Management By Magic
www.managementbymagic.it Teoria della Complessità e Pensiero Sistemico
2. Potere delle intersezioni/contaminazioni.
Management by Magic (MbM) è un Modello rivolto allo sviluppo di Persone e Organizzazioni che nasce dalla fusione di due fondamentali ‘forze’:
1. Creatività e pensiero divergente, leadership, capacità di innovazione, approcci strategici vincenti, miglioramento organizzativo costituiscono i fattori sui quali MbM interviene con efficacia. MbM è un riferimento unico per le Organizzazioni che intendono
Un'e-mail di Steve Jobs a se stesso, che sottolinea come abbiamo tutti bisogno l'uno dell'altro (mail del 2/09/2010):
"Coltivo poco del cibo che mangio, e del poco che coltivo non ho allevato o perfezionato i semi.
Non realizzo nessuno dei miei vestiti.
Parlo una lingua che non ho inventato o perfezionato.
Non ho scoperto la matematica che uso.
Sono protetto da libertà e leggi che non ho concepito o legiferato e che non applico né giudico.
Sono commosso dalla musica che non ho creato io.
Quando avevo bisogno di cure mediche, non ero in grado di aiutare me stesso a sopravvivere.
Non ho inventato il transistor, il microprocessore o la maggior parte della tecnologia con cui lavoro.
Amo e ammiro la mia specie, viva e morta, e dipendo totalmente da loro per la mia vita e il mio benessere".
Attenzione! Il 2023 è già finito… e i nostri buoni propositi?
Sì, perché pare che la maggior parte degli anni, l'80% di chi stabilisce gli obiettivi non riesce a raggiungere i propri propositi entro febbraio.
Cosa fare, allora, per recuperare (o, almeno, provarci)? Ecco quattro consigli per noi preziosi:
PRMO:
- Dedica un po' di tempo ogni giorno a pensare all'attività dall’effetto-leva più alto a tua disposizione.
- Dedica un po' di tempo ogni giorno a lavorarci sopra
SECONDO:
Con il processo creativo, la chiave è creare molto e modificare molto.
Fai più del necessario, quindi rimuovi tutto ciò che non è eccezionale
TERZO:
Ciò che fai nei tuoi giorni ordinari determina ciò che puoi ottenere nei tuoi giorni straordinari
QUARTO:
Chiediti e rifletti: È meglio ritardare l'inizio di settimane o mesi in modo da essere completamente preparato? O è meglio iniziare subito, con poca o nessuna preparazione?
Tre cosine basilari per farcela (e spesso non considerate, da giovani e non):
1. Raddoppia ciò che funziona/ti riesce meglio.
2. Smetti di desiderare il risultato e agisci.
Desiderare il risultato, ma non il processo, è garanzia di delusione.
3. Finisci qualcosa, qualsiasi cosa. Fai quel primo, concreto, passo. Non devi incendiare il mondo al primo tentativo. Devi solo dimostrare a te stesso/a che hai le qualità per farlo. Smetti di discutere su cosa dovresti fare e crea semplicemente qualcosa
Provate questi innocenti ma potenti esercizi di rottura, servono per provocarci, servono per allenarci alla meraviglia, per uscire dal solito, per non perdere il filo della scoperta imprevista e dell’ironia. Il piacere di non sapere cosa accadrà e godersi ciò che avverrà. A qualcuno appariranno “stupidi”, ed è vero, nel senso di “stupirsi”. Eccone alcuni (create i vostri):
1. Chiedete a qualcuno “Che ore sono?”
“Le 10:30” risponde (ad esempio). A quel punto, voi:
“In che senso?”
2. Pagate un caffè più di quello che costa, senza parlare di mancia ovviamente
3. Fate un complimento a un passante, a caso
4. Al ristorante cominciate con la frutta, poi proseguite con il dolce, poi il secondo, il primo e infime l’antipasto.
5. Entrate in un negozio e trattate un cliente come se fosse un commesso (curioso suscitare nell’altro lo stimolo a guardarsi in modo diverso. Potete inventare decine modi diversi per farlo, con i vostri conoscenti)
Oggi è la giornata mondiale della gentilezza... e proprio in questi giorni ci è arrivata la conferma di un imponente progetto che inizierà a gennaio 2023 destinato a 100 manager di una grande azienda, incentrato proprio sulla "leadership gentile" (tema caldo ora, a proposito della leadership), oltre che sull'innovazione.
Si inizierà il 10 gennaio... e poi avanti fino a primavera inoltrata con Design Tables tra Roma e Milano, percorsi di ideazione e realizzazione, e molto altro.
Insieme a una grande squadra!
C’è una domanda che mi frulla sempre, verso Natale. In apparenza banale, eppure…
La domanda: qual è l’età a partire dalla quale cominciamo a mettere su FB gli alberi di Natale? Più ci penso, e più ritengo che quello può segnare il momento del passaggio all’età adulta (o comunque, ad un’altra età).
Da giovanissimo lessi Il Deserto dei Tartari. A un certo punto il protagonista, salendo le scale della torretta del fortino da cui scrutava l’orizzonte per scorgere l’arrivo dei nemici, per la prima volta non fa più i gradini due a due, bensì uno alla volta. Ecco, l’autore ci dice che, il protagonista non poteva saperlo, ma da allora non avrebbe più salito gli scalini due alla volta. Il passaggio a un’altra età…
Ma mi diverto anche a spingere oltre il pensiero. Perché gli alberi su Facebook, e non ad esempio su Linkedin? La risposta appare ovvia: perché Linkedin è un social “professionale”. Innegabile. E così, da una parte magari mettiamo l’albero e dall’altra raccontiamo delle scoperte del nostro lavoro. Come nelle nostre case: c’è la sala con l’albero e c’è lo studio coi libri. L’importante, ritengo, è non perdere la forza del tutto e delle connessioni. Le stanze hanno le porte, non solo i muri. Lasciamo aperte le porte nella nostra mente, mettiamo in comunicazione le nostre esperienze, anche le più distanti. Provochiamoci e qualcosa scopriremo sempre.
Penso al mio studio. Cinque (cinque) pareti di libri, di cui: una e mezza inerenti il mio lavoro; tre e mezzo la letteratura, l’arte, la scienza, lo spettacolo; in vista sugli scaffali, oggetti magico-illusionistici, un pinocchio, 4 marionette comprate a Piazza Navona il giorno della Befana; un re bianco e un re nero degli scacchi; e altre amenità.
Ah…sì: a Natale anche un mini alberello natalizio e una natività. Del resto, vivo a 10 minuti da dove Francesco, 799 anni fa (il prossimo saranno 800), realizzò il primo presepe. Far dialogare le intelligenze razionale, emotiva e “spirituale”.
Sono quasi 24 ore che quel liquido rosso è in quel bicchiere. Inutilmente. Rimasugli di qualche prova di effetto magico di mio figlio.
Gliel’ho detto stamattina. “Lasciare acqua colorata a lungo in un bicchiere di plastica, finisce per opacizzare il bicchiere e alla lunga lo rende inutilizzabile per ciò a cui ti serve.”
Così, in un flash, in quel bicchiere ho visto i “SETTE DISTURBI DELL’APPRENDIMENTO”, i fattori che ci impediscono di comprendere la realtà, cosa sta accadendo, e crescere al meglio.
A cominciare dai cambiamenti lenti. Siamo sempre meno abituati ad accorgerci dei cambiamenti lenti (nelle piccole cose, fino a quelle di livello planetario… clima, tensioni sociali, ecc.). Quando poi questi mostrano i suoi effetti, è troppo tardi. Il bicchiere oramai si è opacizzato. E’ il PRIMO DISTURBO DELL’APPRENDIMENTO.
Questo porta al SECONDO DISTURBO, noto come ‘Sindrome della rana bollita’ (in breve, come in molti sanno: se mettete una rana in una pentola d’acqua e lentamente alzate la temperatura, lei non se ne accorge e quando la temperatura è troppo alta, oramai non ce la fa più a saltar fuori dalla pentola…finendo bollita).
Così, finiamo sempre per agire per reazione, notando e fissandoci solo sui singoli eventi. Sì, la tanto citata proattività e spesso solo reattività mascherata, volta a contrastare solo le situazioni nell’immediato. Ecco il TERZO e QUARTO DISTURBO DELL’APPRENDIMENTO: ‘Fissazione sugli eventi’ e ‘Illusione di farsi carico’.
Questa storia, l’ho detta un po’ a parole mie, a mio figlio.
Mi ha risposto “Eh, ma tu dicevi pure che la carta lampo va conservata nella bustina, e invece non era vero.” Ecco il QUINTO DISTURBO DELL’APPRENDIMENTO, ‘Io sono la mia posizione’.
Siamo sempre meno propensi ad ascoltare anziché domandare, interrogarci quali siano i modelli mentali che ci stanno guidando. Una conseguenza del ‘Io sono la mia posizione’? E’ che non vedi come i tuoi comportamenti impattano sul resto del contesto nel quale ti trovi e alla fine ti tornano indietro con retroazioni negative (ad esempio: se il bicchiere alla lunga si rovina, tuo padre lo deve ricomprare, e questi soldi non può quindi spenderli per altre cose che potevano esserti utili). Poiché tu non vedi il collegamento tra l’effetto e la causa, incolpi gli altri (‘Il nemico è la fuori’) anziché capire come tu stesso hai determinato quei risultati (in grande, pensate alla natura). ‘Il nemico è la fuori’ è il SESTO DISTURBO DELL’APPRENDIMENTO.
L’ULTIMO DISTURBO DELL’APPRENDIMENTO potremmo tradurlo così, spostandolo dal mondo delle Aziende a ciascuno di noi: ‘Incompetenza qualificata’. Siamo così poco attrezzati a fronteggiare i precedenti sei disturbi, che ci autolimitiamo dal vero apprendimento. Per questo, necessitano 5 Discipline… che però ora non tratto qui per ovvi motivi di spazio.
Tutto ciò è una rilettura veloce del lavoro di Peter Senge.
PS: qualcuno starà pensando: certo, tuo figlio che vita grama che deve fare, con te accanto. Può darsi. Ma ho capito (o, almeno, mi sono convinto) che se certe cose non provo a dirgliele io, non ci sono in giro in Italia istituzioni, momenti, ambienti, in cui può apprenderle. Semplicemente non siamo predisposti a tutto ciò. Pensiamo solo a vincere la disputa nell’ennesimo talk show o a valutare i ragazzi con voti… e attenti se vanno fuori tema, perché ti bocciano (racconto di Mogol).
Ecco una combinazione potente. Provatela
Combinazione potente = Odio essere mediocre nelle cose + Sono disposto a sembrare un principiante.
Sembrano due cose in contraddizione, ma non lo sono. Infatti:
- Chi non ama essere mediocre nelle cose è spinto a migliorare. Tuttavia, se di tanto in tanto non si è disposti a sembrare un principiante, si finirà per non accettare nuove sfide.
- Nel frattempo, chi è disposto a provare cose nuove, ma non ha sete di migliorare si accontenterà di risultati mediocri.
È la volontà di sembrare sciocchi per un breve periodo, ma non per molto tempo, che porta a salti nelle prestazioni
Lezioni di creatività da un funambolo e un regista. 4 ingredienti e 2 equilibrismi
Il film "The walk" (regia Robert Zemeckis) narra l'impresa del funambolo Philippe Petit e la sua incredibile camminata sul filo (senza protezioni) tra le Torri Gemelle di New York. E’ un film che merita di essere visto e rivisto da chiunque abbia a che fare con la creatività e la realizzazione di cose impossibili.
Non seguire quello che fanno gli altri, pensare l'impossibile e poi diventare leader, architetto, project manager, comunicatore e tanto altro, per realizzare un sogno.
Talento, ispirazione, lavoro duro e una visione: i quattro ingredienti della creatività. A questo, vanno aggiunti due equilibrismi:
- quello tra umiltà e osare
- quello tra il saper dire "Basta" e il saper dire "Ancora un passo oltre"
C’è un momento nelle conferenze dei maghi che mi godo ogni volta: quando il mago/star-relatore esorta i maghi-uditori così:
“Cercate la soluzione più semplice, non complicatevi la vita… Ricordate: LESS IS MORE!”
E’ un momento spassoso perché a quel punto la stragrande maggioranza dei maghi-uditori si rincuora: “Ah, lo dicevo io che tutte queste tecniche magiche complicatissime servono a poco! Sono solo masturbazioni di maghi frustrati.”
Sì, i maghi-uditori ora, grazie al Less is more, vedono il successo a portata di mano, senza tutte quelle “masturbazioni tecniche” in cui perdersi e perdere tempo.
Ma è davvero così? Ebbene, ciò che i maghi/star-relatori spesso non sottolineano abbastanza (o meglio, ciò che i maghi-uditori fingono di non ascoltare) è che Less is more è solo metà della storia.
Prima del Less is more c’è infatti il MORE IS DIFFERENT. E’ la varietà delle tecniche, delle conoscenze, che permette poi di semplificare. Senza quel “More is different”, non arriverai al Less is more. Non può esistere uno senza l’altro. Cari maghi-uditori (e cari creativi), purtroppo dovete sudare, se volete avere successo: More is different e poi Less is More.
Del resto, Leonardo lo diceva in modo sublime: la semplicità è la sofisticazione suprema.
[Note a margine: More is different viene dalla teoria della complessità: è il titolo di un articolo pubblicato nel 1972 dal premio Nobel per la fisica Philip Warren Anderson. More is different e Less is more è uno degli argomenti che affronto in modo chiaro e giocoso in ‘Essere Creativi in Contesti Complessi’, FrancoAngeli]
La magia lo insegna in modo estremamente pratico e concreto: in genere, semplice è quasi sempre meglio. E se invece la soluzione comincia ad essere complicata? Allora assicuratevi che ne valga la pena.
Rischiamo di sprecare una enorme quantità di tempo nella creazione di soluzioni complesse a problemi relativamente poco importanti
Questa immagine è un magnifico esempio per i giovani: come guardare al proprio futuro.
Poi, come arrivare ai proprio obiettivi è una questione di PRATICA INTENZIONALE (e non pratica costante!).
Per chi vuole, nel libro "Essere creativi in contesti complessi" (FrancoAngeli 2020) illustro la pratica intenzionale in 13 intriganti step.
COVID e COMPLESSITA'. Per usare dati e notizie in modo utile ed evitare valutazioni affrettate, magari basate su poche informazioni, spesso selezionate e rilette in base ai nostri modelli mentali.
Vorrei a tal fine condividere pochi elementi essenziali e semplici sulla complessità (nulla di nuovo, giusto un po' di ordine).
DESCRIZIONE:
Dunque, l’evoluzione di una pandemia è un classico fenomeno complesso.
Un sistema complesso non è scomponibile “a blocchi” indipendenti, poiché essi sono tutti fortemente connessi e interagenti.
Il sistema complesso può quindi essere studiato e compreso solo nella sua interezza e globalità e non può essere spiegato sommando la soluzione di problemi più semplici.
CONSEGUENZA:
Le risposte a problemi complessi sono necessariamente complesse. Volerle scomporre a forza in trattazioni elementari vuol dire sovente dare risposte sbagliate.
EINSTEIN:
“Tutto dovrebbe essere reso il più semplice possibile… ma non più semplice di così”: non è una frase di Einstein (frase che nel 1950 è stata anche messa in versi dal poeta modernista Louis Zukofsky) , ma sintetizza un suo passaggio, questo:“ L’obiettivo supremo di ogni teoria è quello di rendere gli elementi basilari irriducibili più semplici e di minor numero possibile, ma senza dover rinunciare alla rappresentazione adeguata di ogni singolo dato esperienziale” (“On the Method of Theoretical Physics,” the Herbert Spencer Lecture, Oxford, June 10, 1933).
In pratica Albert ci dice che c’è un limite alla possibilità di semplificare l’osservazione e la trattazione di un problema: se si supera quel limite, si perdono elementi essenziali.
QUINDI:
Quando pretendiamo di spiegare un argomento, o dire qual è la soluzione di un problema, il più delle volte possiamo scegliere fra argomentazioni vere, lunghe e complesse da una parte, e brevi frasi ad effetto, una manciata di numeri, punti esclamativi, emoticon strafottenti e frasi brevi, semplici… e sbagliate dall’altra.
Il cuore della leadership, e dell’innovazione. Il ruolo unico di Theory U.
“David Sassuoli era capace come nessun altro di mantenere uno spazio aperto di dialogo tra le persone.”
Esistono innumerevoli definizioni e descrizione della leadership, tutte valide in funzione del punto di osservazione che ci propongono.
C’è però un aspetto che considero il vero punto cieco della leadership, che proprio quel ricordo di Sassuoli mi ha rammentato, un fattore profondo e irrinunciabile rispetto al quale gli altri diventano corollari (sia pure importanti): ‘HOLDING THE SPACE'.
Holding the Space, ossia preservare, curare, mantenere uno spazio generativo tra le persone. Sì, perché cosa accade quando un team si riunisce per generare innovazione? Come dice Otto Scharmer, non accade nulla! L'innovazione non è infatti qualcosa che si può suscitare a comando. Proprio per tale ragione, il ruolo del leader è quello di mantenere costantemente vivo questo ‘spazio generativo’ tra le persone, in modo che esso costituisca l’humus nel quale possa generarsi consonanza, cambiamento, innovazione.
I progetti di cambiamento e di innovazione (non solo di prodotto, servizio o processo, ma manageriale, strategica, ecc.) si protraggono per mesi e mesi: senza quell’holding the space non saranno sufficienti le migliori metodologie di DESIGN THINKING e delle altre metodologie sorelle o cugine. Chiunque ha partecipato o facilitato simili progetti lo sa benissimo e conosce le ragioni profonde per cui spesso tali iniziative si arenano o arrancano: possiamo padroneggiare i migliori strumenti per svolgere la fase di esplorazione, per fare il brainstorming (in presenza o da remoto), la prototipazione, ecc. … ma se tra le persone non è vivo quello spazio generativo, mancherà un motore decisivo.
Theory U, volendo sintetizzarla in un passaggio, lavora fino a quel livello (cosa che non fanno – se non incidentalmente – le altre metodologie). E questo vale anche per percorsi individuali di cambiamento: quanto siamo capaci di ‘mantenere quello spazio’? Ecco perché anche nelle mie pubblicazioni descrivo Theory U come una meta-metodologia, sulla e lungo la quale possono trovare coesistenza le altre.
La leadership? Holding the space, innanzitutto.
Quel sapore….
Venti talenti autentici. Una multinazionale. Un progetto che mi vedrà guidarli da lunedì fino a febbraio 2022 in una grande sfida di innovazione e di apprendimento.
Il sapore unico di una sfida, quando sta per partire; la quiete prima della tempesta; la passione per quello che faccio e la voglia matta di condividere!
Verso TEDxRieti!
Il nostro obiettivo? Regalare e condividere 13 minuti densi di emozioni e contenuti per aprire mente, cuore e volontà!
Entusiasmare, Chiarire, Portare lontano…
Come superare quelle domande "ESSERE O NON ESSERE?" sulla creatività e l'innovazione che puntualmente emergono all'inizio di progetti di questo tipo?
La mia soluzione è chiarire subito - in modo esperienziale e pratico -
come spesso, quelli che appaiono dolorosi trade-off o dilemmi, in realtà non lo sono, se vediamo il film/processo anziché il singolo fotogramma.
Sono trade-off apparenti se:
1) ci basiamo sul pensiero dinamico anziché quello statico
2) abbiamo una metodologia capace di farci vedere il film.
Le domande giuste da porci dovrebbero essere: "Come potrei/potremmo far sì che sia vero sia A che B?"
L'ultimo saluto a Humberto Maturana e un enorme grazie per gli splendidi squarci nella complessità che ci hai donato.
La grande coppia - Francisco Varela e Humberto Maturana - torna a riformarsi, lì, sulla soglia del caos...
Quella volta che, all’Associazione Industriali Perugia mi presentai con una scatola di scarpe…
Era il 1997, nella società che fondai insieme ad altri tre folli, già eravamo stanchi di parlare di Qualità nei soliti modi. Ci pareva smunta, grigia. Noi che avevamo divorato tutti i testi di Deming, la vedevamo colorata, divertente, stimolante.
Così costruimmo questa prima “esperienza” (lo zio di uno di noi amava il bricolage: gli demmo le specifiche) per spiegare concetti importanti…in modo giocoso. La formazione esperienziale ancora non aveva un nome, ma noi la praticavamo già.
Un giorno fummo invitati in un Convegno dell’Associazione Industriali PG. I nostri colleghi conferenzieri usavano i lucidi: la soluzione più avanzata era disporre di un aiutante che li cambiasse al posto tuo. Poi toccò a noi. Mi alzai. Senza cravatta. Il primo. Spensi la macchina dei lucidi. Guardai la platea… e da dietro il tavolo estrassi una scatola di scarpe…
Non dimenticherò gli sguardi imparruccati del gotha, quelli delle prime file.
Uscendo però, in fondo alla grande sala, accanto alla porta, una giovane ragazza (poco più giovane di me, allora) si avvicinò e timidamente: “Figa, ‘sta cosa.” Capimmo che eravamo connessi col futuro. Quello di chi lo aspetta su quella porta, non quello passato delle prime file…
Nella giornata della Terra, ricordiamoci che possiamo fare grandi cose, se solo vogliamo. Il segreto è:
1) Farle insieme
2) Ricordarci di puntare l'obiettivo tra le stelle, ma anche dietro - sul nostro Pianeta - e dentro di noi
Sei passi per farcela:
1. Smetti di lamentarti.
2. Guarda con occhi nuovi.
3. Pensa e percepisci in modo diverso.
4. Connettiti alla tua fonte di ispirazione.
5. Lascia andare e lascia ve**re.
6. Agisci in un istante.
Cosa si annida, là in fondo, al cuore del talento?
Stiamo lavorando a un progetto per una multinazionale, per supportare la crescita dei loro talenti.
Progetto coinvolgente, ambizioso. Concepito da e con persone ottime.
Ma, appunto, come lo riconosci, nel profondo, un talento?
Sì, ci sono molte persone dotate (nella leadership, nel pensiero creativo, nel conseguire risultati). Eppure, nei miei tanti anni di attività (con Organizzazioni, nel mondo artistico, ecc.), il brivido provato quando sento di essere al cospetto di un talento ha sempre la stessa natura:
La maggior parte delle persone, di fronte a qualcosa che non gli torna, si chiudono in “E’ impossibile”, “E’ inutile”, “Non serve”. Operazione mentale negativa.
Poi c’è chi sospende il giudizio. Operazione mentale neutra.
Infine, c’è il brivido che ti dà il talentuoso: mentre tutti intorno allargano le braccia sconsolati o restano in attesa di qualcosa, egli si accende: “Aspettate… e se…?!!” E lo vedi connettere, trovare l’opportunità anche in una sola piega di quella situazione, e da lì rilanciare.
Ecco, la costante che ho potuto riscontrare, nelle persone di talento, è questa. Poi verrà la leadership, la capacità di perseguire risultati, ecc.
Ma prima di tutto, la persona di talento si accende, dove tutti gli altri sono spenti
Le 5 B per la Creatività.
Avete presente quando vi capita di giocherellare con un concetto? Lo stavo facendo le settimane scorse per un mio nuovo lavoro. Poi ci prendi gusto, ti diverti a portarlo avanti...
Da qui le 5 B per la creatività.
Lo sappiamo, non si crea dal nulla. Si crea grazie alla capacità di:
1) mescolare elementi, concetti, ambiti, “mattoncini” diversi (BLENDING)
2) frammentarli (BREAKING)
3) modificarli (BENDING)
Eppure tutto ciò, da solo, non basta. Per spingere (Boost) la creatività non occorre solo allontanarsi, come un Icaro verso il cielo. La creatività germoglia quando sappiamo toccare il “Punto cieco della creatività” (BLIND SPOT): interrompere la spinta verso l’esterno e tornare a puntare la telecamera verso di noi, come fece quell’astronauta dell’Apollo 8: smise di rivolgerla allo spazio per dirigerla verso la Terra e interrogarsi in modo nuovo.
Il Blind Spot di ogni creativo è la risposta alle due domande: Chi sono Io? Qual è il mio Compito? Il creativo punta a rispondere a queste due domande. Lì, in quel punto cieco, risiede l’essenza della creatività. E’ da lì, che le altre B acquisiranno potenzialità uniche.
PS:ovviamente anche questi pensieri sono il frutto di mescolamenti, frammentazioni, modifiche...
Innovazione. Ma insomma…? Poi arriva lui e…
“Ma insomma, per innovare CONTA PIÙ LA SQUADRA O CONTANO PIÙ LE METODOLOGIE?” Una domanda che immancabilmente ti arriva, nelle mie attività.
Trovare una buona risposta non è facile. Ovvio, basterebbe rifugiarsi nel solito “Entrambi”, seguito dalle solite considerazioni a supporto. Ma questo lo sa anche chi ti pone la domanda.
Ricorrere ai guru Usa, olandesi, tedeschi non aiuta.
Poi un giorno, nel pieno di un progetto con un importante artista/autore, dopo un anno insieme mi dice:
“Abbiamo lavorato sulla mia squadra e usato metodi per creare cose nuove. Cosa è stato più utile? Te lo dico così:
Ora devo lavorare a un programma televisivo. Ho un mese per arrivare a costruire il programma, con una squadra fatta di persone che non conosco. Ho solo un mese. In questi casi, conta la metodologia. Non ho tempo per learning organizations, 5 Discipline, ecc., se pur specifici approcci tornano ovviamente utili.
Però, quando lavoro e creo con il mio team stabile, con cui siamo insieme da 6 anni, allora tutto il peso si sposta su quelle 5 Discipline. Le metodologie di innovazione (Design, Forth, ecc.) servono a poco se non sei una learning organization”
Cinque minuti e voilà.Le buone risposte vengono spesso dalla periferia delle nostre attività
Ben oltre 100 partecipanti!
Un enorme grazie agli oltre 100 partecipanti a questo webinar sull'innovazione.
E' stato bello poter condividere!
E grazie a Psicologia.io: una squadra professionale, brillante, appassionata!
La prima forma dell’innovazione: la U.
Perché se vogliamo generare innovazione profonda dobbiamo toccare la risposta a due domande fondamentali e capire qual è la leadership necessaria per questo…
E’ la prima delle tre forme dell’innovazione che scopriremo nel webinar gratuito del 9 febbraio, organizzato da Psicologia.io sul tema del Design Thinking e dell’innovazione, nel quale mi onoro di essere l’unico relatore italiano.
In questo link i dettagli:
https://lnkd.in/dFtkTQC
Visualizzare gli approcci e gli strumenti per l’innovazione in 3 forme…
E’ quello che scopriremo nel webinar gratuito del 9 febbraio. E intanto, nei prossimi 3 giorni, piccole suggestioni su ciascuna delle tre “forme”.
In questo link i dettagli:
https://lnkd.in/dFtkTQC
PS: per i partecipanti, uno sconto sulla versione ebook del libro “Theory U, Learning Organizations e Design Thinking. Strategie, strumenti e tecniche per l’innovazione profonda” (FrancoAngeli)