Pezzi di scuola

Pezzi di scuola

Liberamente ispirato alla mia esperienza distopica a scuola!

06/12/2023

C’è chi per sentirsi meglio ha bisogno di fare una passeggiata, chi una chiacchierata, chi una bevuta. Io ho bisogno di aprire il libro di letteratura e di spiegare una poesia, una delle mie preferite possibilmente. Non so se gli alunni se ne rendano conto che quando spiego “L’infinito” lo faccio sì per loro, ma lo faccio anche per me. È come una medicina. O una magia. Come se restassi sospesa a mezz’aria quasi senza fiato e mi passasse la paura, l’ansia, la tristezza. L’avessi scoperto prima mi sarei risparmiata tanto inutile dolore. Proprio oggi pensavo che tutti dovremmo avere una poesia preferita da tenere su un foglietto nella tasca del cappotto da ti**re fuori all’occorrenza. Dovrebbe prescrivercelo il medico: una poesia può salvare la vita.
Di sicuro ha salvato la mia.

08/06/2023

Game over!


P.s.Chiudiamo un occhio sull'errore grammaticale. Anche due.🫣

08/06/2023

È arrivato il giorno più lungo dell'anno: l'ultimo giorno di scuola.
Ore 8:05: i ragazzi di 2B in classe montano una rete da ping pong sui banchi a rotelle.
Inizia il torneo.
Io mi faccio il segno della croce.
Ore 9:00: in 3H c'è praticamente un rave party.
Ore 10:00: ho preso parte al torneo.
Ore 11:00: sequestro nei corridoi ad alunni non meglio identificati una vuvuzela alias trombetta molesta da stadio di quelle che ti perforano i timpani.
Seguono aggiornamenti.
Stay tuned!

07/06/2023

Gli insegnanti a fine anno scolastico sono come zombie che si aggirano nei cimiteri. Spostano i loro corpi pesanti da un'aula all'altra come se trascinassero catene. Apatici. Abulici. Cadaverici.
Solo un rito magico può salvarli: il sacro suono della campanella.

17/05/2023

Viaggio di distruzione di massa.
Ci sono finita per sbaglio su un pulman e un traghetto con 40 ragazzini, 2 colleghe attempate + una suora laica.
Meta: ignota.
Obiettivo: la (mia) sopravvivenza.
Viaggio di andata: sto in punizione accanto alla collega di religione che mi attacca un sermone teologico sulla riforma luterana e il concilio Vaticano II, mentre i ragazzi sentono musica dance ed intonano cori da stadio.
Ho deciso: in traghetto mi fingo una turista francese che fissa l'orizzonte sorseggiando assenzio e riflette sui dilemmi esistenziali col suo male di vivere; almeno avrò un po' di tregua. Povera illusa: il mal di mare mi attanaglia. Mal di mare che ho solo io in tutta la nave. Giunge salvifico il consiglio della quasi-suora: guarda la terraferma e non ti muovere! E fu così che diventai un fossile su un sedile scrauso della Toremar.

I ragazzini non hanno mai freddo.
I ragazzini hanno sempre fame.
I ragazzini non sono mai stanchi.
I ragazzini non hanno mai sonno.
Secondo me non sono essere umani: sono marziani in incognita.
Ecco perché la collega di tecnologia ha tirato il pacco all'improvviso e io mi sono ritrovata a mia insaputa in questo viaggio di distruzione di massa!
Lei lo sapeva dei marziani!

In spiaggia i marziani si fanno il bagno ed io sto col piumino d'oca. È la prova che gli strani sono loro ed io quella perfettamente normale. Dunque non mi scompongo.
Lo scopo di tutto ciò è che gli alieni facciano diverse attività di orienteering. E mentre si orientano con la mappa in mano, io mi raccomando: mi raccomando non perdetevi! E mentre loro si perdono, io mi perdo nello shopping e nello sperpero dei miei risparmi. Così tra l'immensità di cose fighissime da comprare s'annega il pensier mio ed il naufragar m'è dolce in questo mare.

Alla fine sono tornati tutti. I marziani intendo. I miei soldi sono rimasti sull'isola ma io sono tornata a casa con un abito da sera e una bottiglia di vino bianco.
Tutto sommato - marziani e concilio Vaticano II a parte - me poteva andà peggio.

08/04/2023

Cammino per strada.
Mi giunge improvviso un urlo cavernicolo: "Proooooooof! Proooooooooooooooof!!!!!"
Sussulto. Alzo lo sguardo e scorgo alunno X sul marciapiede opposto che si sbraccia a più non posso come se stesse per essere risucchiato da un mulinello in alto mare.
Attraverso impavida senza guardare per giungere repentinamente dal naufrago e nel mentre mi interrogo sul possibile motivo di questo SOS disperato.
"Che c'è?!?"domando trafelata, immaginando scenari scabrosi e/o apocalittici che metterebbero a dura prova chiunque. Anche me. (Perdonate la modestia).
"No. Nulla prof. La salutavo".
IO VE LO DICO. IO COSÌ A GIUGNO NON CI ARRIVO.

05/03/2023

Asia (nome di fantasia) non frequenta più la scuola. È stata ricoverata in una clinica per disturbi alimentari in un'altra città. La vita l'ha graffiata a tal punto che attraverso il suo corpo lei fa vibrare tutto il suo dolore.
Io non ho avuto il tempo di salutarla. È sparita da scuola da un giorno all'altro, ovvero da quando la ASL si è ricordata di lei all'improvviso e le ha assegnato in quattro e quattrotto una destinazione.
Sul registro elettronico si è trasformata in un bollino rosso con la lettera A stampata in maiuscolo. La A di assente.
È un'assenza ingombrante quella di Asia. Ci sbatte in faccia tutta la sua fragilità. E ci sbatte in faccia pure la nostra di fragilità. Come foglie al vento in balia di qualsiasi tempesta.
Quando fisso quel bollino mi pulsa la vena dentro la tempia.
A scuola ci si abitua repentinamente agli andirivieni degli alunni. Un giorno spunta un viso nuovo, il giorno dopo si volatilizza quello di qualcun altro.
Ma quella A mi ipnotizza.
E se pure nella vita riusciamo ad assuefarci anche alle cose che all'inizio ci sembrano più assurde, io ho deciso che a quella A non voglio abituarmi.
Da oggi non è più la A di assente.
Da oggi sarà la A di Amati.

Amati Asia, perché se non ci amiamo prima noi, nessuno mai sarà in grado di farlo.

23/01/2023

Captatio benevolentiae 3.0

-Prooof è proprio più giovane e carina con questo nuovo taglio di capelli!
-Cosa stai per chiedermi Giada?
-Io? Nulla! Però...già che ci sono... potrebbe non interrogarmi oggi, la prego?

Spoiler: l'ho interrogata.

16/01/2023

Non so ben spiegare come sia successo ma ad un certo punto è successo. Io, che con tutta franchezza non mi darei tutta questa fiducia in un ambito così intimistico, sono stata scelta, anzi Prescelta.
Si sono avvicinati in due. Ero assorta nel pensare a quale formula magica potessi utilizzare per trasformare i 4 in 6 ma poi mi sono resa conto che non sono Gesù Cristo a Cana che trasforma l’acqua in vino. Ergo l’acqua rimane acqua e i 4 rimangono tali e quali e tanti cari saluti a tutti.
Dunque dicevo, si sono avvicinati in due. Ognuno con un fogliaccio stropicciato in mano.
Stanca, esasperata, sicuramente - vista l'ora - affamata, ma soprattutto scocciata, dico (sbuffando):
-Che volete?
-Eh prof ce lo legge?
-Cos'è? Una verifica trafugata? Guardate che non vi spalleggio nei vostri illeciti!
-Eh no prof... è la lettera di Natale per le nostre fidanzate!
-Ah. E perché dovrei leggerla?
-Eh vogliamo sapere cosa ne pensa...
-Io?
-Sì lei.
Ora qui le cose sono due: o sono diventata esperta di lettere romantiche a mia insaputa, oppure questi due a colazione hanno bevuto vodka. Tanta vodka. Liscia. Doppia. Pura.
(D’istinto propenderei per l'opzione numero due. Chiaramente la più probabile).
Vorrei darmi alla fuga ma non c’è via di scampo. Dunque mi arrendo al mio infausto destino: fare la Maria De Filippi dei poveri.

Agguanto il foglio e comincio a leggere con gli occhi in religioso silenzio. Finito di leggere, comincio a sti**re il foglio con cura, facendo attenzione ad allisciare ogni minimo spiegazzamento. Poi lo piego con accortezza e lo riconsegno ai proprietari.
Mi guardano impazienti:
-Allora prof? Che dice?
-Beh…che dico…dico che le vostre fidanzate sono proprio ragazze fortunate…
-Grande prof! Grazie! Ci ha salvati!
E se ne vanno via così come sono venuti. Paghi di un mio semplice assenso.
-Ma io non vi ho salvati.

Parlo nel vuoto.
Parlo da sola.

-Vi siete salvati da soli. E forse stavolta avete salvato anche un po’ me. L'amore vero salva sempre.
Mi sa tanto che a sto giro ho bisogno di un sorso di vodka. Anzi due.
Meno male che non mi ascolta nessuno.

12/01/2023

Oggi ho inconsapevolmente sventato un fidanzamento.
Lei era sulla porta dell’aula assieme all’amica fidata.
Lui impacciato in mezzo al corridoio col codazzo di consigliere che lo spingevano a fare il passo in avanti.
Lei lo guarda.
Lui la guarda e timidamente si appropinqua. Il tifo si accende silenzioso.
Rumore frenetico di tacchi sbattuti sul pavimento sbilenco.
Urla collettive: “Arriva la Colettaaaa!”
Fugone generale.
Mentre mi guardo intorno con aria interrogativa la bidella scuotendo la testa mi fa: “A professorè, era mezz’ora che quei due se stavano a guardà. È arrivata lei e sò scappati tutti!”

Oramai è ufficiale: sono una guastafeste 😈

08/01/2023

Quando ero piccola il mio giorno preferito era il lunedì. Ed era il lunedì perché avevo tutta la settimana davanti per andare a scuola. Amavo andarci. I miei genitori erano orgogliosi e divertiti, le maestre compiaciute, i miei compagni di classe mi guardavano con diffidenza e sospetto.
Mio fratello era convinto fossi affetta da qualche strana e incurabile malattia non meglio identificata. In effetti non dovevo essere il massimo della simpatia quando alle 7 di mattina zompettante come una cavalletta con la cartella di Barbie sulle spalle, lo tiravo giù dal letto strattonandolo mentre con voce stridula gli urlavo nell'orecchio: «Svegliati! Dobbiamo andare a scuola!»
Un giorno di quinta elementare le maestre ci dissero che l'indomani loro non ci sarebbero state e che dunque eravamo informalmente autorizzati a restarcene a casa. Lo trovai profondamente ingiusto. Era un venerdì. Ed il venerdì si fa lezione!
Dunque a casa non dissi nulla ed il giorno dopo mi feci portare a scuola come niente fosse. Ero l'unica della mia classe. Mi infilarono in un'altra quinta dove non conoscevo nessuno. Mi sentii soddisfatta: potevo scrutare un altro microcosmo studentesco che altrimenti mi sarebbe rimasto inaccessibile. Sai che noia invece se fossi rimasta sola nella mia stanza?
Fu in quell’occasione secondo me che mio fratello trasse la conclusione di avere una sorella un po’ stravagante posseduta da uno strano demonio, un demonio che si era annidato in lei e che le faceva fare cose palesemente bizzarre. Tipo andare a scuola quando non bisognava ad andarci.
Tutt’ora ho il sospetto che quel demonio, o daimon platonicamente parlando, non mi abbia mai abbandonato. Anzi, secondo me è stato proprio questo genio tutelare ad aver decifrato già allora la mia vocazione interiore, ovvero il mio futuro ad insegnare.
Quindi oggi a tutti coloro che provocatoriamente mi domandano: «ma com'è che una come te è finita a fare l'insegnante?» illudendosi di suscitare in me una sorta di desiderio di rivalsa misto a giustificazione, misto a legittimazione, misto a qualcos’altro, insomma un fritto misto, io, placidamente senza scompormi, rispondo: «è il daimon che mi ha distribuito questo destino manifestandomelo attraverso segni inequivocabili già quando ero piccola. E a te, il tuo daimon cosa ha manifestato?»
I più mi guardano attoniti, una piccola parte annuisce, un’altra bofonchia parole incomprensibili ma la verità è che nessuno è in grado di replicarmi con argomentazioni parimenti valide. E mentre gli altri se ne rimangono ammutoliti, io me ne vado compiaciuta, sussurrando al mio demone: «Che bello! Domani è lunedì!».

01/12/2022

-Prof ma lei dove abita?
-Non te lo dico.
-Nodailapregoprofmelodica!
-Non esiste! Non sono domande da fare ad un insegnante!
-Prof ma è importante!
-E perché?
-Eh prof (con sguardo supplice e mani congiunte) perché se lei oggi me fà er favore de non interrogarme, io per ringraziarla je vengo a pulì tutta casa!

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21/09/2022

Oggi un'alunna mi ha raccontato che all'improvviso ha mollato il fidanzato perché le piace un altro. L'ho guardata con perplessità. Avrei voluto dirle tante cose. Per esempio che certe scelte vanno ponderate bene perché poi non si torna più indietro, che prima di fare una mossa così azzardata avrebbe dovuto sondare il terreno, indagare in lungo e largo per capire se ci fossero margini di speranza con questo nuovo tizio o perlomeno un barlume di vago interesse corrisposto. Fortunatamente mi sono trattenuta e mi sono detta: "chi sono io per ostacolare cotanta coerenza intellettuale?"

I due non si sono mai parlati ma si seguono su instagram. Non solo, pare che lui le metta i like a tutte le stories.

-"Capirai!" commento cinicamente "I like li metterà a casaccio un po' a tutte!"

-"Scherza prof?!? I like sò tutto! È così che se fa! Lui mette like, tu metti like".

-"Ah" annuisco sarcastica "e poi che succede?"

-"Niente prof... poi gli scrivi una roba tipo... "Amò ma che sei uno 06?"

-"Un prefisso telefonico?"

-"Ma no prof! 06! Uno di 16anni!"

-" È un'informazione cruciale?"

-"Avoja"

-"Sì ma qui stiamo perdendo il fulcro della questione e soprattutto stiamo perdendo tempo! Tempus fugit! Entro 10 giorni voglio una prova tangibile che il tuo interesse è corrisposto! Altrimenti sarà chiaro che hai fatto una scelta avventata!"

-"Cioè prof?"

-”Il passo più lungo della gamba”

-”E che vor dì, prof?”

-"Vuol dì che devi trovare il modo di uscirci”

-”Altrimenti?”

-”Altrimenti è meglio che ti togli dai social, ti togli il tizio dalla testa e cominci a studiare. Tanto il tipo di prima ormai è andato."

E niente, io oggi in classe volevo ripassare i moti rivoluzionari del '20 e '21. Ma qui altro che ripasso. Qui bisogna proprio ripartire dalle basi.

08/06/2022

8 giugno. Ultimo giorno di scuola. Sesta ora in 3 B. Le ragazze piangono ininterrottamente; affrante e incuranti nei confronti di qualsiasi tentativo consolatorio. I ragazzi intonano cori da stadio, ballano dandosi spintoni su una musica di dubbia qualità. Io vorrei unirmi a loro per dar sfogo al maschiaccio che è in me, ma no, non lo faccio (“sono pur sempre una prof.” dico a me stessa). L'ora prima, con l'eleganza che solitamente mi contraddistingue, ho saccheggiato in aula docenti il buffet della collega di matematica che dopo 2000 anni di servizio e 70anni per gamba finalmente va in pensione. Il collega di religione passa tra le classi a versare prosecco a chiunque, nemmeno fossimo al veglione di un capodanno pre covid. Il bidello piacione firma autografi alle ragazzine manco fosse Justin Bieber. Butto un occhio nell’aula di fronte e c’è la bidella sciroccata, soprannominata da me Giovanna La Pazza, che spazza il pavimento ballando da sola – giuro – su una musica hard core proveniente dalla LIM. Io faccio la vaga. Se nella vita chi si fa i cavoli suoi campa 100anni, a scuola ne campi 300. Sono brilla. Mi è sempre piaciuto il prosecco sia secco, sia dolce. E poi, oh, non se butta via niente. E mentre i ragazzi armeggiano al PC e su Youtube mettono il video di una mucca polacca che balla e canta, io realizzo che è QUASI finita. Mi manca un unico grande ostacolo: il più duro. Ma io sono una combattente e ho già studiato anzitempo la strategia di sopravvivenza, ovvero il percorso per attraversare indenne i 200 metri che separano la scalinata della scuola dal cancello senza essere colpita dal famigerato gavettone. I ragazzi sono armati e ben equipaggiati anche se negano fino alla morte di possedere armi di distruzione di massa. Ma io mica scendo dalla montagna col sapone: attuerò la modalità camaleontica. Camminare rasente il muro e sgusciare via non appena trovato un varco tra i fanciulli festanti. È l’una meno dieci.
-Ragazzi preparatevi. Perfavorealmenol'ultimogiornolasciamol’aulapulita.
-No prof noi vogliamo restare qui.
-Ma voi siete pazzi! Non ce l'avete una casa???
-Prof siamo tristi perché non ci vedremo più.
Respiro profondo. Ohmmmmm. Tutto l'anno a frignare perché non volevano ve**re a scuola e ora vogliono restare qui! Cerco di restare calma quando all'improvviso tuoni, lampi, fulmini e saette. Diluvia. È un segno divino ne sono sicura. La prof cinica che è in me lascia il posto alla prof fatalista e con piglio serafico, mentre suona la campanella, con solennità dico: “è finita, è ora di andare”. E allora eccoli lì in processione mogi mogi verso l’uscita. L'acquazzone ha smorzato ogni intenzione bellica. Con gli occhioni gocciolosi mi guardano mentre annuncio urbi et orbi:
-È finita ragazzi. Liberi tutti! Buona estate e buona vita.
Silenzio.
Poi di scatto mi giro:
-Ah no…ci vediamo agli esami! Studiate eh!

21/04/2022

-Proooof (urlando&ridendo) posso dirle una cosa divertente?
-Certo Gianfrancesco, dimmi pure.
-Ma lo sa che mia madre è talmente vecchia che si è dovuta fare l'esame di quinta elementare?!!!
Lo guardo. Mi guarda. Minuti di silenzio.
[Musica di sottofondo: "Duello finale - C'era una volta il West"].
Lo fisso imperturbabile e replico:
-Io pure.
-Ah.
SIPARIO.

19/04/2022

Giovanni, 11 anni & molto da insegnare ✌

"Uno stereotipo che non condivido per per niente è quello che gli uomini guidano meglio delle donne, per esempio conosco dei genitori maschi che non sanno guidare per niente e che creano solo traffico e incidenti. Poi anche quello che le donne non devono lavorare ma devono solamente cucinare, lavare i piatti, fare la lavastoviglie e tutti i lavori domestici; perché non è che gli uomini sono degli sfaticati che non sanno fare nulla e che devono stare tutto il week-end a guardare la tv".

08/04/2022

Il 1 aprile finisce lo stato di emergenza.

-Prof ci porta in gita?

30/03/2022

Vi svelo un segreto: ANCHE I PROF ODIANO I COMPITI IN CLASSE.
Il topos diffuso tra i più ci vorrebbe sadici, arcigni e machiavellici. E invece no. Quando giunge il momento di saggiare se i piccoli pargoli abbiano una vaga idea di cosa siano i Rerum Vulgarium Fragmenta o la lotta per le investiture, oppure abbiano ingerito sostanze soporifere mentre noi declamavamo versi in preda ad un delirio bacchico, piuttosto che architettare una verifica a trappole vorremmo fingerci morti o farci ve**re la febbre a 40. E non perché siamo misericordiosi – giammai – ma semplicemente perché è un calvario: e fai la verifica, e metti le domande a risposta aperta, e condisci con due quiz a crocette così pure chi non ha capito un fico secco riesce a prendere 4e mezzo anziché 4 (forse), e semplificala, e stampala col font Arial carattere 12, e fai attenzione all'interlinea, e fai la griglia di valutazione, e supplica la bidella di farti le fotocopie, e somministra la verifica, e correggila cercando di decriptare il dialetto ostrogoto vergato attraverso le zampe di gallina del sagace alunno che a 14 anni ancora non ha imparato l'alfabeto della sua lingua madre. Insomma un incubo che a confronto il Cammino a piedi scalzi verso Santiago de Compostela è una passeggiata di salute. Ed è in questo clima di sconforto che giunge salvifico il santo collega che in aula prof, come se ti allungasse una bustarella col pizzo, ti passa sotto banco un test semi-strutturato sui climi del globo terrestre, con allegato il foglio-risposte. Ti appare come un Cristo risorto circondato da un alone luminoso e accompagnato da un candido coro angelico che intona l’Alleluia. Ed è lì che lo guardi con gli occhi a cuoricino e prontamente, per sdebitarti, gli invii su whatsapp la traccia del tema argomentativo che hai somministrato il mese scorso nella tua terza. E dunque è così che in aula docenti si dà inizio allo spaccio delle verifiche ovvero un fritto misto a metà tra un mercato del pesce e una bancarella di Campo de fiori. Lo scambio avviene repentino: due caramelle alla menta e tre cioccolatini valgono una verifica sui pronomi, tre caffè pagati al bar con relativo cornetto alla crema sono il prezzo da pagare per la consegna di un saggio breve sulla crisi dei missili a Cuba. Proprio così. Senza ritegno. Perché noi prof predichiamo in lungo e largo, ma sotto-sotto siamo come gli alunni. Anzi, forse siamo pure peggio.

23/02/2022

Non è il preside, né il vice preside. Non è nemmeno il responsabile di plesso o il capo della segreteria. E nemmeno il docente con più anzianità di servizio. No, non sono loro. È la signora Lella, la bidella. È lei la boss della scuola. Lei che ha piantato le tende nell’edificio dall’anno zero. Lei che detiene le chiavi di tutte le segrete stanze. Che conosce a memoria ogni minimo pertugio, ogni stanzino, ogni corridoio. Lei che ha impressi nella mente tutti i volti dei docenti che si sono avvicendati col passare degli anni e se qualche supplente osa tornare per fare un saluto, come un samurai gli punta in faccia lo sgrassatore universale Chanteclair e sbraita: - Prof. Pincopallo, che ci fai lei qui?!?
La signora Lella tutto sa e tutto vede. Non solo; è democratica e vuole bene a tutti. E se un alunno si fa male e va da lei per chiedere il ghiaccio, affettuosamente risponde: - Viè qua che mò te do il resto!
È ginnica la signora Lella: armata di scopa diventa più temibile di un Ninja. Roba che tu puoi essere pure il santo Padre in visita ufficiale, ma se attraversi il corridoio appena lavato, con quella scopa ti insegue fino a Timbuctù.
La signora Lella non fa caso alle formalità: con nonchalance mentre volteggia in corridoio col vassoio di caffè in mano ed il cellulare sotto l’orecchio, senza guardare e senza fermarsi, ti lancia pacchi di mascherine come se fossero frisbee. E guai a te se non le prendi al volo. Mica te le ridà. Avanti il prossimo e chi si è visto, si è visto.
Per la signora Lella non ci sono segreti né divieti. Ha accesso ai luoghi proibiti, alle stanze del potere che pattuglia come un soldato pronto a difenderne l’accesso. E se qualcuno osa varcare il sacro limine senza il suo permesso, Lella occhi di bragia, risveglia il drago a tre teste che alberga nel suo petto e ti incenerisce seduta stante davanti alla macchinetta del caffè (scrauso).
È una donna impegnata la signora Lella. Se devi fare le fotocopie glielo devi dire sette giorni prima, con raccomandata di ritorno, più un piccione viaggiatore, più un pizzino di conferma, allegando ossequi e riverenze. E poi può essere che non te le fa, le fotocopie.
È accogliente Lella. La sua scrivania troneggia nell’androne dell’edificio e lei, sedendo ieratica sul suo scranno, procede ai casting di chiunque si presenti al suo cospetto, ignari genitori compresi.
Gli alunni crescono, le classi cambiano, i colleghi si avvicendano, i presidi se ne vanno, i muri cadono a pezzi ma Lella rimane, certezza granitica di una scuola sbilenca, faro nella nebbia di una scuola che affonda.
Vorremmo tutti una scuola senza crepe, senza ostacoli, più tecnologica, più accogliente, più bella, ma che scuola sarebbe senza la signora Lella?

02/02/2022

Modalità camaleontica ON!

30/01/2022

Patti chiari&amicizia lunga!

29/01/2022

...e tu ancora non li hai iniziati! 😇🤫✌

24/01/2022

D.elirio
A.ssociato a
D.isagio

22/01/2022

Citazioni ungarettiane per pochi intenditori 🥶

21/01/2022

Insegnare nella scuola del proprio quartiere è una grande soddisfazione.
Tornare all’ovile dopo anni di esilio nella periferia romana, ha il sapore dell’approdo in un porto sicuro dopo aver percorso miglia in mare aperto.
Insegnare nella scuola del proprio quartiere significa essere salutati sotto casa da sconosciuti festosi ed imporsi un’espressione cordiale, mentre dentro di te ti chiedi “Ma chi diavolo è costui?”.
È come balzare dall’anonimato assoluto all’essere una star della zona senza passare per le mezze misure, perché il parentado dei tuoi alunni, incluso il prozio dello studente X che hai intravisto anni fa per tre secondi all’uscita di scuola, ti riconosce. Sempre. In ogni dove. Qualunque sembianza tu abbia. Anche se ti sei tolta le vesti da prof attempata e hai indossato la maschera da Dragon Ball rubata a tuo nipote nel Carnevale del 1997. Anche se esci con un sombrero calcato sulla testa e gli occhialoni anni 80. Anche se indossi una tuta mimetica. Roba che conciata così non ti riconoscerebbe nemmeno tua madre e invece loro lo sanno che sei tu. Loro sanno.
Dunque ti colgono alle spalle.
E ti salutano.
Stai facendo una passeggiata in tuta struccata all’alba? Buongiorno professoressa!
Stai facendo incetta al supermercato di superalcolici in previsione del prossimo lockdown? Buongiorno professoressa!
Stai flirtando col vicino figo (per una volta che se ne vede uno!) sul pianerottolo? Buongiorno professoressa!
Stai tornando alle tre di notte barcollando, vestita di paillettes dalla testa ai piedi con i tacchi in mano e il trucco che cola? Buonanotte professoressa!
Mentre tu vorresti fare la vaga – giammai perché sei un’asociale! ma solo per tutelare la tua privacy! – loro ti salutano.
Però si sa, la vita da star è faticosa, dici a te stessa. E in fondo ti rallegri perché ti senti un pizzico più vicina ai problemi che attanagliano Julia Roberts, senza essere Julia Roberts.

Insegnare nella scuola del proprio quartiere è una grande soddisfazione. Perché l’affetto dei tuoi studenti ti ripaga sempre, ti riempie il cuore, ti motiva ogni giorno, dà il senso al tuo lavoro.
Soprattutto quando li incontri per strada, i tuoi studenti. Inconfondibili già da lontano. Oramai li conosci così bene che ti basta percepire un’eco remota, un rumore di passi, una risata speciale. Subito dentro di te sussulti: questa è la voce di Pino, questa è la camminata di Gino, questa è la risata di Lino. I tuoi li riconosci sempre. Pure a chilometri di distanza. Pure attraverso la nebbia più f***a, pure nell’oscurità assoluta. Insomma sempre. Sono i tuoi. Sono impressi nella mente. Roba da sognarseli pure la notte.

E poi ci sono loro che riconoscono te: mentre passeggiano per strada all’improvviso ti vedono, strabuzzano gli occhi, sussultano, fanno un balzo all’indietro, si voltano prima a destra e poi a sinistra e alla fine, mentre tu sei in procinto di salutarli, loro ti fissano per un nano secondo e scappano.

P.s. Domani mi vendico e li interrogo.
Ah no, è sabato.

19/01/2022

Grandi soddisfazioni!

17/01/2022

Cattedra. Lavagna di ardesia. Gessetti. Lavagna interattiva multimediale. Penna laser. Pc fisso con annesso strato di polvere direttamente dal paleolitico. Tastiera ammuffita. Pc portatile per fare la dad. Cavo alimentatore. Mascherina ffp2. Occhiali appannati. Microfono. Finestre aperte ma non troppo. Spifferi ovunque. Porta aperta. Bidella che urla. Porta chiusa. Sciarpa. Guanti. E 20 studenti che hanno voglia di dormire anziché starti a sentire.
Io non sono una prof. Sono una prestigiatrice.
Buon lunedì.

13/01/2022

Loro la prendono come un gioco ma io ogni volta che arriva il fatidico giorno mi faccio il segno della croce. No, non sono gli scrutini. E nemmeno gli esami. E nemmeno i colloqui coi genitori su zoom (anche se vi confesso che quando ci sono i ricevimenti insegnanti-famiglie comincio a lamentarmi tre giorni prima e poi quando ligiamente mi siedo davanti al pc, rassegnata come una che si accinge verso il patibolo e mi compare la waiting room con tutti i nomignoli di questi allegri genitori che fremono per parlare con me, mi sembra di stare nell'antinferno dantesco, per giunta senza Virgilio).
Sono loro: le prove generali di evacuazione. GENERALI. Nel senso letterale del termine, ovvero senza distinzione di genere, religione, sesso, etnia e quant'altro. Tutti giù fuori dalla scuola: alunni, insegnanti, bidelli, segretari, educatori e chi più ne ha più ne metta. Anche il randagio Romeo. Anche il pulcino Pio. Tutti-tutti. Nessuno escluso. Siamo inclusivi noi a scuola. Non sia mai qualcuno non si senta parte di questa sacra famiglia.
Entro in classe spalancando improvvisamente la porta (mi sento come in un film) e senza nemmeno dar loro il tempo di fiatare, fulminea li avverto:
- Allora ragazzi oggi c'è la prova di evacuazione: alle 10 e 15 suonerà la campanella tre volte di seguito. Tre suoni lunghi e ravvicinati. Il lupo mannaro ululerà alla luna piena e noi prima che il gallo canti, faremo la danza della pioggia. (No, quest'ultimo pezzo non l'ho detto anche se secondo me ci stava bene).
-: Prof ma lei non ce lo dovrebbe dire! Che prova è se ce lo dice?
-: State zitti! Mi raccomando prendete solo le giacche! Lasciate tutto il resto in classe ché mica dobbiamo emigrare in Brasile. Dobbiamo andare in cortile! (Anvedi ho fatto pure la rima baciata).
-: Perché le giacche sì e lo zaino no?
-: Perché fuori fa freddo! Piove, c'è vento, si gela e c'è la bufera (forse dal punto di vista metereologico ho leggermente esagerato ma ci tenevo a chiudere la frase con un'assonanza). Ti va bene come spiegazione? Dunque dicevo: vi mettete in fila. Tizio apre, Sempronio chiude. Scendiamo le scale velocemente e poi andiamo in cortile.
-: Scusi eh ma se è una prova di evacuazione, non dovrebbe essere a sorpresa?
-: Ancora Gianfrancesco! Non dovete fare domande, dovete eseguire pedissequamente le istruzioni.
(Sì, Gianfrancesco ha ragione. Ma a volte la ragione non è di questo mondo, tanto meno di questa scuola. E poi io non ho voce in capitolo nella gestione delle prove-generali-di-evacuazione-dell'istituto. Sono solo una misera pedina in balia degli ordini che provengono dai piani superiori. Ahimè.).
Infine concludo:
- Mi raccomando dovete rimanere uniti e compatti (manco fossimo uno schieramento a falange) non vi mischiate con le altre classi e non spaventate i ragazzini di prima per cortesia. Mi raccomando serietà. Serietà. Serietà.
Suonano le tre campanelle. Inizia il rito. Usciamo dall'aula. Tutti in fila come soldatini. Mi sento un gendarme. Sono quasi incredula. Ecco, non ho fatto in tempo a dirlo che dal fondo Gianfrancesco comincia a superare i compagni. Li smarca quasi tutti. Impossibile non vederlo: ha quasi 14 anni ma è alto come uno di 18. Eccola là. Gianfrancesco. Colui che ho sbattuto fuori dall'aula per ben due volte lo scorso anno perché mentre cercavo di spiegare il predicativo del soggetto ad un uditorio non proprio fulmineo, lui si sentiva autorizzato a canticchiare "le tagliatelle di nonna Pina". Gianfrancesco. Colui che non ha aperto libro per un intero quadrimestre e quando gli ho messo l'insufficienza in pagella ha avuto il coraggio di scrivere nel tema (che sarebbe stato letto dalla sottoscritta) "la Coletta mi odia". Che farà? Si arrampicherà su un albero del cortile? Cercherà, in un momento di mia distrazione, di mischiarsi con quelli della 3A e poi vattelapesca chi lo riacciuffa più? Farà uno scherzo ai pupi di prima che si spaventano per un nonnulla e poi frignano senza tregua? Smarca tutti e mi viene vicino.
-: Gianfrancesco perché non sei al tuo posto? Dobbiamo evacuare secondo le regole.
-: Eh prof le volevo dire una cosa.
-: Dimmi.
-: Volevo dirle che qualunque cosa succeda, io le voglio bene.

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