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Arte, Cultura, Formazione e Comunicazione nella nuova Era Digitale. Questi sono i capisaldi della nostra attività, questa la nostra Alchimia.
In the possessions of the client of the Cycle of Months of Torre Aquila, in the Buonconsiglio castle of Trento, the prince-bishop George of Liechtenstein, peasants and gentlemen are busy with their seasonal occupations in the month of September. In a surprising continuity of landscape, the various months frescoed on the walls are divided by slender spiral columns, which transform the room into a splendid loggia overlooking the valleys of Trentino. In the month of September the sky lost - over the centuries - its original intense blue. However, the presence of the sun - a true tutelary star of the entire cycle - is not lacking, accompanied by the inscription announcing its entry into the sign of Libra. As anticipated - below, in the possessions of the client of the Cycle - Prince Bishop George of Liechtenstein, peasants and gentlemen are busy with their respective seasonal occupations. At the top are represented the typical agricultural activities of the month: soil preparation; and the collection of seasonal products. Two peasants, dressed in short light tunics, lead the plow, pulled by a pair of oxen and one of horses. From the 11th century an innovative type of plow, called heavy, had spread - starting from the north of France. Equipped with an asymmetrical ploughshare and mobile front end on wheels, it needed to be transported by oxen or sometimes horses. In the scene the artist yokes both species: to work deeply the strong soils, the strength of the ox was required, while for the lighter ones the strength of the horse was enough. Here the power of the first is added to the easy management of the second. It is surprising to note how the artist focuses on the different types of yoke. The bar one - suitable for oxen - and the collar one - for horses. This is not the only "innovation" that the prince-bishop was keen to highlight. In fact, the mere possession of a wheeled plow demonstrated the social difference between a poor peasant and a rich one and consequently between a cruel despot and an enlightened lord. The woman, in a light-colored dress and bare feet, only has to tuck the perfectly traced lines of the furrows with the hoe. Further down, another peasant woman is busy picking turnips, of which she has already organized a first pile. The white turnip, grown in vegetable gardens or in open fields, had at the time the same importance that the potato would later assume. It was widespread throughout the Alps. In fact, it resisted the cold and was kept for a long time. Together with the cabbage it was the indispensable food in the long winters of the mountains. In this regard, a shed that serves as a deposit for agricultural products and shelter for animals cannot be missing. The nobles, on the other hand, continue, as in the months of July and August, to have fun with their favorite entertainment: hunting with the falcon. From the door of the same red-walled castle, which was the backdrop to the August scene, a lady and two knights come out on horseback, surrounded by their dogs and with the game hiding in the bush. Higher up, two gentlemen are already hunting. For the practice of falconry, the beginning of autumn is the best time. So, they hurry to take their places, with their well-trained hawks, among the rocks and low bushes. Meanwhile, quail and partridges are being hunted down by a pack of dogs. As usual, in the small perfect world of the fresco - reaffirmed in this case by the sign of scales - Master Wenceslaus - a Bohemian master - brings together the fatigue of working in the fields with the leisure of the aristocrats.
Nei possedimenti del committente del Ciclo dei Mesi di Torre Aquila, nel castello del Buonconsiglio di Trento, il principe vescovo Giorgio di Liechtenstein, contadini e signori sono intenti alle loro occupazioni stagionali del mese di Settembre. In una sorprendente continuità di paesaggio i vari Mesi affrescati sulle pareti sono suddivisi da esili colonnine tortili, che trasformano la sala in una splendida loggia affacciata sulle valli del Trentino. Nel mese di Settembre il cielo ha perso - nel corso dei secoli - il suo intenso blu originario. Non manca però la presenza del sole - vero astro tutelare dell'intero ciclo - accompagnato dall'iscrizione che annuncia il suo ingresso nel segno della Bilancia. Come anticipato - al di sotto, nei possedimenti del committente del Ciclo - il principe vescovo Giorgio di Liechtenstein, contadini e signori sono intenti alle rispettive occupazioni stagionali. In alto sono rappresentate le attività agricole tipiche del mese: la preparazione del terreno; e la raccolta dei prodotti stagionali. Due contadini, vestiti con corte tuniche chiare, conducono l'aratro, tirato da una coppia di buoi e da una di cavalli. Dall'XI secolo si era diffuso - a partire dal nord della Francia - un innovativo tipo di aratro, denominato pesante. Dotato di vomere asimmetrico e avantreno mobile su ruote, necessitava di essere trasportato da buoi o talvolta cavalli. Nella scena l'artista aggioga tutte due le specie: per lavorare profondamente i terreni forti, era infatti richiesta la forza del bue, mentre per quelli più leggeri bastava quella del cavallo. Qui alla possanza dei primi viene sommata la facile conduzione dei secondi. È sorprendente notare come l'artista si soffermi sui differenti tipi di giogo. Quello a barra - adatto ai buoi - e quello a collare - per i cavalli. Questa non è la sola "innovazione" che il principe-vescovo teneva a evidenziare. Infatti il solo possedimento di un aratro a ruote dimostrava la differenza sociale tra un contadino povero e uno ricco e di conseguenza tra un despota crudele e un signore illuminato. Alla donna, con una veste chiara e i piedi nudi, non resta che rincalzare con la zappa le linee perfettamente tracciate dei solchi. Più in basso un'altra contadina è intenta a raccogliere le r**e, delle quali ha già organizzato un primo mucchio. La rapa bianca, coltivata negli orti o in campi aperti, aveva all'epoca la stessa importanza che poi avrebbe assunto la patata. Era molto diffusa in tutto l'arco alpino. Resisteva infatti al freddo e si conservava a lungo. Insieme al cavolo costituiva l'alimento indispensabile nei lunghi inverni della montagna. Non può mancare a tal proposito un capanno che funge da deposito per i prodotti agricoli e ricovero per gli animali. I nobili invece continuano, come nei mesi di luglio e di agosto, a divertirsi con il loro svago preferito: la caccia col falco. Dalla porta del medesimo castello dalle mura rosse, che faceva da sfondo alla scena di agosto, escono ora, a cavallo, una dama e due cavalieri, circondati dai loro cani e con la selvaggina che si nasconde nella boscaglia. Più in alto, due gentiluomini stanno già cacciando. Per la pratica della falconeria l'inizio dell'autunno è il periodo migliore. Così si affrettano ad appostarsi, con i loro falchi ben addestrati, tra le rocce e i bassi cespugli. Quaglie e pernici vengono intanto stanate da una muta di cani. Come al solito, nel piccolo mondo perfetto dell'affresco - ribadito in questo caso dal segno della bilancia - il Maestro Venceslao fa convivere la fatica del lavoro nei campi con gli svaghi degli aristocratici.
Joseph Bonaparte - Napoleon's elder brother, was King of Naples from 1806 to 1808. Among the official portraits of this period is the full-length portrait by Jean-Baptiste Wicar, who portrayed the sovereign in a version in the Museum of San Martino and one in the Palace of Versailles. From this model, in 1809 - when the Neapolitan throne was already occupied by Joachim Murat and Joseph Bonaparte had been entrusted with that of Spain - Costanzo Angelini derived another official image - perhaps commissioned by Murat himself - now in the Royal Palace of Caserta. Here the setting of power is expressed through more courtly attire, with the elegant plumed hat resting on the table, the collar of the Order of the Legion of Honour on the chest and the cloak with Napoleon's golden bees. The play of symbols and juxtapositions continues with the right arm resting on the table where, against the light, the bust of Caesar emerges, a reference to Napoleon himself. The column is the symbol of a power handed down from classical antiquity. On the right, behind the hilt wielded by the left hand, one glimpses the throne. As on a chessboard, the tile occupied by the right foot seems to highlight the emperor's moves with its authoritative pawns. The colours, from the green cloth of the table, to the white uniform of the model, to the red of the throne and the dr**ery, recall the colours of the flag of the Napoleonic Kingdom of Italy, in which the imperial eagle - at the centre of that emblem - is here fixed on Joseph's chest.
Giuseppe Bonaparte - fratello maggiore di Napoleone, fu re di Napoli dal 1806 al 1808. Tra i ritratti ufficiali di questo periodo spicca quello a figura intera di Jean-Baptiste Wicar che effigiò il sovrano in una versione nel Museo di San Martino e una nella Reggia di Versailles. Da questo modello, nel 1809 - quando il trono napoletano era già occupato da Gioacchino Murat e a Giuseppe Bonaparte era stato affidato quello di Spagna - Costanzo Angelini derivò un’altra immagine ufficiale - forse commissionata dallo stesso Murat - ora conservata nella Reggia di Caserta. Qui la scenografia del potere si esprime attraverso un abbigliamento più aulico, con l’elegante cappello piumato appoggiato sul tavolo, il collare dell’Ordine della Legion d’Onore sul petto e il mantello con le api d’oro napoleoniche. Il gioco di simboli e accostamenti prosegue con il braccio destro che si poggia sul tavolo dove, in controluce, emerge il busto di Cesare, rimando al medesimo Napoleone. La colonna è il simbolo di un potere tramandato dall’antichità classica. A destra, dietro l’elsa impugnata dalla mano sinistra, si intravede invece il trono. Come in una scacchiera, la mattonella occupata dal piede destro sembra evidenziare le mosse dell’imperatore con le sue autorevoli pedine. I colori, dal panno verde del tavolo, alla bianca divisa del modello, fino al rosso del trono e del tendaggio, rimandano ai colori della bandiera del Regno d’Italia napoleonico, in cui l’aquila imperiale - al centro di tale emblema - è qui fissata sul petto di Giuseppe.
Gaetano Gandolfi, The Holy Family, 1776, oil on canvas, The Cleveland Museum of Art. A work from Gaetano Gandolfi's last years, The Holy Family was exhibited in the church of San Procolo in Bologna in 1776. The balanced composition of the painting, together with the suggestive emotional ties between the figures, best expresses the painter's expression of religious subjects. Here Saint Joseph holds scripture for the Child who sits on his mother's lap. The elderly Joseph also holds the flowered rod, a sign from heaven that he has been chosen as Mary's bridegroom. Joseph looks with concern at Mary, who in turn looks up at the cherubim hovering in a cloud to the upper left. The Child foreshadows his future in the Gospels and the suffering he will have to endure is reflected in the sad and worried gazes of Joseph and Mary. The production of Gaetano Gandolfi, the most popular member of an important artistic family in Bologna, is divided between a balanced religiosity, clearly evident in the altarpieces, but also in the graceful room paintings - such as the one on display here - and the fresher and more playful profane painting, where mythological subjects alternate with themes taken from the great classical writers.
Gaetano Gandolfi, La Sacra Famiglia, 1776, olio su tela, The Cleveland Museum of Art. Opera degli ultimi anni di Gaetano Gandolfi, La Sacra Famiglia fu esposta nella chiesa di San Procolo a Bologna nel 1776. La composizione equilibrata del dipinto, insieme alla suggestione dei legami emotivi tra le figure, esprime al meglio l’espressione dei soggetti religiosi da parte del pittore. Qui san Giuseppe tiene in mano le scritture per il Bambino che siede sulle ginocchia della madre. L'anziano Giuseppe tiene anche la v***a fiorita, segno del cielo che è stato scelto come sposo di Maria. Giuseppe guarda con preoccupazione Maria, che a sua volta alza lo sguardo verso i cherubini che si librano in una nuvola in alto a sinistra. Il Bambino presagisce il suo futuro nei Vangeli e la sofferenza che dovrà sopportare si riflette negli sguardi tristi e preoccupati di Giuseppe e di Maria. La produzione di Gaetano Gandolfi, membro più popolare di un'importante famiglia artistica di Bologna, si divide tra una religiosità equilibrata, ben evidente nelle pale d’altare, ma anche nei garbati dipinti da stanza - come quello proposto - e la più fresca e scherzosa pittura profana, dove i soggetti mitologici si alternano a temi desunti dai grandi scrittori classici.
Orfeo nacque in Tracia. Apollo gli fece dono di uno strumento musicale a sette corde, formato da un carapace di tartaruga e sette corde tese di budello di pecora, che aveva a sua volta ricevuto in dono da Hermes. Le muse gli insegnarono a suonarlo. Con la musica sgorgata da questo magico strumento, la lira, gli animali feroci si placavano, i sassi si muovevano, gli alberi ondeggiavano; anche l’uomo era affascinato dall’armonia sprigionata dal canto di Orfeo, che placava gli affanni e rigenerava l’animo. La vicenda è ricca di elementi simbolici.
Orfeo - Simboli, miti e leggende La Cultura, l'Arte e la Storia, attraverso i documentari le rassegne video di Ars Europa.
The tragic tale of Orpheus and Eurydice was a favorite of Gaetano Gandolfi, Bolognese painter born in San Matteo della Decima on 31 August 1734. He painted several versions and variations of the subject toward the end of his life. The story is recounted by Ovid in the Metamorphoses - 10:1-63. Orpheus was a Thracian poet, able to charm wild beasts with the sound of his lyre. He married Eurydice, a wood nymph, and when she died after having accidentally trod on a viper, her grief-stricken husband descended into the Underworld in an attempt to bring her back to earth. He used his music to charm Pluto, god of the Underworld -- 'for the first time, they say, the cheeks of the Furies were wet with tears, for they were overcome by his singing.' The god agreed to allow Eurydice to follow Orpheus back to earth, on the condition that the poet walk ahead of her until they reached the upper world, and that he never look back. But at the last moment, as they emerged into the light and unable to fight his anxiety any longer, Orpheus turned to see if his wife had followed him, and in an instant she vanished forever into the shades. Gandolfi depicted the climactic and heart-rending moment when the couple realize that they will forever be parted. 'Orpheus stretched out his arms, straining to clasp her and be clasped; but the hapless man touched nothing and but yielding air. Eurydice, dying now a second time, uttered no complaint against her husband. What was there to complain of, but that she had been loved? With a last farewell which scarcely reached his ears, she fell back again into the same place from which she had come.' The oil on canvas was presented in the 2012 Christie's catalog.
Il tragico racconto di Orfeo ed Euridice era uno dei soggetti preferiti di Gaetano Gandolfi, pittore bolognese nato a San Matteo della Decima il 31 agosto 1734. Ne disegnò e dipinse diverse versioni verso la fine della sua vita. La storia è raccontata da Ovidio nelle Metamorfosi [X,1-63]. Orfeo era un poeta tracio, capace di ammaliare le bestie feroci con il suono della sua lira. Sposò Euridice, una ninfa dei boschi, e quando la giovane morì dopo aver accidentalmente calpestato una serpe, il marito afflitto dal dolore discese negli Inferi nel tentativo di riportarla sulla terra, suonando la sua musica per ammaliare Plutone, dio degli Inferi: "per la prima volta, si narra, le guance delle Furie erano bagnate di lacrime, perché furono sopraffatte dal suo canto". Il dio acconsentì a Euridice di seguire Orfeo sulla terra, a condizione che il poeta camminasse davanti a lei fino a raggiungere il mondo superiore, e che non guardasse mai indietro. Ma all'ultimo momento, quando emersero alla luce e non potendo più combattere la sua ansia, Orfeo si voltò per vedere se sua compagna lo avesse seguito, e in un istante scomparve per sempre nel regno delle ombre. Gandolfi ha rappresentato il momento culminante e straziante in cui la coppia si rende conto che si separeranno per sempre e Orfeo tende per un’ultima volata le braccia, sforzandosi di afferrarla e di tenerla stretta. L’olio su tela è stato presentato nel catalogo Christie’s del 2012.
Per le Gallerie degli Uffizi di Firenze, Monica Alderotti ci parla dell'amore tra il Granduca e la nobildonna veneziana a partire da un celebre dipinto di Alessandro Allori: Venere e Cupido.
Un amore così grande. Francesco I e Bianca Cappello La Cultura, l'Arte e la Storia, attraverso i documentari le rassegne video di Ars Europa.
Charming, witty and exuberant, Isabella de' Medici - born in Florence on 31 August 1542 - is one of the most important female figures of the Medici family. Loved by her father Cosimo, first Grand Duke of Tuscany, and protected by his benevolence, Isabella spends her life among the family possessions, in search of beauty, love and pleasure, creating a court parallel to that of her father in the Villa Baroncelli at doors of Florence. Here musicians, artists, young and very young nobles meet, giving life to a banquet of madrigals, theatrical performances and "sweet temptations", mischievous games reserved for the later hours of the night. His fame is also linked to the "black legend" about his sudden and mysterious death, which aroused many speculations over the centuries. Here we see her portrayed by Alessandro Allori, in this oil on panel of 1550-1555, preserved in Florence, in the Palatine Gallery of the Pitti Palace. Traditionally known as the portrait of Laudomia de' Medici, the character was instead identified by the scholar Karla Langedijk in Isabella. The catalogs and guides of the Accademia Gallery - where the work was exhibited starting from 1817 - and the catalogs of the Palatine Gallery - where it entered in 1928 - refer the work to Agnolo Bronzino. Subsequent literature instead brought the portrait back to the artist's workshop. The scholar Serena Padovani - in the recent catalog of the Palatine Gallery - underlines the strong influence of Bronzino, which can be found in the careful ex*****on and in the high quality of the portrait, and approaches the work with some reservations to Alessandro Allori. On the other hand, the painter did not intentionally receive the foundations of art from Agnolo Bronzino, a friend of his father, but actively collaborated with the master and upon his death - in 1540 - he became a loving protector of him and his entire family.
Affascinante, arguta ed esuberante, Isabella de’ Medici - nata a Firenze il 31 agosto 1542 - è una delle figure femminili di maggior rilievo della famiglia Medici. Amatissima dal padre Cosimo, primo granduca di Toscana, e protetta dalla sua benevolenza, Isabella trascorre la vita tra i possedimenti di famiglia, alla ricerca della bellezza, dell’amore e del piacere, creando una corte - parallela a quella del padre - nella Villa Baroncelli, alle porte di Firenze. Qui musici, artisti, nobili giovani e giovanissimi si incontravano, dando vita a un convivio di madrigali, rappresentazioni teatrali e “tentamenti dolcissimi”, giochi maliziosi riservati alle ore più tarde della notte. La sua fama è anche legata alla "leggenda nera" sulla sua improvvisa e misteriosa dipartita, che suscitò nel corso dei secoli non poche speculazioni. Qui la vediamo ritratta da Alessandro Allori, in questo olio su tavola del 1550-1555, conservato a Firenze, nella Galleria Palatina di Palazzo Pitti. Conosciuto tradizionalmente come il ritratto di Laudomia de’ Medici, il personaggio è stato invece identificato dalla studiosa Karla Langedijk in Isabella. I cataloghi e le guide della Galleria dell'Accademia - dove l'opera venne esposta a partire dal 1817 - e i cataloghi della Galleria Palatina - dove entrò nel 1928 - riferiscono l'opera ad Agnolo Bronzino. La letteratura successiva ricondusse invece il ritratto alla bottega dell'artista. La studiosa Serena Padovani - nel recente catalogo della Galleria Palatina - sottolinea la forte influenza del Bronzino, riscontrabile nell'esecuzione curata e nell’alta qualità del ritratto, e avvicina l'opera con qualche riserva ad Alessandro Allori. D’altronde il pittore non ricevette dolo i fondamenti dell'arte da Agnolo Bronzino, amico di suo padre, ma collaborò attivamente col maestro e alla morte di questo - nel 1540 - divenne amorevole protettore di lui e di tutta la sua famiglia.
Quella tenutasi nel 2014 alle Gallerie dell’Accademia di Venezia e a Palazzo Venezia a Roma, è stata la più vasta e la prima mostra monografica di uno dei più fedeli seguaci di Caravaggio: Carlo Saraceni. La vasta produzione artistica del pittore, dalle grandi pale ai piccoli raffinati rami, si lega ai nomi dei principali committenti religiosi e aristocratici del suo tempo, nonché a importanti episodi artistici - ad esempio la decorazione ad affresco della Sala Regia al Quirinale - offrendo uno spaccato della cultura figurativa romana del primo Seicento. I principali capolavori esposti in tela occasione, provenienti da importanti collezioni, vengono illustrati dalla storica dell’arte Maria Giulia Aurigemma.
Carlo Saraceni - Un Veneziano tra Roma e l'Europa La Cultura, l'Arte e la Storia, attraverso i documentari le rassegne video di Ars Europa.
As hypothesized by the scholar Marco Gallo, it is probable that to the liturgical, iconographic and celebratory values of the altarpiece of the Sermon given by Raymond Nonnatus to the Saracens - in the image - drafted by Carlo Saraceni for the Mercedarian Order around 1612-1614 - Rome, General Curia of the Mercedarian Fathers - a devotional one should be added, since to the images of the preacher - who lived in the thirteenth century and was celebrated on August 31 - a miraculous aura was attached: it must, in fact, have been an attempt to establish even in Urbe the cult - widespread then in Spain - of the Nonnatus as an intercessor for the liberation of captured Christians. Drawing on some hagiography of the saint, Saraceni composed a terse, though crowded, image with a rather archaic flavor - and subtly loosened from the more immediate and obvious Caravaggesque compositional criteria - in which two distinct temporal registers are present: in the foreground scene proselytizing among the infidels is emphasized. In the background, in the upper right, is instead set, at an earlier or later time, the episode of the sealing of Raymond's lips: in fact, among the vegetation one glimpses a soldier intent on fixing a padlock on the lips of the saint, who, sitting patiently as if under the hands of a benevolent cerusician, waits for the end of the cruel and useless operation, as the saint, miraculously freed from such an impediment, was able to continue his preaching.
Come ipotizzato dello studioso Marco Gallo, è probabile che alle valenze liturgiche, iconografiche e celebrative della pala della Predica tenuta da Raimondo Nonnato ai Saraceni - nell’immagine - redatta da Carlo Saraceni per l'Ordine Mercedario verso il 1612-1614 - Roma, Curia Generalizia dei Padri Mercedari - ne vada aggiunta una devozionale, in quanto alle immagini del predicatore - vissuto nel Duecento e celebrato il 31 agosto - era annessa un'aura miracolosa: dovette, in effetti, trattarsi del tentativo di fondare anche nell'Urbe il culto - assai diffuso allora in Spagna - del Nonnato come intercessore per la liberazione dei cristiani catturati. Basandosi su qualche agiografia del santo, Saraceni compose un'immagine tersa, benché affollata, dal sapore piuttosto arcaizzante - e sottilmente sciolta dai più immediati ed evidenti criteri compositivi caravaggeschi - in cui sono presenti due distinti registri temporali: nella scena in primo piano è valorizzato il proselitismo tra gli infedeli. Nello sfondo, in alto a destra, è invece ambientato, in un tempo antecedente o successivo, l'episodio della sigillatura delle labbra di Raimondo: fra la vegetazione si scorge difatti un soldato intento a fissare un lucchetto sulle labbra del Mercedario, che seduto pazientemente come se fosse sotto le mani di un benevolo cerusico, attende il termine della crudele e inutile operazione, in quanto il santo, liberatosi miracolosamente da tale impedimento, poté continuare la propria predicazione.
Come usava definirlo Agostino Chigi - il meglio maestro d'Italia - Perugino fu per vent'anni uno dei più influenti artisti del suo tempo, attivo tanto a Perugia che a Firenze.
Perugino - Art Night La Cultura, l'Arte e la Storia, attraverso i documentari le rassegne video di Ars Europa.
Pietro Perugino, Sepulchrum Christi, circa 1494-1498, oil on panel, The Clark Art Institute, Williamstown. This painting represents one of the rare examples in which the figure of the dead Christ is accompanied exclusively by those of Joseph of Arimathea and Nicodemus - celebrated as saints on 31 August. Silhouetted against a black background, we find the group composed of the three figures: on the left, Nicodemus, in a purple robe that also covers his head and on which rests a contrasting green cloak, holds the lifeless body of Jesus under the absorbed gaze of Joseph of Arimathea, on the right, whose red cloak trimmed in blue opens to reveal a richly decorated robe. The colours define four natures and dimensions: green for the earth; blue for the sky; red for human nature; violet for the transcendent dimension. Note also the contrast in the mimetic codes: facing death, Joseph of Arimathea looks on contemplatively; while two tears appear on Nicodemus' face to connote his grief. It is up to the faithful spectator to recompose these phases emotionally: the initial grief is followed by contemplation of Christ's sacrifice as a promise of eternal life. Christ's body is laid limply on his tombstone. Engraved on the marble is the Latin inscription that gave the work its title: Sepulc[h]rum Christi; while on the other side, at Joseph of Arimathea, we find Perugino's signature: Petrus Perusinus Pinxit. Despite the wound on his side, still open and bleeding, the expression on Jesus' face is serene and betrays no sign of suffering. At the same time, the n**e body, with the exception of a dr**e that wraps around his hips, is depicted according to the ideal canons of beauty of classical statuary. The atmosphere is calm and suffering is expressed in a composed manner: the entire composition encourages devotion and prayer, the tone is intimist and quiet. The painting was probably made to adorn the altar of some private chapel.
Pietro Perugino, Sepulchrum Christi, 1494-1498 circa, olio su tavola, The Clark Art Institute, Williamstown. Questo dipinto rappresenta uno dei rari esempi in cui la figura di Cristo morto è accompagnata esclusivamente da quelle di Giuseppe d'Arimatea e Nicodemo - celebrati come santi il 31 agosto. Stagliato su uno sfondo nero, troviamo il gruppo composto dai tre personaggi: sulla sinistra Nicodemo, con una veste violacea che gli copre anche il capo e sulla quale poggia un mantello verde a contrasto, sostiene il corpo senza vita di Gesù sotto lo sguardo assorto di Giuseppe d’Arimatea, sulla destra, la cui mantella rossa profilata di azzurro si apre lasciando intravedere un abito riccamente decorato. I colori vengono a definire quattro nature e dimensioni: il verde per la terra; l’azzurro per il cielo; il rosso per la natura umana; il viola per la dimensione trascendente. Si noti anche il contrasto nei codici mimetici: di fronte alla morte, Giuseppe d'Arimatea osserva contemplativo; mentre sul viso di Nicodemo appaiono due lacrime a connotare il suo dolore. Al fedele spettatore spetta la ricomposizione emotiva di tali fasi: all’iniziale dolore segue la contemplazione del sacrificio di Cristo, quale promessa della vita eterna. Il corpo di Cristo è mollemente adagiato sulla sua pietra tombale. Sul marmo è incisa la scritta in latino che ha dato il titolo all’opera: Sepulc[h]rum Christi; mentre dall’altro lato, in corrispondenza di Giuseppe d’Arimatea, troviamo la firma del Perugino: Petrus Perusinus Pinxit. Nonostante la ferita sul costato, ancora aperta e sanguinante, l’espressione sul volto di Gesù è serena e non tradisce alcun segno di sofferenza; allo stesso tempo il corpo n**o, fatta eccezione per un drappo che avvolge i fianchi, viene raffigurato seguendo i canoni di bellezza ideali della statuaria classica. L’atmosfera è pacata e la sofferenza è espressa in modo composto: tutta la composizione incoraggia alla devozione ed alla preghiera, il tono è intimista e quieto. Il dipinto è stato probabilmente realizzato per adornare l’altare di qualche ca****la privata.
In Catania, the Amenano Fountain is named after the underground river that flows beneath the city. Until the eruption of Mount Etna in 1669, the river flowed on the surface, feeding the disappeared Lake Nicito. The branch flowing under the fountain is one of three that branches off from the Benedictine monastery towards the Pescheria market. The other two flow towards the Greek Roman theatre and the Achilles baths. The fountain in Carrara marble, was created in 1867 by the Neapolitan sculptor Tito Angelini - born in 1806. The river is depicted as a young man holding a cornucopia from which the waters of the river flow. From the basin at the young man's feet, the water falls into the one below in a manner that the people of Catania call ‘a linzolu’, drawing like a constantly moving dr**e. On either side of the lower basin are two tritons and - in the centre - the heraldic coat of arms of Catania. The water from the fountain then falls into the river below caught in a canal that flows towards the sea.
A Catania, la Fontana dell’Amenano prende il nome dal fiume sotterraneo che scorre sotto la città. Fino all’eruzione dell’Etna del 1669 il fiume scorreva in superficie, alimentando lo scomparso lago di Nicito. Il ramo che scorre sotto la fontana è uno dei tre che si dirama dal convento dei Benedettini verso il mercato della Pescheria. Gli altri due scorrono verso il teatro Greco Romano e verso le terme Achilliane. La fontana in marmo di Carrara, venne realizzata nel 1867 dallo scultore napoletano Tito Angelini - nato nel 1806. Il fiume viene raffigurato come un giovane che sostiene una cornucopia da cui fuoriescono le acque del fiume. Dalla vasca ai piedi del giovane l’acqua cade in quella sottostante in una maniera che i catanesi definiscono “a linzolu”, disegnando come un drappeggio in continuo movimento. Ai lati della vasca in basso vi sono due tritoni e al centro lo stemma araldico di Catania. L’acqua dalla fontana cade poi nel fiume sottostante imbrigliato in un canale che scorre verso il mare.
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