Alba Consulting srl
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I veicoli cinesi nel 2024 dovrebbero raggiungere un quarto delle vendite del segmento in Europa
Auto elettrica, adesso Berlino frena l’Ue: la Cina ha già vinto.
Nicola Borzi
Proprio la punta di lancia dell’industria europea rischia di trasformarsi nel suo tallone d’Achille. La filiera dell’auto che per decenni ha spinto le fortune della “locomotiva” del Vecchio Continente, la Germania, è stretta nel nodo gordiano dei suoi rapporti con la Cina, che rafforza il suo primato produttivo sul fronte dei veicoli elettrici, minaccia di invadere il mercato Ue e di fatto ha già vinto la competizione con i produttori europei. Intanto gli Usa hanno quadruplicato i dazi sull’import di auto elettriche cinesi.
L’auto è il motore dell’economia tedesca: nel 2023 ha fatturato 564,2 miliardi, quasi 60 in più sul 2022, con il 76% della produzione che va all’estero, e punta a investire oltre 200 miliardi nei prossimi anni per varare veicoli elettrici. La Germania “pesa” un quarto della produzione di auto e un quinto delle immatricolazioni dell’intera Ue. Ma i suoi dipendenti sono calati negli ultimi anni, trainando verso il basso i 12,9 milioni di europei che lavorano direttamente o indirettamente nell’industria automobilistica, il 6,8% di tutti i posti di lavoro nella Ue. Un comparto che vale il 7% del Pil europea, frutta quasi 400 miliardi di entrate fiscali ai governi europei e un surplus commerciale di 101,9 miliardi alla Ue.
Ma il tifone della supremazia industriale cinese rischia di stravolgere proprio il segmento del mercato auto che, nelle intenzioni di Bruxelles, deve spingere la strategia Ue di decarbonizzazione dei trasporti. Secondo la testata specializzata Transport & Environment, però, quasi un quinto (19,5%) dei veicoli elettrici venduti in Europa nel 2023 sono stati prodotti in Cina e quest’anno la quota dovrebbe raggiungere un quarto delle immatricolazioni. Sinora l’import di auto elettriche cinesi è stato guidato da veicoli Tesla, Dacia e Bmw prodotti nella Repubblica popolare, ma quest’anno i marchi cinesi potrebbero raggiungere l’11% del mercato Ue e salire sino al 20% nel 2027. Ma la Cina rimane un mercato fondamentale per le case tedesche. Nel 2023, le vendite di Bmw e Mini nella Repubblica popolare hanno rappresentato il 32,3% del totale mondiale della casa bavarese e il 29,6% di quelle di Mercedes Benz. Così, le case tedesche continuano a creare nuove joint venture in Cina.
D’altronde, secondo l’Ufficio federale tedesco di statistica Destatis, nel 2023 l’interscambio commerciale della Germania con la Cina ha raggiunto i 253,1 miliardi, confermando per l’ottavo anno consecutivo il primato di Pechino tra i partner commerciali della Germania davanti agli Stati Uniti (252,3 miliardi). Il risultato è anche frutto degli investimenti diretti tedeschi in Cina che nel 2023 sono aumentati del 4,3% raggiungendo il record di 11,9 miliardi, in crescita del 10,3% annuo, il livello più alto dal 2014. Le aziende tedesche continuano a investire pesantemente in Cina nonostante ufficialmente il governo federale chieda di ridurre la loro esposizione alla Repubblica popolare, con un forte taglio alle garanzie pubbliche sugli investimenti nel paese. Negli ultimi tre anni le aziende tedesche hanno investito in Cina quanto nei sei anni precedenti, sebbene si sia trattato soprattutto di dividendi reinvestiti, mentre la percentuale di aziende tedesche che stanno uscendo o pensando di uscire dalla Cina è salita al 9%.
Ma a rischiare di pagare i rischi nascosti da lustri nelle decisioni politiche del governo tedesco sono tutti gli europei. Non a caso, nel contesto del passaggio ai veicoli elettrici si prevede che i posti di lavoro della filiera dell’auto tedesca diminuiranno di un quarto entro il 2030. D’altronde la Ue è il maggiore destinatario di veicoli elettrici cinesi, che rappresentano quasi il 40% delle esportazioni cinesi di veicoli elettrici.
Al contrario, nel 2023 le esportazioni dirette di veicoli elettrici dalla Cina agli Stati Uniti ammontavano a soli 368 milioni di dollari: secondo Bloomberg appena 1.700 veicoli elettrici cinesi sono entrati negli Stati Uniti nel primo trimestre del 2024. La decisione del presidente Usa Joe Biden, che ha annunciato di aver quadruplicato dal 25 al 100% i dazi sull’import di auto elettriche prodotte in Cina, più che un atto concreto ha dunque il significato di un messaggio simbolico ai propri elettori, nell’avvicinarsi del voto presidenziale di novembre. Ma la mossa di Washington, secondo Politico, ha messo in ombra l’indagine in corso da parte dell’Unione europea sui sussidi industriali di Pechino. Una mossa che la Commissione uscente aveva celebrato in p***a magna ma che invece molto probabilmente porterà a effetti concreti molti più deboli. Per raggiungere l’obiettivo dichiarato di compensare il livello previsto di sussidi statali, la Ue dovrebbe imporre un dazio del 50% sulle auto elettriche cinesi, sostiene il think tank Rhodium. L’Ue non eguaglierà le tariffe Usa, spiegano alcuni analisti, poiché si attiene alle restrizioni imposte al commercio internazionale dall’Organizzazione mondiale del commercio. Ma le vere ragioni sono altre. L’asse franco-tedesco che da lustri gestisce le mosse della Ue sta scricchiolando, con il governo di Parigi che chiede a Bruxelles maggiore protezione alle sue case automobilistiche rispetto alla spinta alle esportazioni di Pechino, mentre la cancelleria di Berlino teme che i suoi colossi nazionali possano ve**re tagliati fori per ritorsione dall’enorme mercato cinese.
Da un lato, dunque, l’Unione europea è sotto pressione della Francia per frenare l’invasione delle auto elettriche prodotte in Cina, in modo da dare fiato alle imprese europee che rischiano di essere spazzate via dalla concorrenza asiatica. Dall’altro, per salvare i suoi interessi economici e gli investimenti miliardari dei suoi colossi automobilistici nella Repubblica Popolare da ritorsioni di Pechino, Berlino cerca di frenare possibili decisioni forti di Bruxelles.
Così come decenni di Ostpolitik di Berlino hanno consegnato nelle mani della Russia le chiavi della fornitura del 40% del metano consumato nel Vecchio Continente, le mosse tedeschi sull’auto hanno esposto alle pressioni di Pechino non solo il futuro della filiera ma anche la forza della Ue.
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