ChronoFollkìa

mezzi e i modi in cui passato e presente possono innestarsi a creare forze nuove. Non a caso, il nome del progetto è già un’operazione di valorizzazione del passato e di abbattimento di meccanismi pregiudiziali che spesso sottendono al modo in cui il moderno si approccia con esso. Il mito è noto a tutti: Urano impediva a Gea di generare figli, per paura di essere detronizzato; Chrono lo evirò, gettando l’organo amputato nel mar Egeo, e prese il posto del padre alla guida del mondo. Dall’unione con sua sorella Rea nacquero i principali dei dell’Olimpo. A Chrono, però, i genitori avevano predetto che sarebbe stato detronizzato da uno dei suoi figli. Come suo padre, anche lui tentò di evitarlo, prendendo a divorare i figli che Rea partoriva. Il terzo figlio maschio, Zeus, però, riuscì a salvarsi, fu accudito dalle ninfe e, una volta cresciuto, avvelenò Chrono, facendogli vomitare tutti i figli ingoiati e rinchiudendolo sotto la custodia degli Ecatonchiri, mostri con cento braccia e cento gambe, per l’eternità. Storie di ordinaria follia...
Chrono è, si, una figura che ha connotazioni negative ma, a pensarci bene, è il risultato di una ingiustizia, una maledizione venuta da chissà dove. Siamo abituati a pensare ai cattivi come dei cattivi senza motivi, invece non è mai così. E così tutto il tempo passato, e soprattutto le cose sbagliate, quelle cattive, ha sempre una maledizione che si porta dietro e per questo evira padri, divora figli, dilaniato dalla paura di essere messo alla porta. E’ così che fa il tempo, sempre, in ogni epoca. ChronoFollkìa non è un progetto che vuole rivalutare le motivazioni del negativo, né dare giustizia a miti e leggende nate inequivocabilmente per dare al popolo un chiaro insegnamento del “male” in contrapposizione al “bene”; ChronoFollkìa è un progetto che vuole “guardare” il tempo negli occhi, conoscerne gli errori, gli orrori, le fantasie, la magia, le novità e le consuetudini, vuole girargli intorno stando fermo, facendosi circondare mentre volteggia come un pazzo. Lo fa con animo folk, lo fa con follia... anzi, lo fa con “Follkìa”.