Riccardo Gazzaniga

Riccardo Gazzaniga

Scrivo cose; anche libri per Rizzoli.

Photos from Riccardo Gazzaniga's post 11/12/2023

Se volete regalare uno dei miei libri di Natale e avere una dedica per il destinatario, posso mandarvela via mail.

Scrivetemi a [email protected] indicandomi:
- nome del/la destinatario/a del dono;
- quale libro gli/le regalate;
- se è adulto/a o ragazzo/a.
Entro 1/2 giorni io scrivo la dedica su foglio A4, la scannerizzo e ve la rimando in PDF alla stessa mail.
A quel punto voi potete stamparla e metterla nel dono o busta o mandarla via messaggio o venderla e ricavarne migliaia di dollaroni.
Viene tipo questo foglio che ho scritto sotto.

Quale libro scegliere?
Premesso che categorizzare i libri è un'esigenza degli editori e meno degli autori, qualche indicazione qui di seguito.

"Quello che non dicono - Storie di animali che ci insegnano a essere umani" (2023): lettori nella fascia 9/14 in generale, ma anche adulti appassionati di animali e natura.

"In forma di essere umano" (2022) adulti amanti di romanzi storici, thriller, storie di spie e appassionati a tema crimine nazista, Shoah, storia di Israele.

"Come fiori che rompono l'asfalto - Venti storie di coraggio" (2020) lettori fascia 13/18, ma anche adulti amanti della storia e dei temi etici.

"Colpo su colpo" (2019) lettori, in generale, specialmente ragazzi e ragazze delle superiori, meglio dai 16 anni. Persone attente al tema LGBT

"Abbiamo toccato le stelle - Storie di campioni che ci insegnano a essere umani" (2018) amanti dello sport di qualsiasi età e studenti dagli 11 anni.

"Non devi dirlo a nessuno" (2016, rist. 2021) amanti di Stephen King, di ogni età e appassionati/nostalgici di anni 80/90. Ma anche ragazzi e ragazze che amino le storie che fanno paura senza essere horror, dai 13 anni.

Non è un'operazione di ardito marketing, ma solo un modo pensato da me per fare felice qualche amante dei libri, il giorno di Natale.
Se vi sembra una buona idea e volte condividere il post, grazie.

01/12/2023

"Contro natura".
Lui si chiama Jonathan ed è l'animale terrestre vivente più vecchio del mondo, anche se nessuno conosce con esattezza la sua data di nascita, nemmeno gli abitanti di Sant’Elena, l’isola sperduta nell’oceano dove vive questa tartaruga gigante nata all'incirca quando moriva Napoleone.
Jonathan appare nelle sua prima foto sull’isola 60 anni dopo la morte di Bonaparte, tra il 1882 e il 1886, quando sembra arrivò dalle Seychelles.
Analizzando le sue dimensioni gli etologi hanno supposto che, all’epoca della foto, avesse già una cinquantina d’anni; al momento avrebbe quindi circa 190 anni, ma alcuni ipotizzano abbia già svalicato le 200 primavere.
Jonathan oggi inizia ad accusare qualche acciacco della quarta età: è cieco per la cataratta e ha perso l’olfatto che, per le tartarughe, è il senso più rilevante, però compensa con l’udito e reagisce quando sente chiamare il suo nome per mangiare. Pare anche distinguere il rumore delle palline da tennis se qualcuno gioca nella residenza del governatore.
Certo, la sua lunghissima esistenza non è stata troppo stressante, a Sant’ Elena e se, nei primi anni dopo il suo arrivo, alcune foto attestano come bambini dell’isola gli salissero sul sensibile guscio per cavalcarlo come un puledro, con il tempo la sensibilità nei suoi confronti è cambiata.
Per esempio, oggi si sa che le tartarughe percepiscono qualsiasi lievissimo contatto sulla superficie di quella che è un’estensione della loro colonna vertebrale e che, quando sono spaventate, si chiudono dentro il guscio svuotando i polmoni e attuando una sorta di sospensione della respirazione che, per un animale molto vecchio, potrebbe diventare letale.
E poi la gigantesca tenuta dei Governatori di Sant’Elena è piena di prati verdissimi dove stare in pace, senza inquinamento e con un clima subtropicale perfetto che Jonathan si gode tutto l’anno, visto che la sua specie non va in letargo.
Si narra che, in gioventù, il Nostro desse prova di comportamenti più ribaldi e che i guardiani dovessero andare a recuperarlo per i terreni della tenuta su una specie di lettiga quando riusciva a infilarsi in qualche buco del filo spinato e spostarsi da un campo all’altro, nel suo incessante e placido vagabondare.
Nel 1969, però, Jonathan ha iniziato a dar segni di nervosismo.
Si sedeva sulle palline da cricket disturbando le partite oppure andava a scavare nei campi da tennis danneggiandoli.
I suoi custodi lo trovavano agitato per quella che sembrava proprio solitudine così, alla fine degli anni 80, a Sant’Elena si decisero a portargli una compagnia: Federica, altra tartaruga gigante parecchio più giovane di lui.
I due si sono piaciuti subito, l’umore di Jonathan è migliorato ed è parso chiaro che la solitudine di cui il nostro vecchietto soffriva era dovuta pure all’impossibilità di sfogare un appetito sessuale trattenuto da secoli.
E così, ogni domenica mattina, circa all’ora della messa, prendendosi il tempo necessario alla sua età, Jonathan ha iniziato a salire sopra Federica ed emettere il buffo e potente verso di piacere dell’accoppiamento fra tartarughe.
La relazione è andata avanti per una trentina d’anni, senza dare alla luce nessuna tartarughina, ma ha vissuto una pausa forzata nel 2017, quando Federica ha subito un danno al guscio.
Proprio durante le visite per curarla, i veterinari hanno scoperto un dettaglio rilevante: quella Federica che Jonathan concupiva da 30 anni, in realtà, era un Frederic.
Ma non deve stupire: i pinguini, i delfini, le pecore, sono alcuni fra i casi più eclatanti, finiti sui media ma l’omosessualità è un comportamento naturale e consolidato fra gli animali, dato che sono stati osservati comportamenti omosessuali in circa un migliaio specie.
L’accoppiamento documentato di due leoni liberi, in Kenya, ha scatenato uno scandalo, considerato che in quel paese le relazioni omosessuali fra uomini sono punite con pene fino a 14 anni di carcere e il matrimonio omosessuale è giudicato blasfemo.
Ma come ha dichiarato Petter Bøckman, consulente scientifico della mostra “Contro Natura”, il punto è che “non si è trovata specie in cui non esista il comportamento omosessuale, eccetto in quelle che non hanno rapporti sessuali come il riccio di mare. Inoltre, parte del mondo animale è ermafrodita, letteralmente bisessuale. Per loro l’omosessualità non è un problema”.
Non a caso, quando sull’isola sono arrivati anche David ed Emma, altre due tartarughe giganti, il nostro vecchietto arzillo ha iniziato a intrattenersi anche con Emma, oltre che con Frederic, in un triangolo amoroso che ha escluso solo il povero David.
La storia di Jonathan e della sua variegata quanto indomita sessualità è venuta alla ribalta dei media nel 2017 con il paradosso che nell’isola di Sant’Elena dove viveva, in quel momento non era accettato il matrimonio tra persone dello stesso sesso: se le tartarughe potevano seguire amarsi come volevano, per gli umani il giudizio era più severo.
Non sappiamo se c’entri Jonathan con la sua celebrità, fatto sta che – proprio pochi mesi dopo la scoperta della relazione con Frederic – la Governatrice dell’isola Lisa Philips ha firmato una legge che prevedeva la possibilità di sposarsi anche fra persone dello stesso sesso.
Un annetto dopo, la sera del 31 Dicembre 2018, nel giardino della tenuta dove Jonathan abita ormai da 150 anni, lo svedese Michael Wernstedt ha sposato il cittadino di Sant’Elena Lemarc Thomas e la cerimonia è finita con i due sposi che correvano nella tenuta in un tripudio di fiori rosa lanciati dagli invitati.
Di sicuro il venerando tartarugone, fermo nei prati della villa, accanto a Frederic ed Emma, non ha potuto vederli per via della cecità.
Però, sulla faccia rugosa di Jonathan, potremmo immaginarci una specie di sorriso.
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Questa storia è una riduzione del testo incluso nel mio libro “Quello che non dicono – Storie di animali che ci insegnano a essere umani” (Rizzoli, 2023)
https://tinyurl.com/2vd3j5mj
Le condivisioni sono graditissime.

01/12/2023

L'ultimo mio post era un casino perché Facebook sballa sugli spazi formattati e così escono degli a capo grotteschi.
Solo che sul cellulare non sempre si vedono.
Ora lo rimetto sperando diventi decente.

28/11/2023

Io provo a parlare riproponendo una storia.
Abbia pazienza chi l'ha già letta in "Fiori" o qui su Facebook, mi ripeto, ma è come una medicina, ogni tanto va somministrata.
È la storia di una donna vittima di violenza che cambiò la storia del nostro paese e che si chiamava Franca Viola.
Ma riguarda anche una legge ingiusta, un uomo mostruoso e i suoi orribili complici.
E un padre coraggioso.
Siamo nel 1965 e Franca Viola, 15 anni, vive con il padre Bernardo e la mamma Vita ad Alcamo, cittadina della provincia di Trapani.
Nella realtà rurale della Sicilia degli anni Sessanta il fidanzamento, preludio del matrimonio, passa per forza attraverso l’approvazione dei genitori: Bernardo Viola e sua moglie Vita acconsentono al fatto che Franca frequenti Filippo Melodia, un ragazzo del paese con cui potrebbe arrivare alle nozze.
Tutto cambia quando Melodia viene arrestato per furto e si rivela appartenente a una famiglia mafiosa.
Bernardo Viola decide che la figlia non può frequentare un criminale e rompe il fidanzamento. Melodia emigra per due anni a lavorare in Germania e la sua presenza nella vita dei Viola sembra solo un brutto ricordo.
Poi, però, il giovane mafioso torna ad Alcamo e cerca di nuovo Franca, che nel frattempo ha compiuto 17 anni e ha trovato un altro fidanzato che si fa da parte, spaventato da Melodia che vuole riavere la “sua” ragazza.
Sia Franca sia il padre Bernardo si oppongono, e allora Melodia inizia la sua persecuzione. Distrugge il vigneto dei Viola, brucia il casolare accanto alla casa, porta un intero gregge di pecore nell’orto di pomodori di Bernardo in modo che, pascolando, gli animali lo distruggano, con i suoi uomini minaccia il padre di Franca con una pi***la, dicendogli: «Questa è quella che vi farà saltare la testa».
Bernardo, però, non si piega.
Melodia allora elabora un piano brutale per ottenere ciò che vuole, sfruttando i margini che la cultura locale e una legge ingiusta gli concedono.
Fino a poche decine di anni, infatti, nel nostro paese un violentatore poteva cancellare il suo crimine e la possibile condanna sposando la sua vittima.
Si parlava per questo di “matrimonio riparatore” e una legge aberrante recitava «il matrimonio, che l’autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali».
In Italia, ripeto, non un paese in mano al fondamentalismo religioso e nemmeno 60 anni fa.
E così il giorno di Santo Stefano del 1965, con 12 uomini armati, fa una spedizione a casa dei Viola: mentre Bernardo è nei campi rapisce Franca e il fratellino di otto anni, Mariano, picchiando la loro madre e distruggendo la casa della famiglia.
La sera la banda rilascia Mariano, ma tiene in ostaggio per giorni Franca, rinchiusa prima in un casolare di campagna, poi nella casa della sorella di Melodia, senza cibo.
L’aguzzino insulta e picchia la ragazza e poi, dopo una settimana, la stupra; è sicuro che, a quel punto, né Franca né suo padre oseranno ancora opporsi al matrimonio, perché nessun altro uomo vorrà in moglie una donna che è stata con un altro.
La violenza sessuale di Melodia non è solo atto orrido e brutale ma, nella logica perversa del maschilismo, ha anche l’effetto di “marchiare” Franca, disonorandola per sempre, rendendola "sporca" e indesiderabile per altri uomini.
E poi nessuno oserebbe sfidare un mafioso deciso ad averla.
Melodia è certo del successo del suo piano e il giorno di Capodanno del 1966, manda suoi parenti a casa di Bernardo Viola per spiegargli che la ragazza è con lui l e ormai non è più vergine. A questo punto si tratta solo di concordare il matrimonio che risolverà tutto.
La “paciata”, si chiama in dialetto.
La pace tra le famiglie.
Ma i Viola non accettano alcuna paciata e avvisano la polizia che, nel giro di poche ore, irrompe nel casolare dove è prigioniera Franca e la libera dopo otto giorni di sequestro, arrestando Melodia e i suoi complici.
Eppure non è finita.
Nonostante Melodia sia in arresto, rimane in piedi la possibilità del matrimonio riparatore: se Franca decidesse di sposare il suo violentatore, il reato si estinguerebbe automaticamente e non inizierebbe alcun processo né contro Melodia né contro i suoi complici.
Sarebbe la cosa giusta da fare, secondo la logica di molti, in paese, visto che Franca ormai è “disonorata” e nessuno la vorrà più prendere in moglie e considerato quanto siano pericolosi Melodia e i criminali suoi complici.
Bernardo Viola pure lo sa.
È consapevole che un ulteriore rifiuto potrebbe costare a sua figlia e a tutta la famiglia un prezzo altissimo.
«Vuoi sposarlo e sistemare tutto?» chiede ancora a Franca, quando la riporta a casa.
«No.»
«E allora farò tutto il possibile per aiutarti.»
Come ha raccontato lei stessa: «C’era la paura che dopo il rapimento e la violenza fossi disonorata e quindi destinata a rimanere zitella per tutta la vita. Ma non me ne fregava niente, avrei preferito mille volte vivere da nubile a casa dei miei genitori piuttosto che sposare un uomo che mi ispirava brutti sentimenti».
Il reato, dunque, non viene cancellato e Franca testimonia nel processo contro Melodia che insiste a raccontare bugie, parlando di un rapporto consenziente.
Diventa celebre la sua risata, il suo ghigno malevole dietro le sbarre.
Il prezzo da pagare per il coraggio di Franca è alto: i giornali raccontano dettagli intimi della sua vita, la sua cittadina le diventa ostile, percorsa da un clima di minaccia mafiosa che costringe la polizia a stazionare fuori dalla casa dei Viola. Bernardo è certo di essere isolato e di faticare a lavorare, Franca guardata con disprezzo se non con odio.
Lei, però, non ritratta la sua deposizione: «Io non sono proprietà di nessuno, nessuno può costringermi ad amare una persona che non rispetto, l’onore lo perde chi le fa certe cose, non chi le subisce».
Al termine del processo il giudice condanna a 11 anni di prigione Melodia e ad altre pene i suoi complici.
Se anche la pena inflitta è inferiore a quella che l’accusa si aspettava per Melodia, la vicenda di Franca e la sua risonanza mediatica scuotono profondamente il paese.
«Di esemplare resta il comportamento della ragazza, non il verdetto» scrive il «Corriere della Sera».
La vita in paese non è facile: tutti conoscono la storia di Franca e temono le ritorsioni dei complici di Melodia.
Per questo, quando l’amico d’infanzia e compaesano Giuseppe Ruisi le chiede di sposarlo, Franca prova a dissuaderlo, ma lui non ci sente.
«Meglio vivere dieci anni con te che tutta la vita con un’altra»
Un anno dopo la fine del processo Franca e Giuseppe si sposano e, durante la luna di miele, vengono ricevuti da papa Paolo VI.
Hanno avuto due figli e sono tornati a vivere ad Alcamo dopo un periodo fuori dalla cittadina.
Il loro è stato un matrimonio lunghissimo e di grande amore.
La vita di Melodia, invece, si è conclusa con la violenza che l’aveva segnata per anni: il persecutore di Franca, uscito dal carcere, è morto in un agguato mafioso nel nord Italia.
«Oggi consiglio ai giovani di seguire i loro sentimenti; non è difficile – ha detto Franca in un’intervista - Io l’ho fatto in una Sicilia molto diversa; loro possono farlo guardando semplicemente nei loro cuori.»
La vicenda di coraggio di Franca Viola e della sua famiglia, diventata all’epoca un caso da prima pagina, ha contribuito ad aprire la discussione sui diritti della donna nel matrimonio e ispirato tante altre ragazze a resistere alle violenze protette dalla cultura patriarcale o dalla legge.
Finalmente, nel 1981, lo Stato italiano ha abrogato la norma che tollerava il matrimonio riparatore.
L’8 marzo 2014, nel giorno della Festa della donna, il presidente della Repubblica Napolitano ha insignito Franca Viola del titolo di Grande Ufficiale al Merito della Repubblica Italiana.
Come molte persone che, nel corso della loro vita, hanno compiuto scelte di grande coraggio, Franca – ha raccontato con disarmante semplicità quella scelta.
«Ho fatto la cosa più normale del mondo. Rifiutare di sposare un uomo che non amavo e nei cui confronti avevo un grande risentimento per le violenze che mi aveva inferto, le sembra così eroico?»
In effetti sì, sembra eroico.

26/11/2023

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25/11/2023

Io non credo in tutti i corsi di scrittura.
Non ci credo, in particolar modo, in due casi.
Quando iniziano a parlare di concetti astrusi che afferiscono l'emozione, la scoperta, qualcosa di spirituale/trascendentale.
Oppure quando chi lo organizza non ha mai scritto un libro degno di questo nome pubblicato da un editore vero.
Ma Barbara Fiorio di libri ne ha pubblicati per Feltrinelli e Rizzoli, è stata tradotta all'estero, recensita e apprezzata da molti lettori.
E i suoi corsi non raccontano cazzate, ma partono dall'idea che scrivere sia, prima di tutto, lavoro, esercizio, applicazione.
Da ultimo, proprio da questo corso, è appena uscito "Un altro ballo ancora", un libro a molte voci (di partecipanti ai corsi) edito da Garzanti, a riprova della bontà del percorso.
Insomma, se cercate un corso di scrittura on line, questo fa per voi.

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Si comincia il 15 gennaio, tariffa scontata fino al 30 novembre.
Posti limitati.

È rivolto a chi ama scrivere ed è in cerca di stimoli, strumenti e la possibilità di un riscontro.
Niente orari e giornate fissi, solo le scadenze di consegna settimanali.

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22/11/2023

Domani sera, giovedì, a Genova.

Vi aspettiamo al Chiostro della Maddalena!! Presentazione del Libro: "Colpo su colpo" di Riccardo Gazzaniga
👉23 Novembre h 18.30!!

16/11/2023

La settimana prossima, giovedì sera, a Genova, presenterò dopo 2 anni un libro che ho presentato poco ma che ho amato molto.

Vi aspettiamo al Chiostro della Maddalena!! Presentazione del Libro: "Colpo su colpo" di Riccardo Gazzaniga
👉23 Novembre h 18.30!!

15/11/2023

NATI LIBERI.
Quando, un giorno del 1970, Virginia McKenna e suo marito Bill Travers entrano nel negozio di mobili londinese “Sophistocat”,.non credono ai loro occhi: c'è un leone in magazzino.
Si chiama Christian e appartiene ai giovani proprietari del negozio, John Rendall e Ace Bourke.
I due ragazzi lo hanno comprato dai magazzini Harrods che, a loro volta, lo avevano prelevato da uno zoo.
I ragazzi lo hanno acquistato temendo che finisse di nuovo in gabbia, ma Christian è cresciuto, passando da 16 a 84 chili e ora non sanno come fare con lui: d’accordo con un sacerdote lo portano a zampettare di nascosto in un cimitero, ma gli spazi in cui lo tengono chiuso nel resto del giorno sono inadeguati e i costi per nutrirlo ormai insostenibili.
Inoltre Christian è destinato a diventare definitivamente adulto e potrebbe essere letale per gli uomini.
Ma Bill e Virginia non sono solo una coppia di sposi...
Sono anche due famosi attori che hanno recitato nel film “Nata Libera”, vincitore di 2 premi Oscar, ispirato alla storia vera della leonessa Elsa e dell’uomo che ha contribuito a rimetterla in libertà, George Adamson.
Adamson, guardiaparco del Kenya, aveva abbattuto la madre di Elsa per salvare la vita a un collega e si era quindi preso cura della cucciola, facendola crescere e insegnandole a cacciare per poi liberarla in natura, prima della prematura morte per malattia dell’animale, a sei anni.
La coppia di attori mette quindi in contatto i ragazzi di Londra con Adamson in Africa.
L’uomo accetta di portare il leone alla riserva di Kora: li vedete nella foto.
A Kora Adamson ha seppellito la sua Elsa e lì, ora in pensione, ha ottenuto in affitto una porzione di parco per lavorare alla cura di animali feriti o alla loro riabilitazione, al fine di liberarli in natura.
George Adamson pratica un’osservazione diretta dei felini e ha notato che ciascuno di quegli animali ha una sua personalità, e che conoscerla può essere decisivo per gestirli.
Ci sono leoni più intelligenti e altri più aggressivi, leoni più solitari e altri più inclini al rapporto con gli umani.
Ma la vicinanza è un’arma a doppio taglio: i leoni perdono la paura degli umani e si avvicinano troppo e anche gli esseri umani rischiano di eccedere nella confidenza e farsi uccidere.
George vive con i leoni su un ambiguo crinale fra esperienza sul campo e azzardo, passione e pericolo.
L’uomo avvisa John e Ace che, una volta liberato in natura, Christian smetterà di essere l’animale che conoscono e che il tentativo con lui è arduo: infatti Adamson deve insegnare al leone non solo a cacciare, ma anche a difendersi e affermarsi come esemplare maschio.
Per questo Adamson lo affianca a Boy, un leone più anziano che l'uomo ama molto e protegge con cura.
Boy ha “recitato” in molte scene del film "Nata libera" e si è troppo abituato agli umani diventando pericoloso al punto che Adamson ha dovuto portarlo il più possibile lontano dagli umani, dopo che ha attaccato un bambino durante un safari.
Adamson tiene Christian e Boy in gabbie separate dove possono confrontarsi e conoscersi senza attaccarsi; quando il rapporto tra i due felini si normalizza l’uomo fa avvicinare un cucciolo femmina, Katania, per formare il nucleo di un nuovo branco.
I tre leoni iniziano a costruire un legame, ma la natura irrompe brutale: Boy aggredisce lo chef di campo Stanley, che si è allontanato troppo per cercare del miele selvatico.
Adamson deve sparare al “suo” leone per cercare di salvare l'uomo, ma la tragedia è compiuta, sia l’aiutante che il leone muoiono per le ferite riportate e Adamson è sconvolto.
Ma è proprio il giovane Christian a prendere il posto di Boy come capobranco.
Adamson lo comunica a John e Ace, in Inghilterra e i due ragazzi decidono di raggiungere il Kenya per rivedere Christian, anche se Adamson li avvisa che l’animale, ammesso che si mostri, potrebbe non riconoscerli e persino attaccarli.
Ma, quando John e Ace arrivano a Kora, Christian si materializza.
Prima si avvicina cauto, quindi accelera e salta loro addosso, ma non per aggredirli: li abbraccia con le zampe, li annusa e lecca, com giocasse, lasciando increduli anche loro.
Non solo, di lì a poco anche le due leonesse del branco di Christian, insieme a un cucciolo, si avvicinano ai ragazzi, quasi volessero farne la conoscenza.
I due ragazzi torneranno ancora due anni dopo e, ancora, Christian si mostrerà per incontrarli.
Si calcola che Adamson abbia ridato la libertà a 23 leoni e per questo è passato alla storia come Baba ya Simba, il “re dei leoni”
Ha pagato il prezzo di tre aggressioni dai felini, una quasi letale.
La figura solitaria di Baba ya Simba Adamson, eremita dei parchi coi lunghi capelli biondi e gli occhi azzurrissimi, è fascinosa e controversa, per una vita selvatica condotta sul filo dell’azzardo e la mancanza di una solida formazione scientifica.
Ma ha segnato un’epoca facendo emergere sui media concetti come rispetto della biodiversità, tutela dei parchi africani, reintroduzione in natura di animali cresciuti in cattività, comprensione della peculiare natura dei singoli esemplari.
George Adamson muore tragicamente.
Ormai anziano, rimane solo nella riserva ed è malvisto dalla malavita della vicina Somalia per l’interesse mediatico che la sua presenza genera; subisce minacce e assiste ad avvelenamenti dei “suoi” animali.
Il 20 agosto 1989, una donna che è andata a trovarlo viene aggredita da alcuni banditi somali che cercano di stuprarla.
Nonostante abbia ormai 83 anni, Adamson sale sulla sua jeep e si precipita a difenderla sparando in aria, ma i banditi rispondono al fuoco e lo uccidono.
Il suo gesto eroico, però, salva la donna, che riesce a fuggire.
Baba ya Simba, il re dei leoni, muore per mano degli uomini.
Viene sepolto a Kora, vicino al fratello Terence e a due dei “suoi” leoni.
In quel giorno, come avvenuto in occasione della sepoltura di Elsa, le guardie del parco sparano nel cielo africano venti colpi di fucile.
Dopo il secondo e ultimo incontro con John e Ace, nel 1973, il leone Christian si è inoltrato nel cuore del Kenya, dove è svanito per sempre, libero.
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(Questo post su Christian, i suoi padroni e George Adamson è una massiccia riduzione del testo incluso nel mio libro “Quello che non dicono – Storie di animali che ci insegnano a essere umani” (Rizzoli, 2023)
https://tinyurl.com/2vd3j5mj
Le condivisioni sono graditissime, ma i copia incolla no)

15/11/2023

Per gli amici di Mantova e dintorni, la settimana prossima un'iniziativa particolare con cena e parole, al ristorante Giallo Zucca.
(Gnam gnam, sbav sbav, io pregusto i tortelli)

12/11/2023

Ho visto tanti film al cinema, in tanti anni.
Ma ieri, alla fine di "C'è ancora domani" (di e con Paola Cortellesi) per la PRIMA volta nella mia vita ho sentito partire un applauso spontaneo e massiccio in sala.
E mi risulta stia accadendo un po' ovunque, questa cosa.
Ed è meritata, per un film che ti lascia appagato, insieme tragico e ironico, forte e delicato.
Parla di violenza domestica e, pur senza esibizioni compiaciute, la trasmette in modo netto e costante.
Parla di diritti delle donne, emancipazione e mutuo soccorso femminile e, insomma, si può definire un film femminista e politico anche, ma senza essere minimamente didascalico.
Ci dice quanta strada si è fatta, dal passato, ma quanta ne resta da fare, nel presente.
E ci ricorda l'importanza di diritti che oggi diamo per scontati, perfino dimenticati quando invece sono stati a lungo agognati. Conquiste che sono costate fatica e dolore, figurato e reale.
Il tutto con una messinscena quasi teatrale, fatta di pochi ambienti su cui tornano e ritornano i protagonisti come fossero su un palco.
Protagonisti tutti perfetti e credibili che convergono verso un finale eccellente che strappa gli applausi inattesi.
Sono felice che in pochi mesi, pur su livelli diversi, prima "Mia", poi "Io capitano" e adesso "C'è ancora domani", tre pellicole italiane, siano quelle che hanno saputo emozionarmi più nel profondo (senza contare un eccellente film di genere come "L'ultima notte di Amore").
E se ho trovato un tratto comune, in tutti questi lavori, è stata l'attenzione all' essere umano e al "basso", agli ultimi della scala, siano essi operaie, migranti, massaie, poliziotti.
Quella capacità di guardare ai pezzi di mondo che non si vedono che, in fondo, in un tempo lontano, fu uno dei tratti distintivi del nostro cinema e anche della nostra peculiare sensibilità.
Dunque evviva gli applausi, anche se io non ho partecipato perché non ero pronto, non lo avevo mai visto fare.
Sarò più pronto, in futuro.
Del resto, come dice Delia, "C'è ancora domani".

10/11/2023

Si chiama Guy Goma, lo sconosciuto che finì per errore in diretta da studio sulla BBC.
Questa storia divertente e strampalata succede l'8 maggio 2006 quando Guy Goma, congolese, va agli studi della BBC di Londra per un colloquio di lavoro per un posto da tecnico informatico nella gestione di dati.
In quel momento nello studio della trasmissione News 24 Studio è atteso Guy Kneway, giornalista, considerato uno dei primi grandi giornalisti "esperti" di tecnologia inglesi.
La conduttrice Karen Bowerman deve intervistare Kneway sul caso giudiziario che oppone la Apple e la casa discografica omonima Apple Records titolare dei diritti della band Beatles.
La casa dioscografica accusa la Apple "tecnologica" di aver violato l'imposizione a non usare il nome Apple su device che prevedessero la condivisione di contenuti musicali.
Lo staff dice alla giornalista Bowerman che Guy Kneway è alla reception e lei va a prenderlo e trova un uomo seduto.
- Guy?
- Eccomi - risponde lui, ma è il Guy sbagliato, Guy Goma.
L'uomo viene così portato in studio, messo velocemente davanti a una telecamera e microfonato.
Il tutto, in effetti, gli sembra strano, ma in fondo - pensa lui - è in una sede televisiva, magari fanno così e lui non vuole certo sembrare inopportuno a un colloquio di lavoro.
Quando inizia la trasmissione il poveretto si rende conto del casino, ma non vuole fare br**ta figura, alzarsi e andarsene e così decide di rispondere all'intervista in un dialogo surrealmente epico.
Bowerman: - Bene, Guy Kewney è l'editore del sito web tecnologico "Newswireless". Ciao Buongiorno a te.
Goma (visibilmente scioccato): - Buongiorno.
- Sei rimasto sorpreso da questa decisione oggi?
- Ehm... Sono molto sorpreso di vedere... questa decisione calare su di me, perché non me lo aspettavo. Quando sono arrivato, mi hanno detto qualcos'altro e sto arrivando. "Hai un colloquio", tutto qui. Quindi comunque una grande sorpresa.
Una grande sorpresa, sì, sì.
- Esattamente.
Poi la giornalista entra però nel merito della questione per cui il Guy sbagliato è in studio.
- Per quanto riguarda i costi coinvolti, pensi che ora più persone scaricheranno online?
E l'aspirante tecnico informatico Goma s'illumina di immenso, anticipando clamorosamente quello che sarà il nostro mondo di web e condivisioni, download rapidi e in qualche modo streaming:
- In realtà, se puoi andare ovunque vedrai molte persone scaricare attraverso Internet e il sito web, tutto ciò che vogliono. Ma penso che sia molto meglio per lo sviluppo e...eh...per migliorare le persone in ciò che vogliono, e per ottenere in modo semplice e veloce ciò che cercano.
- Sembra proprio che il modo in cui sta andando l'industria musicale adesso sia questo, che la gente voglia andare sul sito e scaricare musica - dice Bowerman.
- Esattamente. Puoi andare ovunque nel cyber café, e puoi prendere...puoi andarci piano. Sarà un modo semplice per tutti di ottenere qualcosa attraverso Internet.
- Guy Kewney, grazie davvero - chiude Bowerman.
Goma lascia lo studio e venti minuti dopo fa il suo colloquio di lavoro, ma viene scartato.
Kewney non sarà poi intervistato, ma successivamente incontrerà Goma il quale pochi giorni dopo, una volta che la sua apparizione è diventata virale, va su Channel 4 News presentandosi come un cittadino venezuelano, poi come avvocato, poi come dottore dissertando di Hugo Chavez, del rilascio di prigionieri stranieri in Inghilterra e di trattamenti medici.
L'incidente Goma è considerato uno degli errori televisivi più clamorosi e virali di sempre.
Nel 2023 Goma, che lavora oggi da anni nel campo del sociale, ha annunciato che farà causa a BBC per non avergli mai corrisposto un singolo penny nonostante la visibilità mondiale che dura da anni del suo video.
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Io sono Riccardo Gazzaniga e (normalmente) scrivo libri.
Li trovate elencati qui: https://riccardogazzaniga.com/pubblicazioni-riccardo-gazzaniga/
Però mi diverto anche con queste storie sul web.
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