Gli Amici di Daniele
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Bisogna essere eroi... ti costringono ad essere un eroe, un eroe può anche morire per il profitto.
Eroe Della Classe Operaia
Appena nato ti fanno sentire piccolo
non ti danno il tempo, invece di dartelo tutto
finché il dolore si fa così grande che non senti proprio niente
bisogna essere un eroe della classe operaia
bisogna essere un eroe della classe operaia
prima ti feriscono a casa tua e colpiscono la tua scuola
ti odiano se sei intelligente e disprezzano gli stupidi
finché sei così dannatamente pazzo che non riesci a seguire le loro regole
bisogna essere un eroe della classe operaiabisogna essere un eroe della classe operaia
quando ti hanno torturato e terrorizzato per venti assurdi anni
poi si aspettano che intraprendi una carriera
quando non puoi funzionare davvero sei così impaurito
bisogna essere un eroe della classe operaia
bisogna essere un eroe della classe operaia
ti tengono drogato con la religione, il sesso e la TV
e pensi di essere così intelligente, di non appartenere a nessuna classe e di essere libero
ma resti dannatamente zotico, per come la vedo io
bisogna essere un eroe della classe operaia
bisogna essere un eroe della classe operaia
continuo a dirti che c'è una stanza in cima
ma prima devi imparare a sorridere mentre uccidi
se vuoi imparare a essere come la gente sulla montagna
bisogna essere un eroe della classe operaia
bisogna essere un eroe della classe operaia
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Un morto sul lavoro ogni sei ore. Ma nessuno si indigna
Le parole che seguono non le leggerete mai su Repubblica né su alcun altro quotidiano. Perché incredibilmente accettiamo, non ci indigna, non ci scandalizza, l’ipotesi di concludere il turno di lavoro in un obitorio.
L’intera Italia stavolta si è fermata. A scioperare contro le morti sul lavoro c’erano veramente tutti, dagli operai ai rider, dal terziario agli edili, i portuali, i metalmeccanici, gli autotrasportatori, i pensionati e i giovanissimi. Con un tasso di partecipazione del 99,9%, si può dire che la macchina produttiva del Paese si sia realmente bloccata per pretendere all’unisono il diritto alla sicurezza e alla dignità, acclamato finalmente come una premessa necessaria e innegabile.
Non solo: le piazze di ogni città, da Bolzano a Trapani, si sono riempite di lavoratori di ogni parte politica, consapevoli che le esplosioni in fabbrica e i crolli nei cantieri uccidono senza prima chiedere l’exit poll, per cui tutti siamo egualmente coinvolti, e quella per tornare vivi a casa è un’autentica battaglia collettiva. Da oggi, dopo una tale mobilitazione, la giungla dei subappalti e la roulette russa delle mancate manutenzioni non avranno vita lunga, e soprattutto la politica non potrà più negare un immediato seguito alla proposta di riconoscere l’omicidio sul lavoro.
Ecco, queste parole non le leggerete mai su Repubblica né su alcun altro quotidiano. Non le leggerete perché incredibilmente accettiamo l’ipotesi di concludere il turno di lavoro in un obitorio, non solo non ci spaventa ma non ci scandalizza, non ci indigna, non ci turba investendoci di quell’umana emozione primaria che è la rabbia, fonte benedetta di ogni insurrezione.
Senza rabbia, saremmo tutti rassegnati e schiavi. E senza rabbia la mattanza continua pressoché indisturbata, salvo clamorosi episodi come il crollo della trave nel cantiere Esselunga o la strage di Suviana, che fanno notizia solo perché il ca****re declinato al singolare è deplorevole ma plausibile, mentre i cadaveri al plurale innestano sulla pietà una spolverata di riprovazione, comunque rapida a sfarsi in vapore.
Eppure basterebbero i numeri per far sobbalzare. Dal 1975 a oggi, con una media di oltre 1.000 morti l’anno, abbiamo sfondato quota 50.000, come dire l’intera popolazione di città come Avellino, Teramo e assortite altre. Provando allora a partire da questo dato per scuotere l’apatia delle masse, potremmo suggerire a qualche videomaker di mostrarci strade, piazze, case e condomini di Siena o di Pordenone svuotati come nel Day After, zero presenza umana, desolazione completa e totale, saracinesche abbassate e automobili abbandonate, piante rampicanti fuori controllo e branchi di cani randagi, una vera città fantasma in cui tutti, dal primo all’ultimo, sono deceduti mentre lavoravano. Un’esagerazione? No, solo matematica.
Altra possibilità per imprimere il concetto? Il calcolo del rischio. Anche in questo caso, parliamo dunque di dati numerici, inoppugnabili, da cui si desume che nell’ultimo anno in Italia, ogni milione di abitanti, ce ne sono stati 31 morti sul lavoro (se però sei un lavoratore immigrato, la percentuale cambia un bel po’, anzi raddoppia a 65 ogni milione). Diciamo che potrebbe giovare un’altra campagna pubblicitaria choc, del tipo di quella sui tabacchi, e quindi sulle porte dei luoghi di lavoro andrebbe scritto “un morto ogni 6 ore”. Chissà se servirebbe a smuovere meningi e viscere per reclamare sicurezza, parola peraltro stupenda che in latino prendeva forma da “sine + cura”, cioè “senza preoccupazione”.
Quale miglior modo per esprimerne il valore, se non ricordarci che il lavoro sicuro è quello “sine cura”, in cui non devi appunto preoccuparti che il macchinario sia in buono stato, che l’impianto antincendio funzioni, che i sensori siano attivi, che le esalazioni non siano tossiche, che il turno sia sostenibile, che i materiali non siano scadenti, che tu stesso abbia ricevuto la formazione e le dotazioni per svolgere le mansioni che ti sono richieste. Sì, esatto: sine + cura, senza doversi preoccupare. Aggiungerei anche di non doversi preoccupare che la ditta ti abbia arruolato sul Titanic, senza scialuppe e senza salvagenti, magari barando perché come al Mercante in Fiera l’appalto lo vince chi tira giù il prezzo, poi si stappa lo spumante e in qualche modo faremo, risparmiando sulla pelle della truppa umana che è l’anello debole della catena, e nulla conta che parliamo di uno specializzato all’altoforno o di un sotto-sotto-sotto-pagato nei magazzini dell’e-commerce o su un motorino a far consegne col cronometro.
Primo comandamento insomma è fare cassa, ed è una sinistra coincidenza lessicale quella che sovrappone la cassa commerciale alla cassa intesa come bara, cosicché in effetti la perifrasi “fare cassa” assomma il metodo e l’esito in un mirabile connubio.
Chi si risentisse di questo inquietante mio scritto sul cimitero dei lavoratori, forse potrà riflettere sulla differenza fra una celebrazione e una commemorazione: il Primo Maggio è celebrazione del lavoro vivifico o commemorazione del lavoro mortifero? Fino a quando non avremo riposizionato il lavoro fra gli attributi della dignità umana, assoggettandogli il profitto come conseguenza anziché presupposto, temo che continueremo a infoltire la Spoon River dei caduti, vittime sacrificali di un mantra agghiacciante che accetta quei 31 morti ogni milione come dazio inevitabile per il progresso e il benessere della tribù. Costernati e talora commossi, ringraziamo chi ha dato la vita purché non si interrompesse il nastro trasportatore della grande catena di montaggio. Cantava Freddy Mercury “The show must go on”, io per parte mia correggerei: non solo lo show, anche il business. Ad ogni costo, compreso il sangue.
Un morto sul lavoro ogni sei ore. Ma nessuno si indigna
di Stefano Massini
(La Repubblica 1 maggio 2024)
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Oggi i nostri volontari/professionisti - la d.ssa Mariangela Rumine, lo psicologo Antonello Calderara, e l'avv. Maurizio Milana - nella Facoltà di Scienze Sociali di Firenze. Un ringraziamento al prof. Vincenzo Scalia per averci ospitato.
Volevamo esprimere un ringraziamento a Claudio, Gianluca, Tiago, Ernesto, i ragazzi del Progetto "La Fonte" . Sabato sono stati eccezionali. Hanno gestito la pausa caffè del convegno degli Gli Amici di Daniele da professionisti, in maniera impeccabile.
Biscotti, crostate, altri dolci e schiacciate prodotti da loro. Il tutto molto apprezzato e gustato dai partecipanti. Un grazie di cuore all'amico Massimo Brandi per il meraviglioso lavoro che sta portando avanti con il Progetto la Fonte.
Semplicemente F A N T A S T I C I.
Grazie dì 💗
Per gli amici che non potranno partecipare, domattina diretta facebook su questa pagina.
Vi ricordiamo che
Sabato 6 aprile, dalle 9 alle 13, nel Palagio di Parte Guelfa a Firenze,
avrà luogo il convegno “Capire e Gestire stress e burnout”, promosso da Gli Amici di Daniele OdV.
I partecipanti all'evento avranno anche la possibilità di assaggiare le specialità che stanno preparando i ragazzi della cooperativa sociale Progetto "La Fonte" / Casa la Valle che dal 1981 promuove la cultura del lavoro come strumento di emancipazione per persone disabili e socialmente fragili.
Saranno presenti anche gli amici di Unarma Associazione Sindacale Carabinieri - Toscana
Vi aspettiamo.
Vi ricordiamo che
Sabato 6 aprile, dalle 9 alle 13, nel Palagio di Parte Guelfa a Firenze,
avrà luogo il convegno “Capire e Gestire stress e burnout”, promosso da Gli Amici di Daniele OdV.
Con noi sarà presente anche la cooperativa sociale Progetto "La Fonte" / Casa La Valle che dal 1981 promuove la cultura del lavoro come strumento di emancipazione per persone disabili e socialmente fragili.
Vi aspettiamo.
https://www.lafontecercina.org/agriturismo-casa-la-valle/?fbclid=IwAR1l4eS290TyHKHLwECeFaLWMOgxLJJw7mLTJn2u4EP0H76Fz2vgXpvScY8_aem_AZ5z70QmNFm-FQwePxCtkx1DQGb4fWzBWWRJxmBHY7YXZeNAaltRF8q98Z02SMNTtRfp5XP3NSBjt1hekvcrtiZi
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Segna la data:
Sabato 6 aprile 2024, dalle ore 9.00 alle ore 13.00, nel Palagio di Parte Guelfa, Firenze, avrà luogo il convegno:
"Capire e gestire stress e burnout".
Seguiranno maggiori informazioni sull'evento.
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Qui potete scaricare la ricerca: https://www.fondazionelibellula.com/it/ebook.html.
Buon 8 marzo a tutte !
FERMIAMO LA STRAGE. I MORTI SUL LAVORO CHIEDONO GIUSTIZIA.
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La mattina, un CONVEGNO; il pomeriggio, un CORTEO. È il nostro grido che rompe il silenzio dell'indifferenza. Dobbiamo fermare questa strage! Ogni anno, più di mille vite spezzate nei luoghi di lavoro, mentre centinaia di migliaia subiscono ferite atroci, lasciate impunite. È un conteggio macabro che non possiamo accettare.
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Le pratiche estreme di subappalto, la precarietà del lavoro, i contratti vessatori sono solo alcune delle armi per controllare i lavoratori e aumentare i profitti. Basta! Non possiamo più tollerare che la vita di un lavoratore valga meno di niente.
Dopo l'ennesima tragedia al cantiere della Esselunga, il governo si prepara a varare misure inefficaci. Non possiamo permettere che i responsabili rimangano impuniti, che la vita e la salute dei lavoratori siano un costo da minimizzare.
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Interessante intervista al prof. Vincenzo Scalia, sociologo docente Università di Firenze in Sociologia giuridica, della devianza e mutamento sociale.
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