Dott.Giuseppe Scuderi Psicologo/Psicoterapeuta

Dott.Giuseppe Scuderi Psicologo/Psicoterapeuta

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La Psicologia Individuale fondata da Alfred Adler è un trattamento di aiuto e cura - per adulti e adolescenti - concepito nel rispetto delle caratteristiche ed esigenze specifiche della persona, teso a valorizzare le sue risorse e la sua creatività.

05/03/2024

Lunedì 4 marzo, con l'ormai consueta, generosa partecipazione da parte dei genitori, delle studentesse e degli studenti del nostro Istituto, con Gaetano Cotena, abbiamo fatto 3! Insieme abbiamo riflettuto sul perché, a distanza di 30 anni dall'omonima canzone cantata da Mia Martini, "Gli uomini non cambiano" (link al primo commento) e perché, nella direzione del benessere psicologico, vero leit motiv di questo ciclo di conferenze, sarebbe auspicabile che cambiassero, che cambiassimo.
Mi fa piacere ricordare l'intenso momento d'apertura in cui una nostra talentuosa studentessa di 4LF, C.S., ha eseguito il brano dal vivo, commuovendo il pubblico assiepato in Aula Magna.
Mercoledì 13 marzo, ore 17.30, l'ultimo appuntamento: "Senti che fuori piove, senti che bel rumore - Il linguaggio dell'interiorità come lingua delcambiamento: entrare in comunicazione con
se stessi come strada per il dialogo e la
cooperazione con gli altri."
Vi aspettiamo!

La stampa continua a parlare di noi😀
Ringraziamo i nostri Proff. Cotena e Scuderi, psicoterapeuti e docenti interni dell’Istituto, esperti anche nelle dinamiche trattate.

Photos from IISS "Galileo Galilei" - Ostiglia MN's post 06/03/2023

La musica, almeno dagli anni ’50 in poi, è diventata parte integrante, fondamentale, nel processo di costruzione dell’identità dei e delle giovani, permettendo loro di emanciparsi dalle regole e dalle strade obbligate della famiglia tradizionale, aiutandoli a pensarsi in strade diverse, più vicine al loro sentire – com’è accaduto, già nel ’66, alla ventenne Caterina Caselli.
Lo scorso lunedì, nella biblioteca del liceo Galilei di Ostiglia dove insegno, davanti a una folta platea di studenti e genitori, ho avuto il piacere di raccontare, attraverso la musica, la mutazione antropologica che hanno attraversato e stanno attraversando le famiglie – da quelle, per l’appunto, tradizionali a quelle “affettive”, che, per lo meno dagli anni ’80, accompagnano i figli e le figlie nel loro percorso di crescita.

Oggi, però, noi genitori facciamo grande fatica davanti alle nuove problematiche adolescenziali e all’impenetrabilità di figli che, almeno in teoria, dovremmo conoscere meglio di come i genitori delle generazioni precedenti conoscevano i propri – oggi oscilliamo tra una resa incondizionata
e un tifo sfegatato o improbabili tentativi di ritorno al passato.
Senza nostalgia, può allora servire, forse, “ripassare” gli adolescenti che eravamo, seguendo il filo rosso della musica, con tutto il desiderio di alterità dai nostri familiari che facevamo suonare e cantare a tutto volume, e rischiare di concedere SPAZIO ai nostri figli e alle nostre figlie, rischiare di concedere, da dietro una porta chiusa, anche i suoni cupi e ipnotici della Trap che, più di altre scelte musicali, oggi, parla la lingua social e racconta il vuoto di una generazione.

Non deve piacerci, la Trap, no, ed è bene che non lo faccia, per le ragioni più svariate. Ma non deve neppure preoccuparci per le ragioni sbagliate – come ai nostri nonni preoccupava il rock and roll e ai nostri genitori preoccupavano l’heavy metal o il grunge: era SPAZIO, quello, per pensarsi DIVERSI dagli adulti, erano prove tecniche di AUTONOMIA, con tutti i rischi del caso (e lo è anche quello della Trap). La cultura dello sballo e dell’eccesso, del resto, fanno da sempre parte delle sottoculture giovanili e, a ben guardare, molto altro di ciò che peschiamo nella Trap – la rincorsa al successo e l’ostentazione di denaro e ricchezza, il narcisismo, la competizione e il maschilismo machista diffuso, e anche una certa idea da “ognuno avrà il suo quarto d’ora di celebrità – non è che una rappresentazione, di certo estrema e provocatoria, di quanto abbiamo gettato noi stessi, almeno a partire dagli anni ’80, e forse con troppa leggerezza, nel mare della società in cui viviamo, e di cui anche noi adulti ci nutriamo.
Forse è questo che dovrebbe preoccuparci di più della Trap: che sotto la patina finto-trasgressiva non c’è nulla di davvero trasgressivo rispetto al sistema dominante, che nessuna rivoluzione partirà mai da lì, che nel suo specchio deformato e deformante finiamo per rivederci noi adulti, con tutti i nostri (dis) valori edonistici e materialisti che ci hanno reso, noi per primi, sempre più fragili.

Ed ecco, dunque, perché ALBA CHIARA che, alla fine del mio intervento, hanno eseguito Gabriele alla chitarra, Cecilia alla voce, ed Emanuele alle barre, originali, scritte e rappate da lui stesso.
Perché nel 1979, un attimo prima della tempesta mediatica degli anni ’80, la ragazza destinata a diventare un’icona dell’adolescenza italiana, mette insieme tradizione e modernità. Non (solo) una brava ragazza che veste acqua e sapone e a cui piace studiare: dietro la porta chiusa della sua stanza, lasciato il mondo fuori, ALBA coltiva la propria rivoluzione personale che, nell’espressione trasgressiva del suo giovane desiderio sessuale, ci insegna essere innanzitutto interiore.

E’ il mio auspicio per questa e le generazioni a ve**re.

Photos from Centro PSIché - Psicologia&Salute integrate's post 07/03/2022

Diffondere cultura psicologica è diffondere la cultura del dialogo e della cooperazione. Promuovere la cooperazione è promuovere una cultura di pace. E' ciò che proviamo a fare nel nostro piccolo, oggi con un'urgenza - purtroppo - rinnovata.

09/02/2022

COSA CE NE FACCIAMO - NOI ADULTI - DI TUTTE QUESTE EMOZIONI GIOVANILI?

Gli adolescenti e le adolescenti, ancora loro (e questa volta direi "meno male").

E' stata una settimana intensa, quella appena trascorsa, una tempesta emotiva in cui, forse, è opportuno provare a guardar dentro.

All'inizio di quest'anno scolastico, scrissi qui su questa pagina di un esercizio che avevo assegnato alla fine dell'anno precedente ai miei alunni e alle mie alunne di prima superiore: racconta le emozioni del tuo anno che si sta per concludere (che era stato un anno davvero strano, unico - lo speriamo tutti - nella sua assurda e sgarrupata imprevedibilità fatta di didattica in presenza, e poi a distanza, e poi il 50% in presenza e il 50% a distanza, e poi il 75%, e poi tutti, e poi di nuovo alternati...ecc...ecc...).
Mi aveva colpito, e sinceramente PREOCCUPATO, la foto che due gruppi di loro, alla fine del secondo anno di pandemia, avevano scelto per raccontare LA RABBIA (la trovate qui https://www.facebook.com/scuderipsicologo77/photos/a.131026808293892/716789916384242/): un uomo che grida a squarciagola, ma imbustato dentro un sacchetto di plastica - pensando alla rabbia, avevano pensato a un'emozione imbavagliata!

Eppure, appena qualche mese prima, avevamo assistito a una celebrazione in note - un po' patinata, d'accordo - della RABBIA GIOVANE, con i Maneskin che l'avevano gridata sul palco di Sanremo e che, nel corso di tutto l'anno, l'avrebbero poi portata in giro, fin sul tetto del mondo. Al di là del valore musicale del gruppo che qui non interessa, avevo salutato quell'energia come una vera liberazione generazionale: era da prima del Covid-19, dalle piazze mondiali stracolme di ragazzi e ragazze incazzate per il cambiamento climatico, che la RABBIA GIOVANE non si faceva (ri)vedere, e sentire, in modo così veemente. Erano quattro, e non quarantamila, ma, almeno dal punto di vista simbolico, c'era qualcosa che si muoveva.

E oggi?
Oggi che, ci dicono tutte le ultime statistiche, i ragazzi e le ragazze stanno male, stanno peggio (ne parlo qui https://www.facebook.com/centropsichemantova/photos/a.108324311404529/270378275199131/) - che fine ha fatto quella rabbia?

Oggi, sul palco di Sanremo, due ragazzi di trenta e vent'anni, hanno (ri)portato L'AMORE al primo posto, come nella migliore tradizione. Eppure, se avessi scritto questo post vent'anni fa, nessuno avrebbe mai pensato che quei due ragazzi, che intonano quella facile canzonetta cantando occhi negli occhi e cuore a cuore, e che hanno già fatto innamorare migliaia di adolescenti (di tutti i generi), nessuno avrebbe mai pensato che quei due fossero due MASCHI, che solcando la tradizione della più classica delle canzoni d'amore, riscrivono alcuni codici estetici della performance, proponendoci una NUOVA IMMAGINE di maschi in relazione - certamente nuova per la televisione nazional-popolare - che esibiscono TENEREZZA e nulla di cui possa in qualche modo servirsi il sempre dominante maschio alfa per affermare se stesso, NON a una donna, ma tra di loro: niente pugni, niente insulti alle madri, niente smargiassate. Solo AMORE e TENEREZZA.

E pure i Maneskin, che si sono esibiti di nuovo sul palco che un anno prima li aveva visti vittoriosi, più che la rabbia, (ri)cantando Zitti e Buoni hanno portato la GIOIA un po' sbruffona del loro successo planetario, salvo poi commuovere e commuoversi - in Damiano, che ha pianto di lacrime copiose - alla fine dell'intensa esecuzione di Coraline: che li ha fatti tornare, ai nostri occhi, dolenti umani ancora umani.

Niente RABBIA, dunque? O, peggio: la rabbia è davvero rimasta imbavagliata dentro una busta di plastica?

No, niente affatto.
Neppure troppo lontano dalle paillettes sanremesi, nelle piazze di tutta Italia, la RABBIA GIOVANE è finalmente tornata a gridare: per indignarsi davanti alla morte di Lorenzo Parelli prima, per protestare contro il nuovo esame di stato poi - insomma per togliersi quella busta dalla testa e gridare, dopo la lunga pena letargica delle restrizioni da pandemia, CI SIAMO ANCHE NOI!

Sebbene non condivida nel merito la protesta sull'esame di Stato, ritengo che questa RABBIA, GIOVANE, che ha riempito le piazze, non quella patinata di un gruppo Rock stiloso, ma quella vera, figlia stanca e innervosita dalla DAD, dall'isolamento, dal distanziamento e dalle mascherine, quella di migliaia e migliaia di ragazzi e ragazze, sia una cosa preziosa, che va protetta, preservata, incoraggiata; e, soprattutto, ASCOLTATA.
Se è purtroppo vero che i ragazzi e le ragazze stanno peggio, la RABBIA che manifestano è un'energia di cui hanno disperatamente bisogno per ve**re fuori bene da questi anni così pesanti.
Noi adulti - insegnanti, terapeuti, genitori, politici - abbiamo in questo un ruolo chiave: possiamo infatti aiutarli e incoraggiarli a incanalare questa energia in forme costruttive e creative.
Oppure possiamo prenderli a manganellate.

Scegliamo da che parte stare.

01/02/2022

Gli adolescenti stanno peggio!(?)

NUOVE (E VECCHIE) FORME DI DISAGIO ADOLESCENZIALE

In questi giorni, su molti giornali, si comincia a fare la conta dei feriti in termini psicologici dalla pandemia e dai lunghi periodi di isolamento sofferti, e tra i più colpiti, com’era prevedibile, ci sono gli e le adolescenti (qui, per chi fosse interessato ad approfondire, ci sono un paio di esempi https://www.ilsole24ore.com/art/la-quinta-ondata-covid-e-quella-disturbi-psichiatrici-casi-raddoppiati-gli-adolescenti-AEeorWABSi
https://www.ilpost.it/2022/01/16/salute-mentale-adolescenti-epidemia/)
Si tratta di numeri e scenari preoccupanti che, come sappiamo bene noi psicologi e psicoterapeuti, sono destinati purtroppo ad aumentare e peggiorare.

Eppure, sebbene sia innegabile che abbia fatto da grande amplificatore del disagio, credo sia importante rendersi conto, anche in una prospettiva che intenda pianificare interventi di prevenzione e cura, che il Covid – inteso in senso lato, ovviamente – NON ha causato alcun NUOVO malessere adolescenziale: i segni di un crescente disagio negli e nelle adolescenti erano già ben presenti e riconoscibili ben prima della pandemia.
I nativi digitali, infatti, secondo molti studi psicosociali sarebbero i protagonisti inconsapevoli di una vera e propria MUTAZIONE ANTROPOLOGICA che va a impattare su aspetti chiave del benessere psicologico quali sono le competenze relazionali ed emotive: l’aumento di ansia, insicurezza e fragilità emotiva, depressione, disturbi alimentari, ritiro sociale erano già, e sono ancor di più oggi durante la pandemia, tra le ricadute psichiatriche più evidenti.

L’uso sempre più marcato dei new media – su tutti lo smartphone – ha certamente aumentato le CONNESSIONI nella vita degli e delle adolescenti ma – come denuncia la psicologa sociale esperta di new media Sherry Turkle già a metà degli anni ’10 – ne ha impoverito le RELAZIONI e gli effetti positivi che queste possono avere, in termini di complessità e ricchezza emotiva, sulla loro identità. Il filtro del medium digitale protegge da alcuni effetti indesiderati delle relazioni, come per esempio l’imprevedibilità, ma d’altra parte mette in cantina competenze sociali fondamentali per lo sviluppo della personalità e dell’identità, che si consolidano unicamente nelle relazioni dal vivo e nelle conversazioni in tempo reale in tutta la loro imprevedibilità – è da queste competenze che dipende, per esempio, la nostra capacità di riconoscere le emozioni negli altri e dentro di noi.

Le responsabilità del mondo adulto, in questo senso, sono enormi (basti guardare il documentario The Social Dilemma per comprendere meglio questo aspetto): siamo noi adulti che, ignari (?) degli effetti collaterali psicologici e sociali che avrebbero potuto avere, abbiamo messo in mano le nuove tecnologie a generazioni sempre più giovani, per interessi economici a livello macro-sociale e, al livello micro-sociale delle vite quotidiane, (anche) per la nostra comodità.
Oggi, allora, questo disagio è aumentato non solo per le condizioni di isolamento forzato che i ragazzi e le ragazze hanno sofferto durante la pandemia, ma anche perché quell’isolamento – che offrirebbe, in teoria, grandi possibilità creative e di crescita interiore – è stato invaso, riempito dalla tempesta d'informazioni, contatti, stimoli distraenti offerti dal web e dai social.

Che fare, dunque?

Di certo, la psicoterapia è una risposta possibile, in quanto offre ai ragazzi e alle ragazze quello spazio relazionale di cui il mix micidiale USO DELLE TECNOLOGIE-ISOLAMENTO DA PANDEMIA li ha privati: uno spazio di conversazione faccia a faccia, dai ritmi dilatati, in cui poter mettere in gioco le proprie emozioni senza filtro alcuno se non la propria corporeità e poterle fare diventare CONDIVISIONE, DIALOGO – uno spazio che, quando funziona, diventa fucina di senso, di creatività, di cambiamento.

La questione è, però, come si è detto, generazionale, e offrire risposte ai singoli è soluzione necessaria ma non sufficiente nella gestione del problema.

Per questo, con l’equipe del centro PSIché stiamo lavorando in queste settimane per offrire al più presto ai ragazzi e alle ragazze del mantovano anche spazi condivisi di gruppo in possibile collaborazione con scuole, biblioteche, centri di aggregazione del territorio: spazi che mettano al centro l'epressione della loro creatività, delle loro emozioni e dei loro vissuti, dove possano potenziare le loro competenze relazionali.

Siamo profondamente convinti che i ragazzi e le ragazze, oggi più che mai, in questa società a forte RISCHIO OMOLOGAZIONE del pensare e del sentire, abbiano bisogno di sperimentare la POESIA, intesa come "poiesis", come capacità di creare qualcosa di nuovo, non solo fuori, ma soprattutto dentro loro stessi.

Per non dimenticare, noi adulti, i meravigliosi versi di Prevert in cui "i ragazzi che si amano" e che "si baciano in piedi” “contro le porte della notte" stimolano la rabbia dei passanti che “li segnano a dito”, il disprezzo, le risa, l'invidia.

Per non essere noi, mai più, quei passanti.

Seguite su questa pagina le nostre iniziative.

Dott. Giuseppe Scuderi
Psicologo, Psicoterapeuta adleriano
Tel e Whatsapp 3397691785
e mail: [email protected]
https://www.centropsichemantova.it/team/giuseppe-scuderi/

23/01/2022

Fare una psicoterapia psicodinamica è una scelta difficile, perché difficile è la società in cui viviamo e diversa, talvolta opposta, è la direzione verso cui sembra muovere. Bisogna scegliere di cambiare direzione, bisogna scommettere in se stessi, bisogna USCIRE DALLA CAVERNA. Sul sito del Centro Psiché di Mantova, il mio articolo sul tema.

Dott. Giuseppe Scuderi
Psicologo Psicoterapeuta
riceve su appuntamento a:
Ostiglia - Panta Rei, via Bertioli 5
Mantova - Centro Psiché, Galleria Landucci 6
Tel. e Whatsapp: 3397691785
[email protected]

Perché scegliere di fare una psicoterapia psicodinamica al giorno d'oggi?
PER USCIRE DALLA CAVERNA!

Se volete scoprire in che senso, ho provato a spiegarlo in questo articolo.
https://www.centropsichemantova.it/perche-scegliere-una-psicoterapia-adleriana/
Qui un piccolo assaggio:
"Il punto di partenza è, quasi sempre, un disagio che il paziente o la paziente portano nella stanza della terapia affinché venga risolto, eliminato, cancellato – così ci ha abituati/e a pensare la cultura medico-farmacologica sulla nostra Salute: una pillola (o, come in questo caso, il sapere tecnico del terapeuta) per ogni problema, da prendere comodamente seduti in poltrona, per poi ritrovarsi, dopo un arco di tempo che non sia troppo lungo, con una vita felice (?), nuova di zecca
E invece il lavoro terapeutico – che, è bene ricordarlo, è una co-costruzione di paziente e terapeuta insieme, in cui quindi il paziente non è solo colui che patisce ma anche colui che, con pazienza, AGISCE, partecipando in modo attivo e cooperativo al raggiungimento degli obiettivi condivisi della terapia – si propone di interve**re sul disagio non per eliminarlo, ma per trasformarlo in RISORSA."

Perché paziente e terapeuta lavorano insieme, e in definitiva questo lavoro è un costante e coraggioso "SPARGERE LUCE su ciò che siamo abituati a tenere in ombra allo scopo di scoprirne il VALORE, un valore di cui non sospettavamo l’esistenza."

Dott. Giuseppe Scuderi
Psicologo, Psicoterapeuta
Tel. e whatsapp: 3397691785
mail: [email protected]

12/01/2022

Al centro PSIché di Mantova, ascoltiamo e accogliamo le vostre proposte e i vostri suggerimenti di approfondimento dei temi più svariati con la nostra equipe.

Siamo a tua disposizione!
Su quale argomento ti piacerebbe confrontarti?
- Strategie per il benessere
- Come comunicare efficacemente
- Relazioni di coppia
- Essere genitori
- Gestire le emozioni
- Problemi sul lavoro
- I sogni
- Crisi adolescenziale
- Migliorare se stessi
- Altro...

08/01/2022

La Squadra è al completo!

Ecco il team dei professionisti al completo.
Per saperne di più visita https://www.centropsichemantova.it/chi-siamo/

02/01/2022

Come augurio per il 2022, per fare un passo AVANTI… (…che poi in realtà è un passo indietro!)

"Qui sulla Terra, ci furono gli archei e i batteri e nient'altro che archei e batteri per due miliardi di anni. Poi arrivò qualcosa di tanto misterioso quanto l'origine della vita stessa. Un giorno, due miliardi di anni fa, al posto di un microbo che ne mangiava un altro, uno prese l'altro dentro la sua membrana e si misero in affari insieme.”

Difficile, nel bel mezzo di questo gelido (il terzo di pandemia) inverno, immaginare un augurio per il nuovo anno 2022.
D'altra parte, in questo mondo che ha creato non solo la pandemia, ma anche e soprattutto l'individualismo e il materialismo dei beni di consumo, che ci ha resi autonomi e indipendenti dalle nostre comunità, non occorre essere numerologi per notare quale cifra domini la sequenza numerica annuale che supervisionerà i nostri prossimi 365 giorni.
Voglio prenderlo come un auspicio.
Che il 2022, allora, ci permetta di fare un passo…INDIETRO, quel passo indietro fino all'inizio, fino a quel DUE, per l'appunto, che è il principio della Vita che abbiamo e che conosciamo, senza il quale questa Vita, semplicemente, non esisterebbe.

Allora, sì, ecco l'augurio: Ri-cominciamo da(l) DUE...

…ri-cominciamo dalle RELAZIONI:

dalle relazioni terapeutiche, per chi avrà desiderio di ricevere aiuto...
dalle relazioni affettive, per chi avrà desiderio di dare amore
dalle relazioni educative, per chi avrà desiderio di insegnare e imparare
dalle relazioni sognate, per chi avrà desiderio di relazioni
dalle relazioni con se stessi, per chi avrà desiderio di crescere e migliorarsi
e dalle relazioni d'amicizia, per chi avrà desiderio di esserci sempre per l’Altro/a.

Perché…

"Senza quella bizzarra collaborazione, non ci sarebbe nessuna cellula complessa, nessuna creatura multicellulare, niente che ti spinga ad alzarti dal letto al mattino. Quell'acquisizione amichevole impiegò un'eternità a succedere. Ma ecco la cosa strana: impiegò due miliardi di anni a succedere; ma successe più di una volta."

Che questa "cosa strana" possa continuare a succedere a tutti e tutte, un’altra volta, e ancora, e ancora…

(le due citazioni sono tratte da Smarrimento, di Richard Powers, tradotto da Licia Vighi, 2021, La Nave di Teseo
la foto è di Alfredo Coco).

Dott. Giuseppe Scuderi
tel e whtasapp 3397691785
Centro Psiché, Galleria Landucci 6, Mantova
Poliambulatorio Panta Rei, via Bertioli 5, Ostiglia (MN)

Niccolò Fabi - Vince Chi Molla 06/12/2021

Sulla psicoterapia e sulla psicoterapia adleriana...perché chiedere AIUTO è, spesso, una VITTORIA...

Niccolò Fabi - Vince Chi Molla Ascolta e acquista Una Somma di Piccole Cose qui: http://lnk.to/USDPC Ripresa e Post produzione - Giacomo Citrohttp://vevo.ly/vIvSlm

25/11/2021

Oggi 25 novembre, nella giornata internazionale per l’eliminazione della violenza maschile contro le donne, io ci metto la faccia.
Ci metto la faccia per affermare che la violenza maschile contro le donne mi riguarda.
Mi riguarda come uomo e come marito: perché sono nato, cresciuto, e vivo nella società e nella cultura che rendono possibile la violenza maschile contro le donne - appartengo a quella società e a quella cultura.
Mi riguarda come padre e come insegnante: perché la questione della violenza maschile è (anche) una questione educativa.
Mi riguarda come psicoterapeuta: perché uno degli antidoti alla violenza maschile è la promozione, tra i maschi, della pratica del PRENDERSI CURA nelle relazioni.

Come nella storia di Alberto, raccontata nel potente libretto (non solo) per bambini UNA BAMBOLA PER ALBERTO, scritto da Charlotte Zolotow e illustrato da Clothilde Delacroix, edito da Giralangolo.
Alberto è un bambino come tanti, che desidera ardentemente una bambola. Il fratello e l’amico della casa accanto lo prendono in giro: “Femminuccia! Femminuccia!”. Il padre, per accontentarlo, gli regala prima un pallone da Basket, poi un trenino elettrico. Alberto si appassiona ad entrambi i giochi, ma continua a desiderare la sua bambola.
Quando la nonna viene a trovarlo, Alberto le mostra i nuovi giochi che ha ricevuto, ma le confida con tristezza che avrebbe voluto ricevere anche una bambola.
La nonna la trova un’idea meravigliosa e decide di accontentarlo: finalmente, regala al nipote la bambola tanto desiderata.
Il padre, infastidito, chiede alla nonna perché mai, secondo lei, Alberto, che è un maschio, dovrebbe aver bisogno di una bambola…
“La nonna di Alberto sorride. – Ne ha bisogno – dice – per poterla abbracciare, cullare e per accompagnarla al parco. Così quando sarà un papà come te, saprà prendersi cura del suo bambino, dargi da mangiare, volergli tanto bene e regalargli le cose che davvero desidera, come una bambola per esempio, per allenarsi a diventare un buon papà.”
Impariamo a prenderci cura del/la nostro/a Altro/a, ad accettarne e riconoscerne i desideri e i bisogni.

La violenza maschile contro le donne è una questione maschile, che diventi questione (anche) maschile il prendersi cura.
Regaliamo una bambola ai nostri Alberto.

Dott. Giuseppe Scuderi
psicoterapeuta psicodinamico adleriano

Photos from Centro PSIché - Psicologia&Salute integrate's post 09/11/2021

Finalmente anche in centro a Mantova...

19/10/2021

A proposito di BUIO, LUCE E DELL'INSEGNAMENTO DI LUIS ENRIQUE BUONO PER LA PSICOTERAPIA.

Qualche appassionato degli U2 come me ricorda forse quel verso meraviglioso che Bono canta in GOD PART II, una delle tracce di Rattle and Hum: https://www.youtube.com/watch?v=4dvXG18ZA1I

“Ho sentito un cantante alla radio, sul tardi l’altra sera, ha detto che prenderà a calci il buio fino a fargli sputare luce”.

Ecco: rivedendo qualche settimana fa la foto dell’allenatore della nazionale sp****la di calcio maschile Luis Enrique tornare a riempire social e media d’informazione, dopo che la Spagna ci aveva eliminato in semifinale nella Nation League (che poi cos’è la Nation League?!, ma questa è un’altra storia…) ho ripensato a quel verso di GOD PART II, e alla psicoterapia.

Provo a spiegare perché.

La foto aveva già inondato pagine cartacee e bacheche on line all’indomani della nostra vittoria europea estiva con la Spagna: tutte traboccanti, le pagine e le bacheche, di commenti d’ammirazione per lui, per il sorridente Luis Enrique, per la sua sportività e il rispetto per gli avversari, per la sua grande saggezza nell’accettare le sconfitte, per le parole profonde che sapeva pronunciare in tali circostanze, così insolite nel mondo iper-competitivo del calcio maschile.

L’avevamo già vista, questa foto, puntualmente accompagnata da una NOTA, solo un piccolo dettaglio, che dava però un senso totalmente diverso agli universali apprezzamenti per il CT spagnolo: che lui, Luis Enrique, nell’estate 2019, aveva perso la sua figlia più piccola, X**a Martinez di 9 anni, morta di cancro.

Luis Enrique – si poteva leggere neppure troppo tra le righe – è (diventato) un allenatore saggio e profonda proprio PERCHE’ è stato colpito da un grande dolore, il più grande per alcuni: la perdita di una figlia. Quel dolore, per sua stessa ammissione, ha cambiato la sua vita, i suoi valori, le sue aspettative: in una parola quel dolore gli ha regalato dei nuovi SIGNIFICATI per condurre la sua esistenza.

Ora: è questo che fanno gli umani, a differenza degli altri esseri viventi sul pianeta Terra: dànno SIGNIFICATO alle esperienze che vivono.
Avete presente la Scimmia de “L’alba dell’uomo”, primo capitolo del celebre film di S. Kubrick 2001 Odissea nello spazio? https://www.youtube.com/watch?v=SEqrbi831qM
Ciò che distingue gli esseri umani dalle altre creature viventi – ci suggerisce quella scimmia – è quella luce che si accende all’improvviso nel cammino dell’evoluzione: la capacità di dare un nuovo significato alle cose che accadono e, quindi, in sostanza, di cambiarne la direzione: così un semplice osso di animale morto che uso istintivamente per giocare, può diventare un corpo contundente, una mazza, un’arma per cacciare.

Il punto è – per avvicinarci alla psicoterapia – che nessun essere umano costruisce i suoi significati da solo; in quanto esseri sociali, noi co-costruiamo insieme agli altri e alle altre i significati della nostra esistenza, così come le parole per esprimerli (che sono il frutto di una convenzione, cioè di un accordo tra persone). E la faccenda si complica in quanto ognuno/a di noi, nascendo come essere non ancora in grado di dare significato ad alcunché, in un mondo pieno di significati già stabiliti da altri, non può far altro che ricevere i suoi PRIMI SIGNIFICATI su di sé e sul mondo in dono da coloro i/le quali gli/le presteranno le prime cure: mamma, papà, nonna, nonno, fratelli, sorelle, zii/e e cugini/e – o chi per loro – e più in generale tutti gli adulti di riferimento della nostra prima età della vita.

Noi siamo quello che raccontiamo di noi stessi, ma il primo capitolo di questo racconto – è bene ricordarselo – non siamo noi a scriverlo. Il nostro punto di partenza è quello scelto da altri, la matrice di significato con cui ogni novità nella nostra esistenza dovrà confrontarsi, e su cui, spesso, ogni novità s’infrange non riuscendo ad alterarne i caparbi equilibri, ce la ritroviamo, nostro malgrado, in eredità.
Perché noi esseri umani, tra le altre cose, come c’insegna il padre della psicologia dello sviluppo Jean Piaget, siamo creature omeostatiche, che tendono all’equilibrio nel corpo e nella psiche; o, come direbbe Adler, tendiamo alla sicurezza. E non importa che l’equilibrio sia sano e ci porti al benessere o sia malsano e ci faccia vivere nel disagio: (quasi) sempre si preferisce persino un equilibrio malsano purché lo sia, un equilibrio: così da inscrivere tutte le mie esperienze in un orizzonte di prevedibilità e significati noti che rientrano nella mia zona di comfort – perché noi siamo fatti così, tendiamo alla regolarità molto più che al benessere.

Ecco perché è così difficile cambiare (davvero): perché scegliere di cambiare vuol dire adoperarsi per determinare uno squilibrio, dai tempi e dagli esiti imprevedibili.
E SQUILIBRIO, in senso esistenziale, è uguale a DISAGIO: a volte piccolo, a volte grande, ma pur sempre disagio. E noi il disagio abbiamo imparato a tenerlo a distanza.

Inutile, persino ipocrita, allora, ammirare il CT della Spagna di calcio maschile ignorando il consequenziale, e paradossale, significato di ciò che ci mostra quotidianamente come personaggio pubblico: che la molla per un cambiamento (migliorativo) della nostra vita è invece nascosta proprio nel disagio e nel dolore.
Onore al merito a Luis Enrique, perché l’esito dell’attraversamento di un dolore come il suo, così profondo e destabilizzante, non è per nulla scontato, ma per nostra fortuna non è necessario che ci capiti addosso una tale disgrazia per tentare di attivare le risorse che ci permetterebbero di cambiare.

La psicoterapia, in questo senso, è uno strumento (tra gli altri possibili) per chi vuole provare a cambiare la sua vita e i suoi significati, senza aspettare di finire a gambe all’aria.
Seguendo la lezione di Luis Enrique, occorre però dive**re consapevoli che la conditio sine qua non per scegliere un percorso terapeutico – almeno nell’ottica psicodinamica a cui faccio riferimento come adleriano – non è (soltanto) il “voglio stare meglio”, quanto (soprattutto) il “voglio stare meglio, ma so che per trovare un nuovo, più sano equilibrio, almeno per un po’ dovrò stare peggio.”

Nessun equilibrio può variare senza passare da uno squilibrio.
Il disagio e il dolore ci sbattono a terra, ma ci offrono anche le ali per cominciare a volare.
Il disagio e il dolore – quello che siamo disposti a far valere per personaggi pubblici come Luis Enrique, o anche, per fare un altro esempio, Gianluca Vialli – sono autentiche opportunità di cambiamento.
E’ paradossale, certo. Ed è per questo che la psicoterapia ha parentele più strette con l’arte e la poesia – che sanno tenere insieme e superare gli opposti – che con la scienza.

Ecco, la psicoterapia, come c’insegna Luis Enrique, come cantano gli U2, è (anche) questo: prendere a calci il buio fino a fargli sputare luce.

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