Dr. Stefano Gervasi
MD Ph.D. Medicina Nucleare;
Fondazione Giuseppe Di Bella;
Master in Dietologia e Nutrizione; EUROPEAN JOURNAL OF NUCLEAR MEDICINE AND MOLECULAR IMAGING. PUBMED.
LAUREA IN MEDICINA E CHIRURGIA;
SPECIALISTA IN MEDICINA NUCLEARE CON VOTI 70 E LODE/70;
MD Ph.D. in Medicina Nucleare;
Master in Dietologia e Nutrizione;
Master in Cardiologia;
Fondazione Di Bella;
Consulente Terapie Oncologiche Integrate;
Fisionutrizione e Medicina Antiaging;
Health Professional For Cellular Medicine;
Cronobiologia;
Nutraceutica Ortomolecolare Cardiometabolica;
Nutrac
HPV (PAPILLOMA VIRUS), SI INDAGA IL RUOLO DEL MICROBIOMA PLACENTARE, DEL MICROBIOMA CERVICALE E DEL MICROBIOMA ORALE
•L’infezione da papilloma virus umano, o HPV, è associata a un alterato microbioma a livello di placenta, cervice uterina e bocca. È quanto dimostra lo studio preliminare condotto da Heidi Tuominen e colleghi presso l'Università di Turku (Finlandia), pubblicato su Scientific Reports, rivista del gruppo Nature.
•L’infezione da HPV rappresenta una delle principali cause di carcinoma nelle regioni genitali, anali e orofaringee e, fino a poco tempo fa, si pensava che la sua trasmissione avvenisse esclusivamente per via sessuale.
•Invece, recentemente è stato scoperto come possa essere trasmesso anche verticalmente ovvero dalla madre al neonato attraverso la placenta. È stato inoltre visto in diverse occasioni, come le donne positive a HPV abbiano complessivamente una ricchezza batterica maggiore a livello cervico-vaginale e come quelle soggette a vaginosi batterica siano più predisposte a contrarre l’infezione.
A tal proposito, i ricercatori hanno voluto valutare se la presenza di HPV abbia o meno un’influenza nella comunità batterica di placenta, cervice uterina e bocca.
Per fare ciò sono stati considerati campioni di un totale di 39 donne, negative o positive a HPV. Ecco dunque i principali risultati ottenuti.
•INCIDENZA HPV
La presenza di HPV è stata riscontrata rispettivamente nel 33% dei campioni placentari, nel 23% di quelli a livello di cervice e nel 36% di quelli orali. Tra tutti, l’isoforma HPV16 è risultata la più frequente essendo stata rilevata in tutti i campioni positivi. Alcune pazienti hanno inoltre mostrato positività all’infezione in più di un sito anatomico.
•MICROBIOTA DELLA PLACENTA E HPV
Le caratteristiche emerse sono le seguenti:
A livello di phylum, rispettivamente in donne negative e positive a HPV troviamo:
Firmicutes (58.3% vs. 66.6%)
Proteobacteria (21.1% vs. 15.7%),
Actinobacteria (13.8% vs 10.0%),
Bacteroidetes (6.5% vs. 6.1%);
A livello di famiglia, i gruppi complessivamente dominanti troviamo: Staphylococcaceae (22.5% vs 29.1%), Enterococacceae (15.6% vs 13.8%), Veillonellaceae (8.8% vs 7.4%), Corynebacteriaceae (6.3% vs 0.8%), Moraxellaceae (6.1% vs 0.1%) rispettivamente in campioni HPV negativi e positivi;
A livello di genere maggiormente espressi sono Staphylococcus (22.9% vs 29.5%), Enterococcaceae non classificato (15.6% vs 13.7%), Corynebacterium (6.3% vs 0.1%),
Acinetobacter (6.0% vs 0.1%) rispettivamente in campioni HPV negativi e positivi;
Nessuna differenza considerevole è emersa in termini di ricchezza e diversità batterica tra i due gruppi.
Tuttavia, un’abbondanza leggermente maggiore di Lactobacillaceae, (genere Lactobacillus) e Ureaplasma è stata osservata nei campioni HPV positivi mentre L. iners è risultato più espresso nell’altro gruppo;
Staphylococcus e Lachnospira sono risultati più presenti nei campioni positivi ad HPV ma infettati da una forma meno aggressiva del virus e per questo definiti a basso rischio;
Lactobacillus e Ureaplasma sono invece stati riscontrati tra i campioni HPV positivi ma con isoforme più ad alto rischio;
•MICROBIOTA DELLA CERVICE E HPV
A livello di phylum troviamo:
Firmicutes (91.0% vs. 90.7%),
Actinobacteria (7.3% vs. 5.1%),
Fusobacteria (1.2% vs. 0.1%),
Bacteroidetes (0.2% vs. 3.3%) rispettivamente in donne negative e positive a HPV;
A livello di famiglia il gruppo più abbondante è rappresentato da Lactobacillaceae (89.7% vs. 86.8%) rispettivamente in campioni HPV negativi e positivi. Nei campioni positivi ad HPV si è inoltre osservato un particolare, seppur non significativo statisticamente, incremento rispetto alla controparte di L. crispatus, L. jensenii e della famiglia Coriobacteriaceae.
In campioni negativi ad HPV invece più espressi sono risultati essere i gruppi L. iners, L. reuteri e le famiglie Peptostreptococcaceae ed Enterococcaceae;
A livello di genere, Lactobacillus è risultato essere il dominante in entrambi i gruppi (89.7% in HPV negativi e 86.7% in HPV positivi) mentre un ceppo non classificato di Coriobacteriaceae si è dimostrato più presente nei campioni HPV positivi, Haemophilus e Peptostreptococcus in quelli negativi;
Nessuna differenza statisticamente significativa è emersa in termini di ricchezza e diversità batterica tra i due gruppi.
•MICROBIOTA ORALE E HPV
A livello di phylum troviamo:
Firmicutes (48.9% vs. 53.5%),
Proteobacteria (24.6% vs. 18.6%), Actinobacteria (12.5% vs. 11.8%),
Bacteroides (8.7% vs. 10.6%),
Fusobacteria (3.8% vs. 4.5%) rispettivamente in campioni HPV negativi e positivi;
A livello di famiglia le più abbondanti sono risultate essere: Streptococcaceae, Pasteurellaceae, Veillonellaceae, Micrococcaceae, Prevotellaceae, Neisseriaceae, Gemellaceae, Fusobacteriaceae;
•A livello di genere: Streptococcus, Haemophilus, Veillonella,
Prevotella,
Gemellaceae, Fusobacterium, Actinomyces hanno mostrato la maggiore espressione in entrambi i gruppi sebbene un altro genere non classificato di Bifidobacteriaceae e Finegoldia siano risultati più presenti nei campioni HPV positivi mentre Haemophilus in quelli negativi;
•CONCLUSIONI
HPV è stato riscontrato nel 33% dei campioni di placenta, nel 23% di quelli provenienti dalla cervice e nel 36% di quelli orali;
L’infezione da HPV è associata a una maggior ricchezza batterica solo nei campioni della mucosa orale mentre nei restanti non sembra influenzare la composizione complessiva del microbioma locale;
L’infezione da HPV è associata a una maggiore presenza di Lactobacillaceae e Ureaplasma a livello di placenta, di Haemophilus e Peptostreptococcus nella cervice e Selenomonas spp. nella bocca.
FONTE BIBLIOGRAFICA:
(Scientific Reports Volume 8)
HPV(TRASMISSIONE, FATTORI DI RISCHIO, PREVENZIONE)
Complessivamente, gli HPV, possono essere classificati in:
1) Genotipi a basso rischio (6, 11, 40, 42, 43, 44, 54,61, 70, 72, 81): determinano più frequentemente infezioni asintomatiche, oppure lesioni preneoplastiche di basso grado che regrediscono spontaneamente. I genotipi 6 e 11 sono responsabili dei condilomi anogenitali;
2) Genotipi ad alto rischio (16, 18, 26, 31, 33, 35, 39, 45, 51, 52, 53, 56, 58, 59, 66, 68, 73, 82): possono essere responsabili di lesioni preneoplastiche di alto grado o di neoplasie (soprattutto 16, 18).
Si stima che più del 50% della popolazione sessualmente attiva contragga l’infezione almeno una volta nella vita; la circolazione del virus è più comune tra gli adolescenti e nei giovani adulti, nella gran parte dei casi decorre in maniera asintomatica e regredisce spontaneamente, senza che il paziente se ne accorga.
In una minoranza di casi si presenta clinicamente con i condilomi o, più raramente, con il carcinoma genitale (più frequentemente a***e).
•TRASMISSIONE:
Il virus viene trasmesso attraverso il contatto diretto, quindi la modalità di contagio più importante è la via sessuale (vaginale, a***e e orale).
A differenza di altre infezioni sessualmente trasmissibili, affinché avvenga contagio è sufficiente anche il semplice contatto esterno, senza alcuna penetrazione. L’infezione può essere favorita dalla presenza di lesioni cutanee, anche da microtraumi, frequenti durante i rapporti sessuali. I soggetti che possono trasmettere l’infezione sono:
1) uomini e donne con i condilomi, altamente contagiosi;
2) uomini e donne affetti dall’infezione asintomatica, senza manifestazioni cliniche evidenti (più frequentemente).
•I FATTORI CHE AUMENTANO IL RISCHIO DI CONTAGIO NELL' UOMO SONO:
1) promiscuità sessuale (più partner si hanno, maggiore è la probabilità di contagio);
2) mancato utilizzo del pr********vo (il pr********vo può ridurre, ma non abbattere il rischio, poiché il virus si annida anche in regioni che non sono coperte dal pr********vo come l’asta del pene o lo scroto);
3) rapporti anali, perché legati a un più elevato rischio di formazione di microtraumi e lesioni;
4) presenza di altre infezioni sessualmente trasmissibili (herpes genitale, HIV, sifilide, …);
5) sistema immunitario indebolito (per esempio nei soggetti con AIDS);
6) mancata circoncisione (la circoncisione è un fattore protettivo, perché evita l’annidamento dei virus);
7) scarsa igiene personale.
•PREVENZIONE:
Il virus è notevolmente diffuso, per ridurre il rischio di infezione si consiglia quindi di:
1) usare il pr********vo;
2) avere una/un sola/o partner;
3) scegliere una partner con comportamento sessuale non a rischio;
4) mantenere una buona igiene personale (il glande dovrebbe essere scoperto completamente e pulito in maniera accurata);
5) non fumare;
6) non avere rapporti con partner con condilomi genitali in fase attiva,
evitare di avere rapporti se si hanno condilomi in fase attiva (per proteggere la partner dall’infezione).
•COME COMPORTARSI CON IL PARTNER?
La limitazione del numero di partner riduce il rischio di contrarre l’HPV, tuttavia anche soggetti con un singolo partner sessuale nella vita possono infettarsi col virus.
1) Due partner che formano una coppia fissa condividono gli stessi HPV, pertanto dopo la diagnosi di condilomi non è necessario l’uso del pr********vo per evitarne il contagio. In una coppia fissa non è necessario l’uso del pr********vo per evitare la trasmissione del virus che è già presente in entrambi i partner.
2) È poco probabile che il trattamento dei condilomi possa prevenire la trasmissione del virus, in quanto i partner normalmente sono già infettati ancora prima che compaiano i condilomi.
•RAPPORTI SESSUALI CON NUOVI PARTNER PRIMA DEL TRATTAMENTO DEI CONDILOMI?
I Condilomi vengono trasmessi prevalentemente tramite i rapporti sessuali, pertanto fino all’eliminazione delle lesioni vengono sconsigliati rapporti sessuali con nuovi partner.
•RAPPORTI SESSUALI CON NUOVI PARTNER DOPO IL TRATTAMENTO DEI CONDILOMI?
Non ci sono specifiche raccomandazioni riguardo alle informazioni da dare ai futuri partner sessuali sulla diagnosi di Condilomi dopo la cura: la terapia elimina le lesioni, ma non consente di eradicare il virus, pertanto il paziente può ancora trasmetterlo, anche se non è nota la durata precisa dell’infezione. Si consiglia l'utilizzo del profilattico in caso di rapporti occasionali.
RICORDO CHE L'HPV NELL'UOMO È NOTEVOLMENTE IN AUMENTO, IN PRESENZA DI COMPORTAMENTI SESSUALI PROMISCUI ED A RISCHIO, AUMENTA IL RISCHIO DI:
1) CARCINOMA DEL PENE,
2) CARCINOMA A***E, 3) CARCINOMA LARINGEO.
Dr. Stefano Gervasi
LAUREA IN MEDICINA E CHIRURGIA,
SPECIALISTA E MD Ph.D. IN MEDICINA NUCLEARE,
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CONSULENTE TERAPIE ONCOLOGICHE INTEGRATE,
MASTER IN DIETOLOGIA E NUTRIZIONE,
MASTER IN CARDIOLOGIA,
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ESPERTO IN CRONOBIOLOGIA
EMATURIA (È IL PASSAGGIO DI SANGUE NELLE URINE)
●DEFINIZIONE:
▪Ematuria è il passaggio di sangue nelle urine;
▪Ematuria Franca è la presenza di sangue all'esame macroscopico;
▪Ematuria Microscopica indica che i globuli rossi possono essere visti solo col microscopio;
▪Emoglobinuria la presenza di emoglobina libera nelle urine.
●L'EMATURIA NECESSITA SEMPRE L'ESECUZIONE DI INDAGINI PER ESCLUDERE CAUSE LATENTI;
▪Ematuria Iniziale (sangue all'inizio della minzione): origine uretro-prostatica;
▪Ematuria Terminale (sangue alla fine della minzione): suggerisce una causa vescicale o prostatica;
▪Ematuria Totale (sangue durante tutta la minzione): origine renale e/o ureterale;
▪Coaguli Nastriformi indicano una causa pelvi-ureterale;
▪Un'Emorragia Renale può simulare un dolore colico a causa dei coaguli passati nell'uretere.
●EMATURIA DI ORIGINE RENALE:
• Trauma. RICORDO CHE LESIONI GRAVI POSSONO ANCHE NON SANGUINARE (AVULSIONE RENALE - ROTTURA COMPLETA);
• Tumori. Ematuria profusa od intermittente;
• Carcinoma a cellule renali. Massa associata, dolore lombare, colica da coaguli o febbre, policitemia occasionale, ipercalcemia ed ipertensione;
• Carcinoma a cellule transizionali. Caratteristicamente senza dolore, ematuria intermittente;
• Calcolo. Forte dolore lombare/inguinale, ematuria evidente o microscopica, infezione associata;
• Glomerulonefrite. Solitamente microscopica, associata a malattia sistemica (esempio LES);
• Pielonefrite (rara);
• Tubercolosi renale (rara). Calo ponderale, anoressia, febbre di origine sconosciuta, aumento della frequenza della minzione di giorno e di notte;
• Adenoma renale;
• Cisti renale;
• Malattia policistica (rara). Rene palpabile, ipertensione, insufficienza renale cronica;
• Infarto renale (molto raro). Può essere causato da un embolo arterioso, rene dolente;
• Malformazioni artero-venose renali o cisti semplice (molto rare). Senza dolore e senza altri sintomi;
• Trauma;
• Glomerulonefrite.
●EMATURIA DI ORIGINE URETERALE:
• Tumore a cellule transazionali;
• Calcolo;
• Appendicite.
●EMATURIA DI ORIGINE VESCICALE:
• Carcinoma a cellule transazionali. Caratteristicamente senza dolore, ematuria intermittente, anamnesi di lavoro in industrie di coloranti e di gomme;
• Cistite interstiziale (rara);
• Calcolo;
• Cistite acuta;
• Cistite piogenica;
• Trauma;
• Schistosomiasi (molto rara). Storia di viaggi all'estero, specialmente nel Nord Africa.
●EMATURIA DI ORIGINE PROSTATICA:
• Ipertrofia prostatica benigna. Ematuria senza dolore, associazione di sintomi ostruttivi, infezioni urinarie ricorrenti;
• Carcinoma (raro).
●EMATURIA DI ORIGINE URETRALE:
• Trauma. Sangue del meato, anamnesi di trauma diretto al perineo, ritenzione acuta;
• Carcinoma prostatico;
• Ipertrofia prostatica benigna;
• Calcolo (raro);
• Uretrite (rara).
Dr. Stefano Gervasi
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LA FIBROMIALGIA E LA TIROIDITE DI HASHIMOTO
Dr. Stefano Gervasi
●DIAGNOSI DI TIROIDITE DI HASHIMOTO:
▪TSH ELEVATO. Livelli di TSH sopra la norma indicano che la tiroide è stimolata a produrre quantità maggiori di ormone perchè non ve ne è abbastanza nell’organismo (ipotiroidismo).
▪FT4 RIDOTTO. Un livello di fT4 (la quota di T4 che può entrare nelle cellule) inferiore alla norma indica ipotiroidismo.
▪FT3 RIDOTTO;
▪ANTICORPI ANTIPEROSSIDASI ELEVATI (ANTI TPO). Segnalano la presenza di anticorpi diretti contro la tiroide. Essi di solito indicano la presenza di malattia di Hashimoto nei pazienti ipotiroidei. Pur in presenza di anticorpi antiperossidasi elevati, può non essere presente ipotiroidismo; in questo caso è generalmente indicato il controllo periodico e non il trattamento.
▪ANTICORPI ANTITIREOGLOBULINA ELEVATI (ANTI TG);
▪ANTICORPI ANTI TSH ELEVATI;
▪AUMENTO DELLA VES, DELLA PCR AD ELEVATA SENSIBILITÀ;
▪RILEVAZIONE DELL'AUMENTO DELLE GAMMAGLOBULINE.
■RICORDARSI SEMPRE CHE IN CASO DI HASH*TOSSICOSI: FT3 ELEVATO, FT4 ELEVATO!
Stefano Gervasi
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IL COENZIMA Q10
Dr. Stefano Gervasi
●Secondo uno studio danese-americano, senza la molecola conosciuta come ubichinone (coenzima Q10), sul nostro pianeta probabilmente non si sarebbe sviluppata alcuna forma di vita. Il 14 maggio del 2020, il giornale online della Novo Nordisk Foundation (www.science.news.dk) ha pubblicato un interessante articolo al riguardo: sembra che l’ubichinone, presente in tutte le cellule umane, sia stato sviluppato in origine da batteri preistorici, come parte di una strategia di sopravvivenza. Questo piccolo ma fondamentale cambiamento è uno degli eventi centrali che ha permesso alla vita di fiorire sul pianeta. Essendo l’unica forma di vita al tempo, i batteri hanno sviluppato la molecola che oggi è considerata dalla scienza uno degli elementi più rilevanti dei mitocondri, le "centrali elettriche" che producono energia nelle nostre cellule.
●L’ubichinone come nuovo “carburante”
•La molecola è l'ubichinone, conosciuta come coenzima Q10. In precedenza, i batteri si erano serviti del naftochinone per produrre energia, ma a causa di un improvviso aumento della concentrazione di ossigeno nell’atmosfera, si sono trovati nel disperato bisogno di un tipo diverso di chinone, che li potesse anche proteggere dall’ossigeno. L’ossigeno è infatti per sua natura un’arma a doppio taglio: da un lato è fondamentale, dall’altro può formare dei composti di ossigeno potenzialmente distruttivi (i radicali liberi). L’ubiquinone riesce ad attaccarsi all’ossigeno, mentre il naftochinone tende a rilasciare gli ioni di ossigeno, che vanno quindi a formare i radicali di ossigeno.
●L’ubichinone ha portato ad una maggiore crescita
•Gli scienziati, studiando i batteri Escherichia coli in laboratorio, hanno scoperto che in apparenza sembrava un vantaggio per i batteri passare da un tipo di chinone all’altro. I batteri E. coli sono infatti in grado di utilizzare sia il naftochinone che l’ubichinone, in base alla saturazione di ossigeno dell’ambiente in cui si trovano. “Resettando” geneticamente i batteri, gli scienziati sono riusciti a creare in laboratorio diverse versioni di batteri preistorici. La scoperta è stata soprendente: i ricercatori hanno potuto notare come i batteri E. coli che utilizzavano il naftochinone crescessero con un tasso del 30 percento più lento rispetto ai batteri che si servivano dell’ubichinone. In altre parole, i batteri hanno ottenuto un vantaggio evolutivo sostituendo il naftochinone con l’ubichinone.
●IL COENZIMA Q10 NELL'UOMO E NELLA DONNA
•Concentrazioni elevate nel cuore
Due importanti cardiologi, il dottor Albert E. Raizner dello Houston Methodist Sugar Land Hospital in Texas e il dottor Miguel A. Quiñones, dello Houston Methodist Willowbrook Hospital, Texas, hanno studiato per molti anni il COENZIMA Q10 ed hanno illustrato in diversi studi condotti con il composto simil vitaminico, il coenzima Q10, che è presente in concentrazioni particolarmente elevate nel nostro tessuto muscolare cardiaco.
●Aiuta le cellule a produrre energia
Una delle funzioni chiave del coenzima Q10 è quella di fungere da catalizzatore energetico che aiuta le cellule a convertire grassi, carboidrati e proteine in ATP (adenosina trifosfato), ossia l'energia conservata in forma molecolare in vista di un futuro utilizzo. Il processo avviene all'interno dei mitocondri, microscopiche “centrali energetiche” di cui sono ricche le nostre cellule.
Le cellule del muscolo cardiaco hanno un fabbisogno energetico particolarmente elevato e, quindi, hanno una densità mitocondriale sostanzialmente più elevata rispetto ad altri tipi di cellule.
●Il legame tra statine e Q10
•I due cardiologi sottolineano anche il fatto che il corpo sintetizza sia il coenzima Q10 che il colesterolo dalla stessa base, in quanto sono essenzialmente costituiti dallo stesso composto organico. Poiché condividono lo stesso percorso biochimico, il blocco della produzione di colesterolo influisce anche sui livelli di coenzima Q10.
Questa interruzione della sintesi del coenzima Q10 endogeno del corpo è uno dei fattori che gli scienziati sono interessati ad approfondire, e numerosi studi hanno esaminato l'effetto della somministrazione di integratori al fine di compensare tale riduzione.
●Ricordo che il COENZIMA Q10 COME TERAPIA INTEGRATA entrò di diritto dopo la pubblicazione di uno studio in doppio cieco e controllato con placebo condotto su 420 pazienti, pubblicato nel 2014 su JACC, Heart Failure, considerato, probabilmente, la prova più convincente a favore dell'uso nelle terapie integrate del coenzima Q10.
Dr. Stefano Gervasi
MEDICO CHIRURGO
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MARCATORE TUMORALE Ca 125 e TUMORE OVARICO
Dr. Stefano Gervasi
Il Ca 125 è una glicoproteina ad alto peso molecolare (oltre 200.000) utilizzato come marker per il carcinoma dell'ovaio ed è un utile marcatore per il follow-up postoperatorio.
Questo antigene venne scoperto perchè prodotto da una linea cellulare di carcinoma dell'epitelio delle ovaie, ma non dalle corrispettive cellule epiteliali normali.
Aumentati livelli di Ca 125 sono stati riscontrati anche negli adenocarcinomi della cervice uterina e nel carcinoma endometriale; può inoltre essere aumentato in tumori pancreatici, polmonari, mammari e nelle neoplasie del colon retto.
Il Ca 125 è presente nell'endometrio normale e nei fluidi uterini ma il suo passaggio ematico è molto limitato. Ciò giustifica che la concentrazione ematica può aumentare durante il flusso mestruale e nel primo trimestre di gravidanza.
Una delle condizioni più interessanti di incremento del Ca 125 è l’endometriosi con possibile utilizzo del marker per il follow-up post operatorio o post terapia.
Aumenta inoltre in tutte le condizioni di irritazione peritoneale con o senza versamento ascitico, in presenza di cisti o formazioni benigne ovariche ed anche per grossi fibromi uterini.
La tecnica utilizzata per la determinazione è l’immunoenzimatica. L’analisi è in convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale.
I valori normali sono 0 – 35 U/ml.
●PROMEMORIA PER GLI OPERATORI SANITARI:
■IL CA 125 PRESENTA ELEVATA SPECIFICITÀ PER IL TUMORE DELL'OVAIO;
■IL CA 125 PRESENTA MEDIA SPECIFICITÀ PER IL TUMORE DELLA TUBA OVARICA;
■IL CA 125 PUÒ ESSERE ELEVATO ANCHE IN ALTRI TIPI DI TUMORI (MAMMELLA, PANCREAS, POLMONE, STOMACO, UTERO, V***A).
●IL TUMORE OVARICO SI PRESENTA IN TRE TIPI ISTOLOGICI:
•Epiteliale
•Stromale
•A cellule germinali.
Il più comune istotipo, circa 80% dei tumori ovarici, è rappresentato da quello epiteliale.
●L’ISTOTIPO EPITELIALE PUÒ ESSERE CLASSIFICATO IN:
•Sieroso
•Mucinoso
•Endometroide,
•A cellule chiare
•Indifferenziato
La stadiazione del tumore ovarico si basa sulla sua aggressività e sulla sua diffusione.
La definizione delle categorie T, N, ed M, corrispondenti alla stadiazione chirurgica FIGO (International Federation of
Gynecology And Obstetrics), si basa su classificazioni cliniche e istopatologiche con l’ausilio tecniche di “imaging” e di tecniche chirurgiche laparoscopiche o laparotomiche.
●I LINFONODI REGIONALI VENGONO IDENTIFICATI IN:
•Ipogastrici (includendo gli otturatori);
•Iliaci comuni;
•Iliaci esterni;
•Sacrali laterali;
•Para aortici;
•Inguinali.
●BIBLIOGRAFIA
•Roett MA and Evan R. Ovarian Cancer: an overview. Am Fam Physician. 2009;80:609‐616.
•Cho KR and Shih IM. Ovarian Cancer. Annu Rev Pathol: Mech Dis. 2009;4:287‐313.
•Buys SS et al. Effect of screening on ovarian cancer mortality. JAMA 2011;395:2295‐2303.
Menon U, et al. Sensitivity and specificity of multimodal and ultrasound screening for ovarian cancer, and stage distribution of detected cancers: results of the prevalence screen of the UK Collaborative Trial of Ovarian Cancer Screening (UKCTOCS). Lancet 2009;10:327‐40.
•Paulsen T. et al. Improved short‐term survival for advance ovarian, tubal, and peritoneal cancer patients operated at teaching hospitals. Int J Gynecol Cancer. 2006;16 (Suppl 1):11‐17
•Moore RG et al. Comparison of a novel multiple marker assay vs the Risk of Malignancy Index (RMI) for the prediction of epithelial ovarian cancer in patients with a pelvic mass. Am J Obstet Gynecol 2010;203:228.e1‐6.
•Moore RG et al. Use of multiple novel tumor biomarkers for the detection of ovarian carcinoma in patients with a pelvic mass. Gynecol Oncol 2008;108:402‐408.
•Nolen B et al. Serum biomarker panels for the discrimination of benign from malignant cases in patients with an adnexal mass. Gynecol Oncol 2010; 117: 440‐445.
•Yurkovetsky Z et al. Development of a multimarker assay for the early detection of ovarian cancer. J Clin Oncol. 2010; 28:2159‐21668.
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RITA HAYWORTH E IL SUO MORBO DI ALZHEIMER
IL 14 MAGGIO 1987, SI SPENSE L’ATTRICE “ RITA HAYWORTH “
Rita Hayworth, nome d'arte di Margarita Carmen Cansino (New York, 17 ottobre 1918 – New York, 14 maggio 1987), è stata un'attrice e ballerina statunitense.
PER ME INSIEME AD AVA GARDNER ED HEDY LAMARR LE PIÙ BELLE E SEDUCENTI DONNE DELLA STORIA DEL CINEMA.
Rita Hayworth rimane nell'immaginario collettivo come la prorompente e tentatrice Gilda, film del 1946, ma che l'ha confinata nel ruolo stereotipato della bellissima pin-up, offuscando così le sue doti straordinarie d'interprete. Figlia di ballerini e cugina di Ginger Roger, iniziò la sua carriera come ballerina nei nigth. Debuttò nel cinema con "Il segreto delle piramidi" nel 1935. Superba nel recitare e cantare e ne diede grandissima prova in film come "Sangue e Arena" del 1941, "Gilda" del 1945, "La signora di Shangai" del 1948, ed in canzoni mitiche come: Amado mio e Put The Blame on Mame.
Il nome di Rita Hayworth è l'emblema del periodo aureo della storia del cinema, ossia quando Hollywood era il regno di divi sovraumani giudicati intoccabili dai comuni mortali così come dai giornali; non come oggi in cui le starlette accettano di girare pubblicità televisive come attori di soap opera.
La Sua bellezza latina spicca in "Sangue e Arena" (sempre del 1941), le interpretazioni di "Gilda" (il personaggio mangiuomini che le rimarrà attaccato addosso per sempre come un alter ego) e de "La Signora di Shangai".
Malgrado tutto ciò che diede ad Hollywood, il grande establishment non è mai stato molto prodigo di riconoscimenti con Lei: basti pensare, che l'unico riconoscimento artistico della sua vita risale al 1965 quando grazie al film "Il Circo e la Sua Grande Avventura" ottenne una nomination ai Golden Globe. Dopo questo ultimo exploit il declino della Divina è stato triste, drammatico e macchiato dall'ombra nera dell'alcool. Tutti la trattavano per ALCOLIZZATA (MA ERA IL MORBO DI ALZHEIMER), DERISA, SOLA E SFRUTTATA, MUORE All'età di 69 anni il 14 maggio 1987 a New York, colpita dal MORBO DI ALZHEIMER.
•Il nostro Sistema Nervoso Centrale è molto più di “qualche”
neurone interconnesso. Esso è composto anche da una sinergia di cellule che effettuano un importante sostegno alle funzioni neuronali. Le cellule gliali sono
parte essenziale di questo sistema integrato e si dividono in più tipologie, ognuna con specifiche funzioni.
•Gli oligodendrociti (corrispondenti alle cellule di Schwann nel sistema nervoso
periferico) sono le cellule della glia deputate alla produzione di mielina, sostanza isolante che
avvolge gli assoni di connessione interneuronale; tali cellule mandano proiezioni che avvolgono gli assoni formando una guaina di mielina che velocizza la trasmissione del segnale.
•Le cellule della microglia sono cellule immunitarie cerebrali (macrofagi residenti) con il compito di monitorare eventuali danni tissutali e “fagocitare” i detriti.
•Un terzo tipo di cellule della glia sono gli astrociti, che hanno il
compito di monitorare l’attività neuronale a livello delle sinapsi (giunzioni di connessione tra
neuroni) e di inviare segnali ai vasi sanguigni locali di dilatazione, aumentando la supplementazione di sangue ai neuroni in attività. Gli astrociti secernono inoltre sostanze che influenzano la formazione e l’eliminazione delle sinapsi. Una volta raggiunta la maturità, il cervello si riorganizza in risposta alle esperienze.
•Assoni e Dendriti modificano
continuamente la loro struttura e le loro connessioni durante la
vita adattandosi alle stimolazioni esterne e processando nuove
potenziali informazioni. Tale processo prende il nome di “Plasticità Neuronale”.
MORBO DI ALZHEIMER: •PERDITA DI MEMORIA, •GRAVI SBALZI D'UMORE, •CAMBIAMENTI NELLA PERSONALITÀ,
•PERCEZIONE ERRATA DI SPAZIO E TEMPO,
•INCAPACITÀ A CONCENTRARSI E COMUNICARE,
•DEMENZA E INFINE DECESSO.
•IL MORBO DI ALZHEIMER COLPISCE UNA REGIONE DEL CERVELLO CHIAMATA IPPOCAMPO, CENTRO DELLA MEMORIA E DELLE FUNZIONI INTELLETTIVE.
•IL MORBO DI ALZHEIMER MORFOLOGICAMENTE È CARATTERIZZATO DALLA PRESENZA DI PLACCHE SENILI CONTENENTI BETA-AMILOIDE E DA AMMASSI NEUROFIBRILLARI COSTITUITI DA FILAMENTI DI PROTEINA TAU.
•ALL'ESAME MACROSCOPICO, L'ENCEFALO APPARE DI DIMENSIONI RIDOTTE RISPETTO AL NORMALE, CON ATROFIA DEL LOBO TEMPORALE; LE AREE ASSOCIATIVE SI PRESENTANO SPROPORZIONATE RISPETTO ALLE AREE MOTORIE E SENSITIVE, NOTEVOLE ATROFIA DELLE CIRCONVOLUZIONI CEREBRALI, CON AUMENTO DELLA PROFONDITÀ DEI SOLCHI.
LA GRAVE ATROFIA DELL'IPPOCAMPO E DELLA CORTECCIA CAUSA UN ALLARGAMENTO DEL SISTEMA VENTRICOLARE (IDROCEFALO EX VACUO).
•NEL MORBO DI ALZHEIMER SI POSSONO TROVARE ANCHE I CORPI DI HIRANO, LOCALIZZATI ESCLUSIVAMENTE NEI NEURONI PIRAMIDALI DELL'IPPOCAMPO, CHE POSSONO PERÒ ESSERE INDIVIDUATI ANCHE IN ALTRE PATOLOGIE NEUROLOGICHE COSÌ COME NELL'ENCEFALO DI PERSONE ANZIANE NORMALI.
•IL MORBO DI ALZHEIMER FU IDENTIFICATO DA UN NEUROLOGO TEDESCO NEL 1907, MA RITA HAYWORTH NEGLI ANNI '60 FU ETICHETTATA COME ALCOLIZZATA E LASCIATA SOLA.
NON LASCIAMO MAI SOLI I NOSTRI PAZIENTI!
•IL CODICE DELLA LONGEVITÀ, CASA EDITRICE TECNICHE NUOVE
CAPITOLO 7
AUTORE: Dr. Stefano Gervasi: "COME DIAGNOSTICARE E FERMARE LE PATOLOGIE DEGENERATIVE DEL SISTEMA NERVOSO CENTRALE"
Dr. Stefano Gervasi
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