Il mondo che non vedo

Libreria - caffetteria indipendente vicinissima a Palazzo Maldura. Testi universitari e varia indipe All'interno wi-fi gratuito.

Il mondo che non vedo è una libreria-caffetteria di Padova, nata dall’idea di Erica e Michela. I libri, a volte, diventano porte o finestre su mondi invisibili, luoghi straordinari che possono cambiare per sempre la vita di qualcuno. Erica e Michela ricercano una nuova "Maison des Amis des Livres", una casa del dialogo dove far rinascere un circuito virtuoso tra scrittore, editore, libraio e letto

01/06/2021
24/12/2020

Ok, ci siamo. Le serrande si sono abbassate, le luci spente.
In questi ultimi giorni ci avete riempite di "coccole" e manifestazioni di affetto, ed è con questa sensazione di calore che vi vogliamo salutare.
GRAZIE.
Non in ordine di importanza: grazie all'Università degli Studi di Padova, a tutti i docenti che hanno creduto in noi, grazie ad Antonio Nunziante, Emanuele Zinato, Alessandra Grandelis, Fabio Magro, Fiona Dalziel, Katherine Ackerley, Marco Rispoli, Debora Aquario, Elisabetta Ghedin, Claudia Criveller, Elisabetta Mengaldo, Roberta Malagoli, Diego Di Masi, Alessio Surian, Francesco Spagna, Denis Brotto, Paola Mura, Cristina Grazioli, Donatella Possamai, Gabriele Bizzarri, Giada Peterle, Luca Agostinetto, Lisa Bugno, Annalisa Frisina, Luca.
Grazie agli studenti, le "nostre creature", che abbiamo visto crescere in questi quattro anni e che siamo sicure faranno grandi cose.
Grazie ai fantastici editori indipendenti con i quali abbiamo condiviso questa nostra avventura.
Grazie agli autori che abbiamo ospitato sul nostro divanetto, ai moderatori che hanno dialogato con loro.
Grazie a tutti i musicisti che hanno portato anche le note a Il mondo che non vedo, grazie ad Alessandro Grazian, grazie a L'Istrice, grazie a Musica per Dirigibili.
Grazie a Massimiliano Giorgio Fabris.
Grazie a Il mondo che non gira, grazie quindi a Matteo Bertolini e ha chi ha presentato dischi bellissimi rendendo magici tanti lunedì.
Grazie agli amici dei Balcani con i quali abbiamo collaborato, grazie a Marija Bradaš, Milica Polignano, Pippo Varanini, Lea Cecco Hafez, Silvia Badon, Luči Žuvela, Aleksandra Ivić, Jelena Ivić, Katarina Lazić, Irvin Mujčić, Eugenio Berra... hvala od srca svima!
Grazie a Detour Film Festival, grazie a Marco Segato.
Grazie a Centro Studi Ettore Luccini, grazie a Mirko Romanato, Elena Ferraglio, Cristian Maneo.
Grazie a Giulia Pretta, a Chiara Mattucci e ad Adjoa per aver condotto magistralmente i nostri gruppi di lettura.
Grazie a tutto lo staff di Elba Book Festival, grazie a Marco Belli per averci permesso di portare Il mondo che non vedo all'Elba.
Grazie ai colleghi librai, è stato un onore condividere con voi gioie e dolori :) Grazie dunque a Giandomenico, Gianluca, Marta, Grazia, Barbara, Alessio, Maurizio e David. Grazie a Federico.
Grazie a Il Parco della Musica, grazie ad Antonio Colella.
Grazie a tutte le Associazioni per le proposte, le idee e anche per il sostegno.
Grazie a tutti gli artisti che hanno scelto questo spazio per esprimersi, grazie a Fabio Gemo, Anna Garbo, Aisha Ruggieri, Raffaella Passiatore, Timothy Neat, Elena De Angeli, grazie al Teatro delle Maddalene.
Grazie ai Nubivaghi, grazie a Francesco, Richard, Martina, Silvia e Alessandro.
Grazie a tutti i professori e le professoresse delle scuole superiori qui accanto, grazie Paola, grazie Carla.
Grazie ad Andrea Apollonio per il bellissimo sito internet.
Grazie a chi ci ha viziate con dolci e cioccolato.
Grazie a chi ci ha fatto avere una Torta Sacher direttamente dall'Hotel Sacher di Vienna (ti/vi ringraziamo qui, chiunque tu sia/voi siate, era buonissima!)
Grazie a Marco Biasio, per tutto.
Grazie a Pier Giovanni Adamo, Dario Del Fante, Francesco Fasano, Giacomo Morbiato, Marco Malvestio, Filippo Grendene, Stefania Giroletti.
Grazie ai giornalisti che hanno scritto articoli su di noi in questi anni, grazie Luca Cirese.
Grazie a Daria Peterlongo.
Grazie a Giovanni Zanzotto e a Silvia.
Grazie a Michele Bordoni.
Grazie a Palmira Macrì.
Grazie a Boris.
Grazie ad Ardavan Vossoughi e alla sua mamma per i gustosissimi piatti persiani.
Grazie a Magdalena Zakowicz.
Grazie a Krystyna Kubaczewska e a Karolina.
Grazie ad Amel Mujagić, per tutto.
Grazie a chi è passato anche solo una volta.
Grazie a chi ci considera "casa".
Grazie a chi è diventato un amico e continuerà ad esserlo.
Grazie a chi magari ci siamo dimenticate di nominare, ma che portiamo comunque nel cuore.
Grazie alle nostre famiglie.
Grazie a tutti

23/12/2020

Giovedì 24 dicembre
APERTO
dalle 10 alle 18

23/12/2020

Il consiglio di mezzogiorno:

CORPI VILI di EVELYN WAUGH (Bompiani)

"Corpi vili" è una storia piena di brio. Protagonisti, i cosiddetti "Bright Young Things", i giovani brillanti dell'upper class londinese, e anzi il titolo, da principio, doveva essere proprio quello. Naturalmente, le feste vi abbondano, lo champagne scorre copioso, e i protagonisti - oltre a inventare di continuo nomi originali per i loro party - parlano una lingua stravagante e sofisticata, veloce, informale. D'altro lato, gli effetti del crack del '29 non si erano ancora del tutto dispiegati nella vita quotidiana dei più, e Londra era nel pieno dell'euforia fra le due guerre. Anzi, si potrebbe dire che, se "Il grande Gatsby" di Fitzgerald fu il testo simbolo dell'età del jazz americana, "Corpi vili", con le sue inedite descrizioni di nightclub, party selvaggi e libertà sessuali, lo è stato di quella inglese. Spingendosi oltre, si potrebbe forse aggiungere che mentre Fitzgerald quell'età la immaginò, o meglio la sognò, Waugh non fece altro che fotografarla, ricorrendo a una lingua veloce e capricciosa, snob e insieme popolare, che rappresentò un'autentica innovazione.

22/12/2020

Il consiglio di mezzogiorno:

LA STRADA DEL NORD di ANILA WILMS (Keller Editore)

Tirana, primi anni Venti. L’ambasciatore americano Julius Grant ha finalmente ottenuto il suo primo importante incarico ed è giunto pieno di speranze nella capitale del giovane e turbolento Stato albanese, nato dalla dissoluzione degli imperi della Prima guerra mondiale. Da Washington l’hanno inviato nei Balcani per seguire da vicino le strane voci sulla presenza di giacimenti petroliferi nel Nord del Paese. Non sarà un’impresa facile perché la notizia ha già scatenato l’interesse dei principali governi occidentali − inglesi e italiani − e delle compagnie petrolifere. Poco dopo il suo arrivo, nella primavera del 1924, due americani vengono assassinati su un ponte nelle regioni inospitali del Nord. Un ingegnere forestale tedesco ha trovato i corpi e li ha portati a Tirana. Nei caffè non si parla d’altro, i giornalisti fanno domande, i servizi segreti entrano in gioco e una nave da guerra compare al largo della costa. La giovane Albania è alla mercé degli intrighi politici, delle pressioni internazionali e delle tensioni che rischiano di gettarla in una guerra civile. Il tutto a causa di due morti? Cosa ci facevano quegli americani così a nord? Forse qualcuno non sta dicendo la verità sul petrolio albanese? Anila Wilms ha dato vita a un romanzo travolgente, ispirato a un fatto accaduto in Albania nel 1924, e ha dipinto un appassionato affresco storico affidandosi a una lingua arguta e spassosa che gioca perfettamente con la realtà, i paradossi e le contraddizioni di un intero Paese. Un libro premiato in Germania con un notevole successo di critica e pubblico tanto da entrare nella top ten della prestigiosa classifica che lo «Zeit» dedica al genere giallo.

21/12/2020

Il consiglio di mezzogiorno:

T.SINGER di DAG SOLSTAD (Iperborea)

T. Singer è il romanzo più esplicitamente esistenziale di Dag Solstad. Una storia su un'irriducibile solitudine nello stile classico, straziante ma cupamente comico del grande autore norvegese.

«Un bel giorno si trovò faccia a faccia con una visione memorabile»: è la frase che Singer, eterno studente a Oslo e aspirante scrittore, continua a meditare, correggere e limare dentro di sé, senza mai riuscire ad andare oltre. Indefinito in tutto, rimuginatore cronico, passivo seguace del caso e della routine, Singer dilapida la sua giovinezza per poi decidere, raggiunti i 31 anni, che è ora di trovarsi un posto fisso, e diventare bibliotecario in un paesino sperduto tra le montagne del Telemark. Qui si costruisce una perfetta vita piccolo-borghese, con tanto di famiglia mononucleare insieme alla moglie Merete e alla figlioletta acquisita Isabella, in una minuziosa recita quotidiana che lo vede disponibile con i clienti, spiritoso con i colleghi, amichevole con i conoscenti, ma sempre e solo quanto basta per non doversi mai esporre veramente, mimetizzato nella commedia sociale per coronare il suo sogno di un’esistenza «in incognito». Finché un drammatico colpo di scena lo inchioda alla responsabilità di crescere da solo la piccola Isabella. Romanzo che Solstad considera il «compimento della sua opera letteraria», T. Singer è la storia-studio di un personaggio estremo che si autodefinisce un «enigma», un racconto filosofico eppure di una concretezza implacabile, ossessivo e provocatore, attraversato da uno humour spiazzante. È un’indagine radicale sull’individuo, che scava fino al nocciolo della solitudine e dell’incertezza esistenziale, interrogandosi fra le righe sulla presunzione della società contemporanea di fornire risposte utili alla nostra inquietudine.

19/12/2020

Il consiglio di mezzogiorno:

FEBBRE DA FIENO di Stanisław Lem (Voland Edizioni)

Una serie di morti inspiegabili, un enigma dal gusto intellettuale in cui le regole del gioco sembrano chiare, eppure qualcosa sfugge sempre, le certezze divergono, i dati raccolti si contraddicono e il quadro generale rimane oscuro. L’ultima risorsa è un astronauta in pensione che, coinvolto nelle indagini, viaggerà tra Napoli, Roma e Parigi mettendo più volte a repentaglio la propria vita nel tentativo di risolvere il mistero. Uscito in Polonia nel 1975, arriva finalmente anche in Italia Febbre da fieno. Stanisław Lem, autore dalla sconfinata cultura scientifico-umanistica, costruisce un congegno narrativo perfetto, unendo a un intreccio raffinato e avvincente una riflessione di carattere filosofico sul caso. Un racconto a tratti allucinante che fa tremare la solidità del mondo e, in un certo senso, mette in discussione le leggi che crediamo lo governino.

18/12/2020

SABATO 19/12
APERTO
DALLE 10 ALLE 18.30

18/12/2020

Il consiglio di mezzogiorno:

LA NOTTE DEGLI SPILLI di SANTIAGO RONCAGLIOLO (Keller Editore)

«Nella Lima del 1992 sapevamo poco della vita. E la vita sapeva poco di noi»
«Un thriller di grande qualità letteraria… Quando te ne rendi conto hai già letto cento pagine
preso dalla storia, affascinato dalla trasposizione della violenza dalla strada alla vita di questi quattro ragazzi così diversi eppure così familiari». EL PAÍS

Un romanzo intelligente, pieno di ritmo e suspense dal vincitore del Premio Alfaguara de novela e dell’Independent Foreign Fiction Prize.

Beto, Moco, Carlos e Manu hanno quindici anni e frequentano l’istituto religioso La Inmaculada nella Lima degli anni Novanta.
Condividono l’amicizia, il risveglio delle prime curiosità sessuali e hanno imparato a lottare per tenere nascoste le proprie fragilità ai coetanei, difendere il proprio territorio e fuggire dai rispettivi e complicati ambienti famigliari. Ma la loro adolescenza è fatta anche di violenza, prevaricazione, di gesti e rabbia irrazionale, fino a quando, una notte, decidono di ribellarsi anche contro il mondo degli adulti e della scuola, ossia contro il mondo intero…
Santiago Roncagliolo ci conduce – con grande maestria nella gestione della suspense e dell’indagine psicologica, alternata a una buona dose di ironia e umorismo – in un viaggio all’indietro nel tempo attraverso le voci dei protagonisti che, dopo molti anni, si ritrovano a raccontare di quella notte in cui hanno perso definitivamente la loro innocenza, infrangendo le barriere tra il bene e il male.
La notte degli spilli è il ritratto di una generazione intera confusa e spaesata tra benessere, violenza e ricerca di un posto nel mondo, ed è anche indagine sociale, affresco storico, istantanea di un Perù segnato dalla guerra civile, dai blackout e dalle bombe

Santiago Roncagliolo (Lima, 1975) è uno dei romanzieri di lingua sp****la più noti a livello internazionale. Con la sua produzione ha toccato vari generi dal giallo al romanzo psicologico, utilizzandoli sempre per sondare in profondità l’essere umano e il suo rapporto con la società. La rivista «Granta» lo ha indicato come uno dei migliori scrittori della sua generazione, il «Wall Street Journal» lo ha indicato come uno degli eredi di García Márquez mentre il «The Guardian» ha selezionato il suo I delitti della settimana santa – uscito in Italia per Garzanti – come uno dei grandi romanzi sul Perù. Tra i suoi libri editi in italiano anche Crescere è un mestiere triste (Keller).

17/12/2020

Il consiglio di mezzogiorno:

NESSUN AMICO SE NON LE MONTAGNE di BEHROUZ BOOCHANI (add editore)

Detenuto illegalmente dal governo australiano, Behrouz Boochani ha scritto il suo straordinario memoir attraverso migliaia di messaggi Whatsapp.

Ilam, Kurdistan iraniano. Dopo le intimidazioni e l’arresto di alcuni giornalisti, Behrouz Boochani raggiunge clandestinamente l’Indonesia e da lì l’Australia, dove vuole chiedere lo status di rifugiato politico. Intercettato dalle forze militari australiane, viene confinato nel centro di detenzione per immigrati irregolari di Manus Island in Papua Nuova Guinea. Qui ha iniziato un’intensa campagna di denuncia della politica anti-migratoria e delle umiliazioni cui vengono sottoposti i rifugiati: articoli, documentari e questo libro, digitato in farsi su un cellulare e mandato a Omid Tofighian che lo ha tradotto in inglese.

Romanzo autobiografico, testimonianza e atto di resistenza, Nessun amico se non le montagne racconta cinque anni di carcere ed esilio, lottando per la sopravvivenza, la salute e la dignità in condizioni degradanti. Un intreccio di generi – giornalismo, commento politico, riflessione filosofica, miti, poesia e folclore – dà voce all’impatto fisico e psicologico della detenzione a tempo indefinito.

Questo Premio prova che le parole ancora hanno il potere di sfidare i sistemi e le organizzazioni disumane, che la letteratura ha il potenziale per provocare cambiamenti e per sfidare le strutture del potere. La letteratura ha il potere di darci la libertà. … Questo premio è una vittoria non solo per noi (prigionieri), ma per la letteratura e l’arte. Soprattutto è una vittoria per l’umanità, per gli esseri umani, per la dignità umana.
– dal discorso tenuto da Boochani per il Victorian Prize



Per salvarsi dalla follia del campo, Boochani attinge alla sua innata creatività, a Kafka e Beckett, alle canzoni di resistenza e ai ricordi delle “fredde montagne del Kurdistan”. – J.M. Coetzee, Premio Nobel per la letteratura

Un libro che a buon diritto occupa un posto sullo scaffale della letteratura carceraria mondiale accanto a opere tanto diverse come il De profundisdi Oscar Wilde, i Quaderni del carcere di Antonio Gramsci, Into the Smother di Ray Parkin, L’uomo è morto di Wole Soyinka e Lettera dal carcere di Birmingham di Martin Luther King …
L’esistenza stessa di questo libro – scritto in farsi da un giovane poeta curdo, Behrouz Boochani, in una situazione di prigionia, tribolazioni e sofferenza prolungate – è un miracolo di coraggio e tenacia creativa … I suoi carcerieri non sono riusciti a distruggere in lui la fede nelle parole: nella loro bellezza, nella loro necessità, nelle loro possibilità e nel loro potere liberatorio. – Richard Flanagan, Man Booker Prize

Nella scrittura di Boochani non c’è posto per nessuna zona grigia. Non ci sono modulazioni; il valore di queste pagine viene ancora prima, nell’essersi saputo conquistare il diritto alla sopravvivenza della propria voce.. – Christian Raimo

Un canto, un lamento alimentato da una feroce urgenza, scritto con il lirismo di un poeta, le abilità letterarie di un romanziere e le profonde intuizioni di un acuto osservatore del comportamento umano e della spietata politica di una detenzione crudele e ingiusta. – Arnold Zable

Nessun amico se non le montagne sono parole forgiate nella sofferenza, nell’estrema lucidità del delirio, che portano a una lacerante autocoscienza. – Oliviero Ponte Di Pino, Doppiozero

Racconto indimenticabile della disumanità dell’uomo sull’uomo, che ricorda Orwell o Kafka. Boochani si muove senza sforzo tra la prosa e la poesia, entrambi ugualmente potenti. – The Australian Financial Review Magazine

Una splendida opera d’arte che usa diverse forme narrative, dall’analisi critica alla descrizione, alla poesia, al surrealismo distopico. La scrittura è bella e precisa, mescolando tradizioni letterarie provenienti da tutto il mondo, ma soprattutto da pratiche curde. – I giudici del Victorian Prize

Nel 2018 in Italia gli è stato conferito da Internazionale il premio Anna Politkovskaja per il giornalismo.

Vincitore del Victorian Prize 2019, il più prestigioso premio letterario australiano
Vincitore NSW Premier’s Award 2019
Vincitore Asia General Non Fiction Book 2019
Vincitore National Biography Award 2019

16/12/2020

Il consiglio di mezzogiorno:

A PROPOSITO DI DANTE. CENTO PASSI NELLA COMMEDIA CON DISEGNI di Simone Marchesi e Roberto Abbiati (Keller Editore)

Un dantista e un disegnatore si sono incontrati nella Commedia. L’hanno percorsa camminando insieme, talvolta da soli e talvolta immersi in migliaia di voci: quelle dei personaggi e delle storie che la popolano, quelle di chi l’ha letta e commentata lungo i settecento anni che ne separano la creazione da noi e anche quelle che, in un certo senso, hanno parlato a Dante.

Ne è scaturito un viaggio per immagini e parole che non ha precedenti.

La terzina simbolo di ciascun canto diventa, ogni volta, sintesi e commento originale del testo, si fa disegno e ci permette di scoprirne valore e attualità.

Un Baedeker letterario, un modo nuovo per gettarsi nel capolavoro di Dante, nel sapere di un’epoca e nella sua eredità, e coglierne gli innumerevoli rimandi al nostro tempo e al nostro sentire.

15/12/2020

Domani, 16 dicembre,
la libreria
chiuderà alle 13.30

15/12/2020

Il consiglio di mezzogiorno:

LA SIGNORINA ELSE di ARTHUR SCHNITZLER (Adelphi)

Nell’opera di Schnitzler, La signorina Else è un’aria mirabile, che continua a suonare nell’orecchio di chi l’ha sentita anche una sola volta. Fin dalle prime battute, e poi sempre più trascinati sino alla fine, avvertiamo il battito tumultuante del sangue e delle parole che circolano nella testa di Else, l’adolescente «altera», vivida e appassionata. Incombe su di lei, sulle sue nervose vacanze alpine, una catastrofe familiare. E la madre stessa, con il tono mellifluo e patetico che si conviene alla stregoneria familiare, la invita a vendersi per salvare la famiglia. Tutto il testo di Schnitzler è nella reazione di Else a questa richiesta, vissuta prima come premonizione, quando la lettera della madre non è ancora aperta, e poi come sfida, una sfida mortale. Mai forse un altro narratore moderno era riuscito a fondere il monologo interiore, la fantasticheria, l’azione e il dialogo (e perfino la musica, nella scena culminante) in una simile intimità, dove ogni elemento è il fremente rovescio dell’altro. Non meno di Molly Bloom, Else si offre a noi dall’interno nelle sue minime oscillazioni psichiche, che qui affiorano con quella velocità mentale che la prosa quasi mai riesce a catturare. Ma – e questo è il più azzardato, il più felice artificio di Schnitzler – al tempo stesso la contempliamo dall’esterno e la sua presenza si impone a noi come quella di un’antica eroina.

14/12/2020

Il consiglio di mezzogiorno:

COME POSSO MANGIAR BENE? di GIULIA FERRARIS TAMBURINI (Rina Edizioni)

«Come posso mangiar bene? è un libro utilissimo, necessario anzi tanto a chi ha lo stomaco integro, quanto a chi lo ha malandato e nelle più di mille ricette di cucina troverà la maniera di spendere relativamente poco e di curare lo stomaco o di conservarlo sano». Così era scritto nella sezione Uno sguardo oltre i confini della Provincia su «Pagine friulane» del 31 maggio 1900 n. 1 anno XIII. E anche se sono passati quasi centoventi anni, e se alcuni dei termini, utensili e alimenti possono risultarci bizzarri o desueti, questo libro rimane una testimonianza fondamentale per capire come si è sviluppata la divulgazione della tradizione culinaria italiana. La profonda ricerca condotta dall’autrice nel trattare ogni alimento e l’attenzione rivolta a esaminarne le proprietà annoverano questo testo tra i pionieri negli studi moderni sulla scienza della nutrizione. Se da un lato riporta ed esplora una tradizione popolare povera che utilizza alimenti semplici interpretandoli in tutte le loro declinazioni; dall’altro l’autrice sfoggia tutta la propria conoscenza e studio sulla scienza e la tecnica culinaria presentando una gastronomia elegante, ricca, tipica dei ceti più alti, d’importazione e contaminazione francese. Ma più di tutto, l’unicità e importanza che dobbiamo riconoscere a questo libro è l’autrice in quanto per la prima volta in Italia un manuale di cucina viene composto e firmato da una donna. Dalla sua prima pubblicazione nel 1900, e per le molte successive, Come posso mangiar bene? dà il via a una serie di testi simili la cui caratteristica principale è il tratto pratico e veloce, perché si sa che «la miglior maestra è la pratica», per realizzare le ricette rivolte alla massaia moderna che si affaccia al nuovo secolo. Attraverso una prosa semplice e vivace Giulia Ferraris Tamburini ci accompagna in questo viaggio nella cucina italiana proponendo pietanze semplici, gustose ed economiche «per nutrire con cibi appetitosi e sani» stomaci di ferro come quelli delicati, illustrando la preparazione e conservazione degli alimenti, ma soprattutto indicando il giusto modo di decorare il piatto e presentarlo in tavola secondo l’arte di mangiar bene. Perché come scrive il famoso gastronomo francese Brillat-Savarin: «Il piacere della tavola è di tutte le età, di tutte le condizioni, di tutti i paesi e di tutti i giorni: può associarsi a tutti gli altri piaceri e rimane per ultimo a consolarci della loro perdita».

11/12/2020

Il consiglio di mezzogiorno:

INGEGNERI DI ANIME di FRANK WESTERMAN (Iperborea Casa Editrice)

La storia incredibile di due viaggi, uno letterale e uno immaginario, attraverso la Russia contemporanea e la letteratura sovietica.

Il 26 ottobre 1932 Stalin si presenta a una riunione di scrittori a casa di Maksim Gor’kij. «I nostri carri armati non valgono niente», dice, «se le anime che devono guidarli sono di argilla.» Spetta agli scrittori, «ingegneri di anime», forgiare l’uomo nuovo sovietico. Nasce così l’estetica proletaria della costruzione e della produzione, utile per celebrare quelle colossali opere idraulico-ingegneristiche dei primi piani quinquennali che, grazie al lavoro forzato dei Gulag, stanno domando la «nemica» natura del territorio sovietico: deviazioni di alvei fluviali, migliaia di chilometri di canali, impianti di desalinizzazione dell’acqua di mare. Dalla lettura di un libro di Konstantin Paustovskij del 1932 sulla «eliminazione dei deserti» prende le mosse il viaggio narrato in Ingegneri di anime, che porta Frank Westerman, giornalista d’inchiesta con studi di ingegneria agraria alle spalle, dalle rovine industriali del golfo di Kara-Bogaz fino al canale Belomor, il progetto che il collettivo di scrittori guidato da Gor’kij fu chiamato a cantare come «storiografia istantanea del socialismo». Un viaggio concreto, quello di Westerman, che si intreccia con l’esplorazione della vita e delle opere di chi, tra dubbi, debolezze e scetticismo, dedicò penna e capacità espressive al rafforzamento dell’URSS postrivoluzionaria. Concentrandosi non sui grandi dissidenti ma sui «più o meno accomodanti», come lo stesso Paustovskij, o il tormentato Platonov, o il grande Pil’njak morto in un Gulag dopo alterne vicende, Westerman ricostruisce con accenti personali il rapporto tra potere e artisti, e il loro sofferto sforzo di trovare uno spazio possibile tra diktat e ispirazione.

10/12/2020

Il consiglio di mezzogiorno:

RAHEL VARNHAGEN di HANNAH ARENDT (il Saggiatore)

Rahel Varnhagen ha diciannove anni quando, nel 1790, la sua mansarda berlinese diventa un luogo di ritrovo prima per gli amici, poi per l’alta società politica e letteraria tedesca nell’epoca delle guerre napoleoniche e della transizione dall’Illuminismo al Romanticismo. Rahel non è ricca né avvenente, ma è una donna appassionata e di rara intelligenza; ed è ebrea. Intorno a sé costruisce una raffinata fucina intellettuale, ma anche un laboratorio in cui l’identità ebraica sperimenta un nuovo equilibrio tra assimilazione ed emancipazione, prima che la Prussia inizi a scivolare nell’antisemitismo e le origini ebraiche diventino qualcosa non da cancellare ma da rivendicare.
Hannah Arendt ha diciannove anni quando si trasferisce a Marburgo per studiare filosofia e teologia e riunisce intorno a sé gli amici e i compagni di seminario per leggere e discutere Platone. Poco tempo dopo inizia a scrivere la sua prima e unica biografia, la storia di Rahel Varnhagen, ma deve accantonarla nel 1933 – esattamente cento anni dopo la morte di Rahel – per sfuggire alla persecuzione nazista riparando in Francia. La pubblica soltanto nel 1958, dopo aver lasciato correre tempo e storia e aver frapposto la distanza definitiva tra sé e quel mondo tedesco alla cui lingua ritorna ormai solo nelle lettere private.
Con Rahel Varnhagen. Storia di un’ebrea, il Saggiatore ripropone un libro che «nuota vigorosamente contro la corrente della giudaistica edificatoria e apologetica», per dirla con Walter Benjamin. Hannah Arendt vi espone il suo pensiero critico sull’assimilazione ebraica e, insieme, traccia un affresco del rapporto tra ebrei e società tedesca, spaziando dalla narrazione filosofica all’osservazione sociologica e politica, dal racconto di un’emancipazione femminile alla speculazione su questo frammento di storia ebraica della Germania: una auto-biografia a due che ci offre quella storia nascosta dell’antisemitismo introvabile nelle pagine ufficiali della storia politica ed economica e, forse, anche nell’analisi che Hannah Arendt aveva elaborato nelle Origini del totalitarismo.

09/12/2020

Il consiglio di mezzogiorno:

FAMIGLIE OMBRA di MIA ALVAR (Racconti edizioni)

Famiglie ombra parla al cuore di chiunque abbia mai cercato un posto che si possa chiamare «casa». Nove storie figlie della diaspora filippina e di un tempo in cui la distanza sembra essere la barriera, alla perenne ricerca, come siamo, di ricongiungerci con chi amiamo, separati da confini reali o solo immaginati.
Mia Alvar riversa intere vite in poche pagine e tratteggia una paziente geografia dei sentimenti, un itinerario umano capace di abbracciare in un solo potente sguardo i bassifondi di Manila, la New York dell’11 settembre e il Medio oriente di chi sgobba nel deserto per mandare i soldi in patria. Un farmacista ormai newyorkese ritorna a casa carico di medicine contrabbandate, per assistere nella morte un padre che ha sempre odiato e a cui inevitabilmente ha finito per assomigliare. In Bahrein, una conventicola di riccone filippine dà feste e organizza karaoke per i compatrioti meno fortunati, in attesa che una serpe in seno mandi in rovina quel castello di smancerie. E poi le vicende familiari e politiche dei coniugi Aquino, raccontate proprio mentre il loro destino – e quello della nazione tutta – sta tragicamente per compiersi.
Una volta Alvar ha descritto così il suo paese: «le Filippine sono state colonizzate dagli spagnoli per 400 anni e dagli statunitensi per 50: 400 anni in convento seguiti da 50 a Hollywood». Una inconciliabilità riflessa nella sua scrittura ambiziosa, in cui la Storia si insinua nelle storie, cesellando veri e propri romanzi in miniatura gravidi di una sensualità sospesa tra fedeltà «cattolica» ed emancipazione «americana».

«Straordinario… Ognuna di queste nove storie è superba.»
Carmela Ciuraru, The New York Times

«In un esordio convincente, Alvar anima una gamma di esperienze filippine che risuonano con la forza di un’unica identità e allo stesso tempo con la saggezza universale dell’esistenza umana.»
Claire Fallon, The Huffington Post

09/12/2020

Oggi, 9 dicembre, la libreria chiude alle 15.00

08/12/2020

Il consiglio di mezzogiorno:

LA VEGLIA DI LJUBA di ANGELO FLORAMO (Bottega Errante)

La vita intensa di un uomo, esule più per vocazione che per destino, fuori dagli schemi, diventa lo spunto per narrare la storia del Novecento lungo il confine tra Italia e Jugoslavia. Dai villaggi dell'Istria profonda alle pagine nere del fascismo, dall'occupazione titina di Trieste al terremoto in Friuli del 1976 e alla successiva ricostruzione, fino ad arrivare ai giorni nostri: la biografia di un essere umano si sovrappone alla biografia di una terra complessa, plurale, meticcia. Floramo conduce il lettore in un viaggio che attraversa continuamente le frontiere, entra nelle pieghe di un amore, delicato e intenso, lungo un'intera vita e racconta il destino di bambini, uomini e donne che si sono ritrovati in un posto giusto in tempi, spesso, sbagliati.

07/12/2020

Il consiglio di mezzogiorno:

IL TRIONFO DELL'UOVO di SHERWOOD ANDERSON (Piano B Edizioni)

Un'opera composta da quindici "short stories" che rappresenta idealmente il proseguimento di "Winesburg, Ohio". Il sogno americano, qui in verità ancora ai suoi esordi, già si infrange lungo le strade polverose, i sentieri, i desolati binari delle ferrovie di questi paesini del Mid-West americano, per ricomporre con tutti i suoi frammenti una caleidoscopica e impressionistica galleria del grottesco. I protagonisti delle storie sono perennemente in attesa di un'epifania o di una rivelazione, ma spesso e volentieri la rivelazione non è altro che la consapevolezza dell'impossibilità di giungere a una qualsiasi liberazione.

04/12/2020

lunedì 7/12 e martedì 8/12
APERTO
dalle 10 alle 18.30

04/12/2020

Il consiglio di mezzogiorno:

"VAN GOGH. L'autobiografia mai scritta" di MARCO GOLDIN

"Van Gogh non era pazzo. Si è avvicinato al sole, prima cercandolo, poi fuggendone via. Vi è rimasto impigliato, con un filo che mai più ha districato, stringendolo nella mano. Fino a quella spiga di grano rimasta nella tasca della sua giacca, sotto il cielo di Auvers, prima di sera. Accanto a un covone. Sotto le stelle del firmamento. Van Gogh non era pazzo. Ha camminato danzando sulla vita, come sul filo mai interrotto di un vulcano. E lapilli e piccoli falò e notti e stelle. E apparizioni e misteri. Ha creato con la disciplina della sua anima un mondo inarrivabile, il mondo di un eroe. Colui che arriva a toccare il sole e poi riesce a raccontarne il fuoco e il calore, la luce che abbaglia. E quella luce la fa diventare colore. Un colore che nessuno mai aveva dipinto così prima. E mai nessuno ha dipinto poi. Questo libro racconta la vita e l'opera di Van Gogh facendo continuo riferimento alle sue lettere, che diventano quindi non solo l'occasione per lo svolgimento di una vera e propria trama, ma anche il riferimento assoluto pagina dopo pagina. Quasi come fosse Van Gogh, almeno in alcuni capitoli, a raccontarsi, in una sorta di autobiografia che non ha mai scritto. La vita si intreccia con l'opera e ugualmente l'opera entra nella vita." (Marco Goldin)

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