La cucina di mamma Anto

La cucina di mamma Anto

La cucina è la mia dimensione, il luogo della scoperta, della sperimentazione. Sono una giovane mam

08/03/2022

La prima ricetta di questo dolce si trova nel Trattato di cucina teorico-pratico del 1837 ad opera del cuoco e intellettuale Ippolito Cavalcanti. Nel manuale, il duca di Buonvicino prescrive, in rigorosa lingua napoletana, gli ingredienti (farina, acqua, liquore, marsala, sala, zucchero e olio) per friggere questa pasta particolare che aveva provenienza tutt'altro che nobile. A Napoli erano infatti i friggitori di strada che, il 19 marzo, allestivano banchetti all'esterno delle loro botteghe e vendevano ai passanti le zeppole appena fritte, come nel più moderno street food. Quanto alla forma, furono le suore del Convento di San Gregorio Armeno a Napoli a conferire alla pasta la caratteristica forma rotonda. L'origine tuttavia è ben precedente e anche Goethe nel Gran Tour, in visita nel capoluogo partenopeo alla fine del 1700 scrive: “Oggi era anche la festa di S. Giuseppe, patrono di tutti i frittaroli cioè venditori di pasta fritta…

07/03/2022

Gli gnocchi alla Sorrentina, invece, sono un piatto tipico napoletano e sono preparati con patate, acqua e farina, conditi poi con ragù, mozzarella filante e basilico fresco. Una volta terminata la cottura in acqua calda, vengono infornati nel pignatiello, un tegame di coccio, e serviti caldi.

In Campania gli gnocchi vantano una lunga storia, in origine si chiamavano strangulaprievete. Esistono due spiegazioni sul perché gli gnocchi prendono questo nome, uno è il suggestivo aneddoto che ha come protagonista l’economista del XVII secolo Ferdinando Galiani, detto “l’abate galiani,” un gran mangiatore di gnocchi, che un giorno rischiò di strozzarsi mangiandoli. In realtà questo nome “strangulaprievete” ha origini greche: è l’unione dei termini “strangulos epreptos” che insieme indicavano un corpo rotondo che è stato incavato con le dita. Non a caso strangulos, indica la sfericità, dalla quale deriva anche il nome degli struffoli.

Ingredienti per gli gnocchi alla Sorrentina

1 kg di patate

300 kg di farina 00

Sale q.b.

Ingredienti per il sugo e il condimento

1 spicchio d’aglio

750 kg passata di pomodoro

Olio EVO

Basilico

250gr di mozzarella

100gr di parmigiano grattugiato.

Portate a bollore l’acqua in una pentola dai bordi alti, lessate le patate con la buccia. In un tegame far rosolare l’aglio con un filo d’olio, togliere l’aglio e versare la passata di pomodoro aggiustando di sale. Quando il sugo si è perfettamente addensato, aggiungere qualche foglia di basilico e nel frattempo tagliare a cubetti la mozzarella, tenendola da parte. Sbucciare le patate e schiacciarle con uno schiacciapatate e unirle alla farina, lavorare l’impasto con decisione ma non troppo a lungo. Non appena sarà pronto l’impasto tagliarlo a serpentelli aiutandosi con le dita, tagliare ulteriormente e formare un incavo, premendo con il pollice oppure passarli su una forchetta. In una pentola con i bordi alti portare a bollore l’acqua da salare leggermente e calare una porzione di ginocchi alla volta, poi scolarli quando saranno in superficie . Nei pigniatieli (un tegame per ogni persona, altrimenti in una pirofila unica) mettere un po’ di sugo, il primo strato di gnocchi con una manciata di mozzarella, e un po’ di parmigiano. Cuocere in forno a 220°, servire poi non troppo caldi.

07/03/2022

La storia del babà napoletano: le origini francesi
Pur essendo emblema della città, il babà non trova origini a Napoli. La sua storia ha inizio nel ‘700 nella Lorena, a Luneville (a con fine tra Germania e Belhio). All’epoca il sovrano polacco Stanislao Leszczinski, amante dell’arte culinaria, risiedeva nel paesino in esilio. Un giorno bagnò una fetta di Kugelhopf, dolce austriaco, nel madeira, ottenendo un dessert molto apprezzato. Quel dolce tipico prese dunque nuove forme, nuove lievitazioni e fu arricchito da altri ingredienti come canditi, zafferano e canditi.

Nel frattempo la figlia di Stanislao era andata in moglie al re di Francia Luigi XV. Trasferendosi a corte, a Versailles, aveva portato con sé, Sthorer, il pasticcere del padre. Sthorer seguiva molto le tendenze del momento così decise di bagnare il dolce di Stanislao con il liquore alla moda in quei tempi, ovvero il rhum. Qualcuno invece racconta che in un momento di ira il re polacco avesse scaraventato via il dolce colpendo una bottiglia di rhum che bagnò il dolce. Assaggiandolo fu sorpreso del sapore particolare assunto dal dessert, e così decise di dare al dolce in nome si Babà, prendendo spunto da Alì Babà, il protagonista del celebre racconto tratto da uno dei suoi libri preferiti, “Le mille e Una Notte”.

babà napoletano
Comunque sia andata, il sapore del dolce cambiò radicalmente (qualcuno dice che Stanislao non lo accettò di buon grado) e riscosse rapidamente successo a corte. Nel frattempo le ricette si evolvevano, furono aboliti canditi e zafferano, e fu data una forma simile a quella di un fungo. Ben presto il dolce giunse anche in Italia.

Sthorer intanto decise di aprire una pasticceria che esiste ancora oggi a quell’ indirizzo, al numero 52 di rue Montorgueil.

La storia del babà a Napoli
A Luigi XV successe Luigi XVI, la cui cognata (sorella della moglie), Maria Carolina d’Austria, aveva sposato il re di Napoli Ferdinando IV di Borbone. Abituata agli usi di corte francese, la regina portò con sé a Napoli alcune ricette tipiche della tradizione francese come il gratin e la besciamella.

E ovviamente il babà, che non tardò a divenire un dolce caratteristico della città di Napoli. Di lì a poco quel succulento dessert era diventato tra i più venduti nei caffè napoletani. Nel 1836 infatti fu inserito nel primo manuale di cucina italiana di Agnoletti.

Ingredienti
295 g di Farina manitoba + 25 g di farina per il lievitino
15 g di lievito di birra
105 g di b***o
40 g di zucchero + 1 cucchiaino di zucchero per il lievitino
4 g di sale
4 uova grandi
Bagna
750 ml acqua
300 zucchero
buccia di un limone
200/300 ml di rum per dolci (quantità secondo i propri gusti)
Procedimento
Fate il lievitino sciogliendo il lievito con un cucchiaio di acqua, 25 g di
farina e un cucchiaino di zucchero, impastate brevemente, sigillate bene la ciotola con la pellicola
e mettete nel forno spento per circa 30 minuti, fino a quando non raddoppia. A questo punto dovete usare la planetaria, fondamentale per la riuscita del nostro babà, perché è l’unica con cui riuscirete ad incordare senza problemi l’impasto in tempi non lunghissimi, in alternativa potete usare il frullino con le fruste per impastare, bimby o “forza di gomito”.
Nella planetaria inserite il lievitino, la restante farina, lo zucchero, ed iniziate ad impastare con gancio K. Aggiungete all’impasto 1 uovo alla volta, facendolo assorbire bene prima di aggiungere il successivo. Ora aggiungete il sale e continuate ad impastare fino a quando l’impasto non risulta bello elastico. Solo a questo punto aggiungete il b***o morbido ma non a pomata e impastate con il gancio ad uncino fino ad incordare l’impasto, con la planetaria ci vogliono circa 30 minuti.
Incordare significa che se tirate un lembo dell’impasto tende ad allungarsi proprio come una corda, senza rompersi. Ora l’impasto è liscio, lucido e si stacca dalla ciotola senza sporcarla quindi perfettamente incordato. Coprite la ciotola con la pellicola e fate triplicare l’impasto nel forno chiuso.
Prendete l’impasto lievitato rovesciatelo sul piano di lavoro leggermente infarinato e fate le pieghe.
Formate le palline (50 g circa l’una) e mettetele negli stampini di alluminio per babà precedentemente imburrati, facendo cadere la parte mozzata sul fondo. L’impasto non deve superare la metà dello stampo. Fate lievitare fino a quando non si forma una bella cupoletta, circa 2 ore e infornate in forno caldo a 190° per circa 20 – 25 minuti nella parte più bassa del forno. Dopo cotti farli raffreddare e toglierli dagli stampi.
Intanto preparate la bagna facendo bollire 750 ml di acqua con 300gr di zucchero e le bucce di un limone. Fuori dal fuoco aggiungete il rum scuro. Immergete i babà, una alla volta, nello sciroppo caldo ma non bollente e strizzateli delicatamente, vedrete che si comporteranno come spugne e torneranno nella loro forma originale. Metteteli in una teglia vicini, con la parte bombata verso il basso. Riscaldate un pò di gelatina di albicocche e spennellate i vostri Babà per lucidarli.
Consiglio di procedere alla decorazione solo il giorno dopo. Basta fare un piccolo taglio al centro del vostro babà e farcirli con crema o panna e tanta frutta fresca, sono ottimi anche senza nulla, anzi la tradizione napoletana li vuole solo bagnati con il rum.
Note:
Per fare il babà ci vuole tempo e pazienza quindi calcolate di iniziare ad impastare la mattina per terminare il tutto nel tardo pomeriggio.
Con queste dosi vengono 14 babà in stampo di alluminio da 6cm o un babà grande in stampo dal diametro di 26/28 cm o un babà maxi in stampo tronco conico 18×16 da 360gr più 5 babà medi da 45gr.
Il babà è sempre più buono il giorno dopo.
Come rum uso uno specifico per dolci che è meno forte e più delicato.
Per bagnare il babà fatto in stampo unico fate raffreddare il babà, poi rimettetelo nello stampo dove l’avete cotto, appoggiate lo stampo su un piatto dai bordi alti, bucherellate la parte bombata del babà con uno stuzzicadenti e bagnate bene con lo sciroppo caldo. Lasciatelo nella forma per diverse ore, anche tutta la notte, il babà assorbirà tutta la bagna e si gonfierà. Dopo il riposo capovolgete il babà su di un piatto da portata e sarà lucido, ben bagnato e perfetto. ( La regola è babà freddo bagna calda).

07/03/2022

Si chiama “Genovese” e, insieme al “Ragù”, è uno dei piatti più conosciuti della tradizione culinaria partenopea. Ma se è un piatto tipico napoletano perché questo nome? Sono diverse le leggende che lo spiegherebbero. La prima risale al periodo aragonese, nel XV secolo: sembrerebbe che, all’epoca, la zona del porto di Napoli fosse gremita di bettole in cui si preparava una pietanza a base di carne e cipolla per sfamare i marinai genovesi che si fermavano con le loro navi a Napoli una volta a settimana. Un’altra versione della leggenda, invece, associa il nome del piatto all’origine dei cuochi di queste bettole: a preparare la pietanza sarebbero stati cuochi genovesi. Una seconda leggenda, invece, attribuirebbe il piatto alla genialità di un cuoco napoletano, vissuto nel XV secolo, che veniva soprannominato “O Genovese”, da cui, appunto, il nome del piatto.

Che sia vera la prima o la seconda leggenda non ci è dato sapere, ma una cosa è certa: il piatto della “Genovese” è nato in ambienti umili. Per questo motivo fu infatti definito il “raguetto” da Ippolito Cavalcanti nel suo trattato “La Cucina Teorica Pratica”, pubblicato a Napoli nel 1839. Ma sembrerebbe che “La Genovese” abbia un’origine ancora più antica che risalirebbe al Medioevo: alla fine degli anni Settanta, nell’Archivio Nazionale di Parigi, fu ritrovato un antico libro di cucina napoletana in latino volgare (il “Liber de coquina”). In questo trattato di cucina, dedicato a Carlo II d’Angiò e scritto nel 1300 da un anonimo della corte angioina, c’è una ricetta, la numero 66, intitolata “De Tria Ianuensis” (Della Tria Genovese), che corrisponde all’odierna ricetta della Genovese.

INGREDIENTI PER 4 PERSONE: 2 carote, , 1 kg di corazza, 2kg di cipolla (per ottenere una Genovese doc cipolla rossa o, ancor meglio, la Ramata di Montoro, tipica dell'avellinese), olio extravergine di oliva, vino bianco 400g. di mezzanelli o di penne rigate.

PREPARAZIONE: Tagliare la cipolla e il pezzo di carne in 4 parti. Versare tutto in una pentola. Aggiungere le carote tagliate a pezzetti, e far cuocere a fuoco lento. A metà e a fine cottura aggiungere il vino bianco . Dopo un’oretta di cottura, alzare la carne e metterla da parte lasciando cuocere per almeno altre due ore la cipolla a fuoco lento fin quando non si sfalda diventando quasi crema. Alzare il coperchio e girare fino a quando la cipolla non si restringe e diventa ambrata. Rimettere la carne nella pentola. A questo punto si può far bollire l’acqua per la pasta. Quando bolle versare i mezzanelli o le penne rigate. Scolare la pasta quando è pronta (deve essere al dente!) e versarla nei piatti. Aggiungere il sugo della Genovese con un pò di carne tagliuzzata e una grattata di parmigiano e una di romano.

Buon appetito!

07/03/2022

Lo scarpariello, nasce nei vicoli di Napoli, dove un tempo vivevano gli “scarpari”, cioè i calzolai, che lavoravano ogni giorno nelle loro minuscole botteghe per riparare o fabbricare fantastiche scarpe. Alcuni narrano che le mogli e le sorelle di questi scarpari, non avendo molto tempo da dedicare ai fornelli, preparavano un “pasto veloce, questo piatto si preparava con i prodotti avanzati che si avevano in casa, o con quello che regalava (quasi sempre formaggi) allo “scarparo” la gente che non poteva pagarlo. La giornata dello “Scarpariello” era il lunedì, il giorno di riposo dei “scarpari”, quando si raccoglieva tutto quello che avevano regalato i clienti. Ancora oggi lo Scarpariello è uno dei piatti più cucinati dai napoletani, specialmente quando si ha la necessità di preparare un piatto semplice e veloce...

Ingredienti per 4 persone
320 g di pasta trafilata al bronzo
400 g pomodorini freschi o pelati
1 spicchio di aglio
formaggio grattugiato (misto parmigiano e pecorino)
qb olio extravergine d’oliva
qb sale
Ciuffo di basilico
Procedimento
Mettete l'acqua per la pasta sul fuoco in una pentola ampia e salate…
Nel frattempo fate soffriggere lo spicchio di aglio in una padella con olio EVO… Non appena sarà imbiondito, aggiungete il pomodoro, regolate di sale e lasciate cuocere a fuoco lento per circa 15 minuti. Rimuovete lo spicchio d'aglio.
A bollore cuocete la pasta e scolatela molto al dente.
Trasferitela nella padella con il sugo di pomodoro e fatela saltare insieme a una bella manciata di parmigiano e pecorino grattugiati, amalgamando bene tutti gli ingredienti, fino a creare una salsa avvolgente…
Servite con qualche foglia di basilico e un filo di olio EVO a crudo.
Gustate la pasta allo scarpariello e non rinunciate a una gloriosa scarpetta finale...

07/03/2022

ra i principali piatti della tradizione culinaria partenopea c’è sicuramente la pasta e patate. Questa pietanza dalle origini umili e povere si è diffusa nel Regno di Napoli nel XVII secolo. In questo periodo le patate ed i pomodori, essendo prodotti poco costosi, erano gli ingredienti prediletti dalle massaie che li utilizzavano nelle loro ricette semplici e nutrienti: tra queste c'era la pasta e patate. Questa pietanza, infatti, nascendo dall’unione di due carboidrati era ottima sia per suo il potere saziante che per la sua bontà. Anticamente, in questo piatto veniva usata la scorza di parmigiano per recuperare gli avanzi di alcuni alimenti. Oggi le varianti della pasta e patate sono molte ma la versione tradizionale vuole che sia preparata con la pasta mista (un tempo si mettevano insieme gli avanzi dei diversi formati di pasta disponibili in casa) e non deve essere assolutamente brodosa: deve essere “azzeccata” (come dicono i napoletani). Alcune trattorie popolari di Napoli, per attestare l’originalità della ricetta della pietanza, ancora oggi fanno la prova del piatto rovesciato: i camerieri rovesciano il piatto di pasta e patate e se questa non si stacca dal piatto finendo a terra allora è realmente doc! Oggi, la ricetta tradizionale è stata comunque rivisitata: c'è chi la prepara “in bianco” senza pomodori e senza aggiungere di altri ingredienti, c'è chi, invece, aggiunge la provola.

Ingredienti per 4 persone:

sedano
1 cipolla
olio extravergine di oliva
sale
carota
basilico
4/5pomodorini
1 kg di patate
350 gr di pasta mista
formaggio parmigiano grattugiato, più croste
100 gr di pancetta
provola (facoltativa)
Procedimento:

In una casseruola fare soffriggere un trito di carota, sedano e cipolla con l’olio extravergine di oliva, aggiungendo la pancetta. Lasciar cuocere il tutto a fuoco molto lento fin quando non si appassisce. Dopodiché aggiungere i 4/5 pomodorini, sale e le patate tagliate a tocchetti piccoli. Coprire con acqua e lasciare cuocere a fuoco lento per 20/25 minuti. Quando l’acqua bolle calare la pasta mista. Quando questa è quasi cotta aggiungere il parmigiano e le croste. Spegnere il fuoco quando la pasta è al dente ed il composto bello cremoso. Lasciare riposare per qualche minuto e poi aggiungere qualche foglia di basilico e un'altra grattuggiata di parmigiano . Per dare un pò di sapore in più si può anche aggiungere un pò di provola a cubetti. Servire nei piatti e… Buon appetito!

07/03/2022

Nell'ultimo anno, mi sono molto appassionata ai risotti, non esattamente nelle corde di noi partenopei :D eppure a me fanno impazzire, soprattutto se saporiti e colorati...
Vi propongo allora questo, con crema di patate alla curcuma, salsiccia napoletana, e scamorza.

Ingredienti
180 g Riso
1 cucchiaio di curcuma
1 scalogno
2 patate medie
1 salsiccia
50gr scamorza
Q. B. di parmigiano reggiano, olio evo, sale, pepe,
Passaggi
Fai bollire in una pentola le patate. Una volta morbide, create la purea aggiungendo curcuma sale e pepe. Tenere da parte.
Tagliare a piccoli pezzi la salsiccia e farla rosolare in padella.
Tritare uno scalogno, soffriggere in padella con olio evo. Far tostare il riso, sfumare con vino bianco e aggiungere il brodo vegetale per la cottura.
A metà cottura aggiungere la crema di patate e
Terminata la cottura, aggiungere la scamorza, farla sciogliere, spegnere il fuoco e mantecare con parmigiano reggiano e del b***o.

07/03/2022

Nerano è un paese della costiera amalfitana famoso per le sue spiagge ed il mare fantastico, ma soprattutto per aver creato un primo piatto, apparentemente semplice, ma che nasconde alcune insidie... gli ingredienti sono pochi, e vanno equilibrati bene, per ottenere il sapore e la cremosità giusta...

INGREDIENTI
340 gr di spaghetti;
150 gr di provolone;
700 gr di zucchine;
Basilico;
30 gr di parmigiano reggiano;
1 spicchio d’aglio;
Pepe q.b.;
Olio extravergine d’oliva;
ISTRUZIONI
Per cominciare, occupatevi delle zucchine. Lavatele e spuntatele e tagliatele a rondelle sottili con una mandolina. Scaldate, poi, l’olio di oliva in una larga padella, una volta che l’olio avrà raggiunto i 170°, la temperatura ideale per la frittura, immergete le rondelle di zucchine poche alla volta. Cuocete per circa 2-3 minuti, quindi scolatele con una schiumarola e adagiatele su un vassoio rivestito con carta assorbente per asciugare l’olio in eccesso. Condite con sale e basilico. Poi mettete da parte.
Adesso mettete sul fuoco una pentola dal bordo alto colma di acqua salata per cuocere gli spaghetti. Intanto grattugiate il parmigiano e il provolone con una grattugia a fori larghi. Poi mettete a cuocere la pasta e scolate al dente.
In un tegame largo riscaldate 30 g di olio extravergine d’oliva, aggiungete l’aglio in camicia per insaporire, poi con una pinza da cucina eliminate l’aglio e versate le zucchine fritte in precedenza.
Aggiungete un mestolo di acqua di cottura della pasta e saltate le zucchine, poi spegnete il fuoco. Versate gli spaghetti appena scolati direttamente nel tegame con il condimento avendo cura di conservare l’acqua di cottura.
Aggiungete un mestolo di acqua di cottura della pasta alla volta, al bisogno, per continuare la cottura degli spaghetti, risottandoli. Spegnete la fiamma e versate una parte del provolone mescolando gli spaghetti per farlo sciogliere e creare la cremine. Aggiungete, poi, il parmigiano grattugiato e il restante provolone.
Aromatizzate ancora con il basilico spezzettato a mano e aggiungete un ultimo mestolo di acqua di cottura della pasta. Mescolate e, una volta pronto, aggiungete una spolverata di pepe macinato.

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