Elisa Distefano

Elisa Distefano

Psicologa, specializzanda in psicoterapia psicoanalitica
Catania, Online

15/06/2023

“Ci sto lavorando” è una delle risposte più popolari quando qualcuno ci fa notare un comportamento o un atteggiamento disfunzionale… quanto c’è di vero nella frase “ci sto lavorando” ?
Presupponiamo di aver iniziato un percorso con uno specialista, sentendo di aver bisogno di un supporto ci impegnamo nel lavoro terapeutico; tuttavia,in cuor nostro, quel cambiamento tanto desiderato non riusciamo a immaginarlo, “mi sembra irrealizzabile”, dando per scontato che ciò che si è ormai rotto non si possa sistemare, almeno non come vorremmo.
Per riprendere la vignetta, immaginiamo ciò che pensiamo, ricordiamo o persino ciò che siamo come qualcosa senza speranza, scarti che si ammassano in un cestino che, zeppo sino all’orlo, straripa.
In questa foto il punto di osservazione è esterno, potremmo dire che l’istantanea di questa vignetta l’ha scattata la terapia stessa, questa angolazione ci consente di intravedere un particolare importante… ciò che il paziente porta, i suoi rifiuti, le speranze fallite, la sua rabbia, non vengono portati in qualche landa lontana e abbandonati, lasciati lì alla mercé delle intemperie affinché , forse, si decompongano.. l’analista che nell’immagine sta ascoltando il suo paziente, ha già attivato il processo di riciclo, ne disegna il simbolo ♻️.
Affidandosi ad un ascoltatore preparato, quel mondo interiore che percepiamo come una discarica senza speranza, pian piano si trasforma, si rinnova… quando si ricicla un oggetto non si parla di speranza, ma di cambiamento; quell’oggetto che è stato per tutto il suo tempo utilizzato per un determinato scopo può scegliere di essere altro, di fare altro.. è libero di prendere vita.
Il tempo che ci si dedica non è mai uno spreco, ci stiamo solo dando il tempo e lo spazio per reinventare il nostro benessere psico-fisico.

E.D.

13/06/2023

Nella scoperta di se stessi si compie il più bel viaggio, come per ogni viaggio verso una metà che non si conosce ancora, si può sperimentare timore,ansia, paura…
si pensa al viaggio interiore come ad un tuffo improvviso nello sconosciuto passato, attribuendo il proprio dolore all’incapacità nel dimenticare…
allora perché si dovrebbe star meglio ricordando?
Il viaggio nel profondo non è improvviso, segue i tempi del viaggiatore, con le soste e i cambi di direzione.. è un viaggio che si fa per curiosità ma anche per la libertà, non vincola al ricordo del passato ma verso un futuro che non rimane trattenuto dal passato, un viaggio verso la libertà che non si fa in solitudine, si dispone di un navigatore e non ci si perde…
non si impara a dimenticare ciò che spaventa ma a conoscersi meglio…
è un viaggio lungo o breve?
Questo è difficile da stabilirsi, quel che è certo è che per questo viaggio non serviranno souvenir..

E.D.

30/05/2023

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