, strutture ospedaliere, territoriali, interazione fra le varie figure sanitarie sono temi questi, che verranno affrontati all’interno di questo Master che nasce dalla collaborazione tra DINOGMI dell’Università di Genova e l'IRCCS G. Gaslini, in particolare con un importante contributo del Servizio di Psicologia Clinica. Tale rivisitazione che, già da molti anni, rappresenta il lavoro che si affronta quotidianamente sia all’interno delle varie strutture ospedaliere che ospitano il bambino, sia nei vari ambulatori del territoriale, non ha lo scopo di fornire solo indicazioni teoriche, ma soprattutto affinare nuovi e sempre più validi strumenti operativi per quanti, a vario titolo, si occupano quotidianamente del processo di cura del minore (medici, psicologi, neuropsichiatri infantili, etc). Il personale docente è rappresentato da psicologi e da pediatri che, da oltre 20 anni, lavorano quotidianamente l'uno al fianco dell'altro e si confrontano periodicamente con colleghi di altre strutture ospedaliere quali l’ospedale Pediatrico Bambin Gesù di Roma, l’Azienda Ospedaliera Universitaria Meyer di Firenze ecc.
In quest'ottica ogni contributo descrive e definisce, quindi, l'intrecciarsi di aspetti psicologici e pediatrici con al centro il bambino, la sua famiglia, i caregiver, gli operatori sanitari, sottolineando la necessità di una modalità teorica e terapeutica dove pediatria e psicologia si intrecciano in modo olistico.
Auguro al Presidente del Master prof. Angelo Ravelli direttore scientifico dell’IRCCS I.G.Gaslini ed alla prof.ssa Cristina Venturino docente del Master e Responsabile del Servizio di Psicologia dell’IRCCS I. G. Gaslini un proficuo buon lavoro.

06/11/2020

Oggi abbiamo appreso con rammarico che Paolo Petralia presto lascerà la Direzione dell'ospedale Gaslini, Istituto verso cui ha profuso tanta energia e passione. In questi 10 anni il manager ha gestito il Gaslini con spirito di innovazione e particolare abilità, soprattutto in momenti di grande difficoltà sociale come quello che stiamo oggi attraversando. L'eredità che lascia sarà di grande aiuto per le future innovazioni che verranno attuate dalla persona che lo sostituirà. Auguri Paolo per traguardi sempre più alti.

21/06/2020

Nell'apprendere di un recente caso di suicidio giovanile, rilevo ancora un volta che il mondo adolescenziale non sempre è di facile comprensione per gli adulti che vi orbitano intorno. E' proprio per questo che è necessario porre sempre molta attenzione e particolare sensibilità se si vuole contenere e/o prevenire forme di severa sofferenza talora confuse con manifestazioni di semplice disagio.

01/05/2020

Dopo alcune esperienze come consulente presso il Ministero di Grazia e Giustizia, è stato inquadrato dal 1982 al 1992 in ruolo in qualità di Psicologo Collaboratore presso l’ ex U.S.L. IX° di Genova.

Da tale data, in applicazione del D.L.vo 502/92, con la denominazione di Dirigente Psicologo è stato assegnato presso l’Unità Operativa Assistenza Consultoriale dell’ ASL 3 Genovese , ove ha ricoperto fino al 31,12.2011 il ruolo di Dirigente Responsabile della Struttura Complessa Assistenza Consultoriale - Distretto S.S. 8, comprendente il territorio della Circoscrizione di Genova VII Ponente (Voltri, Prà, Pegli) – Arenzano, Cogoleto, Masone, Campoligure, Rossiglione, Tiglieto e Mele.
Ha svolto dal 1982 al 1990 attività di consulenza psicologica presso l’ospedale di Sestri Ponente in particolare con la Divisione di Ostetricia e Ginecologia (Prof. G. De Paolini ) e di Neurologia ( Prof. G. Dagnino ).
E’ stato dal 1989 al 1994 Docente Titolare per le materie di Psicologia Generale e Pedagogia presso la Scuola per Infermieri Professionali della ex USL IX° di Genova nonché dell’insegnamento della materia di Psicologia al Corso di Abilitazione a Funzioni Direttive istituito presso la stessa USL.
Ha ricoperto dal 1997 al 2004 l'incarico di referente responsabile per l’ambito del Distretto 2 del Gruppo di lavoro - Area Riabilitazione Salute mentale Infanzia ed Adolescenza - sulla Prevenzione del Disagio Adolescenziale, occupandosi sia alla stesura di progetti sulla prevenzione sia partecipando in veste di formatore.
E’ stato, sino alla data sopraindicata, referente nelle delegazioni sopraccitate per le scuole elementari, medie inferiori, superiori e corsi professionali.
Svolge attività formative al personale medico e paramedico sia presso strutture ospedaliere che presso centri convenzionati , partecipando in qualità di docente a corsi di “aggiornamento e formazione” presso scuole pubbliche elementari e medie di 1° e 2° grado. Ha collaborato, infine, con alcune cattedre dell’Università di Genova sia partecipando in veste di relatore ai vari convegni sia come docente .
A seguito di concorso, ha conseguito l’idoneità nel 2007 per Direttore di Struttura Complessa Assistenza Consultoriale presso L’A.S.L. 3 “ Genovese “ .



Attualmente svolge attività di psicologo clinico e psicoforense presso il proprio studio privato.


Si occupa di:

Colloqui psicodiagnostici su adolescenti e adulti
Psicoterapia ad orientamento analitico individuale e di coppia
Valutazioni cliniche e psicoforensi
Perizie per fini forensi
Supervisione a giovani colleghi in training psicoterapico.

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