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Penne, microinfusori e patch pump, ecco come la tecnologia aiuta le persone con diabete
Pubblicato il Gennaio 22, 2024
L’insulina è un ormone prodotto dalle cellule beta del pancreas e ha il compito di ridurre i livelli di glucosio nel sangue (glicemia). Quando non viene regolarmente prodotto si creano problemi che portano al diabete di tipo 1; quando invece viene prodotto ma non viene correttamente utilizzato a presentarsi è il diabete di tipo 2, malattia legata ad ereditarietà, alimentazione e stile di vita.
Il diabete, nelle sue varie forme, sul nostro pianeta colpisce circa 500 milioni di persone e di queste ben 3 milioni e mezzo vivono in Italia.
Negli Anni ’80 la prima insulina umana “sintetica”
Per fortuna dagli Anni ’20 dello scorso secolo è stata identificata la composizione chimica dell’insulina, che veniva inizialmente estratta dal pancreas animale, bovino o suino. Le varie innovazioni conseguite nel tempo hanno portato al perfezionamento sia nella formulazione sia nei dispositivi di somministrazione della terapia insulinica, permettendo oggi di salvare la vita a milioni di persone in maniera più personalizzata, precisa e sicura.
«Negli Anni ’80 del ventesimo secolo è stata introdotta la prima insulina umana “sintetica” – spiega la dottoressa Nazarena Betella, specialista in Endocrinologia e in Malattie del metabolismo di Humanitas Gavazzeni di Bergamo –; da lì in poi l’evoluzione di questo prezioso medicinale non si è più fermata e sono state messe a punto l’insulina ad azione rapida e ultra-rapida, l’insulina a lunga durata d’azione e le insuline pre-miscelate, con combinazioni di insuline ad azione rapida e lenta».
«Infine – sottolinea la specialista – grazie alla scoperta di nuove molecole insulino-sensibilizzanti sono state messe a punto delle penne precostituite di insulina e analogo recettoriale del glp1, consentendo di ottenere una stabilizzazione migliore della glicemia».
La rivoluzione dei dispositivi per la somministrazione
In questi ultimi 100 anni sono stati fatti passi da gigante anche sotto l’aspetto dei dispositivi per la somministrazione.
«Da ago e siringa, si è passati alle penne preriempite, più facili da usare e più precise nell’erogazione della dose. Ma ancora più interessante, oggi le persone con diabete hanno a disposizione i microinfusori, che consentono il raggiungimento di un controllo glicemico più accurato e in “tempo reale”, riducendo al contempo il fabbisogno giornaliero di insulina. Sono dotati di una p***a insulinica elettronica costituita da un serbatoio precaricato con insulina e collegato a un catetere di plastica flessibile che viene inserito sottocute, in genere a livello dell’addome o dei glutei. Il paziente deve preoccuparsi di sostituire il catetere e il serbatoio dell’insulina in media ogni due-tre giorni. Le pompe insuliniche possono essere impostate in modo tale da rilasciare la quantità di medicinale desiderata, in base alle esigenze di ogni singolo paziente dopo essere state azionate manualmente o, in alcuni modelli, anche in modo automatico».
I molti vantaggi dei microinfusori
I microinfusori di insulina offrono ai pazienti diabetici una maggiore flessibilità di controllo della glicemia, possono ridurre il fabbisogno insulinico ed evitare il fastidioso vincolo delle iniezioni multiple giornaliere. Tuttavia, il loro utilizzo richiede una curva di apprendimento nel corso della quale al paziente vengono illustrate le azioni necessarie ad assicurare un corretto utilizzo del dispositivo. E per chi non se la sentisse di dover gestire il microinfusore? «Nessun problema – conclude la dottoressa Betella –, in quel caso possono essere utilizzate le patch pump, che, a differenza del microinfusore, non sono dotate di un catetere visibile e funzionano come un piccolo cerotto usa e getta che viene applicato sulla pelle e al cui interno è posizionata la cartuccia contenente l’insulina, la cui erogazione viene regolata tramite un dispositivo elettronico».
Dott.ssa Nazarena Betella
Negli adulti con diabete di tipo 2 la terapia combinata settimanale di insulina basale icodec e semaglutide si è rivelata non inferiore all'insulina glargine più insulina aspart nel ridurre i livelli di emoglobina glicata e decisamente più efficace nel ridurre il peso corporeo, secondo i risultati principali dello studio COMBINE 3 di fase IIIa comunicati da Novo Nordisk.
Nello studio COMBINE 3, 679 adulti con diabete di tipo 2 non adeguatamente controllato con insulina basale sono stati assegnati in modo casuale a ricevere una combinazione a rapporto fisso di insulina basale icodec e semaglutide (IcoSema, 700U/2 mg/ml) oppure 100 unità di insulina glargine una volta al giorno più insulina aspart iniettata da 2 a 4 volte al giorno durante i pasti per 52 settimane. I partecipanti avevano livelli basali di emoglobina glicata (HbA1c) dell'8,3% e un peso corporeo basale di 85,8 kg.
Dopo 52 settimane la terapia di combinazione ha dimostrato la non inferiorità (endpoint primario). Il gruppo che ha ricevuto insulina icodec più semaglutide ha ottenuto una riduzione dell’HbA1c dell’1,47% rispetto all’1,4% nei soggetti trattati con insulina glargine più insulina aspart (differenza di trattamento stimata: –0,06%).
Il gruppo sottoposto alla terapia di combinazione ha perso 3,6 kg di peso corporeo alla 52a settimana, mentre i soggetti trattati con insulina glargine e insulina aspart hanno guadagnato 3,2 kg (differenza di trattamento stimata: –6,7kg).
Nello studio, IcoSema una volta alla settimana ha mostrato avere un buon profilo di sicurezza e tollerabilità, grazie al verificarsi di 0,26 eventi di ipoglicemia grave o clinicamente rilevante (glucosio ematico inferiore a 3,0 mmol/l) per anno-paziente di esposizione in confronto a 2,18 eventi con insulina glargine più insulina aspart. Gli eventi avversi sono stati per lo più gastrointestinali, un dato coerente con quello della classe dei GLP-1 agonisti, prevalentemente di natura lieve-moderata.
Come ha commentato la compagnia, questi risultati dimostrano il potenziale della terapia combinata nel semplificare l’intensificazione dell’insulina riducendo il carico di iniezioni a una sola iniezione a settimana rispetto a circa 28 iniezioni a settimana per le persone affette da diabete di tipo 2 non adeguatamente controllato con insulina basale, fornendo al contempo controllo glicemico, benefici sul peso corporeo e tassi più bassi di ipoglicemia.
Il programma di sviluppo clinico COMBINE
IcoSema una volta alla settimana viene valutato nel programma COMBINE di fase IIIa, che consta di tre studi multinazionali, multicentrici, randomizzati, a gruppi paralleli, in aperto, treat-to target.
COMBINE 1 è uno studio di 52 settimane che confronta IcoSema una volta alla settimana con insulina icodec, il cui obiettivo è valutare efficacia e sicurezza della terapia combinata in circa 1.300 soggetti con diabete di tipo 2 non adeguatamente controllati dal trattamento con insulina basale. Il trial è stato avviato nel secondo trimestre del 2022.
COMBINE 2 è uno studio della durata di 52 settimane che confronta IcoSema una volta alla settimana con semaglutide 1,0 mg, il cui obiettivo è valutare efficacia e sicurezza della terapia combinata in circa 700 persone con diabete di tipo 2 non adeguatamente controllato dal solo trattamento con un GLP-1 agonista. Il trial è stato avviato nel secondo trimestre del 2022.
COMBINE 3 è stato uno studio di 52 settimane che ha confrontato IcoSema una volta alla settimana con insulina basale glargine U100 una volta al giorno e insulina aspart (iniettata 2-4 volte al giorno durante i pasti) in 679 soggetti con diabete di tipo 2 non adeguatamente controllato dal trattamento con insulina basale.
(Estratto da PharmaStar del Martedi 16 Gennaio 2024 _ Davide Cavaleri)
Qual è il farmaco per il diabete che fa dimagrire e perché bisogna prestare attenzione?
Pubblicato il Gennaio 10, 2024
Secondo la rivista Science, i farmaci contro il diabete usati dalle star per dimagrire, sono la scoperta scientifica del 2023.
Eppure, negli ultimi tempi si è parlato molto di questi medicinali con non poche preoccupazioni. L’agenzia Italiana del Farmaco (Aifa), per prima, ha lanciato l’allarme, poiché questi farmaci, importanti per chi soffre davvero di diabete, diventano sempre più difficili da trovare. Quali sono i rischi per chi soffre di diabete e quali le indicazioni per chi vuole testarlo?
Lo abbiamo chiesto alla dott.ssa Ieva Gailyte Grassano, endocrinologa e diabetologa presso gli ambulatori Humanitas Medical Care di Lainate e Arese.
Quali sono i farmaci per il diabete utilizzati per dimagrire?
Sono gli agonisti del peptide 1 (GLP-1ra), composti simili agli ormoni (naturalmente presenti nel nostro organismo), sviluppati originariamente per il trattamento del diabete di tipo 2 (forma associata a insulino-resistenza, sovrappeso, ipertensione e familiarità, che tende a comparire prevalentemente in età avanzata), che inducono una significativa perdita di peso, con effetti collaterali per lo più gestibili. È stato infatti dimostrato che la semaglutide, il farmaco più famoso in questo momento, riduce la fame e rallenta lo svuotamento dello stomaco, aumentando il senso di sazietà.
Come funziona la semaglutide?
La semaglutide imita il comportamento del GLP-1, un ormone prodotto dall’intestino che ha il compito di stimolare la produzione di insulina e inibire quella di glucagone (un ormone che fa aumentare il livello di zuccheri nel sangue quando la glicemia è bassa), aiutando ad abbassare i livelli di zucchero nel sangue. Gli effetti della semaglutide sono inoltre significativi dal punto di vista del controllo della fame e della sazietà, riducendo l’appetito e favorendo la perdita di peso, in quanto gli ormoni che questi farmaci mimano fanno parte di questi complessi sistemi di controllo. Il calo ponderale ricordiamo essere inoltre un elemento chiave nel buon andamento del diabete mellito in un paziente sovrappeso e obeso e pertanto questi farmaci migliorano la glicemia anche indirettamente, attraverso la riduzione del peso.
Come viene assunto questo farmaco?
La semaglutide è al momento attuale disponibile in Italia in due formulazioni, entrambi destinate al solo uso per i pazienti con diabete mellito tipo 2: la semaglutide iniettiva sottocute che si somministra settimanalmente ai dosaggi di 0,25-0,5-1 mg/settimana e la semaglutide orale che si somministra quotidianamente ai dosaggi di 3-7-14 mg/die.
È vero che ci sono pochi effetti collaterali?
Gli effetti collaterali sono legati perlopiù all’azione del farmaco stesso e sono nausea, vomito e diarrea che possono essere frequenti in un’ampia fetta di pazienti, in particolare alle prime somministrazioni. Effetti collaterali più rari comprendono segnalazioni di episodi di pancreatite, perlopiù su base litiasica, sebbene molto infrequenti.
Cosa dovrebbe fare chi vuole perdere peso?
Gli step fondamentali per un calo ponderale sono dieta ipocalcorica, meglio ancora se seguiti da nutrizionista o dietologo per avere un regime dietetico specifico per le proprie esigenze, e attività fisica regolare, almeno 150 minuti a settimana secondo le linee guida.
Al momento attuale non è disponibile in Italia la formulazione di semaglutide destinata al sovrappeso/obesità, mentre da un punto di vista farmacologico come possibile add-on è disponibile una molecola simile, sebbene meno potente, che è la liraglutide, con somministrazione iniettiva sottocute quotidiana (nome commerciale: Saxenda).
Il ‘pancreas artificiale’ rivoluziona il trattamento del diabete di tipo 1
DI INSALUTENEWS.IT · 10 GENNAIO 2024
Roma, 10 gennaio 2024 – È un ‘sistema ibrido a circuito chiuso’, utilizzabile quando il dispositivo indossabile o la p***a del monitoraggio del glucosio non siano sufficienti a controllare il diabete. Il ‘pancreas artificiale’ è composto da un sensore che monitora in maniera costante il glucosio, collegato ad una p***a ad insulina indossabile che eroga l’ormone nella giusta quantità quando serve, grazie ad un algoritmo di controllo.
Lo hanno chiamato ‘pancreas artificiale’ o ‘bionico’ e ha dimostrato di controllare in maniera più efficiente i livelli di glucosio nel sangue rispetto alla terapia standard dove le modifiche nella somministrazione di insulina sono affidate al paziente. Inoltre i sistemi ibridi liberano le persone con diabete di tipo 1 dalla routine della puntura del dito, dalle iniezioni di insulina sull’addome e dal peso della gestione del diabete. Ma si attende il via libera per le persone con diabete di tipo 2 con diabete non controllato in terapia insulinica.
La Gran Bretagna ha appena avviato un programma per una fornitura di ‘dispositivi ibridi a circuito chiuso’ alle persone con diabete uno che abbiano un livello medio di emoglobina glicata (HbA1c) del 7,5% o superiore al fine di raggiungere i livelli di glicemia indicati dalle linee guida di 6.5% o inferiore, e per quelli a rischio di ipoglicemia. Saranno selezionati in particolare bambini, giovani, donne incinte o che stanno pianificando una gravidanza.
Il controllo più accurato dei livelli di glucosio permette infatti di diminuire il rischio di complicazioni come grave ipoglicemia, infarti e ictus oltre ai relativi costi, calcolati nel 10% dei budget annuali destinati alla sanità in Europa.
Prof. Angelo Avogaro
L’ente britannico NICE (National Institute for Health and Care Excellence) ha approvato il programma durante la propria conferenza annuale che si è svolta il 7 novembre: in Gran Bretagna e in Galles delle 290.000 persone interessate, il 50% sarebbe eleggibile all’uso del dispositivo. In Italia le persone con diabete di tipo uno sono 300.000, per loro la gestione della patologia diventerebbe più semplice e sicura in quanto repentine oscillazioni del glucosio (in eccesso o in difetto) possono risultare fatali.
“Il sistema usa un algoritmo per determinare la quantità di insulina che deve essere somministrata in maniera automatica al fine di garantire un livello stabile di glucosio, al contrario dei dispositivi che erogano insulina in maniera continuativa le cui modifiche sono affidate al paziente stesso” spiega il prof. Angelo Avogaro Presidente SID che aggiunge: “il pancreas artificiale si candida a cambiare la vita delle persone con diabete di tipo uno e rappresenta il varco di ingresso in una nuova era di trattamento. Un migliore controllo dei livelli glicemici non ha solo un effetto sulla qualità di vita ma anche sui costi associati, calcolati in un 10% della spesa sanitaria globale. Oggi la tecnologia è in grado di trasformare, soprattutto nei più giovani, la gestione della malattia.
La storia – l’idea di automatizzare l’infusione di insulina nasce oltre 40 anni fa, ma solo negli ultimi 10 anni la miglior accuratezza dei sensori, la precisione delle pompe per somministrazione di insulina (microinfusori) e lo sviluppo di algoritmi affidabili ha permesso di portare alla commercializzazione dei primi modelli di pancreas artificiale.
L’attesa era tale che, in parallelo, un piccolo gruppo di pazienti e di genitori di soggetti pediatrici affetti da diabete di tipo 1 ha messo in comune le proprie competenze tecnologiche, per creare dei modelli di pancreas artificiale “fai da te”, collegando sensori e microinfusori con algoritmi creati appositamente, con l’obiettivo di rendere più sostenibile la gestione quotidiana del diabete di tipo 1, senza attendere la commercializzazione dei primi modelli ufficiali.
Ad oggi sono migliaia le persone che utilizzano tali dispositivi fai da te (open source), considerati più flessibili e performanti dagli utilizzatori. Alcuni utilizzano un minicomputer (open APS system) e altri con una app scaricabile sul proprio smartphone (Android APS, Loop) così come raccontato su un recente numero di Nature (vol. 620, 31 ago 2023). Nel 2022 è stato stilato un documento di consenso firmato da 40 esperti internazionali per supportare chi volesse usare gli open source AID e nel 2022 FDA ha approvato ufficialmente l’utilizzo di uno di questi modelli.
Nel frattempo la commercializzazione di sistemi ufficiali ha permesso negli ultimi 5 anni una diffusione dei sistemi di pancreas artificiale, rivoluzionando la vita delle persone affette da diabete e dei loro familiari, sia dal punto di vista del controllo metabolico, sia dal punto di vista della riduzione dello stress legato alla gestione della malattia, rendendo finalmente meno pesante la convivenza con il diabete, nella speranza e nell’attesa di una cura definitiva.