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Quando il recupero crediti si trasforma in reato – As.C.I.I. Associazione Consumatori Italiani Internet 03/12/2022

Recupero crediti e reato di molestie

Una prima condotta che potrebbe verificarsi è quella del creditore che letteralmente tempesta di telefonate il debitore. Secondo il codice penale, Art. 660 codice penale, chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a 516 euro.

Secondo la giurisprudenza (Trib. La Spezia, sent. n. 132/2015), si configura il reato di molestie quando il creditore, nel pretendere il pagamento al telefono, usi modalità moleste e petulanti, ad esempio con assillanti telefonate ma anche soltanto squilli a tutte le ore del giorno e della notte.

Di conseguenza, il creditore che sconfini nella sfera privata altrui, violando la privacy o il riposo, può rispondere penalmente del suo comportamento. Si pensi alle chiamate fatte durante le ore di riposo, oppure ripetute continuamente. Per non parlare, poi, del caso in cui si sfoci nelle minacce vere e proprie (reato punito dall’Art. 612 codice penale).

Recupero crediti e stalking

La legge, Art. 612-bis codice penale, punisce con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque, con condotte ripetute nel tempo, minaccia o molesta taluno in modo da:

– provocargli un grave stato di ansia o di paura;

– suscitare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona legata da relazione affettiva;

– costringere la vittima a modificare le proprie abitudini di vita.

La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.

Perché il creditore risponda di questo reato, è necessario che egli ponga in essere condotte reiterate, secondo la Corte di Cassazione ne bastano anche solo due (Sentenza Cassazione n. 45648/2013), che costringano la vittima a peggiorare il proprio stile di vita o che gli causino un grave stato di ansia.

Sono diversi i modi in cui un creditore o, molto più frequentemente, una società di recupero crediti può letteralmente perseguitare un debitore. Ad esempio, si ha stalking in presenza di fax, e-mail, telefonate continue che intimano al pagamento con toni minacciosi, anche utilizzando subdolamente vesti grafiche simili a quelle usate dall’Agenzia delle Entrate con l’unico scopo d’intimidire.

Può succedere che l’incaricato al recupero crediti si presenti a casa. Non essendo un pubblico ufficiale, né un ufficiale giudiziario, non può introdursi nell’abitazione senza consenso del debitore il quale, quindi, può legittimamente decidere di non aprire.

Ugualmente vietate sono quelle pratiche moleste tipo le affissioni di avvisi di mora sulla porta di casa o nell’androne del condominio oltretutto con grave violazione della privacy.

Inoltre non si può essere contattati per nessuna ragione sul luogo di lavoro o tramite vicini di casa o, in generale, da persone estranee al debito, inclusi parenti stretti, senza l’autorizzazione del debitore.

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Quando il recupero crediti si trasforma in reato – As.C.I.I. Associazione Consumatori Italiani Internet Recupero crediti e reato di molestieUna prima condotta che potrebbe verificarsi è quella del creditore che letteralmente tempesta di telefonate il debitore. Secondo il codice penale, Art. 660 codice penale, chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petu...

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