Katakatascia

je ti chiure

e tu ti skascie.

E si skascie la cascatella

vene abbasce quera cchiù bella.

Katakatascia è una filastrocca in dialetto campano che mi risuona dentro, il suono stesso della parola sembra un antico mantra, o una dolce litania.

La catacatascia è la lucciola, nel dialetto del mio paese. In questa parola è racchiusa tutta la magia e la spensieratezza delle strade sterrate e dell’erba alta della mia infanzia. Una “katakatascia” l’abbiamo rincorsa tutti, sorpresi da quella misteriosa intermittenza, capaci di perdere la strada di casa, affannarci in scavalcate di muri a secco pur di non perderla di vista.

Katakatascia è quel pizzico di magia che mi porto dentro, quello scatto di reni che mi prende quando sto per mollare, è il faro delle mie giornate no, è un momento tutto mio: divagazioni che si rincorrono su fili di erba disegnati in maniera disordinata su un foglio a quadretti.

Katakatascia è l’anarchia della mia infanzia, che in un angolo resiste, sopravvive.

Katakatascia è lo sbrilluccichio dei miei occhi quando sono felice e così, disegno e creo.

Da questo sbrilluccichio nascono le mie illustrazioni che poi, diventano poster e t-shirt.

Katakatascia è la mia forza è la mia resilienza. Katakatascia è la mia famiglia. Nasce quando rinasco io con la nascita di mio figlio Riccardo, e grazie a mio marito, pragmatico e attento abbiamo concretizzato questo progetto con la produzione e la distribuzione della prima collezione “Tarocchi”. Una rivisitazione grafica degli Arcani in cui si mescolano simbologia, fiori e linee semplici.