Libro Dieci

Libro Dieci

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Edizce
Edizce

Libro di racconti ed episodi realmente accaduti, antiche leggende, storie di fantasmi e streghe.

Elenco storie: 1.Il tassista delle anime erranti. 2.La creatura dalle lunghe unghie. 3.Non avrete mai la nostra casa. 4.La maledizione del primo genito. 5.La bambina dal fiocco rosso. 6.Uccidi la strega buona. 7.Camilla della Rovere. 8.Dieci. 9.Una storia orribile. 10.Il fantasma della domenica.

10/02/2023

Vedere il mio libro ancora in classifica dopo 3 anni dalla pubblicazione è una soddisfazione enorme, certi risultati non nascono dal nulla, dietro c'è tanto lavoro ma sopratutto c'è un uomo che ha inseguito i suoi sogni senza inganni e senza menzogne.

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16/12/2021

Il rimedio contro lo stress? La magia, la fantasia... la follia.
Dieci racconti che ti trascineranno in un mondo tetro e oscuro, fantastico e romantico, spietato e f***e.

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Timeline photos 30/11/2021

Il regalo perfetto per questo strano natale!

Non baciare tua madre, non abbracciare tuo papà, mantieni le distanze con i tuoi amici... zone rosse, gialle e arancioni... mascherine a coprire il volto e diffidenza verso il prossimo... negozi chiusi e strade deserte... notti talmente silenziose da risultare fastidiose. La vita che conoscevamo ci è stata strappata via in cambio di questa realtá così triste e cupa... ora più che mai è salutare fuggire con la mente e lasciarla vagare libera.... concedergli una tregua e donargli qualche ora di pura magia.

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04/09/2021

Grazie di cuore Antonio.

Dieci: Racconti, antiche leggende, storie di fantasmi e streghe. 30/06/2021

Dieci anni fa mi trovavo all’ospedale Vannini di Roma, ero seduto su una vecchia sedia di ferro e stringevo con forza la mano di mia nonna nonostante sentissi la pelle talmente secca che temevo potesse lacerarsi… però io continuavo a stringerla forte perché non volevo saperne di lasciarla andare. Vedevo la mia infanzia scivolare via insieme a quella donna così importante per me… in quei pochi minuti sono diventato adulto.
“Camilla della Rovere” era la sua storia preferita, ho deciso di inserirla nel mio libro perché ancora oggi ricordo le sue fantastiche espressioni mentre la raccontava. Spero che qualcuno abbia voglia di spendere un po' di tempo per leggerla e, se lo desidera, anche di lasciare un commento. Grazie.
Il racconto è estratto dal libro: Dieci: racconti, antiche leggende, storie di fantasmi e streghe. Dieci storie... gialli tra il noir e lo stravagante, rivisitazione di vecchie leggende paesane (come la storia che spero leggerete di seguito), episodi realmente accaduti e storie realmente... inventate.
La versione ebook / cartacea è disponibile In esclusiva su AMAZON.
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PREFAZIONE STORIA:

È notte e fa molto freddo a Roccantica, piccolo paese ai piedi di una montagna. Nel suo antico cimitero si aggira un’anziana signora. La si vede camminare sola e infreddolita con una ghirlanda di fiori stretta tra le mani. La pesante sciarpa che stringe al collo evidentemente non riesce a proteggerla dal gelo, brividi scuotono il suo esile corpo. Folate di vento smuovono le piante rese nere ed inquietanti dalla notte, le piccole luci delle lapidi nulla possono contro la tetra oscurità di quel luogo. Lei però pare non badare a tali disagi, sembra serena e tranquilla mentre si china su una lapide per deporvi sopra la ghirlanda di fiori. Certo, il suo comportamento potrebbe apparire alquanto bizzarro… prima di giudicare però ascoltate la commovente storia che la dolce signora racconta in queste pagine, capirete allora quanto amore si cela dietro il suo gesto. Tratta da un’antica leggenda paesana, la storia viene raccontata con semplicità e delicatezza, come farebbe una nonna con i suoi nipoti.

CAMILLA DELLA ROVERE

25 aprile 1990, sono le dieci di sera, è buio e c’è molto vento, ho freddo alle mani e ai piedi, stringo la sciarpa al collo cercando di attenuare questa sensazione di gelo ma non ottengo buoni risultati. Per fortuna sono sola perché dubito che sarei riuscita anche solo a dire ciao. Batto i denti per il freddo, le mani sono ormai insensibili. Stringo ancor di più la ghirlanda di fiori rossi per paura che possa scivolarmi. Sarebbe un peccato sciuparla, ho vagato per il mio amato paese quasi tutto il giorno per riuscire a trovare un numero sufficiente di fiori per poterli intrecciare.
Mi trovo all’interno del cimitero, mantengo un impegno antico... ogni anniversario mi trovo qui, sono solo poche ore ma sono sicura che lei apprezzerà.
Mi chiamo Maria Del Ruffo, penserete che sia una vecchia pazza visto che alle dieci di sera sono da sola nel cimitero del paese invece che in casa a scaldarmi davanti al camino. Forse avete ragione, però prima di giudicare i miei comportamenti abbiate la pazienza di ascoltare la mia breve storia:
Sono nata nel 1900 a Roccantica, un piccolo paese adagiato ai piedi di una montagna. La mia era una famiglia di contadini, mamma e papà si occupavano soprattutto della produzione di olio di oliva, non avevamo animali perché mamma diceva che portavano malattie. Nonostante mio papà avesse dei braccianti del luogo ad aiutarlo, c’erano comunque molte incombenze da svolgere durante tutto il giorno. Le piante erano tantissime e le olive andavano raccolte tutte a mano, lui diceva che così facendo sarebbe venuto un olio più buono, e aveva ragione… la gente del paese faceva la fila per comprare il nostro olio e ogni anno finivamo le scorte velocemente. Erano tempi difficili per tutti ma noi, grazie al duro lavoro dei miei genitori, riuscivamo a condurre una vita serena. Io, essendo la più piccola, ero esentata dalle mansioni più pesanti ma davo comunque una mano a selezionare le olive meno mature e a toglierle dal mucchio. Mi volevano tutti molto bene, mia mamma, le mie sorelle e persino i miei scalmanati fratelli ma, il mio principale estimatore, era il mio papà. Stravedeva per me, pensate che ogni anno per il mio compleanno riuniva tutta la famiglia sui carri e partivamo per passare insieme la giornata in montagna. Quel giorno erano tutti esentati dal lavoro, mio papà ci teneva che fosse una giornata di svago e festeggiamenti.
La partenza era prevista per la mattina presto. Gli adulti facevano salire tutti i piccoli sulla prima carrozza mentre il resto della famiglia era solita sistemarsi nelle altre insieme alle scorte di cibo.
Ricordo tutto di quel giorno; la partenza prima dell’alba tutti riuniti in piazza, il silenzio della mattina rotto dalle urla di noi bambini, l’odore di pane caldo appena sfornato, e poi, dolci, tanti dolci… mi sembra di sentire ancora il profumo intenso delle crostate di frutta della nonna, quello ancor più piacevole di cannella e miele dei biscotti della mia mamma, l’aroma appagante della cioccolata calda versata in piccole botti di legno per preservarne il calore. Era tutto veramente perfetto, eravamo felici, pronti a partire per la fantastica festa… sarebbe stato il giorno più bello e terrorizzante della mia vita.
La festa si svolgeva in una parte della montagna priva di vegetazione, era una specie di cerchio in cui, per qualche strano fenomeno, non vi crescevano alberi. Mio nonno diceva a causa dei dischi volanti, che pazzo che era. Comunque, era proprio strana questa parte della montagna, così, priva di alberi per un’area perfettamente circolare. Mia mamma invece la trovava molto pratica, avendo così tanto spazio a disposizione poteva sistemare i tavoli vicini e permettere alla numerosa famiglia di mangiare insieme. Dopo aver mangiato in abbondanza e dopo aver scartato i regali, noi bambini ci mettemmo a giocare a nascondino fino a sera.
Era ormai quasi buio quando papà cominciò a chiamare tutti in raccolta per il viaggio di ritorno… io posso solo immaginare la scena dato che in quel momento mi trovavo ben lontana da loro. Ero impegnata a cercare la spilla che la mia sorellona aveva preso di nascosto dalla borsa di mia nonna e che naturalmente aveva perso quasi subito. Se la nonna se ne fosse accorta si sarebbe presa un castigo epico, meglio aiutarla, pensai… grave errore. Loredana, la sorella perdi spille, non solo non mi aveva aiutata nella ricerca ma era addirittura salita sul carro, ormai dimentica sia della spilla persa sia della sua sorellina impegnata in una infruttuosa ricerca. Era convinta che per il ritorno mi fossi sistemata nel carro dei grandi per riposare, visto che era notte fonda. La stessa cosa deve aver pensato il mio papà perché ad un tratto son partiti tutti quanti… tutti tranne me. Qui i ricordi, se possibile, si fanno ancora più nitidi. Stavo cercando la spilla, ero molto lontana dal gruppo ma non me ne preoccupavo, sentivo in lontananza il loro vociare e inconsapevolmente questo mi infondeva coraggio e serenità. Lo dico perché il silenzio fu la prima cosa che notai… ero in bilico tra un ramo poco alto ed un cespuglio di rose, convinta di aver scorto la spilla al suo interno, ero impegnatissima nel tentativo di prenderla senza pungermi con le spine; «ecco, ci sono la prendo, la prendo.»
L’avevo raggiunta con le dita quando improvvisamente mi fermai, una sensazione strana mi pervase ma in un primo momento non ne compresi la causa… poi capii, il silenzio, ecco cosa. Lì dove prima udivo il confortante vociare dei miei famigliari ora vi era solo silenzio, pesava su di me come un macigno.
Rimasi in quella strana posizione per qualche secondo o forse minuto non so, mi sentivo come paralizzata, il silenzio a volte può far paura. Cercai una presa sicura e mi districai dai rami evitando miracolosamente le spine, e poi… corri Maria corri, mi dissi, sono andati via tutti e tu sei rimasta sola, corri Maria corri.
Raggiunsi finalmente il punto dove fino a pochi minuti prima era riunita la mia famiglia, quello che scorsi mi lasciò sgomenta e sotto shock, erano andati via senza di me. Quella verità mi assalì con tale forza da farmi perdere l’equilibrio, caddi in terra, mi rannicchiai in posizione fetale, come se questo potesse proteggermi.
«Sono completamente sola in una montagna che non conosco e, come se non bastasse, tra poco verrà buio, cosa posso fare?», mi domandai disperata.
Non so per quanto tempo rimasi in quella posizione ma anche con gli occhi chiusi percepivo la luce che andava svanendo pian piano. Presto sarebbe arrivata la notte, non potevo stare ancora ferma lì, dovevo reagire. Certo, ecco cosa fare, pensai, devo incamminarmi e prima che faccia scuro ritrovare la strada di casa, ho poco tempo però, devo farlo subito! Mi feci coraggio, mi tirai su e cominciai a seguire le orme lasciate dai carri. Andai avanti così per circa mezz’ora, poi cominciò inesorabile a scendere il buio. L’assenza della luna rendeva l’oscurità f***a ed impenetrabile, feci fatica a vedere dove mettevo i piedi ma non mi potevo fermare, dovevo raggiungere la strada che portava a Roccantica e sperare di incontrare qualcuno che mi conducesse fino in paese. Comunque, la cosa più importante era uscire da quel fitto bosco. Spinta dalla paura cominciai a correre senza meta, il panico si stava diffondendo nel mio corpo rallentandone i movimenti, sapevo che non sarei riuscita a resistere ancora molto. Stavo per crollare, vinta dalla stanchezza e dalla paura. Mi appoggiai su un tronco caduto per riposare ma subito mi sollevai, avevo intravisto nell’oscurità un sentiero che sembrava proseguire diritto, pensai di seguirlo. Mi avvicinai e vidi che era effettivamente una stradina sterrata, proseguiva dritta ma non se ne scorgeva la fine, sperai con tutto il cuore conducesse fuori da quell’inquietante bosco. Corsi per il sentiero ma ad un tratto sentii una voce che mi bloccò all’istante: «Attenta, ma dove corri, subito dietro quei cespugli c’è un burrone nero e profondo.»
Furono queste le parole pronunciò la misteriosa voce. Io naturalmente mi fermai di colpo, stranamente non ero spaventata ma ero incuriosita dalla dolcezza di quella voce. Mi girai e mi rigirai per capire da dove provenisse, poi la scorsi. Era seduta sotto un albero, aveva qualcosa in mano, una ghirlanda di fiori rossi, li stava intrecciando. Era una bambina piccola, potrà avere avuto massimo sei anni. Doveva essere molto povera, pensai, aveva tutto il vestito a brandelli anche se, osservandolo meglio, mi sembrò che quello che aveva in dosso fosse proprio un bel capo, benché molto rovinato. Mi avvicinai a lei senza paura, certo essendo anche io una fanciulla all’epoca non mi posi la domanda fondamentale… che cosa ci faceva una bambina così piccola da sola nel bosco di notte? Ma, appunto, ero una bimba anche io e così la prima cosa che chiesi avvicinandomi fu il suo nome.
«Mi chiamo Camilla Della Rovere», rispose lei, «e tu stavi per cadere nel burrone nero.»
Le sue parole mi lasciarono interdetta, scrutai al di là della strada ma scorsi solo oscurità, non mi sembrò però di veder alcun burrone. Lei seguì il mio sguardo, poi senza parlare mi prese per mano e mi condusse sul sentiero che stavo percorrendo poco prima. Fatti pochi passi la bambina si fermò di fronte ad un grosso cespuglio di fiori, l’oscurità non mi permise di distinguerne la specie. «Guarda dietro queste piante di rose e vedrai che il viale finisce a strapiombo su un burrone, è profondissimo e poi ci sono tante piante con spine molto grandi… se fossi caduta lì sotto saresti morta in modo terribilmente doloroso», mi disse proprio così sapete. Io ero ancora molto scossa ma Camilla mi sembrava stranamente calma, come se mi stesse aspettando. Senza proferire parole si alzò, mi prese per mano e con la sua dolcissima voce mi disse: «Dai ora andiamo, la strada è lunga, se vuoi raggiungere la tua famiglia meglio metterci subito in cammino.» Forse perché stanca e infreddolita, forse per la paura e lo sconforto, fatto sta che mi affidai completamente a quella sconosciuta bambina, anche se era più piccola di me. Canticchiando e con estrema facilità mi condusse in prossimità della via principale.
«Ecco, ora vedrai che passerà un carro che ti ricondurrà a casa.»
Con quella frase Camilla si congedò ed io, non vogliatemi male ma in quel momento ero stanca e avevo freddo, insomma, la salutai come se niente fosse. Subito dopo la vidi inoltrarsi nel fitto bosco e nulla feci per fermarla, nulla, come se in fondo già sapessi che quello era il suo mondo. Neanche per un secondo mi sembrò innaturale quanto appena vissuto, ero semplicemente una bambina anche io, tutto qui.
Dopo pochi minuti, ecco arrivare di gran leva la piccola carrozza della mia famiglia, evidentemente si erano accorti della mia assenza. Ricordo la faccia sconvolta di mio papà, sono sicura che mi credeva morta dopo tante ore passate in montagna. Appena mi vide saltò giù dalla carrozza e corse verso di me talmente veloce che le lacrime che solcavano il suo viso rimanevano sospese alle sue spalle come coriandoli d’acqua.
Arrivati in paese mi prepararono subito una cioccolata calda e, tra un sorso e l’altro, iniziai a raccontare quanto accadutomi quella notte nel bosco. Descrissi lo sconforto provato nel trovarmi sola e abbandonata, la paura quando non riuscivo a ritrovare la strada di casa e la gioia provata quando quella piccola bambina evitò, con la sua dolce voce, di farmi cadere nel burrone.
«Cosa? Sei andata vicino al ponte dei cani?», urlò terrorizzato mio papà.
All’epoca non potevo saperlo ma il ponte dei cani era il nome del luogo dove incontrai Camilla, uno dei punti più pericolosi della montagna. Il sentiero finisce in prossimità di un burrone profondissimo, non ci sono barriere di protezione o altri segnali che ti avvisino del pericolo, se si percorre fino in fondo la stretta strada ci si cade dentro senza accorgersene.
«Si papà», risposi, «io non lo sapevo, ho visto quel viale e, pensando che conducesse verso il paese, ho cominciato a percorrerlo. Era buio, non riuscivo a distinguere i contorni delle cose, per fortuna ho incontrato una bambina che mi ha bloccato in tempo. Poi, con il suo aiuto, son riuscita ad uscire dal bosco.»
La reazione di mio padre fu in un primo momento di totale incredulità, non riusciva a comprendere la presenza di una bambina così piccola di notte nel bosco, da sola per giunta. Poi, man mano che continuavo il mio racconto cominciò anche lui a credere alla mia storia, per quanto bizzarra potesse essere. Mio papà mi chiese il nome della bimba e promise che l’avrebbe ritrovata per ringraziarla e dargli anche una bella ricompensa.
E così fece, ci potete giurare, non si diede pace nei giorni a ve**re.
Cercò la fanciulla di nuovo nella montagna dove mi ero persa, nei paesi vicini, cercò e cercò per giorni ma niente, della bambina nessuna traccia.
Passarono settimane, poi divennero mesi, pian piano gli adulti dimenticarono la misteriosa bambina.
Inevitabilmente anche io smisi di pensare a lei, quanto accaduto quella notte cominciò ad assumere contorni sempre più eterei nella mia mente, come se fosse stato semplicemente un sogno… almeno fino a quella domenica.
Era il primo novembre, giorno dedicato alle persone defunte, quindi quasi tutti gli abitanti del paese si trovavano nel vecchio cimitero. Ognuno andava a pregare nelle tombe dei loro cari mentre i bambini si divertivano a girare per le lapidi più antiche. Ed era proprio quello che stavamo facendo quella domenica… io e le mie amiche ci eravamo spostate nella parte più antica del cimitero e ci divertivamo a rincorrerci. Mio papà era chino sulla tomba di sua nonna quando sentì un urlo fortissimo, il mio urlo.
Stavo ancora urlando quando sono stata raggiunta da mio padre e mia nonna.
Urlavo davanti ad un a vecchia lapide, una lapide con la foto di una bimba morta da moltissimi anni.
Così era scritto nella dedica, ormai quasi illeggibile, lasciata dai genitori all’epoca:
“Angelo mio che proprio nel giorno del tuo compleanno Dio ti chiamò a sé.
Riposa in pace, Camilla Della Rovere.
01-11-1880 - 01-11-1887“
Era la foto di Camilla quella che avevo di fronte in quel momento, era la bambina che solo pochi mesi prima mi aveva tratto in salvo in quella tragica nottata passata in montagna.
Ironia del destino, nella foto indossava lo stesso abito di quella notte, certo non a brandelli come lo vidi io, ma bellissimo, come bellissima era lei. Seppi in seguito la sua storia, molto simile alla mia, tranne che per il finale purtroppo. Si era persa in montagna il giorno del suo settimo compleanno, i genitori la cercarono per molte ore ma senza alcun risultato. Dopo aver vagato per il bosco nel vano tentativo di ritrovare la via di casa, proprio come feci io, anche la piccola Camilla individuò lo stretto sentiero. Ne fu attratta in modo irresistibile, era convinta che conducesse fuori dal fitto bosco. Lo percorse cantando una canzoncina infantile mentre con le mani era intenta ad intrecciare una ghirlanda di fiori… la regalerò a mia mamma appena giunta a casa, pensava la piccolina. Arrivata in prossimità del cespuglio di rose non avvertì il pericolo che si celava dietro ad esse, cadde nel profondo burrone e morì in modo atroce.
Ora conoscete la mia storia, se volete potete pensare a me come una vecchia un po’ pazzerella dato che ancora oggi, ad ogni anniversario, vengo sulla tomba di Camilla a deporre una ghirlanda di fiori rossi.
Estratto dal libro "Dieci" di Cutrì Livio

Dieci: Racconti, antiche leggende, storie di fantasmi e streghe. Dieci: Racconti, antiche leggende, storie di fantasmi e streghe. eBook: Cutrì, Livio: Amazon.it: Kindle Store

20/06/2021

Il racconto "Dieci" sta scalando la classifica di Amazon... grazie di cuore a coloro che hanno reso possibile questo strano e meraviglioso sogno. Ancora non hai acquistato la tua copia? Entra nel link e scegli la versione cartacea o l'ebook!!
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Dieci... la storia 05/06/2021

Un libro imperdibile.
Un noir irriverente e spietato.

Dieci... la storia Dieci... la storia: Un thriller spiazzante, dolce e crudele, triste e divertente, spietato ma romantico. eBook: Cutrì, Livio: Amazon.it: Kindle Store

24/02/2021

Per uno scrittore emergente le critiche sono essenziali per crescere, le accolgo quindi con piacere cercando anche di capirle ma a volte é veramente difficile. Alcuni lettori si sono lamentati per l'assenza di un limite di etá per alcuni racconti, sono riuscito a contattarne alcuni in privato e ho capito che il problema si concentra esclusivamente nella prima storia, la pedofilia in famiglia è un argomento delicato e tremendo ma purtroppo reale quindi io penso sia giusto parlare, anche agli adolescenti... comunque capisco la critica e mi scuso per la mia mancanza. Quello che non capisco sono le critiche sull'ultimo racconto, dare il nome di Liliana (come omaggio a Liliana Segre) ad una donna tedesca ha suscitato un pò di malumori nonostante nel racconto il personaggio abbia un ruolo che rispecchia in pieno la sua umanitá e il suo coraggio... il fatto che sia tedesca non significa nulla, a meno che non si vogliano utilizzare gli stessi parametri messi in pratica dai nazisti...

17/01/2021

“Douglas fissava i fogli tremare nelle sue mani, un mix di odio e pietà si stava insinuando nel suo corpo, rimase scioccato e commosso leggendo le parole della ragazza, ma anche perplesso. Da quanto scritto su quei fogli la lettera non si sarebbe dovuta trovare sul taxi, non era lui il destinatario né tanto meno la persona
deputata a recapitarla, inoltre Swami sperava di non doverla mai far leggere. Nel caso non fosse riuscita nel suo intento l’avrebbe consegnata lei, magari non personalmente, almeno questo era quello che aveva scritto.
Cosa era accaduto in seguito? Era riuscita poi a parlare con lo zio? Perché la lettera si trovava nel suo taxi? Possibile che la bambina l’avesse semplicemente smarrita? Cosa ci faceva Swami da sola nel parco quella notte? Quali orrori aveva dovuto sopportare quella povera bambina? Ma soprattutto, era riuscita a fermare l’orco?
Troppi interrogativi attendevano una risposta, Douglas si sentiva terribilmente in apprensione per il destino della povera bambina, ma avrebbe avuto il coraggio di consegnare la lettera al papà di Swami?
“Torna domani in questa casa e troverai il mio papà, lui saprà cosa fare.”
Le parole della bambina tornarono nuovamente a risuonare nella sua mente, solo che ora che conosceva la storia della povera fanciulla avevano per l’uomo un significato completamente diverso, risuonavano come una richiesta di aiuto…”

ENTRA NELLA PAGINA Libro Dieci E INVIA E MAIL CON SCRITTO “ACQUISTA COPIA” PER AVERE IL LIBRO COMODAMENTE A CASA O SCARICA GRATUITAMENTE L’ESTRATTO IN FORMATO EBOOK SU AMAZON, AIUTA DOUGLAS A RISOLVERE I TANTI MISTERI CHE SI NASCONDONO DIETRO QUESTA TORBIDA E TRISTE STORIA. - DIECI - Livio Cutrì -

Dieci è una raccolta di storie che tengono il lettore con il fiato sospeso perché non riesce ad immaginare cosa succederà ai protagonisti e perché il finale non è mai scontato. Dieci racconti dal gusto retrò che emozionano ognuno in modo diverso e che mettono in risalto la tradizione orale della narrazione familiare. Il libro contiene episodi realmente accaduti, antiche leggende paesane e gialli dal gusto noir in cui il lettore si troverà catapultato in indagini assurde dal finale sconvolgente. Un alternarsi di emozioni contrastanti… paura e ansia per gli episodi realmente accaduti, suspense e rabbia per i gialli un po' noir e un po' stravaganti, empatia e meraviglia per gli altri racconti. Scritto con un linguaggio diretto e confidenziale, con tempi di scrittura veloci e capaci di attirare l’attenzione sin dalle prime righe e di mantenere il pathos fino alla fine. Un libro che può sembrare leggero ma che in realtà invita il lettore a confrontarsi con tematiche dure e tremende, le trame molto avvincenti spesso servono a denunciare ingiustizie morali e materiali. Un libro pensato per emozionare.

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