Studio Martella - Consulente Del Lavoro
Amo la mia attività di Consulente del Lavoro che svolgo con precisione ed estrema attenzione verso i miei clienti
La mia attività si concentra nel campo del lavoro e a Roma e provincia. In questo contesto il mio Studio di Consulenza offre ai propri Clienti la competenza necessaria in tutti i campi relativi alla materia lavoro sotto i profili del management e della gestione affiancando gli imprenditori e/o i responsabili risorse umane e/o i loro consulenti. Elaborazione Buste Paga e Contributi
Un’area di serv
Ci risiamo: con la ripresa delle attività, torna puntuale anche il dibattito sulla riforma pensioni.
Come sempre, anche stavolta si scontrano esigenze contrapposte: da un lato la pensione anticipata, dall’altra la copertura delle risorse finanziarie.
Tra le ipotesi attualmente al vaglio segnaliamo le finestre mobili più lunghe per la pensione anticipata. L’ipotesi è quella di estendere la finestra, che attualmente è di 3 mesi, a 6-7 mesi, indipendentemente dall’età. Se questa misura venisse confermata, gli uomini potrebbero uscire a 43 anni e 4-5 mesi di contributi mentre le donne dopo 42 anni e 4 mesi.
Ancora, si discute circa l’estensione del metodo di calcolo contributivo per tutte le pensioni anticipate.
Infine, per gestire al meglio la preoccupante situazione pensionistica dei giovani italiani, tra le novità potrebbe esserci l’obbligo di una previdenza complementare. Si tratterebbe, in pratica, di destinare una quota del TFR ai fondi pensione: in questo modo si potrebbe garantire una pensione congrua ai giovani contestualmente ad una uscita dal mondo del lavoro in tempi idonei. Per restare aggiornato seguimi oppure contattami per una consulenza!
La Corte Suprema ha respinto il ricorso di Cotral relativo alla contestazione disciplinare verso un dipendente. Il caso riguardava un lavoratore che aveva subìto una contestazione disciplinare il 9 febbraio 2019 perché il 9 dicembre 2018 non aveva avvertito gli addetti al servizio di zona (ade) del ritardo accumulato dal bus. L’azienda ha proposto il ricorso negando il ritardo nella contestazione.
La Suprema corte rigetta il ricorso e ricorda che il principio di immediatezza della contestazione è fondamentale per non compromettere il diritto alla difesa del lavoratore.
Secondo gli Ermellini, infatti, la ratio di questa disposizione risiede nella correttezza del rapporto di lavoro e nella buona fede.
In caso contrario, viene resa difficile la difesa del dipendente, procrastinando altresì l’incertezza del rapporto di lavoro.
Nel caso specifico, il ritardo nella notifica è stato considerato eccessivo e non giustificato da una eventuale complessità organizzativa.
La sezione lavoro afferma che la corte di appello ha ritenuto che la tempistica intercorsa fosse tale da far escludere una ragionevole tempestività da parte della Società.
📌Il ritardo, insomma, non deve essere irragionevole e le aziende devono rispettare i tempi nelle azioni disciplinari per evitare decisioni sfavorevoli in tribunale.
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Con la sentenza n. 32770 del 21 agosto 2024 la Cassazione intende giungere ad una più efficace repressione dei comportamenti vessatori negli ambienti di lavoro.
Secondo gli Ermellini, infatti, chi esercita il mobbing in maniera reiterata può infondere nel lavoratore uno stato di ansia o timore al
pari di un vero e proprio stalking.
È innegabile, infatti, che atteggiamenti di tal sorta minano la serenità del luogo di lavoro trasformandolo in un ambiente ostile.
Al contrario, è davvero molto importante garantire un ambiente sicuro e rispettoso.
Per tale motivo, i datori di lavoro sono esortati a prendere provvedimenti per contrastare qualsiasi forma di mobbing assicurandosi anche che il personale sia informato sulle nuove
norme.
I lavoratori vittime di stalking potranno denunciare questi comportamenti e sono previste sanzioni severe per chi viola le nuove
disposizioni.
Lo sapevi?
Ecco i miei recapiti per approfondire questo interessante ed attuale
argomento
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Dal 1° settembre, sono entrati in vigore nuovi bonus per le assunzioni, un’ottima notizia per le aziende. Gli incentivi per le assunzioni, in particolare, si rivolgono ai lavoratori considerati svantaggiati e consistono in agevolazioni contributive per l’inserimento stabile di disoccupati di età inferiore a 35 anni per assunzioni avviate tra il 1° settembre 2024 e il 31 dicembre 2025
Si tratta di 4 nuovi bonus:
- bonus giovani under 35 (art. 22 del D.L. 7 maggio 2024 n. 60 convertito con modificazione dalla Legge 04 luglio 2024 n. 95): una decontribuzione al 100%, con un beneficio di 500€ al mese per due anni per chi assume a tempo indeterminato giovani under 35 privi di esperienze lavorative a tempo indeterminato per la cui applicazione tuttavia si è in attesa del decreto attuativo, dell’avallo della commissione Europea e delle circolari INPS;
- Bonus ZES under 35 (art. 24) (Zone Economiche Speciali): un bonus da 650€ al mese per le assunzioni a tempo indeterminato instaurate alle medesime condizioni del Bonus Giovani ma portato in dote da coloro che vivono nelle zone del mezzogiorno per la cui applicazione si è in attesa del decreto attuativo, dell’avallo della commissione Europea e delle circolari INPS;
- Bonus Donne (art. 23) : previsti 650€ al mese per una decontribuzione totale del 100% per massimo due anni a chi assume a tempo indeterminato donne disoccupate da 24 mesi oppure da 6 se appartenenti alle zone del mezzogiorno per la cui applicazione si è in attesa del decreto attuativo e delle circolari INPS.
- Bonus Under 35 (art. 21): 800€ al mese per 3 anni per ogni dipendente assunto a tempo indeterminato da start up impegnate in settori strategici che avviano l’attività dal 1° luglio al 31 dicembre 2025.
Le richieste per accedere agli incentivi sono state semplificate rendendo il processo più veloce per le aziende. Si tratta di opportunità importanti per rinvigorire il mercato del lavoro e promuovere la crescita economica.
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Arrivano più certezze sui licenziamenti: vediamo insieme il regime di tutela per il licenziamento economico con le varie condizioni:
Se mancano gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo il giudice condanna il datore al pagamento di un’indennità determinata dalla sentenza, tra 6 e 36 mensilità. Il rapporto viene dichiarato estinto dal giudice alla data del licenziamento;
- se il licenziamento è giustificato con motivo oggettivo e non ci sono violazioni del repechage il giudice dichiara valido il licenziamento e non sono previsti né indennità né contribuzioni;
- Invece se il licenziamento è sempre giustificato dal motivo oggettivo ma vi è una violazione del repechage il giudice condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità tra 6 e 36 mensilità, la contribuzione non è dovuta.
Al contrario, se il licenziamento è con insussistenza del fatto posto a motivazione il giudice dichiarerà nullo il licenziamento, provvedendo alla reintegrazione del lavoratore e condannerà il datore di lavoro al pagamento di un’indennità non superiore a 12 mensilità dall’ultima e sarà previsto anche il pagamento della contribuzione.
Conoscevi queste dinamiche?
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Può succedere che il medico del lavoro dichiari un dipendente non più idoneo a svolgere le mansioni a lui assegnate. In questi casi si può rischiare il licenziamento. Vediamo insieme il caso
La normativa (art.41 comma 6 d.lgs. N.81/2008) dispone che il datore di lavoro debba prevedere il controllo dell’idoneità al lavoro del dipendente tramite il medico competente per la sorveglianza sanitaria. Si tratta, in pratica, dell’insieme delle visite effettuate al momento dell’assunzione e, poi, periodicamente ogni anno. Dopo la visita, il medico potrà decidere se il lavoratore è idoneo o meno e, in questo secondo caso, il grado di quest’ultimo (permanente, temporanea, ecc.)
In caso di inabilità, il datore dovrà provare a collocare il lavoratore a mansioni equivalenti o inferiori, se queste non vi sono, garantendogli comunque un trattamento corrispondente alla mansione originaria. Secondo una recente sentenza la Cassazione ha precisato che il datore deve verificare la possibilità di
adottare soluzioni ragionevoli per consentire al dipendente di svolgere il lavoro.
Il licenziamento può incombere nel caso di uno stato di malattia tale da non permettere una prognosi sulla durata. Il datore non può essere costretto a mantenere un dipendente che non può lavorare. Tuttavia, sarà sua premura effettuare una doppia verifica prima di procedere al licenziamento.
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Il mese di luglio prevede il pagamento di una somma aggiuntiva anche per i pensionati: la quattordicesima. Non va confusa con quella erogata in busta paga che viene corrisposta se prevista dal CCNL.
La somma aggiuntiva spetta:
- ai titolari di uno o più trattamenti pensionistici a carico dell’Assicurazione Generale Obbligatoria;
- A chi ha almeno 64 anni;
- A chi ha reddito complessivo fino a due volte il trattamento minimo annuo del Fondo Lavoratori
Dipendenti, pari a 1127 euro.
La somma viene liquidata sulla rata pensionistica di Luglio - per chi ha i requisiti. entro il 31 luglio, per chi li perfeziona dal 1° agosto al 31 dicembre 2024 la rata verrà accreditata a dicembre. I pensionati possono verificare il pagamento della quattordicesima sul cedolino della pensione nella apposita voce.
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La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 17.004/2024 apre il dibattito sul tema del controllo da agenzie di investigazione appositamente incaricate dal datore di lavoro alla ricerca dei dipendenti fannulloni.
Con questa recente ordinanza la Corte di Cassazione stabilisce che il datore non può far spiare i dipendenti da soggetti terzi per controllarne la prestazione lavorativa. Il caso riguarda l’accettazione del ricorso, da parte della Suprema Corte, di un dipendente licenziato. Gli Ermellini hanno ritenuto illegittimo il licenziamento. Vediamo perché.
L’articolo. 3 della L.300/1970 determina il potere dell’imprenditore di controllare sia direttamente sia tramite l’organizzazione gerarchica che fa capo a lui, l’adempimento delle prestazioni lavorative, ad una condizione: che comunichi i nominativi e le mansioni specifiche del personale che è addetto alla vigilanza. Questo è l’unico modo in cui può avvenire il controllo: mettendo il dipendente a conoscenza di coloro che effettuano i controlli.
Insomma, se il dipendente conosce i nominativi dei soggetti preposti al controllo, questo può avvenire anche occultamente.
Attenzione però: come hanno esattamente ribadito di giudici della Suprema Corte “ il controllo non può riguardare, in nessun caso, né l'adempimento, né l'inadempimento dell'obbligazione contrattuale del lavoratore di prestare la propria opera, essendo l'inadempimento stesso riconducibile, come l'adempimento, all'attività lavorativa, che è sottratta alla suddetta vigilanza”, di conseguenza “il controllo delle agenzie investigative deve limitarsi agli atti illeciti del lavoratore non riconducigli al mero inadempimento dell'obbligazione contrattuale".
La Cassazione con l’ordinanza n. 8070/202 si è pronunciata sulla responsabilità di Poste Italiane con riferimento ai danni che derivano da una ritardata o mancata consegna della spedizione.
Al centro della sentenza vi è una società, la quale Partecipava ad una gara di appalto del comune inviando la propria offerta proprio tramite il servizio postale di competenza, scegliendo il servizio più rapido che garantiva la consegna in un giorno.
Nonostante le garanzie di spedizione, il plico ha raggiunto la destinazione dopo 5 giorni, superando così il termine ultimo di gara e determinando l’esclusione della società.
Quest’ultima, pertanto, ha agito contro Poste Italiane richiedendo il risarcimento del danno subito. In appello i giudici stabilirono che le poste non potessero essere condannate a risarcire i danni, mentre il ricorso in Cassazione ribalta la sentenza prevedendo una responsabilità per i casi di ritardata consegna.
Pertanto, qualora Poste Italiane non provi che il ritardo è determinato da una causa ad essa non imputabile è tenuta al risarcimento del danno derivante dal mancato recapito della spedizione. Sempre secondo gli Ermellini, l’imprevedibilità del danno non può costruire un limite all’esistenza dello stesso, semmai soltanto la misura del suo ammontare.
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La Cassazione ha ritenuto illegittimo il licenziamento di un lavoratore in congedo straordinario di 2 anni il quale prestava assistenza alla madre solo nelle ore notturne mentre dedicava il giorno ad altre mansioni.
Il diritto ai permessi retribuiti previsti dalla L. 104/1992 (art. 33) e il congedo biennale straordinario, previsto dall'art. 42, comma 5, D. Lgs. 151/2001 sono due delle misure previste per la piena assistenza del disabile.
Facciamo una doverosa premessa. Il legislatore non fornisce indicazioni restrittive circa il luogo dove deve essere prestata l’assistenza: il luogo può essere ovunque, purché però sia funzionale al miglioramento delle condizioni del disabile.
La Cassazione, nella fattispecie, ha ritenuto insufficiente l’assenza diurna dalla casa della madre per confermare l’accusa di abuso del diritto da parte del lavoratore. La donna, infatti, soffriva di insonnia e tendenza alla fuga e per tali motivi richiedeva una vigilanza attiva del figlio durante tutta la notte.
Secondo gli Ermellini, quindi, il comportamento tenuto dal lavoratore è stato ritenuto del tutto compatibile con le finalità dell’assistenza richiesta.
Né, secondo la Suprema Corte, si può ritenere che l’assistenza debba essere esclusiva al punto tale da non consentire a chi la eroga di avere del tempo per le proprie necessità personali, familiari e per il riposo e il recupero delle proprie energie psico-fisiche.
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Secondo la normativa italiana l’orario di lavoro è il periodo di tempo che una persona dedica al lavoro per cui si è retribuiti.
Per questo motivo il datore di lavoro ha l’obbligo di pagare lo stipendio al proprio dipendente per la durata del tempo che questi trascorre nei luoghi di lavoro.
La Cassazione con l’ordinanza n. 14848 depositata il 28 maggio u.s. si è espressa proprio su questo punto.
Secondo gli Ermellini, infatti, ogni minuto passato all’interno dell’azienda va retribuito e non soltanto quello in cui viene effettivamente svolta l’attività lavorativa.
Questo lasso di tempo comprende tutti quei minuti extra che vanno: dal momento della timbratura fino all’effettivo inizio dell’attività, il tempo per uscire dall’azienda dopo aver concluso l’attività, il tempo per il cambio tuta o cambio divisa: tutto questo deve anch’esso rientrare nell’orario di lavoro.
Facciamo un passo indietro ed esaminiamo la vicenda fin dal principio
La Corte d’appello di Roma, dichiarava il diritto degli appellanti alla retribuzione di quanto da loro richiesto ovvero
• cinque minuti giornalieri: dalla timbratura del cartellino al tornello posto all’ingresso fino al termine della procedura di log on;
• cinque minuti giornalieri che decorrono dal completamento della procedura di log off fino alla timbratura del cartellino al tornello situato all’uscita.
Dal momento che in secondo grado il datore di lavoro veniva condannato a pagare tre distinte somme aggiuntive ai suoi dipendenti, la vicenda è approdata in Cassazione.
La Suprema Corte ha confermato il diritto alla retribuzione di tutto il tempo che i lavoratori trascorrono all’interno dell’azienda, compreso quello in cui il lavoratore non svolge le mansioni per le quali è stato assunto/a.
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👉Con la sentenza n. 11870 del 2 maggio 2024 la Corte di Cassazione stabilisce che il demansionamento dà luogo ad un illecito permanente che comporta il reintegro ed il risarcimento del dipendente.
⏩️In particolare, gli Ermellini analizzano un caso specifico di demansionamento avvenuto nel 2013, prima del c.d. Jobs Act (d.lgs. n. 81/2015) anche se poi l’illecito si è protratto successivamente all’entrata in vigore del nuovo art. 1203 del c.c..ed i giudici si sono pronunciati dopo il 2015.
🔺Ecco cosa è accaduto sul piano normativo. In generale, il demansionamento si ha quando il datore assegna il lavoratore a mansioni “inferiori”.
👉Prima del Jobs Act il datore poteva adibire il dipendente a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza dover diminuire la retribuzione: in pratica, il demansionamento era considerato illegittimo solo se realizzato in violazione del principio dell’equivalenza.
Il Jobs Act, invece, è intervenuto modificando l’art. 1203 c.c. pertanto, nella nuova formulazione, il lavoratore deve essere adibito alle “mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte”
Dunque, non si fa più riferimento alla nozione di mansioni equivalenti. In pratica, mansioni che in passato potevano essere qualificate come “inferiori”, potrebbero ora non essere più considerate tali in base alla nuova formulazione dell’art. 1203 c.c.
In base al nuovo art. 1203 c.c. il datore ha la facoltà di demansionare il lavoratore, anche senza il suo consenso, ma solo in particolari ipotesi tra cui, ad esempio, in caso di modifica dell’ assetto organizzativo aziendali. Nel caso di specie, occorre dividere la posizione della dipendente tra prima e dopo
l’entrata in vigore del nuovo art. 1203 c.c. Il nuovo art. 1203 c.c. trova applicazione per la condotta posta in essere sotto la sua
vigenza e le nuove mansioni attribuite alla lavoratrice, che prima erano qualificabili come “inferiori”, ora sono riconducibili al livello di inquadramento di appartenenza. Dunque, non avviene la reintegrazione nelle mansioni svolte fino al 2013, dal momento che le successive sono da ritenersi lecitamente assegnate da giugno 2015.
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Il 7 maggio scorso è stato pubblicato in gazzetta il decreto coesione che introduce una serie di sgravi contributivi dal 1 settembre 2024 al 31 dicembre 2025.
Nello specifico gli sgravi riguarderanno le assunzioni di giovani under 35, donne svantaggiate e assunzioni effettuate nelle regioni della Zona Speciale unica per il Mezzogiorno.
Il bonus giovani prevede l’esonero del 100% dei contributi previdenziali a carico del DDL, fino ad un massimo di 24 mesi, per le assunzioni dal 1 settembre 2024 al 31 dicembre 2024 di soggetti under35 (non Dirigenti) che non hanno mai avuto un impiego a tempo indeterminato. Le condizioni di spettanza sono:
- limite massimo mensile di 500 euro al mese per ciascun lavoratore residente nel territorio nazionale;
- Limite massimo di 650 euro al mese per ciascun lavoratore se l’assunzione riguarda una delle regioni tra: Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna.
Il bonus per le donne prevede un’esenzione del 100%, per un periodo massimo di 24 mesi, dal versamento dei contributi previdenziali dovuti dal DDL nel limite massimo di 650 ero al mese, per ciascuna dipendente assunta a tempo indeterminato dal 1 settembre 2024 al 31 dicembre 2025. Per le donne le condizioni sono:
- donne di qualsiasi età, residenti nella zona del mezzogiorno e disoccupate da almeno 6 mesi;
- Donne di qualsiasi età disoccupate da almeno 24 mesi residenti ovunque nel territorio nazionale.
L’esonero non è cumulabile e può essere revocato se il lavoratore assunto con bonus venga licenziato nei sei mesi successivi.
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Il decreto PNRR (D.L. n. 19/2024, convertito, con modificazioni, in legge n. 56/2024) tra le varie disposizioni modifica le sanzioni per i casi di impiego per i lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione del rapporto instaurato.
Nello specifico è previsto un incremento al 30%, raggiungendo così i nuovi importi, ecco quali: 👇👇
👉 da 1.950 fino a 11.700 euro per ciascun lavoratore che risulti irregolare per un impiego effettivo di 30 giorni;
👉 da 3.900 a 23.400 euro per ciascun lavoratore che risulti irregolare per un tempo di lavoro effettivo pari a 31 giorno fino a 60:
👉 da 7.800 a 46.800 per ciascun lavoratore irregolare per un impiego effettivo superiore a 60 giorni.
Se il lavoratore irregolare risultasse essere minore in età lavorativa, straniero, percettore di RDC o beneficiario dell'Assegno di inclusione o del Supporto per la formazione e il lavoro tali sanzioni subiranno un ulteriore aumento del 20%.
Importante! Il decreto conferma il raddoppio delle percentuali di maggiorazione se il datore di lavoro, nei tre anni precedenti, è stato destinatario di sanzioni amministrative o penali per i medesimi illeciti
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Il 1° maggio è stato pubblicato in gazzetta ufficiale il decreto PNRR: cosa prevede? Vediamo insieme alcune interessanti misure che riguardano il mondo del lavoro.
- Dal 1° ottobre 2024 le imprese e i lavoratori autonomi operano nei cantieri temporanei o mobili sono tenuti al possesso della patente per la qualificazione.
- Restano esclusi coloro che effettuano attività di natura intellettuale
La patente viene rilasciata in formato digitale dall’Ispettorato del Lavoro previo accertamento della sussistenza dei seguenti requisiti
iscrizione alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura;
adempimento, da parte dei datori di lavoro, dei dirigenti, dei preposti, dei lavoratori autonomi e dei prestatori di lavoro, degliobblighi formativi previsti;
possesso del DURC in corso di validità;
possesso del documento di valutazione dei rischi;
possesso della certificazione di regolarità fiscale (DURF), nei casi previsti dalla normativa vigente;
avvenuta designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, nei casi previsti dalla normativa vigente
In caso di dichiarazione non veritiera sulla sussistenza dei requisiti inchiesti è prevista la revoca della patente. Questa ha 30 punti e si potrà operare se si hanno almeno 15 crediti. I punti possono essere decurtarti se ci sono dei provvedimenti definitivi.
- il DURC e le relative agevolazioni vengono rilasciate se si rispettano le norme di tutela delle condizioni di lavoro e di salute e sicurezza, oltre che al rispetto del CCNL.
Interessante segnalare l'introduzione dell'art. 1175-bis alla L. 27 dicembre 2006, n. 296 che prevede la possibilità di accesso ai benefici contributivi anche nel caso di successiva regolarizzazione entro i termini indicati dagli organi di vigilanza.
Viene confermata la “Lista di Conformità INL” a cui sono iscritte, previo consenso dei datori di lavoro, le aziende “virtuose” ovvero quelle aziende nei confronti delle quali, a seguito di accertamenti ispettivi in materia di lavoro e di legislazione sociale, non siano emerse violazioni o irregolarità. Tale iscrizione ovviamente non precluse ulteriori verifiche nei 12 mesi successivi.
Per quanto riguarda le violazioni contributive, in caso di mancato o ritardato pagamento di contributi o premi, il cui ammontare è rilevabile dalle denunce e/o registrazioni obbligatorie viene previsto il pagamento di una sanzione civile che è pari al tasso ufficiale maggiorato di 5,5 punti.
Questa maggiorazione non è prevista se il pagamento dei contributi o premi è effettuato entro centoventi giorni, in unica soluzione, prima di contestazioni o richieste da parte degli enti impositori.
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Telelavoro transfrontaliero: ecco tutto ciò che c’è da sapere alla luce delle novità.
Lavoro transfrontaliero: l’INPS con il messaggio n. 1072/2024 del 13 marzo scorso, fornisce le indicazioni per la presentazione delle domande per il rilascio del certificato di legislazione applicabile.
Questo perché il 28 dicembre 2023 l’Italia ha aderito al nuovo accordo multilaterale europeo in materia di frontalieri e telelavoro che è valido per le assicurazioni sociali.
Cosa si intende per telelavoro transfrontaliero? Una attività lavorativa che può essere svolta da un qualsiasi luogo e può essere eseguita presso i locali o la sede del datore di lavoro.
È fondamentale che presenti alcune caratteristiche peculiari tra cui:
- L’attività lavorativa deve essere svolta in uno o più Stati membri diversi da quello in cui sono situati i locali o la sede del datore di lavoro;
- L’attività deve basarsi su tecnologie informatiche che permettono di rimanere connessi con l’ambiente di lavoro del datore di lavoro o dell’azienda e con le parti interessate o i clienti, questo con lo scopo di svolgere i compiti assegnati dal datore di lavoro, nel caso dei lavoratori dipendenti, o dai clienti, in caso di lavoratori autonomi
La novità dal 1° gennaio 2024 è che la persona che svolge abitualmente telelavoro transfrontaliero nello Stato di residenza per un tempo di lavoro complessivo inferiore al 50%, possa essere assoggettata alla legislazione di sicurezza sociale dello Stato in cui il datore di lavoro ha sede legale o domicilio.
Chi sono i soggetti interessati? Tutti quei lavoratori dipendenti che svolgono abitualmente telelavoro transfrontaliero purché
-la loro residenza sia in uno Stato firmatario e
-la sede legale o il domicilio dell’impresa o del datore di lavoro siano situati in un altro stato firmatario
Le richieste di deroga possono riguardare soltanto periodi successivi alla data di entrata in vigore dell’accordo e vanno presentate nello Stato membro alla cui legislazione il lavoratore chiede di essere assoggettato.
In tal caso, la legislazione può essere applicata per un periodo massimo di 3 anni alla volta, prorogabile previa presentazione di una nuova richiesta.
Le istanze possono avere effetto retroattivo soltanto in casi eccezionali previsti dall’accordo es. quando il periodo precedente la data di presentazione della richiesta non superi i tre mesi oppure la richiesta venga presentata entro il 30 giugno 2024 e il periodo precedente la data di presentazione della stessa non superi i 12 mesi
In questo caso è necessario che nel periodo indicato siano già stati versati i contributi di sicurezza sociale oppure che il lavoratore sia stato coperto dal regime di sicurezza sociale dello Stato interessato.
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⏩️Dal 1° aprile lo Smart working è tornato alle regole ordinarie. Cosa cambia?
🔺Da questo mese, i datori di lavoro pubblici e privati, a fronte di più richieste di Smart working, possono valutarne la concessione in base alle proprie esigenze, dando però priorità a:
- genitori con figli under 12 o disabili
- Dipendenti con disabilità grave
- caregiver.
La condizione necessaria però è che l’azienda abbia applicato il lavoro agile.
Come si procede allora?
Attraverso un accordo con l'azienda, senza regimi semplificati o vie brevi. L'accordo aziendale, a cui segue quello individuale, deve riportare:
la durata, le modalità di alternanza, i luoghi eventualmente esclusi per lo svolgimento dello smart working, gli aspetti relativi alla condotta del dipendente e al potere direttivo dei dirigenti nei momenti di smart working, modalità e utilizzo degli strumenti di lavoro, i tempi di riposo e le misure per assicurare la disconnessione, le modalità di controllo della prestazione fuori dai locali aziendali, la formazione eventualmente necessaria e le modalità di esercizio dei diritti sindacali.
Una volta siglato l'accordo, i datori di lavoro del privato dovranno comunicare al ministero del Lavoro l'inizio del periodo di smart working entro i 5 giorni successivi l'inizio della prestazione da remoto.
Importante: non è più previsto il diritto al cambio della mansione: l’occupazione deve essere compatibile con il lavoro agile.
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Figli a carico: l’assegno unico arriva nella Dichiarazione 2024
📣 Nella precompilata del 2024 arriva anche l’assegno unico per i figli a carico, i cui dati sono trasmessi dall’Inps all’agenzia delle entrate.
⏩️ L’INPS trasmetterà autonomamente in via telematica all’agenzia i dati relativi ai familiari: l’invio dovrà essere fatto entro il 16 marzo dell’anno successivo a quello di erogazione.
👉 Per l’anno corrente viste le tempistiche stringenti, in situazioni particolari (es. quando la domanda per l’assegno è presentata dallo stesso minore di 21 anni, o dal tutore o genitore adottivo o affidatario) l’invio seguirà ben precise modalità allegate alla comunicazione anziché attraverso la Certificazione unica.
📣 Ricordiamo che, al contrario del 2022, per il 2023 si applica l’assegno per l’intero periodo di imposta, le detrazioni per i figli a carico spettano solo per i figli con 21 anni o più; non sono più previste detrazioni per i figli minorenni e le maggiorazioni per i disabili, sostituite dall’assegno.
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È possibile lavorare pur essendo in pensione con quota 103?
Per rispondere a questa domanda è necessario fare prima chiarezza e descrivere in breve cos’è la pensione .
Si tratta della possibilità di accedere ad una pensione anticipata che era stata precedentemente pensata solo per il 2023 ma ha avuto una proroga anche per il 2024.
I requisiti per l’anno attuale sono diversi da quelli del 2023:
- nello specifico, la quota viene calcolata solo con il sistema contributivo;
- Le finestre di ingresso sono più lunghe e sono pari a 7 mesi dalla data di maturazione dei requisiti per i dipendenti privati e 9 mesi per quelli pubblici;
- Il tetto massimo dell’importo della pensione non può essere superiore a 4 volte il trattamento minimo previsto e comunque non superiore ai 2.394 euro mensili lordi fino al 67esimo anno di età.
Tuttavia, la quota 103 non è cumulabile con i redditi da lavoro dipendente e autonomo.
Pertanto, non è possibile continuare a lavorare dopo la pensione fino a quando il soggetto non raggiunge l’età pensionabile e quindi i 67 anni di età.
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