Errepossa
La Grecia e le civiltà antiche - Monumenti, Musei e siti archeologici - Patrimonio dell'Umanità
LA GRANDE STORIA DI NATIONAL GEOGRAPHIC.
Un'opera straordinaria da avere, per chi ama storia e archeologia🇮🇹🏛️🏰🗝️⚔️🗡️🏹🛡️
IL CAPITELLO IONICO - Antica Grecia. ATENE DELPHI OLYMPIA
GRECIA
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I CAPITELLI IONICI delle FOTO sono del Monumento PHILIPPEION di ANTICA OLYMPIA, di PELLA città natale di Alessandro Magno in Macedonia,
e di DELPHI luogo sacro dell'Oracolo.
Il Philippeion era un monumento celebrativo a tholos in ordine ionico, edificato tra il 338 e il 336 a.C. nella valle nota come Altis, poco distante da Olimpia.
L'ordine ionico è il secondo dei tre ordini architettonici classici. Questo ordine assorbe e rielabora motivi orientali; la ricca decorazione orna la struttura architettonica senza appesantirla. Tradizionalmente è riferito al complesso delle tradizioni artistico-culturali riferibili al gruppo etnico degli Ioni, insediati sulle coste dell'Asia Minore (Iònia), a stretto contatto con le culture dell'Oriente.
Ad Atene si possono trovare due esempi di ordine ionico di epoca classica: l'Eretteo e il tempio di Atena Nike (entrambi sull'Acropoli).
La fondazione del tempio era in genere in pietra locale ed è chiamata euthynteria, su di essa poggiano i gradini di accesso al tempio (crepidoma). A differenza dell'ordine dorico, le colonne ioniche non poggiano direttamente sul gradino, ma su una base formata da due elementi (Asia Minore), uno chiamato toro di forma convessa, sul quale stava la scotia di forma concava. In Grecia abbiamo invece due tori con in mezzo la scotia. In età romana a quest'ultima "base attica" greca, si aggiungerà la "base composita", con il raddoppio della scotia intermedia. Al di sopra della base si ergeva il fusto, di proporzioni più snelle rispetto a quello dell'ordine dorico e privo di rastremazione. Le scanalature potevano variare da un numero di 16 fino a 20 ed erano separate da listelli, invece che incontrarsi a spigolo acuto come nel fusto dorico, mentre l'altezza poteva arrivare anche a 10 volte il diametro della base.
Sulla colonna poggiava il capitello ionico, decorato con volute. Il centro della voluta è detto occhio e può essere decorato. Su di esso l'abaco molto appiattito.
Sopra il capitello poggia la trabeazione, costituita da un architrave, formato da tre fasce aggettanti l'una su l'altra e con un coronamento decorato da modanature, dal fregio, una fascia continua, spesso decorato con rilievi figurati o vegetali e da una cornice (geison) con dentelli, sormontata da una sima (gronda con gocciolatoi per lo scolo dell'acqua piovana dal tetto. Nei templi la cornice sale obliquamente a formare il frontone, che ospita il timpano).
Il problema di questo ordine si pone nel capitello angolare, dato che il capitello ionico presenta le facce diverse: le due facce principali presentano le volute, mentre sui lati queste sono raccordate da un pulvino. Nel tempio dell'Eretteo le facce principali vennero realizzate su due lati contigui, costringendo la voluta sullo spigolo ad un anomalo andamento obliquo.
AFRODITE. MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DI ATENE🌍🏛️🇬🇷❤️🌞📸😊⭐
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AFRODITE. MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DI ATENE
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Statua di Afrodite tipo "Landolina" (appartenente alla serie di Afrodite "Pudica") in marmo pario, conservata presso il Museo archeologico nazionale di Atene), risalente al II secolo d.C. e basata su un originale rinvenuto a Siracusa, questo risalente al IV secolo a.C. Il collo, la testa e il braccio destro sono frutto del restauro da parte di Antonio Canova (1757-1822). Qui Afrodite è ritratta in piedi e nuda, fatto salvo che con la mano sinistra, che regge un himation (ἱμάτιον) ben drappeggiato, copra le parti intime.
Afrodite (in greco antico: Ἀφροδίτη, Aphrodítē) è, nella religione greca, la dea della bellezza, dell'amore, della generazione e della primavera. Nata nel mare, veniva anche venerata come dea che rende sicura la navigazione
ACROPOLI DI ATENE. TEMPIO DI ATENA NIKE.
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Ακρόπολη Αθήνα Ελλάδα
Tempio di Atena Nike - ACROPOLI di ATENE - GRECIA.
Ναός της Αθηνάς Νίκης στην Αθήνα
Temple of Athena Nike in Athens
Templo de Athena Nike em Atenas
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Il tempio di Atena Nike o tempio della Nike Aptera è uno dei principali monumenti dell'Acropoli di Atene.
Si trova sul lato ovest dell'acropoli, presso i Propilei, a pochi metri dall'orlo delle rocce a strapiombo che caratterizzano l'Acropoli. Costruito probabilmente intorno al 425 a.C. in ordine ionico, è un tempietto anfiprostilo tetrastilo (con quattro colonne libere sulla fronte e sul retro) ornato nei fregi di preziosi bassorilievi che narrano vicende di una battaglia fra Greci e Persiani (probabilmente Maratona).
Questo esempio di architettura dell'epoca classica, probabile opera dell'architetto Callicrate, coautore del Partenone, è stato il primo edificio in stile completamente ionico[1] dell'Acropoli; tutti gli altri edifici presentano originali fusioni di stile ionico e dorico.
Intorno al 410 a.C. fu circondato da una balaustra scolpita con motivi di Nike colte in varie attività (celebre quella che si riallaccia un sandalo) che assolveva inoltre allo scopo di evitare che i visitatori del tempio cadessero nel precipizio; i rilievi, ora al museo dell'Acropoli, eseguiti in un momento storico gravido di cattivi presagi per Atene, costituiscono un passo indietro sul versante dell'attenzione alla resa naturalistica del corpo umano e delle vesti, e sembrano indicare che l'artista ricercava effetti diversi, di carattere pittorico, che ha spinto alcuni critici a parlare di protoellenismo.
Il fatto che potessero ve**re osservati dalla ripida salita ai Propilei, unica via d'accesso all'acropoli, consentì la ricerca di particolari effetti prospettici. La statua di culto, come ci viene descritta da Pausania, era di legno e portava in mano una melagrana. La statua era aptera, cioè senz'ali, il che si spiegava col fatto che la dea non avrebbe dovuto mai più lasciare la città.
Sul sito dell'attuale tempio scavi archeologici hanno individuato nell'area una fossa per offerte dell'età del Bronzo; in epoca arcaica vi sorse un tempio che come il resto dell'Acropoli fu distrutto dai Persiani nel 480 a.C. La ricostruzione del tempio viene da alcuni collegata alla pace di Nicia, che avrebbe potuto inaugurare un periodo di grande gloria per la città infatti, alla firma del trattato di pace di quest'ultimo, la città finì di combattere temporaneamente con Sparta.
Ma la crisi creativa di Atene, che era come un presagio della sconfitta totale della città nella seconda parte della Guerra del Peloponneso pare echeggiata nella monotona ripetizione di Vittorie nella balaustra costruita solo pochi anni prima dell'Egospotami. Sotto la dominazione turca il tempio fu smantellato e le pietre riutilizzate nel 1687 per costruire un bastione difensivo; quest'ultimo rimase sul sito dell'antico tempio fino all'indipendenza della Grecia, quando nel 1831 fu decisa la (altamente simbolica) ricostruzione del sacello; il tempio è stato smontato ancora due volte (1930 e 1998) per permettere il restauro delle pietre e l'integrazione di altri pezzi ritrovati in successivi scavi.
L'ultimo restauro del tempio
Tra gli anni 2000 e 2010 il monumento ha avuto importanti lavori di restauro per fissare diversi problemi strutturali causati dagli interventi del 1835-1845 e del 1935-1940. Oltre ad essi sono state reintegrate parti della pietra, asportate le decorazioni e poste presso il Museo dell'Acropoli e inserite delle copie. Il lavoro definitivo si è compiuto nel 2011-2013.
FONTE WIKIPEDIA
MASCHERA DI AGAMENNONE -
ritrovamento MICENE -
conservata al Museo Archeologico ATENE - GRECIA
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Museo Archeologico Nazionale di Atene.
GRECIA
La Maschera di Agamennone è una maschera funebre in lamina d'oro rinvenuta nel 1876 a Micene dall'archeologo tedesco Heinrich Schliemann. È attualmente conservata presso il Museo archeologico nazionale di Atene.
Fu scoperta dall'archeologo tedesco sul volto di un corpo trovato nella tomba H. Schliemann credette di aver scoperto i resti del leggendario re acheo Agamennone, da qui il nome. Benché le recenti ricerche archeologiche abbiano stabilito che la maschera sia databile tra il 1550 e il 1500 a.C., periodo molto anteriore a quello in cui si crede sia vissuto il re, il nome con cui è nota la maschera è rimasto.
Malgrado la maggior parte degli studiosi propenda per la sua autenticità[1], lo studioso statunitense William M. Calder III negli anni settanta ha messo in dubbio l'originalità della maschera (perché molto più raffinata delle altre con le quali è stata trovata): sarebbe un falso commissionato dallo stesso Schliemann[2], tesi ribadita recentemente da David A. Traill.
Questa maschera raffigura il volto di un uomo con barba. È costituita da una lamina d'oro con dettagli a sbalzo: i due fori presenti vicino alle orecchie indicano che la maschera veniva fermata sopra il volto del defunto per mezzo di una corda sottile.
La Maschera di Agamennone, in lamina d’oro, è stata ritrovata nel 1876 dall’archeologo tedesco Heinrich Schliemann in una tomba reale dentro le mura di Micene.
È stata così chiamata perchè l’archeologo che la scoprì pensò di aver trovato la maschera di Agamennone, l’eroe di Omero. Gli studiosi hanno però accertato che si tratta di un re vissuto molto tempo prima.
Non si conosce il nome dell’artista che la realizzò, ma sicuramente apparteneva a una bottega specializzata nella lavorazione dell’oro.
Scheda tecnica di lettura della Maschera di Agamenone
Titolo: Maschera di Agamennone.
Autore: anonimo.
Data: 1600-1500 a.C. circa.
Collocazione originaria: tomba reale dentro le mura di Micene.
Collocazione attuale: Atene, Museo Archeologico Nazionale.
Tecnica: lavorazione a sbalzo.
Maschera di Agamennone: descrizione
Il viso non è reale perché i lineamenti sono schematici, le orecchie sono schiacciate sul piano, gli occhi sembrano mandorle.
L’artista ha però aggiunto particolari realistici: i baffi e la barba hanno infatti peli irregolari, realizzati in rilievo con piccoli segni.
La maschera, realizzata in oro, era posta sul volto del re morto, probabilmente per rendere incorruttibile la sua immagine.
All’interno delle grandi tombe reali a Micene, sono stati ritrovati diversi esemplari di maschere d’oro. Sono state attribuite alla famiglia di Agamennone ma invece risalgono ai secoli XVI e XV a.C.
La tecnica dello sbalzo nella lavorazione della Maschera di Agamennone
L’opera dimostra l’abilità dei Micenei nella lavorazione della lamina d’oro con la tecnica dello sbalzo. La tecnica dello sbalzo consente di eseguire motivi a bassorilievo su fogli sottili di metallo. Con la lamina a rovescio, dopo aver tracciato il disegno, con martello e strumenti appuntiti, l’artista lavorava il metallo incavando con maggior forza le parti che dovevano apparire più rilevate.
Si tratta di una tecnica molto raffinata. I Cretesi e i Micenei la adoperarono con esiti sorprendenti utilizzandola anche per tazze, calici, ornamenti per abiti e corazze.
CHÂTEAU DE SARRIOD DE LA TOUR
CHIOSTRO ROMANICO DELLA COLLEGIATA DI SANT'ORSO. AOSTA
ARCO DI AUGUSTO. AOSTA.
VALLÉE D'AOSTE
Tempio di Atena Nike - ACROPOLI di ATENE - GRECIA.
Ναός της Αθηνάς Νίκης στην Αθήνα
Temple of Athena Nike in Athens
Templo de Athena Nike em Atenas
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Tempio di Atena Nike - ACROPOLI di ATENE - GRECIA.
Ναός της Αθηνάς Νίκης στην Αθήνα
Temple of Athena Nike in Athens
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Il tempio di Atena Nike o tempio della Nike Aptera è uno dei principali monumenti dell'Acropoli di Atene.
Si trova sul lato ovest dell'acropoli, presso i Propilei, a pochi metri dall'orlo delle rocce a strapiombo che caratterizzano l'Acropoli. Costruito probabilmente intorno al 425 a.C. in ordine ionico, è un tempietto anfiprostilo tetrastilo (con quattro colonne libere sulla fronte e sul retro) ornato nei fregi di preziosi bassorilievi che narrano vicende di una battaglia fra Greci e Persiani (probabilmente Maratona).
Questo esempio di architettura dell'epoca classica, probabile opera dell'architetto Callicrate, coautore del Partenone, è stato il primo edificio in stile completamente ionico[1] dell'Acropoli; tutti gli altri edifici presentano originali fusioni di stile ionico e dorico.
Intorno al 410 a.C. fu circondato da una balaustra scolpita con motivi di Nike colte in varie attività (celebre quella che si riallaccia un sandalo) che assolveva inoltre allo scopo di evitare che i visitatori del tempio cadessero nel precipizio; i rilievi, ora al museo dell'Acropoli, eseguiti in un momento storico gravido di cattivi presagi per Atene, costituiscono un passo indietro sul versante dell'attenzione alla resa naturalistica del corpo umano e delle vesti, e sembrano indicare che l'artista ricercava effetti diversi, di carattere pittorico, che ha spinto alcuni critici a parlare di protoellenismo.
Il fatto che potessero ve**re osservati dalla ripida salita ai Propilei, unica via d'accesso all'acropoli, consentì la ricerca di particolari effetti prospettici. La statua di culto, come ci viene descritta da Pausania, era di legno e portava in mano una melagrana. La statua era aptera, cioè senz'ali, il che si spiegava col fatto che la dea non avrebbe dovuto mai più lasciare la città.
Sul sito dell'attuale tempio scavi archeologici hanno individuato nell'area una fossa per offerte dell'età del Bronzo; in epoca arcaica vi sorse un tempio che come il resto dell'Acropoli fu distrutto dai Persiani nel 480 a.C. La ricostruzione del tempio viene da alcuni collegata alla pace di Nicia, che avrebbe potuto inaugurare un periodo di grande gloria per la città infatti, alla firma del trattato di pace di quest'ultimo, la città finì di combattere temporaneamente con Sparta.
Ma la crisi creativa di Atene, che era come un presagio della sconfitta totale della città nella seconda parte della Guerra del Peloponneso pare echeggiata nella monotona ripetizione di Vittorie nella balaustra costruita solo pochi anni prima dell'Egospotami. Sotto la dominazione turca il tempio fu smantellato e le pietre riutilizzate nel 1687 per costruire un bastione difensivo; quest'ultimo rimase sul sito dell'antico tempio fino all'indipendenza della Grecia, quando nel 1831 fu decisa la (altamente simbolica) ricostruzione del sacello; il tempio è stato smontato ancora due volte (1930 e 1998) per permettere il restauro delle pietre e l'integrazione di altri pezzi ritrovati in successivi scavi.
L'ultimo restauro del tempio
Tra gli anni 2000 e 2010 il monumento ha avuto importanti lavori di restauro per fissare diversi problemi strutturali causati dagli interventi del 1835-1845 e del 1935-1940. Oltre ad essi sono state reintegrate parti della pietra, asportate le decorazioni e poste presso il Museo dell'Acropoli e inserite delle copie. Il lavoro definitivo si è compiuto nel 2011-2013.
FONTE WIKIPEDIA
IL Busto del Minotauro - Museo Archeologico Nazionale di Atene GR
Εθνικό Αρχαιολογικό Μουσείο της Αθήνας
museu arqueológico nacional de Atenas
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IL Busto del Minotauro - Museo Archeologico Nazionale di Atene GR
Εθνικό Αρχαιολογικό Μουσείο της Αθήνας
museu arqueológico nacional de Atenas
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Il Minotauro (in greco antico: Μινώταυρος, Minótauros) è una figura della mitologia greca. Figlio del Toro di Creta e di Pasifae, regina di Creta, era un essere mostruoso e feroce, con il corpo di un uomo e la testa di un toro che nacque per volere di Poseidone, il dio del mare, che intendeva punire il re di Creta, Minosse.
Atene, sconfitta da Minosse, fu costretta a pagare un orribile tributo offrendogli ogni anno sette ragazzi e sette ragazze nel Labirinto di Cnosso.
Mito greco: l'impresa di Tesèo contro il Minotauro
Statua di Atena Varvakeion - Museo Archeologico Nazionale Atene
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Statua di Atena Varvakeion - Museo Archeologico Nazionale Atene
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L'Atena Varvakeion è una statua di epoca romana di Atena Parthenos, ora parte del Museo archeologico di Atene. Generalmente è considerata la riproduzione (data al 200-250 d.C.[1]) più fedele della statua crisoelefantina scolpita da Fidia e dai suoi assistenti che un tempo si ergeva nel Partenone.[2]
La statua è 1,05 m, circa un dodicesimo dell'altezza stimata dell'originale.[1] È scolpita in marmo pentelico e presenta tracce di pittura rossa e gialla. Atena è vestita con un peplo cinto da una zone avente la forma di due serpenti; sopra questo indossa l'egida, decorata con serpenti e con il gorgoneion al centro.[1] Indossa un elmo attico con i copriguance sollevati; ha tre creste, quella centrale sfoggia una sfinge e quelle laterali un pegaso.[1][2] La sua mano sinistra poggia sull'orlo di uno scudo che porta anche il gorgoneion; lo scudo si appoggia all’oikouros ophis ("serpente sacro") identificato con Erittonio, il leggendario fondatore della città.[2] La mano destra distesa è sostenuta da una colonna e tiene la figura alata di Nike, la cui testa è mancante;[3] questa immagine più piccola è ugualmente vestita con un peplo ed è girata verso la figura principale.[3] L'intero complesso poggia su una base rettangolare.[1]
Si possono notare certe differenze fra l'originale come descritto da Pausania il Periegeta e Plinio il Vecchio. La base originale era decorata con un fregio che mostrava la nascita di Pandora, mentre la copia non ha decorazione; Pausania descrive anche una lancia che manca alla copia. Sul fronte dello scudo manca l'amazzonomachia che Plinio descrive.[1] La presenza della colonna è citata da molti nella discussione sul fatto che l'originale richiedesse un supporto simile, sebbene molte ricostruzioni lo omettano (e.g. nel Partenone di Nashville).[3]
La statua prende il nome dal luogo in cui è stata scoperta nel 1880,[3] vicino al sito originale del Varvakeio.[2]
FONTE WIKIPEDIA
Atena Parthènos (Αθηνά Παρθένος, "Atena la vergine")
STATUA DELLA DEA THEMIS - Museo Archeologico Nazionale di Atene
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STATUA DELLA DEA THEMIS - Museo Archeologico Nazionale di Atene
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Della scultura ellenistica è esposta la statua di Themis (300 a.C.) proveniente dal santuario di Nemesis a Ramnunte, opera di Chairestratos.
Themis o Temi, figlia di Urano e Gea, sorella perciò di Cronos e zia di Zeus. Apparteneva alla stirpe dei Titani e fu la prima moglie di Zeus, da cui ebbe come figlie le Ore e le Mòire. Il significato del nome Temi è "irremovibile", per questo forse è stata identificata sia come la personificazione dell'ordine legale e della giustizia eterna, generando infatti le Ore(Eunomia, D**e e Irene), sia come la dea delle leggi naturali che vigila su ciò che è lecito e illecito. Da ricordare il famoso oracolo di Temi nel mito di Deucalione e Pirra; quando i due giovani sposi, sopravvissuti al Diluvio Universale, consultarono l'oracolo, la dea pronunciò enigmatiche parole: "Uscite dal tempio e gettate dietro le vostre spalle le ossa della Grande Madre". Solo dopo capirono che la Grande Madre era Gea, e lanciando sassi dietro le loro spalle ripopolarono la Terra: i sassi lanciati da Deucalione diventarono uomini, quelli lanciati da Pirra, donne.
Temi - Themis, dea della Giustizia greca era sovrana, prima di Apollo, del più antico oracolo di tutta la Grecia. Temi è una delle più antiche dee della giustizia, insieme a Demetra Tesmofora, “portatrice di giustizia”, “portatrice di consuetudini”, che sorveglia con la figlia Kore l´alternanza delle stagioni, l´osservanza dei vincoli matrimoniali e dei legami in genere, e alle figlie di Temi, le Ore: D**e, la patrona dei tribunali, colei che punisce i malfattori, Eunomia, dea dell´ordinamento legale, Eirene, dea della pace (secondo la descrizione di Esiodo).
Themis è “l´irremovibile”, si invoca la sua severità a protezione dei giuramenti, viene dal greco tithemi: “porre nell´esistenza”, “dare un fondamento”. D**e, invece viene dal greco deiknymi: indicare, mostrare, “che mostra con autorità di parola ciò che deve essere.”
Ed infine le Moire, le giuste arbitre del destino umano e della lunghezza della vita di ciascun essere vivente, in origine il culto della dea Moira era legato ad un´usanza comunitaria e agricola, di decidere collettivamente quale terreno doveva essere coltivato e da chi, in modo da dare a ciascuno a secondo del suo bisogno. Questo concetto di “giustizia” venne poi trasformato dai Dori, popolo di pastori e cacciatori, e venne sostituito dal dio Nomos, legge, che in origine voleva dire “pascolo” e indicava il terreno conquistato dai pastori. Pindaro (fr.169) parla di Nomos come colui “che guida rendendo giusta la cosa più violenta, con mano che tutto sovrasta”. L´ordine da consuetudine stabilita in comune, diventa imposizione, garanzia che al di là dei fenomeni molteplici che riescono inspiegabili e dolorosi, c´è una volontà onnicomprensiva che realizzi un ordinamento universale.
FONTE INTERNET.
POSEIDONE di MELOS - Museo Archeologico Nazionale di Atene GRECIA
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E la statua di Poseidone trovata a Melos (125/100 a.C.).
POSEIDONE di MELOS - Museo Archeologico Nazionale di Atene GRECIA
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E la statua di Poseidone trovata a Melos (125/100 a.C.).
THE POSEIDON of MELOS - National Archaeological Museum of Athens GREECE
POSEIDONE του ΜΕΛΟΥ - Εθνικό Αρχαιολογικό Μουσείο Αθηνών ΕΛΛΑΔΑ.
POSEIDONE de MELOS - Museu Arqueológico Nacional de Atenas GRÉCIA
The Poseidon of Melos is a statue of Poseidon in the National Archaeological Museum, Athens (NAMA), with the inventory number 235, which is dated to the last quarter of the second century BC. It is believed to be dated back to the Hellenistic Period.
The statue was found in 1877 on the island of Melos. It is made of Parian marble and has a height of 2.35 metres, which makes it more than lifesize. The statue was found in several pieces, which have been reattached to one another. Portions of the left foot and of the himation are modern recreations. Parts of the nose, beard and hair are missing.
The sea god is depicted naked to the waist in an awe-inspiring pose, with his muscular right arm raised, probably in order to hold a trident (now lost). His himation hangs around his hips, covering his legs and ge****ls; he holds it in place at his side with his left hand. His back is also partially covered; a bit of cloth lies, mysteriously suspended, on his left shoulder. His weight rests on his right leg, his left leg is left free. The musculature of his arms and his body generally are very finely worked. The head is slightly tilted to the left and his gaze is directed into the distance. There is a dolphin behind the statue to the right, which serves as an additional support for the weight of the statue. The pose is a standard one for Poseidon, Zeus and Hades.
Poseidone o Posidone[1] (in greco antico: Ποσειδῶν, Poseidôn), è il dio del mare, dei terremoti e dei maremoti nella mitologia greca.
Figlio di Crono e fratello di Zeus, Ade, Era, Estia e Demetra, Poseidone è uno dei dodici dèi dell'Olimpo. La sua consorte è la Nereide Anfitrite e da lei ha avuto quattro figli: Tritone, un essere mezzo uomo e mezzo pesce, Roda, ninfa marina protettrice dell'isola di Rodi (chiamata così in suo onore) e sposa di Elio, Cimopolea, dea minore delle tempeste marine molto violente, e Bentesicima, dea minore delle onde.
Il simbolo del dio era il tridente e gli animali a lui sacri erano il cavallo (creato da lui dalle onde del mare), il toro e il delfino. Suo epiteto ricorrente è "Enosìctono" (traslitterazione dell'antico "Enosìgeo", che si trova più raramente; in latino: Ennosigaeum; greco: Ε(ν)νοσίγαιος[2]), cioè "Scuotitore di terra".
Divinità simili a Poseidone del mondo antico furono Rodon nella religione illirica, Nethuns nella religione etrusca e Nettuno nella mitologia romana.
FONTE WIKIPEDIA
STELI FUNERARIE - Museo Archeologico Nazionale di Atene - GRECIA
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National Archaeological Museum of Athens
Εθνικό Αρχαιολογικό Μουσείο Αθηνών
Museu Arqueológico Nacional de Atenas
TEATRO (Odeon) DI ERODE ATTICO - Acropoli - ATENE - GRECIA
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TEATRO (Odeon) DI ERODE ATTICO - Acropoli - ATENE - GRECIA
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L'odeo di Erode Attico (in greco Ωδείο Ηρώδου του Αττικού) è un piccolo teatro in pietra situato sul pendio meridionale dell'Acropoli di Atene, originariamente coperto e pensato per esecuzioni musicali. Costruito a partire dal 161 e completato prima del 174, fu fatto erigere dal ricchissimo politico e sofista greco Erode Attico in memoria della moglie Appia Annia Regilla.
Originariamente si trattava di un anfiteatro in pendenza, la cui scena misurava 35 m di larghezza, con un muro frontale in pietra e il pavimento in legno. Era protetto da una copertura in legno. Veniva utilizzato come luogo di ritrovo per concerti musicali. I gradini, disposti su 32 file, potevano contenere 5000 persone.
È una delle varie opere commemorative che Erode Attico fece costruire per ricordare la moglie Regilla, uccisa da un liberto forse per suo stesso ordine. Si trattava di un teatro coperto per ospitare esecuzioni musicali. I lavori durarono una decina di anni, perché questo odéon era già terminato nel 174, quando Pausania lo vide e lo descrisse nella sua Guida.[1] In molti mattoni dell'imponente costruzione si trovano incise le lettere ΘHΡ, a significare forse «Teatro di Erode e Regilla»,[2] ma potrebbero essere semplicemente i marchi di fabbrica degli artigiani.[3]
Il teatro fu distrutto nel 267, in seguito all'invasione degli Eruli. Il 7 dicembre del 1887, un gruppo di studenti dell’Università di Atene in onore della Regina Olga di Grecia e al suo cospetto, si esibiscono in Antigone di Sofocle. Il coro è composto da quindici elementi che declama i versi dell’antico testo Sofocle “selon la musique de Mendelssohn”.
Negli anni cinquanta vennero restaurati l'uditorio e l'"orchestra" (l'attuale palcoscenico), utilizzando marmo bianco e cipollino. Da allora il teatro è sempre stato uno dei maggiori auditorium del Festival Ateniese, che si svolge ogni anno da giugno a settembre. L'Odéon ha ospitato Maria Callas, Maurice Béjart, Mikīs Theodōrakīs, Dionysis Savvopoulos e molti altri importanti artisti. Nel settembre 1993, il teatro è stato scena del concerto Yanni Live at the Acropolis, ad opera del pianista e compositore greco Yannis Hrysomallis. Altra memorabile performance fu data, nel 1984, dalla cantante Greca Nana Mouskouri, di ritorno sulle scene del proprio Paese dopo vent'anni di assenza.
FONTE WIKIPEDIA
ANFORE FUNERARIE - Museo Archeologico Nazionale di Atene GRECIA
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ANFORE FUNERARIE - Museo Archeologico Nazionale di Atene GRECIA
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anfora funeraria (Ceramico 760/750 a.C.)
STATUA di DIADOUMENOS - MUSEO ARCHEOLOGICO DI ATENE - GRECIA
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STATUA di DIADOUMENOS - MUSEO ARCHEOLOGICO DI ATENE - GRECIA
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Il Diadumeno (in greco Diadúmenos, cioè "che si cinge la fronte [con la benda della vittoria]") è una statua realizzata da Policleto verso il 430 a.C. e oggi nota solo da copie romane marmoree, tra cui la migliore è considerata il Diadumeno di Delo nel Museo archeologico nazionale di Atene (h. 186 cm).
Probabilmente l'opera venne scolpita ad Atene, dove l'artista era venuto a conoscenza del collega Fidia, come si evince da una certa influenza nella forma e nell'atteggiamento della testa.
Si conoscono più di trenta copie di questa scultura; le più celebri sono: il Diadumeno di Delo, conservato al Museo Archeologico Nazionale di Atene ed il Diadumeno di Vaison-la-Romaine, conservato al British Museum di Londra. Un'altra copia detta Farnese, nello stesso museo, presenta leggere varianti (ad esempio nella testa) e si è ipotizzato che possa derivare da una copia eseguita da Fidia. Un grosso frammento di epoca flavia, restaurato e reintegrato successivamente, si trova nel Metropolitan Museum di New York. Una testa di Diadumeno è al Louvre (che possiede anche un torso), una al Museo Barracco di Roma e una al Museo nazionale di Venosa. Un torso di Diadumeno, proveniente dalle collezioni sabaude, si trova nel Museo di antichità di Torino.
Un giovane atleta n**o solleva le braccia per allacciarsi in testa la benda della vittoria (la tenia).
Esemplare è l'applicazione del chiasmo, ovvero del ritmo incrociato capace di dare estrema naturalezza alla rappresentazione. La gamba destra infatti è tesa e corrisponde alla spalla sinistra in maggiore tensione; l'arto inferiore sinistro invece è flesso e si collega alla spalla destra abbassata: ogni tensione trova quindi la sua adeguata contrapposizione, smorzandosi sul lato opposto in un rilassamento. L'arco del bacino inoltre si trova ad essere inclinato verso la gamba flessa, ed è opposto allo spostamento delle spalle. Ne consegue un dinamismo trattenuto, che annulla ogni impressione di staticità, a differenza dei precedenti della statuaria arcaica e severa. A differenza del Doriforo, nel Diadumeno il baricentro della figura non è su una gamba, bensì al centro fra le due.
L'insieme è potente e muscoloso, ricco di sfumature, con una testa dalla struttura robusta e dotata di un'espressione medativamente sospesa. Appare esaltata la mimesis, cioè il naturalismo basato sull'imitazione del vero, equilibrato però dalla componente ideale.
Diadoumenos (Delos 100 a.C.)
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