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L’ipotesi di compromesso raggiunta dal Governo sul tetto al contante ha individuato come quota necessaria i 5mila euro: è la decima volta che in Italia cambia il tetto massimo dei pagamenti “pronto cash” in un arco di 20 anni.
Oggi la soglia è di 2mila euro, dal primo gennaio 2023 era previsto scendesse adirittura a mille euro (come preventivato a Febbraio dal decreto Milleproroghe) ma il Governo procede in tutta fretta per modificare la soglia entro il 30 novembre 2022, in tempo per presentare a Bruxelles la Legge di Bilancio.
«Confermo che metteremo mano al tetto al contante» che tra l’altro, «penalizza i più poveri», ha dichiarato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, sottolineando anche che da un lato la misura «rischia di non favorire la nostra competitività» riferendosi all'Europa.
Ma proprio negli altri Paesi europei, qual è la strategia promossa in materia di tetto all’uso del cash? Grazie ai dati forniti dall’European Consumers Center possiamo tracciare qua sotto una breve panoramica generale: in alcune nazioni quali Austria, Germania, Lussemburgo, Olanda, Ungheria, Irlanda, Estonia, Finlandia e Cipro non ci sono limiti (le eccezioni). Ponendo invece uno sguardo su tutti quei paesi "pro tetto contante": nella soglia minima troviamo la Grecia con 500 euro, mentre è la Croazia con 15mila a risultare al primo posto nella classifica del tetto specifico più elevato.
E voi, pensate che sia giusto aumentare la soglia sui contanti?
Scriveteci la vostra nei commenti!
L'economia russa è sempre stata poco trasparente, tant'è vero che dall’invasione dell’Ucraina la Banca centrale di Russia (Cbr) e il Rosstat, l’istituto nazionale di statistica, hanno smesso di pubblicare dati su qualunque cosa, dal commercio agli investimenti.
Secondo numerosi esperti la Russia pare essere in grave difficoltà: un recente articolo di cinque ricercatori dell’università di Yale sostiene che il ritiro delle aziende occidentali, sommato alle sanzioni, la stia paralizzando.
Ma qual è tutta la verità?
In molti concordano sul fatto che Mosca stia soffrendo, dopotutto i massicci aumenti dei tassi di interesse hanno spinto il Paese in una profonda recessione. Ma secondo un’analisi dell’Economist l’economia russa se la sta cavando meglio del previsto. Una decrescita economica drastica sembra essere scongiurata anche dai dati. Il FMI, per esempio, ha rivisto al rialzo le stime per la crescita della Russia, con il PIL che dovrebbe cadere del -3,4% nel 2022 anziché del -6%.
Allo stesso tempo le economie dei Paesi europei risentono sempre di più dell’aumento dei prezzi e della mancanza di materie prime prodotti dalla guerra. Sempre secondo il FMI Italia e Germania (molto esposte alle manovre improvvise di Putin a causa della forte dipendenza energetica pre-guerra) rischiano di entrare in recessione nel 2023.
Bisogna però riportare come il PIL russo, rispetto alle previsioni pre-guerra, stia crollando dal +2,8% nel 2022 al -3,4%, segno che l’economia russa si trova in forte difficoltà. L'isolamento tecnologico e l'impossibilità di importare macchinari stranieri poterà comunque la Russia a dover produrre beni di qualità peggiore e ad un costo più alto.
Quali saranno quindi le conseguenze della guerra? Faccelo sapere nei commenti cosa ne pensi!
È stata ipotizzata spesso, ma nei fatti non si è mai giunti a nulla di concreto.
La settimana lavorativa corta torna al centro del dibattito politico-sindacale dopo la proposta avanzata dal gruppo bancario Intesa Sanpaolo: portare i giorni di lavoro a 4 e alzare da 7,5 a 9 le ore su base quotidiana per lasciare intatto l’ammontare complessivo, retribuzione inclusa. La scelta del giorno “libero” in più, allo stato attuale della trattativa, potrebbe essere addirittura volontaria con la possibilità di variare le giornate lavorate nel corso della settimana, dal lunedì al venerdì, d’intesa con il proprio responsabile.
L’idea è già sul piatto, ma non è stata ancora formalizzata e prevede una rimodulazione degli accordi di Smart Working già firmati in passato. I sindacati chiedono tempo.
“Non è straordinario quello che sta succedendo”, riferisce Pasquale Staropoli della Fondazione Studi Consulenti del lavoro.
In Europa e nel mondo, sono diversi i Paesi che hanno già adottato la riduzione dell’orario lavorativo. Nella sola Europa la settimana di 35 ore è stata adottata da Francia, Germania, Paesi Bassi, Danimarca, Norvegia e Svizzera.
E voi? Sareste favorevoli a questo tipo di riorganizzazione della settimana lavorativa?
Fatecelo sapere nei commenti!
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Domande aperte dal 26 settembre 2022 per il bonus 200 euro, destinato ai professionisti e autonomi con Cassa o iscritti alle Gestioni INPS, ed è subito boom di richieste.
A poter accedere alla domanda sono i professionisti e autonomi con Cassa o iscritti alle Gestioni INPS che nel 2021, non hanno superato il reddito complessivo di 35.000 euro. Per gli stessi beneficiari che nel 2021 hanno registrato un reddito non superiore a 20.000 euro, il Governo ha anche previsto un incremento della cifra a 350 euro (con 150 euro in più).
Oltre a non aver incassato più di 35mila euro è necessario risultare iscritti alle gestioni previdenziali dell’INPS o di altri enti previdenziali “alla data del 18 maggio”, giorno di entrata in vigore del decreto Aiuti.
C’è poi il discorso della partita IVA, che deve risultare attiva con attività lavorativa avviata sempre entro il 18 maggio 2022.
Non hanno invece diritto al bonus 200 euro i lavoratori autonomi e professionisti che lo hanno già ricevuto in virtù di rapporti di lavoro dipendente oppure che – alla data del 18 maggio - risultano essere titolari di trattamenti pensionistici diretti.
La domanda deve essere presentata all’INPS, esclusivamente in via telematica, entro il 30 novembre 2022, tramite gli intermediari abilitati, i patronati, il Contact center INPS o accedendo tramite SPID alla sezione “Punto d’accesso alle prestazioni non pensionistiche” presente nella sezione “Punto d’accesso alle prestazioni non pensionistiche”.
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Nell’ultimo anno, il prezzo del gas naturale è aumentato di più di dieci volte, passando da circa 20 Euro/MWh del 2021 a circa 300 Euro/MWh registrati lo scorso 25 agosto. Perfino i 30 miliardi di euro, stanziati dal governo italiano per aiutare le famiglie in difficoltà, sono stati inutili nel frenare la crescita vertiginosa dei prezzi.
A tal fine, l’Italia ha fatto domanda all’Europa per fissare un tetto massimo al prezzo del gas, richiesta, che ad oggi non è stata ancora accolta.
Tra i principali responsabili del drastico incremento del prezzo del gas ci sono ovviamente le tensioni con la Russia (primo Paese fornitore di metano dell’Europa) causate dalla guerra in Ucraina. Una delle maggiori preoccupazioni è proprio quella che riguarda la possibilità che la fornitura di gas russo venga improvvisamente interrotta.
D’altra parte, altri paesi, non direttamente dipendenti dalla Russia, hanno aumentato il loro consumo di energia (dal 2010 al 2019 Cina ed India hanno aumentato il consumo di energia di più del 400%).
Questi due avvenimenti (aumento della domanda e contrazione dell’offerta), assieme, sono una delle cause principali dell’attuale impennata dei prezzi. Ad amplificare la spirale al rialzo ci sono anche grossi acquirenti disposti ad accettare la nuova linea di prezzi pur di ottenere delle quotazioni sempre maggiori.
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Vi aspettiamo per fare la scelta giusta insieme.
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Il prezzo del gas balza nuovamente alla stelle, alimentando in misura esponenziale i gravi problemi di approvvigionamento delle imprese.
Le aziende fornitrici di gas non faranno, nelle prossime settimane, nuovi contratti alle aziende che non siano quelle storicamente rifornite. Questa la scelta presa dalle partecipate pubbliche territoriali come A2A e HERA, che cercheranno di garantire i clienti "buoni pagatori" e i clienti "storici". ENI rimane invece ancora molto prudente, nei confronti di tutti i clienti, in attesa di capire quale sarà l’andamento dei prezzi del gas. Il motivo sarebbe la volatilità dei prezzi e quindi il timore che i contratti sottoscritti oggi non rispecchino i costi reali durante l’anno.
Un’emergenza costi che non colpisce quindi solo i consumatori, ma anche le aziende di approvvigionamento e le attività produttive.
Il risultato concreto di questo scenario è che sempre più aziende stanno lamentando la difficoltà di trovare fornitori. La paura è di incappare nello stop alle forniture e di conseguenza la sospensione dell’attività. In alcuni casi, tra energia elettrica e gas, le cifre delle bollette si sono moltiplicate fino a sette volte rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
E tu? Cosa ne pensi?
Faccelo sapere nei commenti!
Il testo del prevede, con un pacchetto di misure da 17 miliardi, un piano per tutelare i redditi di famiglie, imprese e lavoratori fortemente colpiti dalla fiammata dei prezzi.
Numerose quindi le novità ⬇
• Taglio delle bollette fino a Dicembre, stop a modifiche unilaterali di contratti per l'energia e sconto benzina e crediti d'imposta (resta al 5% l'IVA sul gas e viene esteso fino al 20 Settembre il taglio di 30 centesimi delle accise);
• Bonus 200 € agli esclusi (compresi i collaboratori sportivi, dottorandi ed assegnisti ricerca);
• Il taglio del cuneo si amplia di 1,2 punti per i redditi fino a 35mila € (la riduzione sale così a due punti);
• Sale a 600 € tetto welfare aziendale, anche per rimborsi bollette;
• Pensioni: rivalutazione anticipata (tredicesima e anticipo del conguaglio solo per i pensionati che ricevono fino a 2.692 € lordi al mese);
• Nuovi fondi stanziati per i bonus psicologo e trasporti (25mln per il primo, 101mln per il secondo);
• Arrivano i "prof esperti"(selezionati e limitati, guadagneranno 5.650 € in più con assegno annuale ad personam);
• Aiuti IlVA, Alitalia e per le imprese agricole danneggiate e prive di copertura assicurativa.
E tu? Cosa ne pensi?
Faccelo sapere nei commenti!
L'inflazione in Italia è tornata a salire dopo diversi anni (dallo scorso autunno il rialzo dei prezzi non si è mai fermato). A giugno l'Istat ha registrato un + 8,07% rispetto allo stesso mese dell'anno precedente, un livello che non veniva toccato da Gennaio 1986 (quando fu pari a +8,2%).
Quali sono le cause dell'aumento dell'inflazione?
Le origini vanno cercate innanzitutto nello scoppio della pandemia, alla quale si è poi aggiunto il conflitto in Ucraina. Specie dopo il lockdown, la domanda di beni e servizi è sempre stata più elevata dell'offerta. L'energia è la principale voce a essere stata colpita (il tasso era già in aumento prima della guerra ma nell'ultimo periodo i prezzi sono saliti fino alle stelle), trascinandosi dietro tanti altri settori come quello alimentare, in particolare per quel che riguarda il mercato dei cereali e degli oli vegetali.
E tu? Cosa ne pensi?
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Sono quasi 30 milioni gli italiani che non possono rinunciare alle ferie, ma a che prezzo?
Chiunque abbia prenotato le proprie vacanze estive nel 2022 avrà notato un viscerale aumento dei costi: dal soggiorno agli spostamenti, fino ai servizi, si passa da un minimo del +5% per le polizze viaggio a un massimo del +104% per l'energia.
Dopo il caro-bollette, il caro-spesa, possiamo ora anche parlare di caro-vacanza?
A causa del rincaro dei carburanti, aumenta irrimediabilmente il costo degli spostamenti in auto e nave, ma soprattutto in aereo (ricordiamo che benzina e diesel sono aumentati rispettivamente del 20,4% e del 28,6%), mentre diminuisce la voce del trasporto su rotaia (- 9,9%).
Cosa possiamo dire invece sui soggiorni? Una volta giunti a destinazione, conviene più un appartamento o un albergo? Secondo i dati, i prezzi degli affitti brevi sono aumentati dell’1,5% a livello nazionale (costo al quale si dovrà poi aggiungere anche quello delle utenze, considerata l’impennata di gas ed energia). Per chi invece opta per un soggiorno in hotel, a pesare sarà più la scelta della località: si va da un minimo del 25% nel caso la destinazione sia la montagna fino ad un aumento di oltre 50% se, invece, il soggiorno si svolge in una delle numerose città d'arte italiane.
Per non parlare dei pasti (alimentari e ristorazione), polizze assicurative (+5,2%), servizi balneari (+10%), bollette delle seconde case (una famiglia tipo composta da 4 persone vedrà il consumo aumentare del 104%).
E voi, avete verificato questi aumenti per le vostre vacanze? Scriveteci la vostra esperienza nei commenti.
KISSINGER AVVISA: CON UNO SCONTRO USA - CINA SI RISCHIA LA CATASTROFE
[𝘵𝘦𝘮𝘱𝘰 𝘥𝘪 𝘭𝘦𝘵𝘵𝘶𝘳𝘢 30𝘴]
Henry Kissinger, ex segretario di Stato Usa e consigliere del presidente Richard Nixon, ha espresso in una intervista a Bloomberg tutte le sue perplessità su un approccio troppo invasivo rispetto alla politica dell’avversario cinese. «È importante prevenire l’egemonia della Cina o di qualsiasi altro Paese - ha detto - ma non è qualcosa che può essere raggiunto con uno scontro senza fine».
Scontro Usa-Cina, una «catastrofe comparabile alla Prima Guerra mondiale?
L’esempio citato è quello di Nixon, il presidente Usa che condusse una battaglia accesamente anti-comunista negli anni ’60, salvo decidere di interloquire con Mao Zedong e visitare Pechino nel 1972. Un atteggiamento che potrebbe tornare utile oggi, di fronte un’escalation che rischia di far precipitare definitivamente i rapporti fra Washington e Pechino.
Il tempismo non aiuta. L’avvertimento del diplomatico statunitense è arrivato pochi giorni prima della visita a Taiwan della speaker della Camera Usa, Nancy Pelosi, condannata come una «grava provocazione» da Pechino. Pelosi ha sottolineato che la visita serve a ribadire il sostegno della Casa Bianca alla «vibrante democrazia» di Taiwan, difendendone gli interessi dalle ingerenze minacciate da Pechino. La Cina ha replicato accusando gli Usa di «tradimento» e di una violazione della propria sovranità politica. L’obiettivo degli Usa dovrebbe restare quello di evitare uno scontro frontale con la Cina, mantenendo il confronto su livelli più diplomatici.
E tu? Cosa ne pensi?
Faccelo sapere nei commenti
Non bisogna mai avere paura di affidarsi a mani esperte. Dalla fiducia nasce sempre una maggiore e produttiva consapevolezza, che risveglia la nostra naturale propensione al'azione 🚀
AGENZIA DELLE ENTRATE: COME VENGONO EFFETTUATI I CONTROLLI?
L’Agenzia delle Entrate può fare verifiche sul nostro conto corrente e senza chiedere il permesso. Ecco come!
[𝘵𝘦𝘮𝘱𝘰 𝘥𝘪 𝘭𝘦𝘵𝘵𝘶𝘳𝘢 45𝘴]
L’Agenzia delle Entrate può controllare il nostro conto corrente in due modi. Alla vecchia maniera, mandando quindi un addetto in banca e facendosi consegnare tutta la documentazione; oppure può optare per la via telematica - oggi tutto si fa online - attraverso l’Anagrafe dei conti correnti.
I controlli del Fisco riguardano prevalentemente le operazioni in entrata. Se si dovessero ricevere bonifici, oppure se si decidesse di versare assegni ma soprattutto contanti, è bene essere preparati. Se il Fisco ritiene che qualche movimento possa essere sospetto, può benissimo decidere di chiedere delle spiegazioni - i movimenti in uscita non sono generalmente oggetto di controlli.
L’Agenzia delle Entrate può effettuare dei controlli anche preventivi, senza ovviamente avere l’obbligo di avvisare il contribuente. Le verifiche riguardano sia privati che professionisti che, in quest’ultimo caso, saranno tenuti a giustificare le somme accreditate sul conto, eliminando quindi il dubbio che le somme possano essere frutto di evasione fiscale.
Non serve alcuna autorizzazione. La Suprema Corte ha evidenziato la legittimità dei controlli sui conti correnti, consentendo al Fisco di ottenere una copia di tutti i rapporti intrattenuti con le banche o operatori finanziari senza autorizzazione.
La normativa antiriciclaggio prevede che le banche debbano inviare all’Unità di informazione finanziaria una segnalazione nel caso ci siano movimenti in contanti al di sopra della somma di 10mila euro. Non esiste, invece, un limite di importo al di sotto del quale non possono essere compiute delle verifiche. Gli eventuali accertamenti possono scattare, come detto, all’insaputa del cliente.
Una mente, un cuore, un azione. La cosa bella del lavoro di squadra è che hai sempre qualcuno dalla tua parte.
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LE SPESE PENSIONISTICHE CRESCONO, MENTRE I GIOVANI SONO SEMPRE PIÚ POVERI
[𝘵𝘦𝘮𝘱𝘰 𝘥𝘪 𝘭𝘦𝘵𝘵𝘶𝘳𝘢 35𝘴]
L’Italia è uno degli Stati che spende di più per le pensioni. Ogni anno ⅓ della spesa pubblica (17% del PIL nel 2020) va, a scapito dei più giovani, nella previdenza sociale.
Questo onere deriva principalmente da un approccio estremamente generoso nei confronti dei pensionati durante gli anni del boom economico italiano. Un sistema che è cambiato, ma che ha ancora valore per chi in passato ne ha tratto vantaggio. Questo perché, attualmente, i contributi dei lavoratori e delle aziende vengono utilizzati per pagare le pensioni di chi oggi non lavora più.
Da più di 20 anni però, la spesa media per le pensioni aumenta più velocemente dei salari medi, creando uno squilibrio. Mettendo in conto il calo delle nascite, la fuga di cervelli e l’evasione fiscale, ci si rende conto come il gravoso peso delle pensioni ricade sulle spalle di sempre meno persone.
Il risultato di tutto ciò è una pressione fiscale estremamente alta che disincentiva qualsiasi tipo di investimento estero, oltre che ostacolare la crescita e la competitività delle stesse aziende italiane.
Chi paga e pagherà il prezzo di questa situazione?
I giovani, i ragazzi di oggi e di domani, che faticheranno a trovare lavori stabili e ben pagati, che saranno costretti ad andare in pensione tardi e riceveranno misere pensioni.
A riprova di ciò: secondo l’Istat l’incidenza della povertà assoluta nei minori e nei giovani (18-34 anni) nel 2005 era rispettivamente del 3,9% e 3,1%, mentre oggi è del 14% e del 11%. Quella degli over 65 è rimasta invece pressoché costante.
LE SPESE PENSIONISTICHE CRESCONO, MENTRE I GIOVANI SONO SEMPRE PIÚ POVERI
[𝘵𝘦𝘮𝘱𝘰 𝘥𝘪 𝘭𝘦𝘵𝘵𝘶𝘳𝘢 35𝘴]
L’Italia è uno degli Stati che spende di più per le pensioni. Ogni anno ⅓ della spesa pubblica (17% del PIL nel 2020) va, a scapito dei più giovani, nella previdenza sociale.
Questo onere deriva principalmente da un approccio estremamente generoso nei confronti dei pensionati durante gli anni del boom economico italiano. Un sistema che è cambiato, ma che ancora pesa su di chi in passato ne ha tratto vantaggio. Questo perché, attualmente, i contributi dei lavoratori e delle aziende vengono utilizzati per pagare le pensioni di chi oggi non lavora più.
Da più di 20 anni però, la spesa media per le pensioni aumenta più velocemente dei salari medi. Mettendo in conto il calo delle nascite, la fuga di cervelli e l’evasione fiscale, ci si rende conto come il gravoso peso delle pensioni ricade sulle spalle di sempre meno persone.
Il risultato di tutto ciò è una pressione fiscale estremamente alta che disincentiva qualsiasi tipo di investimento estero, oltre che ostacolare la crescita e la competitività delle stesse aziende italiane.
Chi paga e pagherà il prezzo di questa situazione?
I giovani, i ragazzi di oggi e di domani, che faticheranno a trovare lavori stabili e ben pagati, che saranno costretti ad andare in pensione tardi e riceveranno misere pensioni.
A riprova di ciò: secondo l’Istat l’incidenza della povertà assoluta nei minori e nei giovani (18-34 anni) nel 2005 era rispettivamente del 3,9% e 3,1%, mentre oggi è del 14% e del 11%. Quella degli over 65 è rimasta invece pressoché costante.
ALLARME SICCITÀ, COME INFLUENZERÀ IL MADE IN ITALY?
"Nelle campagne è emergenza siccità e c'è grande preoccupazione per il calo delle rese delle coltivazioni, dall'orzo al frumento, dai foraggi al mais"
A lanciare l'allarme è la Coldiretti (Confederazione Nazionale Coltivatori Diretti) dopo un un'analisi approfondita sulla disponibilità idrica nelle campagne e nelle città di tutto il paese.
"Senza acqua non è possibile garantire la produzione di cibo Made in Italy". La siccità "è diventata la calamità più rilevante per l'agricoltura italiana" con danni stimati quest'anno "pari a circa 2 miliardi di euro"
Più del 28% del territorio nazionale è infatti a rischio desertificazione. Il livello idrometrico del Po al Ponte della Becca è sceso di -3,7 metri, il minimo storico degli ultimi 70 anni. Allo stesso tempo, mentre il livello dei fiumi cala, quello del mare cresce causando un movimento di acqua marina verso l'entroterra che sta rendendo impossibile la coltivazione nelle zone del delta.
Le conseguenze economiche si riflettono immediatamente: è a rischio oltre il 30% della produzione dei prodotti agricoli e di allevamento made in Italy.
Il nostro paese si ritrova a dover fare i conti con le inefficienze delle infrastrutture idriche. Secondo i dati riportati dalla Coldiretti l’Italia, pur essendo un paese piovoso, si trattiene solamente l’11% dell’acqua piovana. A questo si aggiunge, secondo le statistiche dell’ISTAT, la perdita a livello nazionale di un terzo dell’acqua immessa nella rete di distribuzione.
Quali potrebbero essere i provvedimenti in grado di risollevare la situazione?
Faccelo sapere nei commenti!
QUANTO GUADAGNANO GLI ITALIANI RISPETTO ALL'EUROPA? Stipendi In Italia troppo bassi? Ecco cosa dicono alcuni dati.
[𝘵𝘦𝘮𝘱𝘰 𝘥𝘪 𝘭𝘦𝘵𝘵𝘶𝘳𝘢 40𝘴]
Dopo la pandemia li stipendi medi degli italiani sono indubbiamente aumentati, tuttavia non in una misura quantomeno sufficiente a colmare la distanza rispetto ad altri Paesi europei con economie equiparabili come Francia e la Germania. Difatti il salario medio per un lavoratore in Italia rimane ancora sotto i livelli del 2019, in media 29.440 euro (circa 15mila euro in meno di un tedesco e 10mila rispetto a un francese). Secondo uno studio realizzato dalla “Fondazione Di Vittorio” della Cgil, in confronto al 2019 l’Italia registra un -0,6%, quasi come in Spagna (dove gli stipendi in media più bassi rispetto al nostro Paese), mentre la media dell’Eurozona viaggia su un +2,4%.
Più di un lavoratore dipendente su quattro infatti (cioè circa 5,2 milioni di italiani), ha dichiarato meno di 10.000 euro annui e ben tre su quattro (14,4 milioni) redditi fino a 26.000 euro. Tutti sono quindi al di sotto del reddito annuale lordo medio.
Un dato che è fortemente condizionato da due aspetti: uno è l’assenza di continuità negli impieghi e l’altro è la maggiore fetta di lavoratori con livelli di qualifica bassa. Argomenti che tra l’altro si mischiano ad altri come ad esempio quelli della bassa natalità, con giovani sempre più restii a metter su famiglia considerate le difficoltà nel garantirsi stabilità economica.
Una persona di successo crede nelle proprie capacità, nella realizzazione del suo desiderio e, senza farsi scoraggiare da piccole difficoltà, passi falsi ed errori, continua a perseguire il suo obiettivo, credendo costantemente di raggiungerlo.
𝙑𝙖𝙞 𝙖𝙫𝙖𝙣𝙩𝙞 𝙚 𝙣𝙤𝙣 𝙛𝙚𝙧𝙢𝙖𝙧𝙩𝙞
RPEF 2022: COME SONO CAMBIATE LE ALIQUOTE E LE DETRAZIONI
Ridefinite aliquote e scaglioni IRPEF e detrazioni per permettere a tutti i contribuenti di risparmiare in ogni caso nel passaggio dalla vecchia alla nuova tassazione.
[𝘵𝘦𝘮𝘱𝘰 𝘥𝘪 𝘭𝘦𝘵𝘵𝘶𝘳𝘢 55𝘴]
L’IRPEF è un’imposta diretta, personale e progressiva che grava sul reddito da lavoro dipendente, assimilato al lavoro dipendente e di impresa.
La Legge di Bilancio 2022 ha ridefinito aliquote e scaglioni, e a decorrere dal 1° gennaio 2022 cambiano le modalità di calcolo dell’IRPEF. Vediamo quindi insieme quali sono i nuovi scaglioni:
a) fino a 15.000 euro, 23%;
b) oltre 15.000 euro e fino a 28.000 euro, 25%;
c) oltre 28.000 euro e fino a 50.000 euro, 35%;
d) oltre 50.000 euro, 43%.
Pertanto, rispetto alla disciplina in vigore fino al 31 dicembre 2021:
▪️ il penultimo scaglione si ferma a 50.000 euro anziché a 55.000 euro;
▪️ scompare lo scaglione 55.000-75.000 euro in precedenza tassato al 41%;
▪️ le due aliquote intermedie del 27% e del 38% si riducono, rispettivamente, al 25% e 35%.
Alle nuove aliquote si affianca poi la ridefinizione del sistema delle detrazioni IRPEF, che ha portato all’addio al bonus di 100 euro erogato mensilmente in busta paga, che continuerà ad essere riconosciuto solo ai contribuenti fino a 15.000 euro di reddito.
Per i titolari di redditi superiori, e fino a 28.000 euro, è prevista una clausola di salvaguardia, secondo la quale continuerà ad essere riconosciuto a condizione che la somma delle detrazioni per i carichi di famiglia, per i redditi da lavoro, per gli interessi passivi sui mutui relativi a terreni e abitazione principale contratti entro il 31 dicembre 2021 sia superiore all’imposta lorda.
In tal caso, il bonus sarà riconosciuto per un ammontare non superiore a 1.200 euro, calcolato in base alla differenza tra detrazioni spettanti e imposta lorda.
E tu? Cosa ne pensi della ridefinizione delle aliquote e delle detrazioni?
Faccelo sapere nei commenti!
IRPEF 2022: COME SONO CAMBIATE LE ALIQUOTE E LE DETRAZIONI
Ridefinite aliquote e scaglioni IRPEF e detrazioni per permettere a tutti i contribuenti di risparmiare in ogni caso nel passaggio dalla vecchia alla nuova tassazione.
[𝘵𝘦𝘮𝘱𝘰 𝘥𝘪 𝘭𝘦𝘵𝘵𝘶𝘳𝘢 55𝘴]
L’IRPEF è un’imposta diretta, personale e progressiva che grava sul reddito da lavoro dipendente, assimilato al lavoro dipendente e di impresa.
La Legge di Bilancio 2022 ha ridefinito aliquote e scaglioni, e a decorrere dal 1° gennaio 2022 cambiano le modalità di calcolo dell’IRPEF. Vediamo quindi insieme quali sono i nuovi scaglioni:
a) fino a 15.000 euro, 23%;
b) oltre 15.000 euro e fino a 28.000 euro, 25%;
c) oltre 28.000 euro e fino a 50.000 euro, 35%;
d) oltre 50.000 euro, 43%.
Pertanto, rispetto alla disciplina in vigore fino al 31 dicembre 2021:
▪️ il penultimo scaglione si ferma a 50.000 euro anziché a 55.000 euro;
▪️ scompare lo scaglione 55.000-75.000 euro in precedenza tassato al 41%;
▪️ le due aliquote intermedie del 27% e del 38% si riducono, rispettivamente, al 25% e 35%.
Alle nuove aliquote si affianca poi la ridefinizione del sistema delle detrazioni IRPEF, che ha portato all’addio al bonus di 100 euro erogato mensilmente in busta paga, che continuerà ad essere riconosciuto solo ai contribuenti fino a 15.000 euro di reddito.
Per i titolari di redditi superiori, e fino a 28.000 euro, è prevista una clausola di salvaguardia, secondo la quale continuerà ad essere riconosciuto a condizione che la somma delle detrazioni per i carichi di famiglia, per i redditi da lavoro, per gli interessi passivi sui mutui relativi a terreni e abitazione principale contratti entro il 31 dicembre 2021 sia superiore all’imposta lorda.
In tal caso, il bonus sarà riconosciuto per un ammontare non superiore a 1.200 euro, calcolato in base alla differenza tra detrazioni spettanti e imposta lorda.
E tu? Cosa ne pensi della ridefinizione delle aliquote e delle detrazioni?
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MATERIE PRIME, DAL FERRO AL LEGNO ALLA CARTA - QUALI SONO LE PIÙ "INTROVABILI"?
L'attuale situazione sta mettendo a dura prova le catene di approvvigionamento di importanti settori industriali come l'edilizia, i trasporti, la produzione di macchine e impianti industriali.
[𝘵𝘦𝘮𝘱𝘰 𝘥𝘪 𝘭𝘦𝘵𝘵𝘶𝘳𝘢 25𝘴]
Dal ferro al legno, dal silicio alla carta, ma anche grano e ponteggi per le costruzioni, nickel e motori elettrici. Sono tantissime le materie prime e i semilavorati che le imprese italiane non riescono a reperire a causa della crisi internazionale. A svettare sono ferro, legno, silicio e carta di tutti i tipi (offset, accoppiata, termica, adesiva, scatoloni e ripiani in cartone), di difficile reperimento e con tempi di consegna che variano dai quattro ai dodici mesi.
Grosse difficoltà si registrano soprattutto nel settore edilizio nel reperirimento di magneti permanenti industriali (neodimio e boro); così come sono diventati quasi introvabili i ponteggi per le costruzioni, ma anche nickel, zinco e minerale di ferro (di provenienza maggiore da Russia - con Putin che ha vara le sanzioni contro i Paesi «ostili» mettendo lo stop all’export di materie prime - e Ucraina). Seguono minerale di ferro, compensato, stagno, polpa di legno. Le imprese aderenti, visti i tempi di consegna, stanno già ordinando i materiali per le commesse 2023.
Ma non è tutto. Perdurano le difficoltà per l’alimentare con criticità su grano,olio oliva e girasole, latticini, derivati del pane, prodotti da forno (come banalmente dimostrano gli aumenti dei prezzi nei supermercati e nei negozi specifici).
E tu? Cosa ne pensi dell’aumento delle materie prime edili?
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Martedì | 09:00 - 18:30 |
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