Pillole di Storia

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L'unico volto tra le maschere
L'unico volto tra le maschere

Rivista storica

17/09/2023

Pasquale Di Fraia Avvocato, ambientalista, è presidente de LaPrimaVeraPozzuoli e tifoso azzurro.

19/07/2023

"Sapeva che dopo Giovanni Falcone sarebbe toccato a lui. L’aveva capito. Al punto da non voler essere baciato né da me, né dai suoi figli. Ci stava preparando al distacco. Due giorni prima di morire, mio marito aveva un desiderio. Mi disse: «Andiamo a Villagrazia, da soli, senza scorta». Non era un marinaio esperto, ma nuotava benissimo, perché solo nel mare si sentiva libero. Incontrammo un amico, che ci offrì una birra. Poi Paolo volle fare una passeggiata in riva al mare. E non c’erano sorrisi sul volto di Paolo, solo tanta amarezza. «Per me è finita. Agnese, non facciamo programmi. Viviamo alla giornata». Mi disse che non sarebbe stata la mafia a decidere la sua uccisione, ma sarebbero stati alcuni suoi colleghi e altri a permettere che ciò potesse accadere.
Amore mio, eri rassegnato. Qualche giorno prima, avevi chiamato al palazzo di giustizia padre Cesare Rattoballi, per confessarti. Poi, sabato, hai baciato uno a uno i colleghi a te più cari. Domenica, alle cinque, non c’eri più."

Agnese Piraino Leto Borsellino

Pillole di Storia Rivista storica

01/03/2022

"La demonizzazione di Putin non è una politica, ma l’alibi per l’assenza di una politica" (H. Kissinger, 2015)

La Crisis de Octubre del 1962 fu uno dei momenti più critici della Guerra Fredda. Il mondo vide la Russia posizionare propri missili sull’isola di Cuba, in risposta al posizionamento di missili statunitensi in Turchia. Il generale Curtis LeMay (Capo di stato maggiore dell'aviazione degli Stati Uniti), disse: "Attacchiamo e distruggiamo completamente Cuba".

Soltanto un accordo tra Kennedy e Chruščёv, con un passo indietro di quest’ultimo e lo smantellamento dell’armamento a Cuba, scongiurò una guerra nucleare.

Ci troviamo oggi in un caso purtroppo analogo, tuttavia ribaltato.

Già nella miniserie televisiva statunitense “The Putin Interviews”, prodotta da Oliver Stone e messa in onda nel 2017, in diverse interviste registrate tra il 2015 e il 2017 Putin annunciava come l’annessione alla NATO di un Paese ai confini della Russia, come l’Ucraina, non sarebbe stato tollerato.

La miopia dell’Europa che ruolo ha avuto in questa follia omicida di Putin? La reazione degli Stati Uniti nella Crisi di Cuba quanto si discosta dalla reazione di Putin nella Crisi Ucraina? E soprattutto, cosa pensate leggeremo nei libri di storia fra qualche anno?

19/01/2022

Oggi Paolo Borsellino avrebbe compiuto ottantadue anni. Ne aveva cinquantadue quando Cosa nostra lo uccise insieme ai suoi cinque agenti di scorta.

“Ricordo ciò che mi disse Ninni Cassarà allorchè ci recavamo assieme sul luogo dove era stato ucciso il dott. Montana. Mi disse: convinciamoci che siamo cadaveri che camminano.
Ho sempre accettato le conseguenze del lavoro che faccio. Lo accetto perché ho scelto di farlo e sapevo dall’inizio di dover correre questi pericoli. So che tutti noi abbiamo il dovere morale di continuarlo a fare senza lasciarci condizionare dalla sensazione, o financo dalla certezza, che tutto questo può costarci caro.”

13/01/2022

ACCADDE OGGI:

Nonostante fosse una delle navi da crociera più grandi al mondo, nella rigida notte del 13 gennaio 2012 la Costa Concordia a causa di una manovra azzardata colpì uno scoglio di fronte all'isola del Giglio, in Toscana, imbarcando acqua ed inclinandosi pericolosamente da un lato. L'incidente portò alla morte 32 persone tra equipaggio e passeggeri.

Giuseppe Girolamo, originario di Alberobello, era un batterista 29enne, che nel gennaio del 2012 si imbarcò come parte dell'equipaggio della nave da crociera Costa Concordia.

Antonella Leonardi, imbarcatasi con la famiglia, aveva compreso presto insieme al marito che occorreva scendere dalla nave rapidamente, temendo soprattutto per i suoi bambini. L’inclinazione inusuale della nave non permetteva ai funzionari di Costa Crociera di prendere le scialuppe di salvataggio né di metterle in acqua.

Antonella racconta che un «uomo alto, bello, con un po’ di barba e baffi, coi capelli lunghi neri›› non esitò e si è offrì di aiutarla. Pur sapendo di non saper nuotare, mentre si accingeva a salire nella scialuppa, Giuseppe, vedendo Antonella con i suoi due gemelli di 3 anni, decise di cedere il proprio posto. Questo gesto salvò l'intera famiglia di Antonella, portando purtroppo Giuseppe a rimanere per sempre su quella nave.

02/01/2022

Il 2 gennaio 1914 nasceva a il sindacalista Placido Rizzotto, medaglia d'oro al merito civile. Fu rapito e poi barbaramente assassinato da Cosa nostra il 10 marzo 1948 e a quell'omicidio assistette il piccolo Giuseppe Letizia, di appena tredici anni, che il giorno dopo venne ucciso con un'iniezione letale. Entrambi puniti da quei pezzi di m***a dei mafiosi nel peggiore dei modi: Rizzotto per il suo impegno a favore del movimento contadino, il piccolo Giuseppe perché aveva visto in faccia gli assassini.

Anche in questo nuovo anno non ci stancheremo mai di scrivere e urlare che la mafia è una montagna di m***a. Aiutateci a diffondere il messaggio.

***a

23/09/2021

Salvo D'Acquisto, vice brigadiere dell'Arma dei Carabinieri, si arruolò volontario il 15 agosto 1939, giovanissimo.

Nella località Torre di Palidoro, il 22 settembre 1943, alcuni paracadutisti tedeschi che ispezionavano casse di munizioni abbandonate furono investiti dall'esplosione di una bomba a mano, probabilmente per imperizia nel maneggiare gli ordigni. Due dei soldati morirono e due rimasero feriti.

Il comandante del reparto tedesco attribuì la responsabilità dell'accaduto ad anonimi attentatori locali e richiese la collaborazione dei Carabinieri della stazione temporaneamente comandata da Salvo D'Acquisto per l'assenza del maresciallo comandante. I tedeschi minacciarono la rappresaglia se entro l'alba non fossero stati scovati i colpevoli. La mattina seguente D'Acquisto, assunte alcune informazioni, provò a ribattere che l'accaduto era da considerarsi un caso fortuito, ma i tedeschi insistettero sulla loro versione.

Il 23 settembre furono dunque eseguiti dei rastrellamenti e catturate 22 persone scelte a caso fra gli abitanti della zona. Lo stesso D'Acquisto fu forzatamente prelevato dalla caserma, da parte di una squadra armata, e fu condotto nella piazza principale di Palidoro, dove erano stati radunati gli ostaggi. Fu tenuto un sommario "interrogatorio", nel corso del quale tutti gli ostaggi si dichiararono ovviamente innocenti. Nella piazza venne anche condotto Angelo Amadio, scambiato per un carabiniere, che sarà l'ultimo testimone del sacrificio del brigadiere.

Nuovamente richiesto di indicare i nomi dei responsabili, D'Acquisto ribadì che non ve ne potevano essere, perché l'esplosione era stata accidentale, gli ostaggi erano dunque tutti quanti innocenti. Durante l'interrogatorio dei rastrellati, il sottufficiale fu tenuto separato nella piazza e "quantunque malmenato e a volta anche bastonato dai suoi guardiani, il D'Acquisto serbò un contegno calmo e dignitoso", come riferì in seguito una testimone oculare.

Gli ostaggi e D'Acquisto vennero quindi trasferiti fuori dal paese. Agli ostaggi furono fornite delle vanghe e furono costretti a scavare una grande fossa comune per la loro ormai prossima fucilazione.

Secondo la testimonianza di Angelo Amadio:

«all'ultimo momento, però, contro ogni nostra aspettativa, fummo tutti rilasciati eccetto il vicebrigadiere D'Acquisto. ... Ci eravamo già rassegnati al nostro destino, quando il sottufficiale parlamentò con un ufficiale tedesco a mezzo dell'interprete. Cosa disse il D'Acquisto all'ufficiale in parola non c'è dato di conoscere. Sta di fatto che dopo poco fummo tutti rilasciati: io fui l'ultimo ad allontanarmi da detta località.»

Salvo D'Acquisto si era autoaccusato del presunto attentato, addossandosi la sola responsabilità dell'accaduto e chiese l'immediata liberazione dei rastrellati.

I 22 prigionieri furono lasciati liberi e immediatamente si diedero alla fuga, lasciando il sottufficiale italiano già dentro alla fossa, dinanzi al plotone d'esecuzione. Alla fuga si unì immediatamente dopo Amadio, quando riuscì a dimostrare, presentando i suoi documenti, che in realtà era un operaio delle ferrovie e non un carabiniere. Come raccontò nella sua testimonianza resa nel 1957, fece in tempo però mentre correva, a sentire il grido "Viva l'Italia" lanciato dal carabiniere, seguito subito dopo dalla scarica di un'arma automatica che portava a termine l'esecuzione. Si girò e vide un ulteriore colpo sparato da un graduato tedesco al corpo già riverso per terra. Vide i soldati ricoprire il corpo con il terriccio, spostandolo con i piedi. Il comportamento del militare aveva infatti colpito gli stessi tedeschi, che il giorno dopo, secondo quanto riferito nella testimonianza della Baglioni, le riferirono: "Il vostro Brigadiere è morto da eroe. Impassibile anche di fronte alla morte."

11/09/2021

“Falling Man”, l’uomo che cade.

La scattò l’11 settembre alle 9 e 41 minuti e 15 secondi Richard Drew, un fotografo dell’agenzia Associated Press. La mattina dell’11 settembre Drew era stato mandato al Bryant Park di Manhattan per fotografare una sfilata di moda premaman: c’era anche una troupe della CNN, e un cameraman ricevette in cuffia la comunicazione che un aereo si era schiantato contro una delle torri gemelle. Subito dopo l’agenzia chiamò Drew e gli disse di andare là. Drew prese la metropolitana che funzionava ancora e scese alla fermata di Chambers Street, da dove sbucò per trovarsi di fronte le due torri avvolte nel fumo: il secondo aereo aveva centrato la torre Sud. Drew cominciò a scattare.

Dopo poco la torre Sud crollò, seguita dalla Nord: Drew, scattando ancora, capì che doveva togliersi di lì e rientrò negli uffici di Associated Press.

Tra le foto che aveva fatto alle persone in caduta libera dalle torri, una lo colpì subito per la sua potenza formale e simbolica: sullo sfondo di linee verticali delle due torri, precisamente a separare il profilo di una da quella dell’altra, la sagoma di un uomo verticale e capovolta, con le braccia allineate al corpo e una gamba compostamente piegata, come in un tuffo, come una freccia, era stata bloccata nella fotografia, ferma e rivelatrice di velocità insieme.

[Il Post]

11/09/2021

Mychal Judge, nato come Robert Emmett Judge è stato un francescano statunitense, morto durante gli attentati alle Torri Gemelle.

L'11 settembre 2001, quando alle 8:46 del mattino il primo aereo si schiantò contro il World Trade Center, il sacerdote si recò subito sul posto. Anche altri preti accorsero, ma Mychal fu l'unico ad entrare nell'edificio, dove diede assoluzioni, pregò e diede assistenza fino alla morte. Quando venne ordinata l'evacuazione dell'edificio, il francescano si rifiutò di abbandonare le centinaia di pompieri là dentro.

Sembra che Judge sia morto mentre dava l'estrema unzione ad un vigile del fuoco di cui era padre spirituale, ma ci sono alcuni dubbi sul fatto. In ogni caso, morì alle 9:59, quando la Torre Sud collassò, scagliando detriti verso la Torre Nord, in cui si trovava Judge, che morì colpito dai detriti, a causa di un trauma cranico. Pochi minuti prima di morire, Judge si arrampicò sull'ammezzato, dove si trovavano dei vigili del fuoco feriti; mentre vedeva numerose persone cadere nella piazza, pianse chiedendo a Gesù di far finire subito quanto avveniva. Judge è la prima vittima registrata degli attentati, poiché il suo fu il primo ca****re ad essere stato recuperato.

«Quella terribile mattina lo incontrai a pochi passi dalle Torri e gli dissi, "padre, preghi per tutti noi". "Già fatto, signor sindaco, e continuerò più tardi", mi rispose. E corse dentro a una delle Torri con gli altri pompieri. È l' ultima volta che l'ho visto»

(Rudy Giuliani)

03/09/2021

"Ho nostalgia della vita passata nella villa di campagna… la vita scorreva serena, ma il nostro dovere era di ritornare qui, sempre in prima linea, perché questa è proprio guerra, sai? E delle più difficili da combattere».

Moriva oggi insieme al marito Emanuela Setti Carraro. Figlia di Maria Antonietta Carraro, capogruppo di crocerossine durante la seconda guerra mondiale, Emanuela fece suo l’impegno materno e si diplomò come infermiera per arruolarsi volontaria nella Croce Rossa Italiana.

Il 3 settembre 1982, a 31 anni, fu vittima dell'attentato mafioso in cui venne ucciso anche Carlo Alberto dalla Chiesa insieme all'agente di scorta Domenico Russo.
Aveva sposato il Generale appena cinquantaquattro giorni prima.

Sia la madre di Emanuela sia la collaboratrice domestica della famiglia Dalla Chiesa hanno ripetutamente sostenuto che il generale custodisse alcune carte relative o alla lotta contro il terrorismo oppure alla lotta antimafia e che Emanuela fosse informata della presenza di tali carte e su come usarle in caso di uccisione del prefetto. Ai timori espressi a tavola da Emanuela sulla sicurezza di suo marito a Palermo, costui rispondeva di stare tranquilla e "se mi fanno qualcosa tu sai che c'è il nero su bianco e sai dove prenderlo".

Tuttavia, dopo la loro morte, le chiavi della cassaforte di Villa Paino, la residenza palermitana del prefetto, non furono trovate per 11 giorni, e all'apertura della cassaforte, dopo il ritrovamento delle chiavi, la stessa risultò vuota. In sede di commissione parlamentare d'inchiesta si avanzò l'ipotesi che l'uccisione del prefetto fosse stata pianificata congiuntamente a quella della moglie proprio per evitare la divulgazione di eventuali documenti lasciati a lei dal prefetto.

15/08/2021

Il 14 agosto 1941 moriva nel campo di sterminio di Auschwitz Padre Massimiliano Maria Kolbe.

Padre francescano nato in Polonia l'8 gennaio 1894, nel maggio 1941 Kolbe fu trasferito ad Auschwitz. Fu inserito nel campo insieme agli ebrei in quanto sacerdote con il numero 16670 e addetto ai lavori più umilianti, come il trasporto dei cadaveri al forno crematorio.

Alla fine del luglio 1941 fu trasferito al Blocco 14, dove i prigionieri erano addetti alla mietitura nei campi. Uno di loro riuscì a fuggire e secondo l’inesorabile legge del campo, dieci prigionieri venivano destinati al bunker della morte. Padre Kolbe si offrì in cambio di uno dei prescelti, un padre di famiglia, suo compagno di prigionia. La disperazione che s’impadronì dei condannati venne attenuata e trasformata in preghiera comune guidata da padre Kolbe, e un po’ alla volta essi si rassegnarono alla loro sorte. Morirono uno per uno e le loro voci oranti si ridussero ad un sussurro.

Dopo 14 giorni non tutti erano morti: rimanevano solo quattro di loro ancora in vita, fra cui padre Massimiliano. A quel punto le SS decisero di accelerare la loro fine con una iniezione di acido fenico; il francescano martire volontario, tese il braccio dicendo “Ave Maria”, furono le sue ultime parole.

Fu beatificato il 17 ottobre 1971 da papa Paolo VI, che lo chiamò "martire dell'amore". Il 10 ottobre 1982 è stato canonizzato da papa Giovanni Paolo II, suo concittadino.

19/07/2021

"Sapeva che dopo Giovanni Falcone sarebbe toccato a lui. L’aveva capito. Al punto da non voler essere baciato né da me, né dai suoi figli. Ci stava preparando al distacco. Due giorni prima di morire, mio marito aveva un desiderio. Mi disse: «Andiamo a Villagrazia, da soli, senza scorta». Non era un marinaio esperto, ma nuotava benissimo, perché solo nel mare si sentiva libero. Incontrammo un amico, che ci offrì una birra. Poi Paolo volle fare una passeggiata in riva al mare. E non c’erano sorrisi sul volto di Paolo, solo tanta amarezza. «Per me è finita. Agnese, non facciamo programmi. Viviamo alla giornata». Mi disse che non sarebbe stata la mafia a decidere la sua uccisione, ma sarebbero stati alcuni suoi colleghi e altri a permettere che ciò potesse accadere.
Amore mio, eri rassegnato. Qualche giorno prima, avevi chiamato al palazzo di giustizia padre Cesare Rattoballi, per confessarti. Poi, sabato, hai baciato uno a uno i colleghi a te più cari. Domenica, alle cinque, non c’eri più."

Agnese Piraino Leto Borsellino

18/07/2021

Nasce il 18 luglio 1930 Sami Modiano, testimone della Shoah.

“Non si esce da Auschwitz e Birkenau, io sono ancora là. Ho perso tutti. Della mia famiglia ho perso 40 persone circa. Ero un ragazzo di 13 anni.
Mia sorella Lucia era rinchiusa nell’altro Lager e la intravedevo nonostante il filo spinato elettrificato.
(...) La sera quando si rientrava dal lavoro, dopo una giornata così pesante, il mio pensiero era avvicinarmi ai fili spinati e dare la mia razione a Lucia. Avevo capito subito che mia sorella non ce l’avrebbe fatta. Ma lo stesso pensiero l’aveva avuto pure lei. Prendeva il pezzettino di pane e cercava di darmelo, di convincermi a prenderlo.
Non so quanto è durato questo scambio tra noi. Poi lei non si è più presentata, non l’ho più vista.

Quando dissi a mio padre che Lucia non c’era più, si lasciò sempre più andare e una sera si avvicinò a me per dirmi che la mattina dopo non l’avrei più visto perché voleva presentarsi all’ambulatorio. Sapevo che chi andava all’ambulatorio finiva nelle camere a gas ma lui volle farmi credere che l’avrebbero curato. In realtà sapeva benissimo che sarebbe andato a morire. La mattina dopo non lo vidi più. Ero rimasto completamente solo."

17/07/2021

Moriva oggi Maria Romanov, figlia dello zar Nicola II e Alexandra, nata nel 1899 e considerata la più affascinante tra le zarine dell’est. Louis Mountbatten nacque nel 1900 dal cugino di primo grado dello zar Nicola II e dalla sorella maggiore della zarina. Questo rendeva Maria e Louis cugini di 1° grado. Si incontrarono nel 1910, in una riunione di famiglia in Germania, e Louis rimase rapito dalla Granduchessa.

A causa della Prima Guerra Mondiale, il giovane Mountbatten non avrebbe mai più rivisto la sua amata Maria. Tutta la famiglia Romanov venne trucidata fra il 16 e 17 luglio del 1918, e di questa storia d’amore sfortunata non rimase che l’affettuoso ricordo dell’uomo, che tenne una foto di lei nella sua camera da letto fino alla fine dei suoi giorni.

16/07/2021

Si è spento a soli 44 anni Libero De Rienzo, uno dei più versatili attori italiani.

Grande nella commedia quanto nel dramma, ha lavorato con un maestro come Pupi Avati, vinto un David di Donatello come Miglior Attore non Protagonista per Santa Maradona di Marco Ponti e fatto ridere tutta Italia nella saga "Smetto quando voglio".

Ciao Libero!

05/07/2021

Raffaella Maria Roberta Pelloni, passata alla storia come Raffaella Carrà, regina della televisione italiana ed icona della musica, affermandosi anche in Spagna, si è spenta il 5 luglio 2021. Nella sua carriera ha venduto oltre 60 milioni di dischi, ottenendo 22 dischi tra platino e oro.

Raffaella crebbe in un ambiente difficile: come lei stessa raccontò, la mamma, Angela Iris, fu una delle prime donne a separarsi nel Dopoguerra. Raffaella crebbe senza una figura maschile di riferimento, un vuoto che la segnerà per tanti anni.

Non è un caso che la comitiva della giovane Carrà fosse composta soprattutto ragazzi omosessuali, un “ambiente sicuro” ai suoi occhi. “Uscivo solo con i gay. Quando in sala faceva buio, loro non cercavano di tastarti” raccontò ai microfoni de il Giornale. “Il babbo ogni tanto mi telefonava per chiedermi se ero ancora vergine, minacciando in caso contrario di togliere l’affidamento a mia madre. Ero così terrorizzata che fino ai 18 anni non mi sono lasciata toccare da nessuno“. Nel corso degli anni Raffaella Carrà si è poi trasformata in una vera e propria icona del mondo gay.

Al tempo della sua giovinezza si parlò molto di Raffaella, considerata scandalosa per il modo di vestire, di muoversi…Il suo famosissimo Tuca Tuca è stato interpretato da ognuno di noi italiani almeno una volta nella vita.

Disse Raffaella: “Adoro il 'Tuca tuca' e ha una storia incredibile. Lo ballai con Enzo Paolo Turci e fu considerato troppo trasgressivo così lo cancellarono dalla televisione. Ci fu anche un articolo dell'Osservatore Romano e così lo tolsero anche dalla classifica. Dopo un po' di tempo, una sera invitai a cena Alberto Sordi e gli feci riascoltare il 'Tuca tuca': fu lui a volerlo riportare in tv. E a lui non potevano dire di no".

04/06/2021

ACCADDE OGGI

Il 4 giugno 1798 moriva all'età di 73 anni uno dei più famosi seduttori di tutti i tempi, il veneziano Giacomo Casanova.

Il paradosso vuole che Giacomo iniziò la sua vita tentando di intraprendere - chiaramente invano - la carriera ecclesastica. Figlio di due attori costantemente in tournée, venne cresciuto dalla nonna materna e nella vita fu scrittore e bibliotecario, alchimista e storiografo, diplomatico e persino spia. Nato a Venezia, a 9 anni si trasferì a Padova, dove ampliò i suoi studi e le sue conoscenze letterarie e scientifiche. Tornato da poco a Venezia nel 1743 vide morire la nonna che lo aveva cresciuto, e visse un periodo di grande turbamento. Nel 1746 conobbe il senatore veneziano Bragadin, che lo adottò dopo che Giovanni gli salvò la vita curandolo da un brutto male. Si trasferì in Francia ed entrò nella Massoneria, e la sua vita libertina intrisa di amori fuggenti con donne - sposate e non - e gioco d'azzardo gli fece inimicare molti potenti, al punto che venne arrestato proprio con l'accusa di "libertinaggio" e di spregio alla religione.
Venne esiliato dalla Repubblica di Venezia nel 1782, questa volta definitivamente, e negli anni successivi scrisse le sue memorie in "Histoire de ma vie".

Gli ultimi anni furono tristi per Giovanni, che dopo avero condotto una vita senza freni visse in Boemia lavorando come bibliotecario nel castello del Conte di Waldstein, fino alla fine dei suoi giorni.

30/05/2021

Macalda di Scaletta fu dama di compagnia e cortigiana nella Sicilia angioina e aragonese. Descritta come una donna bella, affascinante e ambiziosa, educata anche alle armi, pare tentò di sedurre perfino Pietro III di Aragona, per diventare la "favorita" del re, sebbene fosse già sposata.

Secondo alcune fonti nacque intorno al 1240 a Scaletta Zanclea, piccolo comune di Messina, dall'unione di una nobildonna siciliana con un rispettabile studioso di diritto. Grazie al nonno, soldato nel castello di Scaletta, Macalda fece un buon matrimonio con Guglielmo De Amicis che la rese Baronessa di Ficarra. L'unione durò poco ed una volta "libera", Macalda iniziò a viaggiare, fuori dalla Sicilia, travestita da frate francescano. Tornata in Sicilia sposò in seconde nozze Alaimo da Lentini, uno dei protagonisti dei vespri siciliani; ed infatti nel 1282, durante la rivolta Macalda combattè, travestita da cavaliere. Tuttavia la fortuna di Alaimo presso la corte aragonese, anche a causa degli intrighi della moglie, andò diminuendo e, sospettato di congiura, egli venne poi ucciso nel 1287.

Nel frattempo a Messina, nel 1285, Macalda fu imprigionata nella fortezza di Matagrifone, dove impressionò i carcerieri per la sua abilità nel gioco degli scacchi, una dote non comune per le donne siciliane dell'epoca. Non si hanno molte notizie successive alla prigionia, ma si suppone che Macalda morì a Messina intorno al 1308.

La maggioranza dei contemporanei non vedeva di buon occhio una donna così emancipata, qualcuno però ne descrive l'intelligenza, la determinazione, l'abilità nell'uso delle armi come ulteriori pregi da aggiungere alla sua bellezza.

28/05/2021

"Vieni qui che non ti faccio niente!"

In foto vediamo un dettaglio decorativo di un lebete, un vaso nuziale usato nell'antica Grecia che serviva per contenere acque per l'aspersione della sposa o per contenere del cibo per la coppia nuziale. E' raffigurata Afrodite che picchia Eros con un sandalo, ed è conservato presso il Museo Archeologico Nazionale di Taranto.

Ciabatte in volo dal 300 a.C.

26/05/2021

Il 6 luglio 1940, 81 anni fa, nasceva Istvan Reiner a Miskolc, in Ungheria, All'età di quattro anni fu deportato ad Auschwitz con sua madre e sua nonna. Pochi giorni dopo questa foto, originariamente in bianco e nero e successivamente restaurata a colori, venne ucciso ucciso nelle camere a gas, insieme alla nonna.

La foto è stata donata all’United States Holocaust Memorial Museum dal fratellastro di Istvan, Janos Kovacs.

Il restauratore di immagini Tom Marshall ha dato colore a molte foto della tragedia dell'olocausto, e ha raccontato che dare vita a quelle immagini è stato il progetto più emozionante della sua carriera.

29/01/2021

A poca distanza dalla Giornata della Memoria, in ricordo di tutte le vittime dell'Olocausto, troppo spesso non si ricorda l'eccidio degli italiani in Crimea di cui parleremo oggi e il cui ricordo ricorre il 29 gennaio di ogni anno.

Comunità italiane in Crimea posso essere ritrovate addirittura ai tempi dell’impero romano. Dal 1830 al 1870 giunsero in Crimea, nello specifico nel territorio di Kerch, ben due flussi di migranti dall’Italia (soprattutto da Puglia, Campania, Liguria e Veneto). Migliaia di connazionali giunsero in Ucraina allettati dall’idea di poter trovare una nuova realtà professionale, soprattutto nel settore agrario e marittimo.
Per tutta la seconda metà dell’800 fino ai primi del 900 si instaurò un felice equilibrio, la comunità italiana era molto operosa nei settori produttivi sopra indicati, conviveva bene con la popolazione locale, pur mantenendo la propria dignità di minoranza etno-culturale. Basti pensare che a Kerch nel 1840, gli italiani costruirono una chiesa cattolica romana (detta ancora oggi la “Chiesa degli italiani”) che nel 1920 ebbe un parroco italiano. Vennero costruite una scuola elementare e una biblioteca, ed in quel periodo il giornale locale pubblicava con regolarità articoli in lingua Italiana.

Durante la prima metà del ‘900 questo equilibrio iniziò a mutare. Dopo il successo alle elezioni del 1924, Mussolini avviò il consolidamento del proprio esecutivo, mentre pochi anni dopo salì al potere l’artefice del primo stato socialista del mondo: Stalin.
In modo consequenziale si formarono due blocchi ideologico-politici: la Russia comunista e l’Italia fascista. Purtroppo “tra i due fuochi” si trovava la comunità italiana di Kerch e su un bersaglio geopoliticamente così facile si abbatté la furia di Stalin.

Dei crimini di Stalin si è molto parlato, tuttora vengono trattate le stragi di tedeschi, greci, armeni, romeni, bulgari, ebrei e tatari. La storiografia tende a ricordare tutti questi popoli tranne noi italiani, perché il nostro sterminio sembrs avvoltp da un’ombra di indifferenza e viltà.
Migliaia di persone, migliaia di fratelli italiani furono caricati sui treni, e dopo estenuanti viaggi sino alle steppe dell’Asia Orientale furono costretti ai lavori forzati. Questa sistematica pulizia etnica si consumò fino alla morte di Stalin (1953), solo allora i pochi sopravvissuti iniziarono a tornare in Crimea.

Grazie a Eros Bosi del contributo!

27/01/2021

GIORNATA DELLA MEMORIA

Riportiamo un brano tratto da «Sono stato un numero», di Roberto Riccardi. Il libro narra la storia di Alberto Sed, deportato nel 1944 ad Auschwitz e trasformato in un unumero, A-5491. Alberto a 15 anni fu catturato per una soffiata (la ricompensa era cinquemila lire per ogni ebreo, tremila se donna, mille se bambino) insieme alla madre Enrica (39) e alle sorelle Angelica (17), Fatina (13) ed Emma (8) a Roma, nel magazzino dove la famiglia si era rifugiata. Dopo essere passato dal centro di raccolta di Fossoli, fu caricato su un treno per Birkenau, il campo peggiore del comprensorio di Auschwitz. Enrica e la piccola Emma furono uccise il giorno stesso dell’arrivo: giudicate inabili al lavoro vennero destinate al gas. Gli altri superarono la prova, ma qualche mese dopo Angelica fu sbranata dai cani, aizzati contro di lei dalle SS per sadico divertimento o forse per noia. Alberto è sopravvissuto a numerose selezioni, alle torture e agli stenti. Nel lager dovette adattarsi a lavori terribili, come quello che descrive Roberto Riccardi nel suo libro:

"Un giorno io e un altro prigioniero ci trovavamo vicini ai carretti per il trasporto dei bambini. Dovevamo farne salire a bordo alcuni, fino a completare un carico. Una SS si avvicinò, indicò con il dito un bimbo di un paio di mesi e disse al mio compagno di lanciarlo sul carretto. Per rendere l’ordine più chiaro, mimò il gesto con le braccia, disegnando un volo molto ampio.

Lanciarlo? chiese il mio compagno, sbigottito. Il tedesco insisté. Gli puntò contro il fucile, urlò, e a lui non rimase che eseguire. In un istante che durò un’eternità, la SS sollevò la sua arma, prese la mira e sparò al piccolo mentre era in aria, come fosse al poligono di tiro. Lo centrò in pieno. Un suo collega, che osservava la scena da vicino, imprecò. Meno male, pensai, c’è ancora qualcuno che ha nel cuore un po’ di umanità. Ma presto quello che aveva brontolato si calmò, si mise una mano in tasca e prese dei marchi. Accennò a un sorriso sforzato, strinse la mano all’altro e gli consegnò il denaro. Impiegai un po’ per capire. Su quel tiro avevano scommesso, ecco spiegata la delusione del perdente.

Lo vidi fare più volte. Ogni volta eravamo noi a dover portare i bambini ai loro carnefici. Noi a lanciarli in aria, sotto la minaccia delle armi, con le SS che si esercitavano a colpirli mentre erano in volo."

27/01/2021

GIORNATA DELLA MEMORIA

Tre volte passai la selezione nell’anno che trascorsi ad Auschwitz. Non era la selezione della stazione. Erano delle selezioni annunciate, di cui noi sapevamo a che cosa andavamo incontro.
Ecco che le Kapo’ ci chiudevano dentro le baracche e poi a gruppi ci portavano nella sala delle docce, tanto cara ai nostri assassini, e la’ tutte n**e, in fila indiana, dovevamo attraversare la sala e uscire attraverso un’uscita obbligatoria, dove un piccolo tribunale di tre persone ci guardava, come le mucche al mercato, davanti, dietro, in bocca, se avevamo ancora i denti, se eravamo abili al lavoro e poi un piccolo gesto gelido che voleva dire “vai”. Io mi ricordo come attraversavo quella sala: il cuore mi batteva come un pazzo e io mi dicevo: “non voglio morire, non voglio morire…” e rimanevo li’, non avevo il coraggio di guardarli in faccia, mi atteggiavo ad indifferenza.
Mi ricordo la prima volta che passai la selezione che il medico (uno dei tre assassini era medico), mi fermo’ e con un dito mi tocco’ la pancia, dove due anni prima avevo fatto l’operazione dell’appendicite e dissi: “Adesso, perche’ ho la cicatrice sulla pancia, questo mi manda a morte”, e invece lui, tutto sorridente, mostrava ai suoi colleghi assassini la cicatrice, dicendo che questo medico italiano era una bestia, aveva fatto male la cicatrice. Questa ragazza la vedra’ sempre questa cicatrice, mentre io la faccio sottilissima e se anche una donna e’ nuda, questa cicatrice non si vede piu’.
Poi mi fece un segno, con il quale mi indicava che io potevo andare avanti con la mia cicatrice sulla pancia, e io avevo fatto quei due passi che mi separavano dall’uscita, provando una felicita’ immensa; non mi importava niente di dove ero, di cosa mi era successo, dell’orrore di cui facevo parte, ero viva.
Ma una volta fui vigliacca e orribile quando fermarono dietro di me, Janine, una ragazza francese che lavorava con me alla macchina in fabbrica; la macchina, qualche giorno prima, le aveva tranciato due dita. Durante la selezione, lei, che era nuda, aveva coperto la ferita con uno straccio, ma certamente l’assassino lo vide subito, e senza neanche fiatare fece segno alla scrivana (una prigioniera come noi), di prendere il numero. E io sentii dietro di me che fermarono Janine, che lavorava con me da diversi mesi, ma io non mi voltai; io fui spaventosa e Janine fu portata al gas per la sola colpa di essere nata ebrea.
Janine era una ragazza francese, di 22-23 anni, voce dolce, occhi azzurri, capelli biondi. Io non mi voltai, non mi comportai come i prigionieri di San Vittore; ma non potevo piu’ sopportare distacchi, io ero viva.

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