Patrizia Giglia

Patrizietta a 19 mesi, appoggiata ad una vecchia seggiola di legno, scrive su un foglio ciò che era già soltanto tra i suoi pensieri...

Trascorrono gli anni, ma quella voglia di mettere su carta sentimenti ed emozioni non passa, anzi comincia ad assumere una forma più distinta e ad undici anni mi cimento nel mio primo racconto, “raccontino”, come amo chiamarlo, scritto di getto su una pagina di fortuna, con l’amata biro blu!

Quando, un giorno, mi ritrovai adolescente e capii che non mi bastava più una semplice paginetta e riempii un’intero quaderno con una storia, ingenua come il mio cuore di allora, fatta di parole e parole e parole che insieme costituivano tutti i miei sogni! Un quaderno pieno di parole blu! E papà mi regalò la mia prima macchina da scrivere, la mitica Olivetti Lettera 32, con la quale continuai a scrivere in blu!

Il blu e tutte le sue sfumature occupavano i miei sogni, resi reali dalla nascita di mio figlio, ma soffocati, all’improvviso, dalla crudeltà della vita!

La perdita, prematura e tragica, del mio unico fratello ha condizionato tutta la mia vita, spingendomi a cercare, attraverso la scrittura, una felicità che va oltre tutto ciò che possiamo ottenere con le forze: qualcosa che va al di là dell’Universo conosciuto e finito!

“Ritorno ai giorni perduti” è stato definito dai critici un giallo parapsicologico: in un luogo fuori del tempo e dello spazio, la protagonista Anna, in parallelo alla vita quotidiana, vive un’esperienza fuori dalla normalità. La vicenda assume carattere di mistero allorchè la donna si convince di aver istituito uno stretto legame spirituale con un’antenata defunta di cui porta il nome di battesimo. Dopo una serie di fenomeni inspiegabili, lo spirito della donna incontra quello della defunta zia, a causa di un singolare fenomeno di sdoppiamento.
Un susseguirsi di avvenimenti che superano la sfera del finito, per sfociare in un’atmosfera assolutamente spirituale in cui l’amore ha il suo pieno significato di donazione, nell’esperienza finale della protagonista, alla quale viene concesso di ritornare a vivere per dare la vita, vera ed unica protagonista dell’opera.

Qualcuno, mi pare di ricordare un giornalista, tanti anni fa, durante un’intervista radiofonica, mi chiese quali sono i giorni perduti:

I giorni perduti sono quelli che ognuno di noi, distratto dalla quotidianità e dai problemi del presente, ha perso irrimediabilmente di vista. Sono quei giorni importanti che avrebbero potuto farci capire cosa siamo veramente, cosa siamo venuti realmente a fare quaggiù, qual è il reale scopo della nostra nascita.

Io sono convinta che ognuno di noi abbia uno scopo ben preciso che non ricorda e che probabilmente non ricorderà mai: quest’oblio è la causa dell’infelicità umana.

Se si riuscisse ad entrare con consapevolezza, riconoscendoli, all’interno dei giorni in cui un avvenimento, un fatto, un particolare collegato al nostro reale scopo, si sta verificando, una sorta di porta dimensionale tra la realtà fisica e quella metafisica, allora potremmo ve**re a conoscenza del motivo vero della nostra nascita e del reale scopo della nostra esistenza e riuscire così a sconfiggere quell’infelicità propria della condizione umana .