CoronaVerus - Non diamo i numeri
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Diffondiamo e commentiamo i dati ufficiali della Protezione Civile sull'evolversi del contagio da Covid-19, cercando di fornire informazioni rigorose e alla portata di tutti.
Salve,
torniamo dopo lungo tempo a scrivere su questa pagina per cercare di fare un po’ di chiarezza su quanto sta avvenendo nel nostro paese nel corso delle ultime settimane. Come saprete, purtroppo, a partire da fine agosto l'Italia ha visto una lenta risalita (seppur non esponenziale) dei casi di positività al nuovo coronavirus (SARS-CoV-2), crescita alla quale non ha però fortunatamente fatto seguito un aumento dei casi gravi della malattia ad esso associata (Covid-19) ed all’occupazione dei posti di terapia intensiva. In figura 1 potete vedere in blu i nuovi casi giornalieri di positività ed in rosso il numero di pazienti in terapia intensiva; si nota subito come all’aumentare dei nuovi casi rilevati, oramai giunti ad un numero confrontabile rispetto al picco di marzo, non si osservi un aumento altrettanto rapido dei casi di pazienti che necessitano di terapie d’urgenza. La motivazione però, a nostro parere, non sta nella modificata pericolosità del virus (non esistono al momento evidenze scientifiche di una avvenuta modifica del patogeno verso forme meno dannose) come annunciato in p***a magna da alcune parti del mondo politico, medico o mediatico né tantomeno comprovati effetti dovuti alla variazione delle temperature nel periodo estivo (che in ogni caso ci stiamo lasciando alle spalle). Questa ipotetica differenza di severità della malattia, infatti, è probabilmente semplicemente fittizia e intimamente legata al nostro modo di individuare i nuovi positivi.
Come già fatto notare il 23 marzo su questa pagina (https://www.facebook.com/CoronaVerus2020/posts/118616606422445) il numero di positivi individuato durante la prima ondata risulta probabilmente molto sottostimato (di almeno 7-8 volte) a causa dell’incapacità del nostro sistema politico/sanitario, in quel momento, di produrre il numero di tamponi necessario ad individuare una larga parte dei soggetti positivi; ciò comportava una sottostima del numero reale di contagiati e quindi una sovrastima del indice di letalità della malattia, arrivato intorno a marzo a valori compresi tra il 10-15%. Pertanto, all'epoca, ci era parsa una buona idea utilizzare un valore di indice di letalità più realistico, pari al 1.3%. Questo valore era ottenuto utilizzando i dati ottenuti tra i passeggeri della “Diamond Princess” (nave da crociera messa in isolamento all’inizio della pandemia sulla quale era stato possibile effettuare più di un tampone a tutti i passeggeri). Utilizzando tale valore, il numero di decessi giornalieri e retrodatando l’infezione a 16 giorni prima del momento del decesso (valore ottenuto sommando il tempo medio tra infezione ed ospedalizzazione ed ospedalizzazione e decesso nei pazienti italiani) era stato possibile stimare un valore del numero reale di contagiati (leggete il post linkato in precedenza per maggiori dettagli).
Riprendendo tale approccio ed applicandolo ai dati odierni (figura 2) si ottengono alcune indicazioni interessanti. Nel grafico sono riportati in blu i nuovi positivi giornalieri individuati dalla protezione civile mentre in nero il numero totale di positivi ottenuti ipotizzando un indice di letalità dell’1.3%. Osserviamo che mentre nel mese di marzo quest’ipotesi mostrava una profonda differenza tra i numeri rilevati e quelli (presunti) reali dell’epidemia (valori, aggiungiamo, in accordo con le indagini sierologiche a campione di ISS/ISTAT (https://www.istat.it/it/files/2020/08/ReportPrimiRisultatiIndagineSiero.pdf)), i numeri attuali mostrano come il servizio sanitario nazionale sia riuscito, almeno fino a fine Settembre, a tracciare tutti o una buona parte dei reali positivi; le due linee infatti sono quasi sovrapposte per i trend da fine agosto a metà settembre.
Questo si può facilmente leggere alla luce del fatto che mentre nel periodo del picco i tamponi somministrati raggiungevano una quota di circa 30000, tale valore si era assestato a settembre intorno ai 100000, segno di una più potente attività di tracciamento.
Si nota inoltre come, visto il brusco aumento dei casi dell’ultima settimana, sarà necessario un enorme sforzo del sistema di tracciamento e di rivelamento dei positivi tramite campagna massiccia di tamponi e tracciamento contatti per riuscire a continuare ad avere una fotografia della situazione reale dell'epidemia.
Buonasera a tutte e tutti.
È da un po' che non aggiorniamo la pagina per cui cogliamo innanzitutto occasione per scusarci e per ringraziare tutte le persone che ci hanno scritto in privato chiedendoci notizie ed esortandoci a riprendere gli aggiornamenti.
I motivi che ci hanno portato a questa lunga pausa sono tendenzialmente tre, due dei quali vi accenniamo brevemente a parziale giustificazione:
- il cammino del nostro articolo (la cui versione aggiornata pre-print è disponibile qui: https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2020.03.28.20046243v2) verso la pubblicazione, arrivato alla fase di reviewing, ha richiesto sforzi molto maggiori che ci hanno completamente assorbiti per settimane non lasciandoci purtroppo tempo per dedicarci alla pagina. L'articolo, una volta pubblicato, sarà disponibile in open access per cui lo posteremo anche qui sulla pagina per chiunque abbia voglia di leggerlo.
- per i più "fortunati" tra noi, l'ingresso nella fase 2 ha portato ad una drastica riduzione del tempo libero.
Il terzo -invece- merita un approfondimento poiché strettamente correlato alla nostra analisi dei dati della pandemia.
Ricorderete in molte/i che, dopo una prima breve fase in cui sulla pagina analizzavamo i dati sui contagi forniti dalla Protezione Civile, ci rendemmo conto che la qualità ed il modo in cui venivano raccolti quei dati non permettevano alcun tipo di analisi valida, motivo per cui passammo ad analizzare il dato dei decessi che aveva il grande "contro" di fotografare una situazione già vecchia di un paio di settimane ma il "pro" di essere, credevamo, un dato molto più affidabile.
Per quanto sapessimo già allora che la raccolta dei dati sui decessi aveva anch'essa i suoi problemi (ritardi, sovrapposizioni, lo scoppio dello scandalo delle RSA), ci sembrava comunque di avere a che fare con un dato abbastanza solido, cosa che ci sembrava confermata giorno per giorno dai fit delle curve che, di volta in volta, usavamo.
Nelle ultime settimane, però, s'è chiaramente palesato come anche il dato dei decessi fosse molto più viziato di quanto fosse lecito aspettarsi. I sempre più frequenti "asterischi" dei rapporti delle Regioni che hanno iniziato ad aggiungere, a fine Aprile, decessi avvenuti in realtà in tempi imprecisati nel corso del mese hanno portato, in primis, ad una difficoltà nel modellare il dato; in secundis ad un parallelo crollo della nostra fiducia nella sua validità.
Inoltre, la pubblicazione a metà Aprile del rapporto ISTAT sui decessi registrati dagli uffici anagrafe di circa quattromila comuni Italiani fino al 31 Marzo, ha da una parte confermato -a nostro avviso- la scarsa attinenza dei dati comunicati dalla PC, dall'altra offerto forse un metodo diverso e più solido per la nostra analisi.
Quello che abbiamo fatto in queste settimane è stato prendere i dati ISTAT, confrontarli con la media degli stessi dati riferiti allo stesso periodo degli ultimi 5 anni e considerare ogni decesso in più come dovuto al COVID-19.
Ovviamente potrebbe sussistere una sovrastima, dal momento che non è affatto detto che ogni decesso oltre la media debba essere stato causato dal virus, basti pensare al fatto che la saturazione delle terapie intensive in alcune regioni ha sicuramente portato al decesso persone affette da patologie diverse ma che avessero in ugual modo bisogno della T.I.
D'altra parte, però, è probabile un'analoga approssimazione al ribasso dovuta al fatto che la quarantena ha portato ad un drastico calo rispetto agli anni passati, ad esempio, dei decessi dovuti ad incidenti stradali, o sul posto di lavoro (questi ultimi, tristemente, non hanno tardato a riprendere con la riapertura delle aziende, come dimostra la tragica morte di Vincenzo, operaio, in seguito all'esplosione della fabbrica Adler di Ottaviano, attorno alla cui famiglia approfittiamo per stringerci auspicando che -contrariamente a come spesso accade- sia fatta luce su eventuali responsabilità dell'azienda in questo evento terribile).
Per questi motivi crediamo che la stima sui decessi basata sul rapporto ISTAT possa essere ragionevolmente significativa.
Il problema di questo nuovo metodo, però, è evidente: non ci permette di aggiungere dati quotidianamente, ma ci vincola ai tempi dell'ISTAT, peraltro riportando indietro al 31 Marzo la fotografia dei decessi (e quindi a metà Marzo circa quella dei contagi), facendoci perdere tantissimo in tempestività.
D'altro canto, però, una rapida occhiata ai grafici 1 e 2, che confrontano i decessi giornalieri ricavati dai dati ISTAT al 31 Marzo con quelli, fino alla data di oggi, comunicati dalla Protezione Civile per tutto il territorio italiano, mostra chiaramente che la discrepanza è troppo grande e non può non essere considerata.
I dati evidenziano una probabile sottostima di diverse migliaia di decessi da parte degli enti preposti al monitoraggio dell'epidema in Italia (con plateau teorico dei decessi intorno ai quarantamila anziché gli attuali trentaduemila), con possibile picco (dei decessi) avvenuto intorno al 25 Marzo.
Questa sarebbe un'ulteriore conferma dell'impatto positivo del lockdown italiano del 9 Marzo, dal momento che -considerando il solito scarto temporale di circa sedici giorni tra contagio e decesso- vedremmo una riduzione del numero dei contagi nei giorni immediatamente successivi alle misure di contenimento.
Notiamo nel secondo grafico un abbassamento degli ultimi quattro punti dei dati ISTAT. Questo è con ogni probabilità dovuto ai tempi di raccolta e trasferimento dei dati da parte degli uffici anagrafe, come abbiamo potuto notare nei precedenti analoghi rapporti.
I prossimi aggiornamenti dei dati ISTAT ci daranno conferma o meno della posizione del picco.
L'entità della sottostima dei dati da parte della P.C., per come la osserviamo sulla fase di salita della curva di Richards, è tale da pórci più che qualche dubbio circa la forma della curva blu. Per questo motivo non è da escludere che la "gobba" immediatamente dopo il picco che ci siamo trovati a commentare nei nostri ultimi aggiornamenti sia in realtà un "artefatto" dovuto ai ritardi nei conteggi dei decessi giornalieri, comunicati e conteggiati poi nei giorni successivi.
Ovviamente, con questi presupposti, è impensabile per noi aggiornare la pagina quotidianamente (come già avevamo invero smesso di fare) o ogni due giorni, dal momento che avremo nuovi dati da poter considerare soltanto con la pubblicazione del nuovo rapporto ISTAT su Aprile.
In attesa di questo, però, ci siamo preposti di continuare nel tentativo di estrarre dai dati a nostra disposizione tutte le informazioni valide che ci sarà possibile, fissando un appuntamento settimanale che crediamo sia più compatibile sia con i nostri in alcuni casi ritrovati tempi di vita, sia con la necessità di diffondere informazioni significative e non basate su dati quotidiani ballerini e incerti nei quali abbiamo totalmente perso fiducia.
Grazie di nuovo a tutte e tutti per il sostegno, perdonateci nuovamente per il lungo silenzio ed appuntamento alla prossima settimana.
Prosegue in questi giorni l’andamento in discesa di tutti quanti gli indicatori.
I ricoverati continuano a scendere (-329 oggi, -3838 rispetto a una settimana fa), anche se non velocemente come i ricoverati in terapia intensiva (-87 oggi, -695 rispetto ad una settimana fa), riflettendo questo andamento anche nella prima riduzione, da tre giorni a questa parte, anche dei soggetti “totale attualmente positivi” (-558 negli ultimi tre giorni) (Grafico 1 & 2). In realtà, come ben sappiamo, il totale attualmente positivi soffre del bias “tamponi” poiché il totale degli attualmente positivi tiene solamente conto di chi è stato riconosciuto positivo (quindi tamponato) e non di tutti quelli che realmente hanno o hanno sofferto del COVID-19, ragione per cui è un dato da approcciare con cautela. L’indicatore che abbiamo scelto per molte settimane come quello più affidabile, quello del numero dei decessi, ci sta invece “deludendo”, perché sostanzialmente non segue l’andamento distensivo di tutti gli altri indicatori: oggi registriamo ancora 437 morti (161 in Lombardia e 276 nel resto di Italia), ormai costante da 5 giorni.
In realtà ci siamo sempre detti che il dato dei morti segue di circa 16-20 giorni il momento del contagio, per cui adesso stiamo vedendo i decessi di coloro che si sono infettati all’inizio del mese di Aprile, mediamente. Se a ciò aggiungiamo che abbiamo evidentemente avuto una “epidemia nell’epidemia”, con il progressivo contagio dei residenti nelle RSA che si è evoluto sostanzialmente in maniera indipendente dal lockdown, potremmo spiegare in questa chiave la lentezza con la quale questo dato diminuirà.
Sul dato dei nuovi decessi in Italia, infatti, (Grafico 3) osserviamo intorno al 5 aprile l'inizio di un andamento costante ("a gobba") che potrebbe essere compatibile con lo sviluppo di un contagio secondario, con un picco più basso e ritardato rispetto al fenomeno principale. L'eventuale conferma di questo fenomeno, possibile solo con l'approcciarsi al termine dell'evento epidemico nella sua totalità, restituirebbe la misura di un confinamento non condotto in totale sicurezza, come fonti giornalistiche e giudiziarie lasciano presagire.
Scegliamo peraltro di continuare a non commentare il dato dei “dimessi/guariti”, poiché appare come un dato alquanto volatile e meno affidabile degli altri (un “dimesso” è molto diverso da un guarito, e la guarigione clinica non corrisponde a un’assenza di contagiosità).
Per provare ad inquadrare al meglio il tema dell'inizio della ormai famosa "Fase 2", stasera proponiamo un confronto tra i dati dei nuovi deceduti di due raggruppamenti di regioni: il primo include Emilia-Romagna, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Toscana, Trentino-Alto Adige e Veneto (a cui faremo da ora riferimento, con un piccolo abuso di notazione, come Nord Italia) (Grafico 4); il secondo comprende Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Sardegna, Sicilia e Umbria (con lo stesso abuso di notazione, lo chiameremo Sud Italia) (Grafico 5).
Le regioni mancanti manifestano comportamenti ancora peculiari e non ascrivibili in toto a queste due macro aree che abbiamo voluto costruire su base geografica ed abbiamo preferito, per maggiore chiarezza dell'esposizione, non includerle nelle analisi.
Ricordiamo altresì che le curve che mostriamo sono dipendenti dai dati giornalieri, rappresentano quindi una fotografia statica e quindi suscettibile di variazione in funzione dell'andamento dei dati dei prossimi giorni. Con questa premessa sempre ben a mente dovranno essere pesate le osservazioni di medio periodo.
Il primo aspetto da notare, banale, è la grande differenza tra i valori in gioco: circa 700 decessi al picco per il Nord Italia contro i circa 50 per il Sud Italia, che restituisce in maniera assai plastica quanto ci siamo raccontati fin dalle prime battute del nostro monitoraggio: l'epidemia nel Sud Italia ha avuto una entità assai più contenuta, che ha certamente beneficiato in maniera positiva delle procedure di lockdown. Per queste regioni si può parlare di un lockdown preventivo ed è assai differente da quanto accaduto per le regioni del Nord Italia, per le quali il lockdown si è imposto già nel pieno dell'emergenza.
Per quanto riguarda invece l'allentamento delle procedure di lockdown, osserviamo il valore atteso dalle curve dei nuovi decessi intorno al 20 maggio, 16 giorni dopo appunto la data d'inizio della Fase 2 (Grafico 6).
Notiamo che per il Nord Italia la curva "prevede" un valore intorno ai 100 decessi giornalieri, mentre sarebbero meno di un decimo nel Sud Italia. Ipotizzando sempre una letalità reale bruta dell'ordine dell'1%, questo equivale ad ipotizzare al 4 maggio la presenza di circa 10000 contagiati nelle regioni appartenenti al cluster Nord Italia a fronte di meno di 500 nelle regioni denominate Sud Italia.
A fronte di una così rilevante disparità dell'evoluzione del fenomeno epidemico sul territorio, non sarebbe forse così bizzarro ragionare su disposizioni differenziate almeno per questi due grandi blocchi nazionali.
Negli ultimi giorni osserviamo un sostanziale appiattimento del dato dei nuovi deceduti (con oscillazioni tra 500 e 600 negli ultimi 5 giorni), con un'accelerata nella riduzione dei ricoverati con sintomi, costante riduzione dei pazienti in terapia intensiva e un lieve aumento dei pazienti in isolamento domiciliare. Ci sono effettivamente alcune Regioni praticamente in cui non si registrano significativi incrementi nella conta dei decessi (Umbria, Sardegna, Calabria, Valle d’Aosta, Basilicata e Molise), mentre la distribuzione nazionale viene trainata ancora dai valori importanti di Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte, con Veneto e Marche.
Un ulteriore dato che rallenta più lentamente di quanto atteso è quello dei contagi rilevati, a fronte di un continuo aumento dei tamponi somministrati, potremmo dunque star muovendoci su una frontiera d'equilibrio tra il nostro incremento nella rilevazione ed il decremento del contagio.
Il bollettino dell'ISS pubblicato nella giornata di oggi (https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/bollettino/Bollettino-sorveglianza-integrata-COVID-19_16-aprile-2020.pdf) riporta, invece, alcune novità.
Un dato interessante è certamente l'aumento del tempo mediano di diagnosi dall’insorgenza dei sintomi dai 3 giorni di fine febbraio ai 7 giorni di inizio aprile. Questo però non spiega la “stabilizzazione” dei decessi: il modo e il tempo in cui descriviamo il fenomeno “infezione” (che risente dei tempi diagnostici e dell’errore umano), infatti, non è correlata alla conta dei decessi, che purtroppo occorrono indipendentemente dalla diagnosi o meno.
La letalità attuale in Italia si attesta ad oggi al 13,8%, ma lo stesso bollettino di oggi dell’ISS che registra la letalità degli operatori sanitari allo 0.4% ci rende ragione di una elevata sovrastima del reale valore di letalità, soprattutto nelle fasce di età più colpite: dai 50 anni in su, in sostanza, la differenza è di dieci volte ed è da ricercare nella più attenta sorveglianza negli operatori sanitari rispetto alla popolazione generale.
Un altro dato impressionante è quello relativo ai morti nelle RSA: dal primo febbraio, su 6773 morti riportati (https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/pdf/sars-cov-2-survey-rsa-rapporto-3.pdf) solo 200 avevano tampone positivo, a fronte del fatto che oltre 2300 di questi presentavano sintomi respiratori. Uno dei motivi per i quali le nostre curve non decrescono a sufficienza potrebbe essere legato alla scoperta tardiva di questi nuclei chiusi di mortalità e l’inizio del conteggio (non opportunamente retrodatato nella comunicazione del dato) comporterebbe un ingrossamento della coda in questa fase.
Un’altra possibile spiegazione per questa fase della distribuzione dei nuovi decessi, non mutuamente esclusiva rispetto alla precedente, ma che anzi la arricchisce e la completa, risiederebbe nella sottostima dei decessi nel periodo precedente; in questo scenario la distribuzione complessiva dovrebbe essere caratterizzata da un picco più alto ed ampio. Una conferma di questo effetto proverrebbe dall’aumento della mortalità generale italiana, che in alcuni comuni sarebbe aumentata fino al 102%, quindi raddoppiata, rispetto allo stesso periodo del 2015-2019 (riportato dall’ISTAT, https://www.youtrend.it/2020/04/17/un-mese-di-coronavirus-quanto-sono-aumentati-i-morti-in-italia/).
L'andamento recente potrebbe però essere spiegato con considerazioni di carattere epidemiologico legate al regime di isolamento domestico, che si manifesterebbe in maniera del tutto analoga ad un secondo fenomeno combinato al primo in una sorta di sovrapposizione. Qualora i dati dovessero corroborare ulteriormente questa ipotesi, ve ne renderemo conto nel prossimo aggiornamento.
La curva italiana dei nuovi decessi, rispetto alla scorsa settimana, mostra una tendenza all'allargamento, con progressivo spostamento in avanti della datazione del picco e innalzamento della coda.
Per sottolineare al meglio questo comportamento stasera vi proponiamo (Grafico 4 - Nuovi deceduti) l'andamento sia con il dato reale giornaliero (puntini neri), sia con una media dinamica a 7 giorni (crocette azzurre). Per leggere questo grafico è sufficiente tenere presente che ogni crocetta azzurra è la media dei valori dell'intervallo di sette giorni di cui la crocetta è al centro. Si può subito notare che, con questa tecnica, l'aspetto della distribuzione appare più regolare e l'effetto delle fluttuazioni è quasi assente.
Questo allargamento della curva, dal punto di vista statistico, è chiaramente guidato dai valori pressoché costanti che si sono susseguiti negli ultimi sette giorni, che stanno costituendo quella "gobba" dove il modello si attenderebbe invece una più repentina discesa. Da un punto di vista strettamente numerico, infatti, eccetto i 431 decessi del 12/4, i decessi di oggi sono esattamente gli stessi del 7 aprile (604 contro i 602 di oggi).
Analogamente in questi giorni, peraltro si è osservato un rallentamento nella diminuzione dei nuovi ricoverati (-241 in quattro giorni), almeno rispetto all'andamento di una curva ideale e all'andamento osservato nelle terapia intensiva (-311 negli ultimi quattro giorni).
Dal punto di vista regionale, il maggiore contributo a questo andamento sembra provenire da Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Liguria e Toscana.
Il periodo di tempo entro il quale stiamo osservando questa caratteristica, rispetto ai tempi tipici di evoluzione del dato che abbiamo invece notato in tutta la fase precedente del fenomeno, potrebbero indurre a supporre l'emergere di un nuovo comportamento, inedito, dell'epidemia; in questo caso, più che una sola curva epidemica, staremmo osservando la successione di due curva, con la seconda (attuale) più bassa della prima. Tuttavia, tale periodo appare anche compatibile con un arricchimento del campione in tempi recenti dovuto alla vicenda delle case di riposo per anziani (RSA). Sotto questa ipotesi, quindi, staremmo ora vedendo gli esiti dei tamponi somministrati a persone decedute in una fase passata dell'epidemia, che mai sono stati monitorati sotto altri parametri d'evoluzione.
Non si può escludere, inoltre (sebbene la curva sette giorni fa fosse ben risolta dai nostri fit), che nella fase precedente il numero dei decessi fosse maggiormente sottostimato di quanto invece accade oggi: questo darebbe conto di una distribuzione più alta.
A corredo di questa questo dato, evidenziamo che lo stesso andamento costante viene seguito anche dai parametri sanitari e questo potrebbe confortare maggiormente l'ipotesi di un effetto legato più alla presa dati che all'evoluzione dell'epidemia in sé (poiché se fossero legati ad un crescente numero di contagi, osserveremmo le due "risalite" sfasate nel tempo e non in contemporanea come invece vediamo).
Sebbene quindi si possa escludere una correlazione tra i due, l'andamento degli ospedalizzati (Grafico 4 - Nuovi Ospedalizzati), che sembra raggiungere un equilibrio più stabile con una discesa più lenta, richiede anch'essa una spiegazione. Anche in questo caso, una lettura pessimistica del dato potrebbe comprendere una persistenza del contagio oltre quanto ci si attenderebbe in regime di lockdown, una lettura invece più ottimistica del dato potrebbe rivelare invece una minore necessità di intubare (pazienti trattati meglio e prima) e una migliore gestione ed attenzione dei pazienti isolati un cui eventuale peggioramento viene riconosciuto in tempo e trattato nei reparti covid dedicati.
Solamente l’evoluzione del dato potrà però darci l’interpretazione corretta.
Per entrambi gli andamenti, ad ogni modo, le due ipotesi restano compatibili con una ripresa della discesa più accentuata nel futuro, anche se sia la velocità sia la data di inizio di questa nuova decrescita restano assolutamente non prevedibili e non risolte da questo modello.
Solo nel caso in cui questo questo andamento quasi costante dovesse caratterizzare lungamente l'epidemia, costituendosi come una decrescita lentissima, potremmo riuscire a ricondurlo con chiarezza ad una forma differente dell'epidemia in Italia.
Stasera continuiamo ad osservare l’andamento discendente di tutti gli indicatori (Grafici 1 e 2). Sono diminuiti i ricoverati con sintomi (-157), quelli in terapia intensiva (-108) e il numero di morti rispetti a ieri è di 40 unità in meno (570 rispetto a 610). Gli isolati a casa sono 1661 in più di ieri, mentre i guariti continuano a essere un numero sostenuto (1985 pazienti dimessi o dichiarati guariti). Per quanto il numero di nuovi contagiati rimanga in linea con gli altri giorni, sta progressivamente diminuendo il rapporto con il numero di tamponi (che oggi è sceso al 14.7%), a testimonianza di un atteggiamento più aggressivo nella metodica di esecuzione dei tamponi.
Il focus regionale di stasera è dedicato alle regioni del Sud Italia. Il dato dei decessi proveniente da queste regioni è un dato di difficile lettura principalmente perché, trovandosi in una fase più precoce del fenomeno, i valori giornalieri ( in quanto generalmente più contenuti) sono più prossimi tra loro e quindi è più complicato cogliere il comportamento generale delle distribuzioni a fronte delle fluttuazioni.
La Campania (Grafico 4) presenta una distribuzione dei decessi con un andamento abbastanza definito, con una fase di decrescita che appare in consolidamento. La curva ottenuta appare negli ultimi giorni abbastanza robusta, con un picco localizzato intorno al 29 marzo, che però non corrisponde ai massimi valori giornalieri raggiunti. Il picco reale potrebbe essere stato quindi più largo, e in questo caso la decrescita sarebbe più lenta di quanto al momento viene interpretato dal fit.
D'altro canto osserviamo comunque un trend di discesa dei pazienti ricoverati (iniziato già da qualche giorno) che ha portato oggi a 45 pazienti in meno ricoverati in terapia intensiva rispetto al picco, mentre il numero dei nuovi contagiati, a fronte di un aumento del numero di tamponi effettuati, resta ormai stabilmente sotto i 100 quotidiani (+98 oggi).
Discorso analogo vale per la Calabria (Grafico 5), sebbene i valori sian generalmente più contenuti. Il picco appare localizzato intorno l'1 aprile, ma anche qui potrebbe essere più largo di quanto attualmente appaia dalla curva di fit; il dato di oggi (in crescita rispetto ai 4 giorni precedenti) potrebbe rendere conto proprio di una decrescita rallentata rispetto a quanto abbiamo fino ad ora osservato.
Dal punto di vista dell'assistenza ai malati non si registrano particolari variazioni rispetto a ieri, con 27 nuovi casi ma quasi tutti in isolamento domiciliari, con i ricoverati che ricalcano i numeri di ieri.
In Puglia e Sicilia il trend dell'assistenza ospedaliera è sostanzialmente analogo, con ricoverati stabili e terapie intensive in diminuzione. In entrambe le regioni, peraltro, c’è stato uno sprint nel numero di pazienti guariti rispetto a ieri (+45 in Puglia e + 25 in Sicilia).
La distribuzione dei nuovi decessi per la regione Puglia (Grafico 6) appare molto oscillante e, sebbene sembri sufficientemente risolta dalla curva di fit attuale, la sua seconda parte è evidentemente ancora povera di dati. L'accenno di decrescita osservato andrà monitorato nei giorni seguenti.
Il dato della regione Sicilia (Grafico 7) appare particolarmente schiacciato intorno ad una media di 8 decessi giornalieri e sembra difficile azzardare ulteriori interpretazioni dell'andamento generale.
Nei focus regionali di queste sere non vi abbiamo mostrato i dati relativi alle regioni Sardegna, Molise e Basilicata, in quanto il dato si presenta a nostro avviso abbastanza confuso. Ve ne daremo conto prossimamente in caso dovessero acquisire (e ci auguriamo di no) consistenza.
Con il post di stasera ci prendiamo una pausa dai bollettini serali. Oltre alla necessità (nostra, ma immaginiamo anche vostra) di concederci qualche giorno di riposo da questo dibattito, ci sembra di essere da circa una settimana in una fase interlocutoria del fenomeno. Sentiamo il bisogno di concederci, nel futuro, più tempo per vedere gli andamenti consolidarsi ed affinare, in conseguenza di ciò, le nostre analisi.
Ci diamo appuntamento a martedì 14 aprile e, di lì in avanti, le pubblicazioni serali procederanno con una cadenza di 2-3 giorni.
Il bollettino odierno non ci restituisce grosse differenze rispetto a quanto fatto vedere nei giorni scorsi. Registriamo un andamento in costante discesa di pazienti ricoverati, comune a tutte le regioni, con aumento degli isolati a casa. Il numero dei morti (Grafico 3) rimane alto, intorno ai 600, tuttavia questa risalita è dovuta essenzialmente al dato Lombardo, dove è esploso il caso delle RSA; in poche parole, è come se si fosse avviato un secondo focolaio di cui solamente adesso stiamo recuperando i dati, e questo inevitabilmente “inquina” il dato e la sua lettura.
Osserveremo nei prossimi giorni l'entità di questo effetto sulla distribuzione dei decessi nazionali.
Il focus regionale di stasera è interamente dedicato alle regioni del Centro Italia. Queste regioni si presentano in fasi dell’epidemia paragonabili tra loro, per prossimità geografica con le regioni più colpite, seppure di entità differenti in termini del valore dei decessi.
L’Abruzzo (Grafico 4) presenta una distribuzione giornaliera dei punti non troppo stabile (caratteristica che abbiamo visto in queste sere essere condivisa dalle regioni che presentano valori giornalieri dell’ordine delle decine di unità), e sebbene registriamo oggi un aumento del numero dei nuovi decessi, il trend generale risulta sufficientemente risolto. A fronte di 1001 tamponi effettuati, ritroviamo un numero di nuovi positivi pari a 72 (7%) con variazioni in negativo per tutti gli indici di occupazione ospedaliera.
L’aumento odierno (+15) del numero dei deceduti può essere probabilmente legato alle fluttuazioni che giornalmente osserviamo su tutto il set di dati, ma andrà monitorato nei prossimi giorni. Il picco dei decessi è localizzato intorno al 31 marzo e, se nei prossimi giorni l'effetto della fluttuazione odierna rientrerà, la curva dovrebbe presto essere sufficientemente consolidata.
Il dato proveniente dall’Umbria (Grafico 5), invece, ci restituisce una quadro meno leggibile, dovuto certamente ai valori degli incrementi giornalieri che, non superando la decina, appaiono particolarmente soggetti alla fluttuazione statistica. Il trend di decrescita è meno apprezzabile ed è probabile che si possa arrivare al termine dell’evento conservando questa caratteristica. La Regione, infatti, mostra buone notizie praticamente in tutti gli indicatori in quanto, nonostante un migliaio di tamponi effettuati, registriamo un incremento dei positivi di sole 9 unità, con un decesso e 39 guariti. In diminuzione sia i ricoverati (in terapia intensiva o meno) che gli isolati a casa.
Per quanto riguarda la regione Lazio (Grafico 6) vale un discorso analogo a quanto detto per l’Abruzzo, con un trend sufficientemente risolto nonostante fluttuazioni relative importanti (e comunque ulteriormente consolidato con il punto di oggi). Il picco dei decessi appare piuttosto schiacciato e localizzato tra il 29 e il 31 marzo, con una curva che appare sufficientemente vincolata già da alcuni giorni. I dati odierni mostrano che, a fronte di 2994 tamponi, abbiamo un numero bassi di nuovi positivi (163, poco più del 5%) con incrementi trascurabili di pazienti ricoverati (5, di cui due in terapia intensiva) e isolati a casa (+79), con un numero di nuovi morti (9) in stabile discesa.
CORONA_VERUS
Diffondiamo e commentiamo i dati ufficiali della Protezione Civile sull'evolversi del contagio da Covid-19, cercando di fornire informazioni rigorose e alla portata di tutti.
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Analisi statistiche e creazione contenuti:
Gabriele De Luca, Dario De Natale, Giovanni Di Meglio, Antonio Ferragamo, Andrea Piccolo, Valerio Ricciardi, Antonio Scala e Emanuele Spina
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