Caaf Cgil Padova

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01/08/2024

🟥 NUOVI DATI INPS: POVERTÀ NASCOSTA

🔹 I dati Inps certificano la diminuzione delle risorse per l’indigenza e la volontà di nascondere i numeri veri

La certificazione di quanto dicono da tempo sindacato e associazioni del Terzo settore che ogni giorno si misurano con la difficoltà quotidiana di quanti vivono ai margini della società, l’ha sancita l’Inps: istituto pubblico la cui guida è stata scelta da Meloni.

Certifica infatti la Relazione del consiglio di indirizzo dell’Istituto nazionale di previdenza sociale che, rispetto all’anno precedente, nel 2023 si è “risparmiati” 7,62 miliardi di quelli impiegati per il contrasto alla povertà: si è passati dai 26 miliardi del 2022 ai 18,4 del 23.

Dobbiamo festeggiare? Sono diminuite le persone povere in Italia? Assolutamente no, purtroppo. Questo dato è il misero risultato dell’eliminazione del Reddito di cittadinanza e del sostanziale fallimento dei nuovi strumenti introdotti da Calderone, che non servono affatto a contrastare la povertà. I famigerati Supporto formazione e lavoro (Sfl) e Assegno di inclusione (Asi) che come obiettivo avevano e hanno quello di far risparmiare le casse dello Stato.

I numeri
Secondo l’ultimo Rapporto Istat i poveri assoluti in Italia sono cinque milioni e 600mila. Ci si occupa di loro? Assolutamente no, almeno non lo Stato; se ne prendono cura certamente molto di più le associazioni del terzo settore, dalle Acli all’Arci fino alla Caritas. E a sostenerlo non siamo certo noi, ma è proprio l’Inps che finalmente ha pubblicato il primo Osservatorio sulle misure Adi e Sfl. A leggerli c’è da rimanere sconcertati, benché assolutamente coerenti con quanto scritto nella Relazione del Civ. Se è vero che son stati tagliati oltre sette miliardi di fondi per il contrasto alla povertà, è ovvio che si siano ridotti di molto gli uomini e le donne che ricevono un assegno, per altro anch’esso decurtato.

Così l’Osservatorio
Al 30 giugno scorso sono state accolte quasi 700 domande di Assegno di inclusione, ma quante siano state le domande e a quante sia stata data risposta negativa non si sa. In ogni caso 697.640 è il numero preciso di domande accolte dal 1° gennaio 2024: corrispondono ad altrettanti nuclei familiari per circa un milione e 700mila persone, ben lontano dai quasi sei milioni di poveri certificati dall’Istat. La domanda, lo ricordiamo, è stata accettata perché all’interno della famiglia vi è o un anziano o un minore o una persona disabile. L’assegno medio mensile erogato ammonta a poco più di 600 euro.

30/07/2024

🟥 IL GOVERNO MELONI E LA NOSTRA INDIGNAZIONE FISCALE

🔹 Per alcune categorie siamo al “fisco à la carte”. Serve equità: bisogna tutelare chi ha lavorato tutta la vita e ora è in pensione

Nelle prossime settimane il governo presenterà la proposta di legge di bilancio. Quanto sta facendo sul fisco lascia presagire intenzioni tutt’altro che orientate a dare risposte eque e indirizzate all’interesse generale. Con il governo Meloni siamo, infatti, scientemente, per alcune categorie, al fisco à la carte e questo provoca oltre a mancate entrate un corto circuito democratico.

In tale situazione si corre anche il rischio di un conflitto tra contribuenti. Non è una semplice provocazione affermare che se fossero lavoratori dipendenti e pensionati a usufruire di un regime fiscale à la carte, ciò comporterebbe l’automatica cancellazione di diritti universali per il venir meno di risorse indispensabili alla vita di uno Stato di diritto.

Ma uno Stato democratico non si tiene unito se esige senso di responsabilità esclusivamente a una parte di cittadinanza, mentre strizza l'occhio all'altra dandole la possibilità di giocare a sottrarre le risorse dovute. La crisi della democrazia, infatti, inizia dalla violazione del patto tra Stato e cittadino su come si contribuisce equamente al finanziamento del sistema pubblico.

“Tutti i cittadini sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. Così recita l’articolo 53 della Costituzione.

Spese pubbliche significano assistenza sanitaria e sociale, cioè medici di base, distretti, ospedali, Rsa, assistenza domiciliare, finanziamento per la non autosufficienza. Significano anche istruzione, investimenti per strade, trasporti, tutela ambientale, ricerca, università, stare in Europa e nel mondo attraverso programmi di sviluppo anche di tipo cooperativo; inoltre sostenere la transizione digitale e l’innovazione facendosi carico della riorganizzazione dell’apparato produttivo, nonché destinare risorse alla generazione urbana per garantire un benessere collettivo diffuso.

Le tasse non sono belle, sono giuste e indispensabili per evitare che ognuno si arrangi di fronte a una malattia; per garantire che di fronte a una difficoltà improvvisa si possa far conto su un sistema pubblico che non ti lascia solo; che “l’operaio possa ambire ad avere il figlio dottore” evitando che la società si blocchi per classi e si disgreghi per corporazioni. L’ascensore sociale deve essere sempre in movimento per tutti, questo può accadere solo in presenza di uno Stato che si faccia carico innanzitutto delle realtà più fragili e sappia valorizzare talento e motivazioni.

Per fare questo occorrono le risorse. Quelle necessarie. Da prelevare in maniera equa secondo la disponibilità reale. Pagare le tasse non può essere un atto di generosità del singolo, ma la responsabilità richiesta alle persone che producono reddito per tenere insieme un Paese.

Si deve essere consapevoli che dopo la critica, la denuncia, l’indignazione su un sistema fiscale che in modo sempre più volgare e arrogante intende premiare i furbi; chi paga le tasse fino all’ultimo euro come avviene per lavoratrici e lavoratori dipendenti, pensionate e pensionati ha diritto a scendere in campo con forza per chiedere un’inversione di queste politiche.

Lavoro dipendente e pensioni si trovano caricato sulle spalle il 90% del gettito Irpef. Mentre rimane la vergogna di un’evasione fiscale sempre vicina ai cento miliardi di euro e di un regime per il lavoro autonomo fatto di condoni, tassazione agevolata e concordati preventivi che minano alla base i principi di equità e progressività.

Il fisco non deve essere amico di nessuno, ma giusto con tutti. E per noi rimane il tema centrale di qualsiasi discussione in tema di diritti universali delle persone. Il mondo del lavoro ha bisogno di risposte inequivoche su precarietà e sicurezza, oltre che di sostegno al rinnovo dei contratti di lavoro ancora aperti.

Per quanto riguarda il sistema previdenziale, dopo il pesante taglio di sette miliardi effettuato per il biennio 2023-2024 dal governo Meloni sul sistema di perequazione colpendo circa un terzo delle pensionate e dei pensionati, ragioni minime di equità, nel quadro sopra descritto, imporrebbero la salvaguardia dell’unico strumento a disposizione – la rivalutazione, appunto – per tutelare il potere d’acquisto di chi ha lavorato per diversi decenni, pagando i contributi, e ora è in pensione.

25/07/2024

🟥 CONSUMATORI. TRENI IN RITARDO, I DIRITTI DEI PASSEGGERI

🔹 Venerdì scorso, 19 luglio, è stata una giornata nera per chi viaggiava in treno: un guasto alla linea elettrica nei pressi della stazione di Rovezzano ha causato gravi ritardi sulla rete tra Firenze e Roma, alta velocità, Intercity, regionali. Questa settimana si replica sulla tirrenica meridionale: la circolazione è interrotta tra Battipaglia e Sapri, uno stop dovuto ai lavori in seguito all'incidente verificatosi alla stazione di Centola

Inconvenienti tecnici ai convogli, alle linee, ai passaggi a livello, manutenzioni straordinarie, incendi in prossimità dei binari, da Nord a Sud, passando per le isole, sono i problemi più frequenti, che in questi mesi di vacanze stanno rallentando gli spostamenti e facendo accumulare a volte ore di ritardo, modifiche nei percorsi e cancellazioni. A questa situazione si è aggiunto il guasto ai sistemi informatici di Microsoft.

“I disservizi nel settore dei trasporti sono in crescita – spiega Marzio Govoni di Federconsumatori, associazione che ha uno sportello dedicato, Sos Turista -, noi orientiamo le persone che hanno bisogno di aiuto e quando ci sono le condizioni portiamo avanti le richieste di risarcimento. Lo stato della rete ferroviaria negli ultimi anni è peggiorato e le conseguenze le pagano in prima battuta i viaggiatori”.

FRECCE E INTERCITY
Ma quali sono i diritti dei passeggeri? Vediamoli. Se si viaggia con le Frecce, in caso di ritardo compreso tra i 30 e i 59 minuti, Trenitalia riconosce un bonus (non denaro) pari al 25 per cento del prezzo del biglietto che può essere utilizzato entro 12 mesi per l’acquisto di un nuovo biglietto. Non è cumulabile con l’indennità riconosciuta per ritardo superiore ai 59 minuti né con indennità di altro tipo.

Per Frecce, Intercity e Intercity Notte, se il ritardo in arrivo è superiore ai 59 minuti, Trenitalia restituisce un’indennità del 25 per cento del costo del biglietto fino a 119 minuti, del 50 per cento oltre i 120 minuti. Per l’indennizzo il viaggiatore può scegliere tra: un bonus per acquistare entro dodici mesi un nuovo biglietto, i contanti per pagamenti effettuati in contanti, il riaccredito per quelli fatti con carta di credito. Per i treni internazionali l’indennità è pari al 25 per cento in caso di ritardo superiore ai 59 minuti, del 50 oltre il 120 minuti.

12 MESI DI TEMPO
C’è un anno di tempo per richiedere l’indennità che si calcola dalla data in cui si è verificato il ritardo o dalla scadenza dell’abbonamento (del pass o delle altre tessere). Come? Ventiquattro ore dopo l’arrivo, direttamente sul sito di Trenitalia, per i biglietti acquistati on line o su app, utilizzando la funzionalità “richiedi Indennizzo”; compilando il form web sempre sul sito Trenitalia; all’agenzia di viaggio che ha emesso il biglietto; presso qualsiasi biglietteria; chiamando il call center, solo per i biglietti acquistati tramite questo canale, sul sito Trenitalia e su app. Non vengono riconosciuti indennizzi di importo pari o inferiore a 4 euro.

TRASPORTO REGIONALE
Più limitato l’indennizzo per i passeggeri del trasporto regionale. In caso di ritardo tra il luogo di partenza e quello di destinazione indicati sul biglietto singolo, a tariffa 39, 39/AS e biglietti globali misti, è possibile chiedere un’indennità pari al 25 per cento del prezzo in caso di ritardo compreso tra 60 e 119 minuti (per biglietti di importo di almeno 16 euro); 50 per cento se il ritardo è pari o superiore a 120 minuti (importo di almeno 8 euro).

Basta compilare il form web disponibile sul sito Trenitalia oppure il modulo che si trova in biglietteria e sul sito e spedirlo per posta alla direzione regionale/provinciale competente per la località di destinazione del viaggio entro e non oltre un anno, allegando il biglietto in originale obliterato alla partenza e all’arrivo o, in caso di ticket elettronico, la stampa cartacea in pdf.

I RITARDI CON ITALO
Se si viaggia con Italo e il treno arriva con un ritardo tra i 60 e i 119 minuti, la compagnia riconosce un indennizzo del 25 per cento del prezzo del biglietto. Se si superano i 120 minuti, questo sale al 50 per cento. Il rimborso viene riconosciuto automaticamente entro 30 giorni tramite voucher o, se sei si è iscritti al programma Italo Più, su Borsellino Italo. In entrambi i casi la compagnia invia un’email con cui comunica l’avvenuto accredito. In caso di trasporto intermodale (Italo più Itabus), e il ritardo a destinazione è causato da un ritardo del bus, non è previsto nessun indennizzo.

23/07/2024

🟥 ECONOMIA E WELFARE: L’ASCENSORE SOCIALE IN ITALIA? È ROTTO

🔹 Le disuguaglianze ereditate (famiglia, genere, territorio, etnia) hanno un impatto maggiore sulle opportunità. A dirlo lo studio dei ricercatori Uniba e Lse

L’Italia è uno dei Paesi occidentali dove le disuguaglianze ereditate hanno un impatto più forte che altrove. Famiglia, genere, regione in cui si vive, colore della pelle sono fattori di partenza che incidono in modo straordinario sulle opportunità delle persone. Hanno in comune la circostanza di essere ereditati, cioè di essere fuori dal controllo degli individui, e giustificano insieme quasi il 40 per cento dei divari di reddito. Un livello maggiore rispetto ad altri Paesi europei come Francia, Germania, Danimarca, che ci inchioda alla stessa situazione di 20 anni fa.

DATA BASE INTERNAZIONALE
A rivelarlo è il data base internazionale “Global estimates of opportunity and mobility”, un progetto frutto di un decennio di lavoro svolto da un gruppo di ricercatori dell’università di Bari e della London School of Economics, che hanno messo sotto la lente la mobilità intergenerazionale e le disuguaglianze in 70 Paesi.

Secondo il Geom, che è accessibile online, alle disuguaglianze dei redditi si aggiungono quelle territoriali, quelle nell’istruzione e nella salute in questo caso sempre crescenti e legate a nascita e contesto. Unico ambito in cui l’Italia, come altri Paesi europei, ha registrato un processo di progressiva uguaglianza delle opportunità è quello dell’accesso all’istruzione. Un dato positivo che non è bastato a migliorare la mobilità tra generazioni sul fronte del reddito.

DISUGUAGLIANZE ED EQUITÀ
“Il data base Geom – spiega Vito Peragine, direttore del dipartimento di economia e finanza dell’università di Bari e componente del gruppo di ricerca – si focalizza sulle disuguaglianze ereditate perché si ritiene che queste siano le più rilevanti dal punto di vista etico, di giustizia sociale e di equità. Inoltre, sono anche le più nocive per la crescita e per il funzionamento del mercato e dell’economia”.

La gestazione è stata lunga. I ricercatori hanno utilizzato più di 160 banche dati diverse con dati disomogenei e senza coerenza. Il lavoro più difficile è stato rendere comparabili le stime. Il risultato è il primo database con numeri e valutazioni confrontabili.

DAL SUDAFRICA AL NORD EUROPA
“Il Paese dove le disuguaglianze sono maggiori è il Sudafrica, e questa non è una sorpresa – riprende Peragine -, come pure molti altri Paesi dell’Africa e del Sud America. In Occidente, gli Usa sono il Paese dove sono più forti le disuguaglianze delle opportunità, al di là della retorica, mentre gli Stati del Nord Europa sono quelli più egualitari”.

Secondo il Wold Inequality Database, negli Usa dal 1980 al 2022 l’1 per cento più ricco della popolazione ha raddoppiato il suo reddito passando dal 10 al 20 per cento, mentre l’1 per cento più ricco al mondo è passato dal 16 al 20 per cento di reddito.

Stesso trend in Italia dove negli stessi anni l’1 per cento più ricco della popolazione ha visto aumentare il suo reddito dal 5 al 14 (e la ricchezza dal 13 al 22). Tendenza opposta per il 50 per cento più povero, che ha visto abbassarsi il reddito dal 22 al 15 e la ricchezza dal 12 al 2 per cento nello stesso arco di tempo.

CRESCITA FERMA
“La ricerca dimostra che in Italia l’ascensore sociale è bloccato, che c’è meno mobilità rispetto ad altri Paesi occidentali – prosegue il professore dell’Uniba -. Geom guarda oltre il condizionamento rappresentato dalla famiglia di appartenenza, che è una delle circostanze ereditate, anche se piuttosto determinante. Sebbene negli ultimi decenni ci sia stato un miglioramento delle disuguaglianze di genere, che tuttora ci sono, dagli anni Settanta in poi si è registrato un generale peggioramento, dovuto soprattutto a fattori territoriali. D’altra parte la nostra crescita è ferma da trent’anni e in un’economia che non cresce è difficile che ci sia un ascensore sociale che funziona. Non è solo una questione di distribuzione di risorse, ma di investimenti su produttività e innovazione”.

LE PROPOSTE DEGLI ESPERTI
Per questo, oltre cento docenti di prestigiose università, da New York a Tel Aviv, da Parigi a Stoccolma, e in Italia Milano, Bologna, Trento, in convegno a Bari hanno lanciato un appello ai leader del G7 con una serie di proposte.

Sono quattro gli ambiti in cui bisognerebbe intervenire secondo i ricercatori: l’istruzione, che necessita di investimenti a tutti i livelli, soprattutto nella scuola primaria dove c’è maggiore inadeguatezza e nella terziaria. L’Italia è uno dei Paesi avanzati con il più basso tasso di laureati. Il secondo è quello del genere: studi sui divari ci dicono che questi sono dovuti principalmente alla maternità.

Terzo, le migrazioni: tra le disuguaglianze crescenti ci sono quelle tra i nativi e gli immigrati, la risposta sono le politiche dell’accoglienza e dell’integrazione, che renderebbero più efficiente ed equa l’economia, e si sposerebbero con un andamento democratico del Paese. Quarto: le politiche di coesione tra i territori.

IL MALE DELL’AUTONOMIA DIFFERENZIATA
“Della legge sull’autonomia differenziata penso tutto il male possibile – conclude Peragine -, perché credo che porterà danni sia alle popolazioni del Sud che a quelle del Nord, generando inefficienze e iniquità in tutta la Pen*sola. Potranno giovarsene solo le classi politiche locali, il cui interesse non è necessariamente allineato a quello delle popolazioni locali. Si affidano funzioni a livelli che non sono pronti a svolgere quei compiti e si creerà una babele di legislazioni e di burocrazia che non gioverà a nessuno”.

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18/07/2024

🟥 730, QUANDO CHIEDERE AL CAAF CGIL PER MODIFICARLO

🔹 “Se dalla nuova dichiarazione risulterà un maggior credito, potrà essere predisposto un 730 integrativo entro il 25 ottobre”

A partire da fine marzo gli uffici dei Caaf Cgil hanno assistito lavoratori e pensionati per la compilazione del modello 730/2024 e lo faranno sino al 30 settembre prossimo. In questi giorni che precedono la prima scadenza di invio delle dichiarazioni all’Agenzia delle Entrate (il termine è il 17 giugno) gli operatori stanno controllando i 730 compilati entro la prima decade di maggio, confrontando i dati inseriti sulla base dei documenti esibiti al momento della compilazione con i dati presenti nel modello precompilato dell’Agenzia delle entrate che il Caaf ha prelevato previa autorizzazione del contribuente.

“Questo ulteriore controllo è sinonimo di qualità del servizio fiscale che offriamo – afferma Monica Iviglia, presidentessa del Consorzio Caaf Cgil – perché garantisce al cittadino, prima dell’invio della dichiarazione, che tutti i redditi percepiti e gli oneri sostenuti nel 2023 siano correttamente indicati nel modello dichiarativo”.

Occorre fare molta attenzione però all’eventualità in cui il datore di lavoro o ente pensionistico abbia variato uno o più dati della certificazione dei redditi, emettendo una CU (certificazione unica) rettificata. Inoltre, nel caso in cui il contribuente fosse titolare di pensione Inps, non riceverebbe la CU per posta, ma dovrebbe scaricare il modello dal sito dell’Istituto oppure rivolgersi al Caaf che lo farebbe in sua vece.

COSA FARE IN QUESTO CASO, SE LA DICHIARAZIONE È GIÀ STATA INVIATA ALL’AGENZIA?
“Occorre – spiega il Caaf Cgil – verificare i dati modificati: se dalla nuova dichiarazione risulterà un maggior credito, potrà essere predisposto un 730 integrativo entro il 25 ottobre. Se invece le modifiche ai dati della CU comportano un minor credito o un maggior debito sarà necessario presentare un modello Redditi PF (persone fisiche) correttivo (entro il 15 ottobre) o integrativo (dal 16 ottobre in poi)”.

CHI HA PRESENTATO IL 730 PRECOMPILATO SUL SITO DELL’AGENZIA, COSA PUÒ FARE?
Può rivolgersi ai Caaf Cgil. Infatti, il 730 integrativo non può essere presentato autonomamente e non può essere richiesta l’assistenza neanche al proprio datore di lavoro o ente pensionistico che ha predisposto la dichiarazione ordinaria. “Farsi assistere nella compilazione del 730 da uno dei nostri Caaf Cgil – si legge –è sempre conveniente e molto più semplice, soprattutto perché offriamo non solo assistenza ma anche consulenza”.

“Possedete immobili in locazione? Possiamo consigliarvi sia sulla tassazione dei canoni per voi più favorevole sia assistervi per svolgere tutti gli adempimenti relativi ai contratti di locazione. Volete beneficiare delle agevolazioni per interventi di ristrutturazione o di risparmio energetico, acquisto mobili o elettrodomestici? Anche in questo caso possiamo informarvi in merito a tutti gli adempimenti in modo da usufruire delle detrazioni spettanti e non incorrere in sanzioni”.

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15/07/2024

🟥 FISCO: CGIL, CON FLAT TAX INCREMENTALE ENNESIMO FAVORE DEL GOVERNO MELONI A EVASORI

🔹 Condividiamo con i nostri questa importante dichiarazione del segretario confederale della Cgil Christian Ferrari, a commento del parere della Commissione Finanze del Senato sul decreto correttivo delle norme sul concordato preventivo biennale tra fisco e partite Iva

"Il Governo Meloni sceglie, ancora una volta, di favorire gli evasori, prevedendo una flat tax incrementale con aliquota più bassa sulla differenza tra il reddito denunciato l’anno precedente e quello della proposta di concordato preventivo", dichiara Christian Ferrari. A questo proposito, "la Cgil ha già espresso la propria contrarietà al concordato, perché è un meccanismo che favorisce gli evasori, liberandoli dall’obbligo di pagare le imposte sul reddito effettivo".

"Il parere favorevole della Commissione - sostiene il dirigente sindacale - punta a ridurre ancor più l'onere fiscale, probabilmente per incentivare ulteriormente i contribuenti a aderire a un concordato preventivo biennale che, ad oggi, sembra non riscuotere grande successo. Nulla di sorprendente: in assenza di controlli, per un evasore evadere resta sempre più conveniente che pagare qualcosa di più".

Per Ferrari "è sbagliato e inutile fare ulteriori sconti per incentivare la fedeltà fiscale: sbagliato, perché pagare le tasse è un dovere; inutile, perché l’evidenza empirica dimostra che questa strategia non aumenta affatto il gettito, come peraltro è successo con la cedolare secca".

"Quest’ultima decisione dell’Esecutivo - prosegue - rappresenta l’ennesimo insulto ai lavoratori dipendenti e ai pensionati, che pagano tutto il dovuto finanziando il welfare pubblico e universalistico di cui usufruiscono tutti, e anche a quella parte sana e onesta del mondo del lavoro autonomo e imprenditoriale che si comporta correttamente. Ci sono tutti gli strumenti tecnologici per contrastare efficacemente l’evasione fiscale, a partire dall’incrocio massivo e preventivo delle banche dati. Per utilizzarli - conclude Ferrari - serve la volontà politica, che, con ogni evidenza, questo Governo non ha".

10/07/2024

Hai familiari non autosufficienti o disabili? Puoi ottenere benefici fiscali tramite la dichiarazione dei redditi. Ottieni maggiori informazioni cliccando l'immagine 👆

Hai familiari non autosufficienti o disabili? Puoi ottenere benefici fiscali tramite la dichiarazione dei redditi.
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08/07/2024

🟥 EMERGENZA CALDO, SE VI COLPISCE SUL LAVORO ANDATE ALL’INCA

🔹 Paola Rossi dell’Inca nazionale ci spiega in cosa consistono i rischi per chi si trova a lavorare quando le temperature salgono vertiginosamente

“L’emergenza caldo comporta un rischio significativo per tutte le lavoratrici e i lavoratori che svolgono la propria attività in condizioni climatiche non adeguate. Il più grave tra i rischi è il colpo di calore che potrebbe avere conseguenze serie nel lungo periodo”. A spiegarci il pericolo legato al caldo estremo cui molte categorie di lavoratori sono esposti durante i mesi estivi è Paola Rossi dell’Inca Cgil nazionale.

“Il colpo di calore avviene di solito quando l’esposizione a temperature estreme si protrae per periodi prolungati. il colpo di calore quindi va segnalato come infortunio sul lavoro. Un altro aspetto indiretto del lavorare in condizioni climatiche estreme è la possibilità che questo diminuisca l’attenzione del lavoratore e aumenti il rischio di infortuni”.

“Il rischio legato alle estreme temperature è trasversale e riguarda sia coloro che lavorano all’aperto, sotto il sole, come gli addetti dell’edilizia, dell’agricoltura, della pesca, della logistica, sia coloro che lavorano in ambienti chiusi non correttamente climatizzati, come ad esempio gli addetti nelle cucine dei ristoranti o delle mense o coloro che lavorano nei capannoni dove spesso sono presenti anche macchinari che producono calore”.

Cosa fa l’Inca per assistere chi resta vittima delle temperature eccessive sul lavoro? “L’Inca – ci ha detto Paola Rossi – interviene per la tutela individuale delle lavoratrici e dei lavoratori che hanno subito un danno alla salute correlato all’attività lavorativa. Se ci sono i sintomi classici di un malore legato all’emergenza caldo – giramenti di testa, svenimenti, eccessiva sudorazione, per fare degli esempi – non bisogna sottovalutarli, ma ci si deve recare immediatamente al pronto soccorso e dichiarare che il malore è insorto in occasione di lavoro. Poi ci si può recare all’Inca, presentando tutta la documentazione che è stata rilasciata al pronto soccorso. L’Inca è presente su tutto il territorio nazionale con i suoi operatori e anche con i suoi medici legali convenzionati e può fare anche una valutazione su eventuali postumi legati all’evento infortunistico”.

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03/07/2024

🟥 730, BENEFICI PER FAMILIARI NON AUTOSUFFICIENTI O DISABILI

🔹 Il consiglio è di farsi assistere dai Caaf Cgil circa le spese per l’assunzione di una badante o per l’assistenza resa presso una casa di cura o di riposo

In Italia il progressivo invecchiamento della popolazione e l’aumento dell’aspettativa di vita sono ormai noti a tutti e sono in molti ad avere familiari bisognosi di assistenza continua. “Se hai un familiare che non è autosufficiente perché non riesce più a compiere le azioni quotidiane come alimentarsi, lavarsi, vestirsi o camminare autonomamente – spiega il Caaf della Cgil – puoi sostenere le spese per l’assistenza personale e godere dei benefici fiscali. Si tratta delle spese per l’assunzione di una badante o per l’assistenza resa presso una casa di cura o di riposo, sempre che la non autosufficienza risulti da certificazione medica, anche se il tuo familiare ha un reddito e non è fiscalmente a tuo carico”.

I REQUISITI STABILITI DALLE NORME
Le norme fiscali stabiliscono, però, dei requisiti per poter ottenere un rimborso: “chi sostiene la spesa – avvertono i Caaf Cgil – deve avere un reddito complessivo non superiore a 40.000 euro, le spese devono essere sostenute con strumenti di pagamento tracciabili quali bancomat, carta di credito, bonifici o assegni. La detrazione è riconosciuta nella misura del 19% su un importo massimo di spesa di 2.100 euro, quindi – se sostieni 2.100 euro di spesa – recuperi 399 euro”.

I DOCUMENTI DA PRESENTARE AL CAAF CGIL
Per beneficiare della detrazione occorre essere in possesso di determinati documenti, da presentare al Caaf e da conservare ed esibire in caso di controlli da parte dell’amministrazione finanziaria. “Se sei interessato e vuoi chiedere la detrazione tramite il 730, puoi rivolgerti al Caaf Cgil della tua città per avere tutte le informazioni utili. Se il tuo familiare è stato riconosciuto disabile o invalido nei casi di grave e permanente invalidità o menomazione, i benefici fiscali sono più consistenti in riferimento alle spese per l’assistenza specifica, anche quando sono sostenute presso un istituto di assistenza e ricovero o alle spese mediche generiche (farmaci, prestazioni mediche generiche). Le spese sono deducibili dal reddito complessivo e non sono stabiliti limiti di spesa per cui è possibile recuperare sino ad un massimo del 43% dei costi sostenuti, anche nell’interesse di familiari fiscalmente non a carico”.

Come per le altre spese che danno diritto alle detrazioni o deduzioni, occorre essere in possesso della documentazione che dimostri la disabilità o l’invalidità e gli importi di spesa sostenuti per l’assistenza specifica per i quali si ha diritto alla detrazione.

“Trattandosi di spese di importo spesso rilevante – è il consiglio degli esperti – onde evitare contestazioni da parte dell’amministrazione finanziaria, è opportuno farsi assistere dal Caaf Cgil per essere sicuri di non dover restituire la deduzione”.

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01/07/2024

🟥 FISCO. CORTE DEI CONTI: È ALLARME EVASIONE

🔹 Presentato il Rendiconto 2023: meno controlli e più illegalità. Sanità definanziata. Ferrari, Cgil: “Proseguendo così il declino economico sarà inevitabile”

I numeri non mentono: i controlli per arginare l’evasione fiscale si sono assai ridotti, e il recupero di gettito anche. Ad affermarlo è chi di numeri e conti è esperto, visto che per “missione” deve controllare spese e entrate dello Stato. Nella Relazione di presentazione del Rendiconto generale dello Stato per l’esercizio 2023 la Corte dei Conti non lascia dubbi: c’è troppa evasione e si fa troppo poco per arginarla. E il risultato macroscopico è la “sanità in crisi sistemica” che necessita per sopravvivere di “ulteriori interventi”, ovviamente di tipo finanziario.

“L’allarme della Corte dei Conti sull'evasione diffusa - afferma Christian Ferrari, segretario confederale della Cgil , va preso molto sul serio: se non si recuperano risorse contrastandola efficacemente, sarà fatale continuare a tagliare la spesa pubblica, a partire dal nostro welfare universalistico già drammaticamente definanziato, per effetto del nuovo patto di stabilità e del conseguente ritorno all'austerità”.

I DATI SCONCERTANTI
Enrico Flaccadoro, presidente di coordinamento delle Sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei Conti, è stato netto e impietoso nonostante l’asetticità della sua relazione. Esiste una “evasione diffusa che tuttora caratterizza la situazione italiana”; non quindi, o non solo grandi e grandissimi evasori, ma tanti piccoli evasori che non versano all’erario quanto dovuto magari ritenendolo – erroneamente ma confortati dall’atteggiamento di chi ci governa – “pizzo di Stato”.

Ciò che maggiormente colpisce è che – diversamente da quanto propagandato – i controlli dell’Agenzia dell’Entrate non sono affatto aumentati ma diminuiti. Gli accertamenti nel 2023 sono stati oltre 175mila contro i circa 190mila del 2022 e i 267mila del 2019. Ed è sempre Flaccadoro ad affermare che è “consistente” il numero dei contribuenti che non versano quote rilevanti delle imposte dovute e dichiarate, a fronte degli importi richiesti solo il 20%. Chi non paga? “Elevata è l’incidenza dell’Iva, che costituisce circa il 60% del non versato”, aggiunge il presidente e chi vuol capire capisca.

DIREZIONE OSTINATAMENTE CONTRARIA
Non solo: quindi i professionisti e gli autonomi godono di un regime fiscale preferenziale, visto che a loro questo governo ha donato la flat tax al 15%, ma continuano a non versare l’Iva. Il punto è quale messaggio dalle parti di Palazzo Chigi si invia al Paese, visto che se si volesse contrastare l’evasione – dice sempre la Corte – si potrebbe. Aggiunge infatti Ferrari: “Ci sono tutti gli strumenti tecnologici per riuscirci, basta la volontà di utilizzarli e di rinforzare, anche per quanto riguarda gli organici delle Agenzie Fiscali, come suggerisce la stessa Corte. Purtroppo il governo in carica sembra il meno indicato a mettere in campo politiche che incentivino la fedeltà fiscale. Non è un pregiudizio, ma una semplice constatazione delle scelte compiute in questi quasi primi due anni di mandato”.

POI I CONDONI
Fanno male, molto male. In realtà favoriscono l’evasione e rafforzano il convincimento di chi ritiene che non pagare sia furbo. Sempre Flaccadoro ha dimostrato come questa sia la triste realtà, visto che anche a seguito dei controlli documentali “le somme dovute sono versate in media meno del 30%. Un fenomeno – evidenzia – che risulta ancora più grave quando accompagna misure come le rottamazioni delle cartelle esattoriali con consistenti vantaggi per i singoli contribuenti: è il caso della rottamazione quater che, pur presentando un risultato superiore alle attese, a fronte di 6,8 miliardi riscossi, registra omessi versamenti di rate per 5,4 miliardi”.

CONTRO I CONDONI LA CGIL C’È SEMPRE STATA
Quasi l’intero gettito Irpef, oltre il 90%, è versato da lavoratrici e lavoratori dipendenti e dai pensionati: altro che sistema fiscale progressivo con cui si dovrebbe finanziare il welfare universale. Con le tasse dei lavoratori e dei pensionati si finanzia scuola e sanità per tutti, anche per gli evasori. Per questo condoni e rottamazioni sono doppiamente ingiusti. Così Ferrari: “Non solo abbiamo assistito agli innumerevoli condoni, non solo è stato approvato un concordato preventivo che finirà per cristallizzare, e quindi legalizzare, un'evasione di massa, non solo - grazie alla flat tax - a parità di reddito chi vive di salario o pensione paga più tasse degli autonomi benestanti. Il vero problema è che l’esecutivo pensa di fondare lo sviluppo del Paese sulla parte più arretrata del nostro sistema produttivo, un terziario povero che ha un tax gap del 70% (dati del Mef), una scarsa propensione agli investimenti e all'innovazione, e un'occupazione precaria e mal pagata. Proseguendo lungo questa strada, il declino economico sarà inevitabile, così come la riduzione e il peggioramento dei servizi garantiti ai cittadini”.

SANITÀ IN CRISI SISTEMICA
Da tempo la Confederazione di Corso di Italia ha lanciato l’allarme, occorre portare il Fsn al 7,5% del Pil. Meloni e il suo governo, invece, continua a definanziarlo, raccontando però oltro. anche gli ultimi provvedimenti, quello sulle liste di attesa altro non sono che propaganda. E i nodi vengono al pettine come le falsità. Al richiamo della Corte, risponde Daniela Barbaresi, segretaria nazionale della Cgil: “ Una nuova sonora bocciatura da parte della Corte dei Conti delle condizioni della sanità pubblica nell'era Schillaci-Meloni.

Un Ssn in condizioni di "crisi sistemica" e afflitto fa numerosi problemi che costringono le persone alle lunghe liste d'attesa. Una crisi accentuata dalla carenza di personale, non adeguatamente remunerato e valorizzato al quale il Governo non sembra affatto intenzionato a dare risposte serie. Netto il monito del Procuratore generale della Corte dei Conti: occorrono decisioni e investimenti non più rinviabili per garantire effettività al diritto alla salute delle persone”.Le conclusioni della segretaria sono ineludibili: “serve una netta inversione di rotta nelle scelte del Governo. Per garantire alle persone di stare in salute e curarsi quando malate serve evitare il collasso del Ssn sempre più imminente, e con esso la privatizzazione della sanità e della salute. Vanno garantite le necessarie risorse economiche, professionali e organizzative. Insomma, servirebbe un Governo meno inadeguato e spregiudicato che si prepara a fare lo spezzatino del Paese e delle persone”.

IL FISCO DELLA COSTITUZIONE
Da tempo unitariamente Cgil Cisl e Uil hanno presentato una riforma fiscale coerente con la Carta del ‘48, ma sembra che nessuno se ne sia accorto e lo ricordi. Per questo la conclusione del segretario confederale è netta: “La Cgil continuerà a battersi per un modello di sviluppo diverso, in cui il lavoro venga tassato meno di rendite e profitti, in cui sia rispettato il principio della progressività fiscale sancito dalla Costituzione, in cui lo stato sociale sia rafforzato e non indebolito, in cui la crescita economica sia ambientalmente e socialmente sostenibile".

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