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Monet, Venezia e milioni di dollari

Nel 1908 Claude Monet, il gigante dell’impressionismo, passò tre mesi a Venezia insieme alla seconda moglie Alice Hoschedé.
La suggestione e la bellezza di Venezia catturarono anche Monet, che ritrasse il Canal grande, il Palazzo Ducale e altri scorci della città. Durante questo viaggio, dipinse 37 quadri.

Di recente, uno di questi quadri è stato venduto da Sotheby’s per 56,6 milioni di dollari: è il nuovo record per un quadro che ha come soggetto una veduta veneziana.

Impallidisce Canaletto, che non supera i 6 milioni di euro.
Sbiancherebbe anche Monet stesso, se potesse, considerando che per molti anni fece la fame e sbarcò il lunario solo grazie all’aiuto del generoso, quanto facoltoso, pittore e amico Gustave Caillebotte e successivamente al sostegno eccezionale di Ernest Hoschedé (primo marito di Alice).
Oggi Monet, solo per i 37 quadri veneziani, sarebbe uno degli uomini più ricchi al mondo.

Periodicamente ci colpiscono queste notizie dove opere d’arte, antiche e contemporanee, passano di mano a cifre incredibili.
Cosa spinge chi ha queste somme a disposizione a comprare un’opera d’arte (o definita tale dal giro “che conta”) invece che, per esempio, 400 monolocali sparsi per Milano?

È un discorso che, probabilmente, ha poco a che vedere con un effettivo valore artistico e molto con speculazioni economiche.
Potremmo dire, citando la frase attribuita a un noto politico italiano del passato (forse, in realtà, detta da un Papa), che “A pensare male si fa peccato, ma spesso si indovina”.
Andrea Giuseppe Fadini

Kandinskij, musica per i miei occhi

Il facoltoso Wassily, oltre che celebre pittore, fu anche musicista.
Suonava il violoncello e, come pittore, fu sempre attratto dai possibili collegamenti tra le possibilità espressive della musica e quelle della pittura.

Con la musica non è possibile descrivere gli oggetti che ci circondano.
Prendere una chitarra e, suonandola, comunicare ai vostri amici “bottiglia” o “nave” è parecchio complicato.
Facile, invece, per un pittore disegnare una bottiglia o una nave.
Se però voglio comunicare un sentimento o uno stato d’animo, tristezza, gioia o malinconia, per il musicista le cose si fanno abbastanza semplici.
Tutti noi restiamo influenzati con relativa semplicità da una canzone cupa e triste, piuttosto che da un bel motivo allegro.
In questo caso, invece, il pittore si trova un po’ in difficoltà.

Come dipingere uno stato d’animo?
È qui che trova spazio la ricerca di Wassily Kandinskij.
"In generale il colore è un mezzo che consente di esercitare un influsso diretto sull'anima. Il colore è il tasto, l'occhio il martelletto, l'anima il pianoforte dalle molte corde.” scrisse Kandinskij.

Per questo molti quadri di Kandinskij sono intitolati “Improvvisazione n. 2” o “Composizione n.15”, così come si usa in musica.
Non gli interessava rappresentare bottiglie, navi o la realtà circostante, ma desiderava ispirare nello spettatore emozioni e sensazioni attraverso forme e colori.

Liberate la mente da pregiudizi e osservate una sua “Composizione”. A voi valutare se Wassily Kandinskij ci sia riuscito.

Andrea Giuseppe Fadini

From man to the world: Vedutism.

For centuries, until 1600, painting focused on the human figure. Portraits, religious and mythological themes certainly included the landscape, but only as a backdrop, as a theatre useful for highlighting the human subjects who were the protagonists of the scene.

The first person who drew a landscape without human beings is, once again, the genius of Leonardo da Vinci in one of his drawings. Durer also created landscapes without humans, but in both cases they were not paintings, but studies, perhaps preparatory to paintings in which a human figure would later be in the foreground.

It was the Dutch people who inaugurated this genre, helped by the fact that they did not have to paint sacred subjects (or could not do it for religious constraints). And with Gaspar Van Wittel we can admire landscapes and views elevated to the exclusive subject of the painting.

There is still a step to be taken: to give dignity and meaning to this genre of paintings.

Someone else took care of this: Giovanni Antonio Canal, known to all as Canaletto, who 'nomen omen' is from Venice. Canaletto used all the technical possibilities of the time to capture reality exactly as it is.
No poetic content, no narrative in symbols and no religious evocation: simply what Canaletto sees his paintings report: the intent is 'objective' reality.

Certainly, Canaletto's skill with the paintbrush and his attention to details make him a master of his genre. With all the differences that the circumstances impose, we could call him the first "photographer" in history.

This type of painting immediately met with the favour of the clients and Canaletto became rich and famous. Those who could not travel commissioned a "vedute" and those who did travel took home a representation of the place they had visited, as we used to do with postcards some time ago.

Today we are simply satisfied with 'selfies' or images taken with a smartphone that it would often be better... not to see.

Andrea G. Fadini