Prof. Francesco Peverini - Medicina Interna

La Medicina Interna è una disciplina per la cura di adulti e adolescenti con malattie complesse

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FOCUS:
COSA POSSIAMO FARE IN CASO DI IPERTENSIONE ARTERIOSA

Francesco Peverini
Roma, 18.04.2023

L' arteriosa, nota anche come pressione alta o aumentata pressione del sangue, è una condizione in cui i vasi sanguigni (arteriosi) subiscono persistentemente un aumento della pressione al loro interno.
I valori aumentati di pressione arteriosa che devono allarmare un soggetto, sono quelli superano 120 - 140 mmHg per la pressione arteriosa sistolica e 85 - 90 mmHg per la pressione arteriosa diastolica. Valori più elevati, oltre 160/90 sono chiaramente attribuibili ad ipertensione arteriosa, mentre si parla di se uno o tutti e due questi valori superano 180/110.
Cosa significano i termini sistolica e diastolica ?
Il viene trasportato dal , in tutto il corpo, nei vasi sanguigni. Ogni volta che il cuore batte, spinge il sangue nei vasi arteriosi. La pressione sanguigna è quindi la forza del sangue che spinge contro le pareti delle arterie una volta che viene pompato dal cuore. Questa è definita pressione arteriosa , (detta anche la pressione massima). Diversa la natura della pressione arteriosa (la cosiddetta pressione minima). In questo caso essa rappresenta la fatica che il cuore deve affrontare per spingere il sangue in circolo, nel dilatare le arterie al suo passaggio. Una pressione diastolica alta significa che il cuore trova maggiore resistenza e deve pertanto esercitare una spinta più forte.

COME SI MISURA LA PRESSIONE ?
Per la della pressione arteriosa si inserisce la parte superiore del braccio in un manicotto gonfiabile avendo cura di allacciare correttamente la fascia. Si comincia a gonfiare il bracciale fino al momento in cui non si avvertono più a livello dell’arteria radiale (polso). Si gonfia ancora di circa 20 mmHg e poi si comincia ad aprire lentamente la valvola presente sulla pompetta, in modo da lasciar uscire possa l’aria dal bracciale.
A questo punto, utilizzando un posizionato sulla piega del gomito, ascolteremo dei rumori (il ); il primo suono scoccante sarà quello della pressione sistolica, che normalmente dovrebbe essere di 120 mmHg. Il valore visibile quando sentiremo l’ultimo suono percepito, sarà quello della pressione diastolica, normalmente circa 80 mmHg.

Tutto ciò avviene anche per gli apparecchi di misurazione digitale da braccio o da polso.

I valori della pressione vengono espressi in millimetri di mercurio – sigla: mm (millimetri) Hg (mercurio). Il valore è composto da due numeri. Il primo numero è la pressione sistolica, il secondo è la pressione diastolica.
Quindi, dopo una misurazione, diremo che un soggetto ha una pressione di 130 (sistolica) /80 (diastolica) mmHg.
Se sei nervoso o stressato nel vedere un medico, la tua pressione potrebbe essere artificialmente alta (ipertensione da camice bianco). In questo caso, il medico potrebbe prestarti un apparecchio per valutare la tua pressione sanguigna e per eseguire letture regolari nel tempo; oppure puoi acquistare dispositivi a prezzi accessibili online o il tuo medico può organizzare un ambulatoriale della pressione sanguigna.
Oggi sono disponibili moltissimi apparecchi che consentono a tutti di misurare la pressione arteriosa. Dai più tradizionali con bracciale e (vedi figura) a quelli elettronici con bracciale, a quelli da polso.
Da poco tempo, alcune applicazioni consentono di monitorare la pressione anche con il cellulare.
Il monitoraggio dell'ipertensione può essere quindi eseguito a casa, da soli, ma è il medico che saprà aiutare a valutare eventuali rischi o condizioni di rischio associate.

IPERTENSIONE: DI COSA SI TRATTA
L'ipertensione è una seria condizione medica che può aumentare il rischio di malattie cardiache, cerebrali, renali, della retina e di altri apparati. È una delle principali cause di morte precoce e circa 1 uomo su 4 e 1 donna su 5 – ben oltre un miliardo di persone nel mondo – subiscono questa condizione.
L’importanza dell’ipertensione si fa sentire in modo accentuato nei paesi a basso e medio , dove si trovano due terzi dei casi, in gran parte dovuti all'aumento dei fattori di rischio in quelle popolazioni negli ultimi decenni.
L’ipertensione è molto spesso silenziosa e progredisce subdolamente.
Molte persone misurano raramente la pressione arteriosa, non notano sintomi e spesso sono inconsapevoli di avere un problema in tal senso.

IPERTENSIONE: I SINTOMI
I sintomi più comuni possono includere il mal di testa mattutino, episodi di sangue dal naso, un ritmo cardiaco irregolare, alterazioni della vista e ronzio nelle orecchie. Le forme più gravi di ipertensione invece sono subito molto sospette: possono presentare affaticamento, nausea, vomito, , , , toracico e muscolari.
Se non trattata nei modi appropriati, l'ipertensione può causare un progressivo irrigidimento e ispessimento delle pareti delle arterie e di conseguenza una riduzione del flusso di sangue al loro interno con possibile comparsa di dolore toracico persistente (chiamato anche ) relativo alle (le arterie del cuore), vere crisi cardiache, e .
L'ipertensione può anche causare una cerebrale (transitoria – TIA – o definitiva – ictus ischemico o emorragico) bloccando il flusso di sangue e ossigeno al cervello oppure danneggiando irreparabilmente una arteria cerebrale e provocando emorragia; può inoltre causare danni a livello renale, che nel tempo conduce a insufficienza e a .

I FATTORI DI RISCHIO DELL’IPERTENSIONE ARTERIOSA
Ridurre i modificabili è il modo migliore per prevenire l'ipertensione e le malattie ad essa associate che riguardano arterie, cuore, cervello, reni e altri organi.
I fattori di rischio modificabili includono una sbagliata (consumo eccessivo di con l’alimentazione, cibi ricchi di e grassi trans-idrogenati, scarsa assunzione di e ), e inattività fisica, consumo di e , o .
E’ necessario menzionare anche le condizioni controllabili e modificabili, che portano ad aumento dei livelli pressori ma che una volta diagnosticate e trattate vedono instaurarsi un migliore controllo dell’ipertensione; tra queste possiamo ricordare: il di tipo 2, alcune endocrinopatie, l’ , le (OSAS).
Esistono anche fattori di rischio non modificabili, tra cui una storia familiare di ipertensione, età superiore ai 65 anni e malattie coesistenti come il Diabete di tipo 1 o le malattie renali.
Correggere i fattori di rischio dietetici e comportamentali e controllare quelle condizioni che possono essere modificate, conduce ad un effetto positivo rilevante per i soggetti in cui sono presenti fattori di rischio non modificabili o ereditari.
L'ipertensione può essere anche inizialmente gestita riducendo e trattando lo stress mentale, controllando regolarmente la pressione sanguigna e consultando il medico quando i valori sembrano discostarsi dal normale.

Sarà fondamentale infine, qualora le esigenze cliniche lo richiedano, assumere correttamente la prescritta per gestire l’ipertensione arteriosa, controllando contemporaneamente le eventuali altre condizioni mediche favorenti o concomitanti.
Il primo approccio terapeutico è e ridurre il sale da cucina. Quindi agire sull’alimentazione in genere, ridurre il proprio peso, iniziare – dopo parere medico - una moderata attività fisica (anche semplicemente ).
La terapia farmacologica prevede l'assunzione di medicine che appartengono a diverse categorie e svolgono ruoli differenti tra loro nel controllo della patologia come diuretici, beta-bloccanti, alfa-litici, calcio-antagonisti, ACE-inibitori, bloccanti del recettore dell'angiotensina, nitroderivati.

Come può apparire già molto chiaro, i cambiamenti dello stile di vita agiscono in sinergia con la terapia farmacologica ed è utile ribadirlo, sono sostanzialmente un cambiamento dello stile di vita: perdita di peso (se si è in sovrappeso o obesi), abolire il fumo di tabacco, ridurre il consumo di alcool, regime alimentare sano, riduzione della quantità di sale nella dieta, regolare esercizio fisico.
La terapia farmacologica, non deve essere un “tentativo” di regolare la pressione, ma da molti anni è possibile utilizzare i farmaci individualizzando il trattamento più appropriato, sfruttando i riscontri di alcuni esami di laboratorio. Questo rende meno difficile il controllo di quadri clinici complessi.

IPERTENSIONE E APNEE NOTTURNE: COMBINAZIONE PERICOLOSA
Un ruolo considerevole nel controllo dell’ipertensione arteriosa (e anche una ragione della sua comparsa in età giovanile) viene rappresentato dalle apnee notturne. Il loro rapporto è bidirezionale, in altre parole chi è iperteso ha più facilmente apnee notturne e al contrario, coloro che hanno apnee notturne mostrano livelli pressori più elevati.
La ricerca ci dice infatti che il 50% delle persone con apnee notturne ha la pressione alta. Mentre il 30% delle persone con pressione alta soffre anche di apnee notturne.
Nelle persone senza apnee notturne i livelli di pressione arteriosa tipicamente diminuiscono durante la notte, in un processo chiamato " ". Le persone con apnee notturne non mostrano invece questo calo notturno. Anzi, i livelli di pressione spesso aumentano e poi diminuiscono durante la notte: la pressione aumenta momentaneamente, quando le vie aeree sono bloccate e diminuisce quando le vie aeree si aprono; più frequentemente, la pressione rimane costantemente alta.

Gli studi suggeriscono che circa il 75% delle persone che hanno a 3 o più farmaci, hanno anche un'apnea notturna sottostante. Un dato estremamente predittivo per trovare pazienti con apnee notturne non diagnosticate e non curate.
Infine, il trattamento delle apnee notturne conduce molto spesso alla riduzione dei valori pressori.

Bibliografia
2018 ESC/ESH Guidelines for the management of arterial hypertension: The Task Force for the management of arterial hypertension of the European Society of Cardiology (ESC) and the European Society of Hypertension (ESH). European Heart Journal, Volume 39, Issue 33 (2018)
Hypertension and obstructive sleep apnea. Hypertension Research volume 39, pages 391–395 (2016)

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LA MALNUTRIZIONE NEL PAZIENTE CRONICO O ONCOLOGICO – LA CACHESSIA

Prof. Dott. Francesco Peverini
03.04.2023

La è una condizione comune, poco riconosciuta e insufficientemente trattata nei pazienti affetti da croniche e , sia ricoverati che al proprio domicilio.

La malnutrizione correlata alle varie patologie si manifesta a causa di un ridotto apporto dietetico, , aumento delle perdite di nutrienti o richieste metaboliche alterate.
Uno screening nutrizionale di routine dovrebbe essere effettuato in tutti i pazienti cronici e oncologici.

A seconda della e dello stadio di una malattia oncologica, la malnutrizione è stata stimata in circa il 30-50% dei pazienti ed è associata ad aumento della mortalità e dell’incidenza di .
I pazienti a rischio sono in particolare quelli affetti da malattia neoplastica del (77%), ed (69%), (62%), dell’apparato (60%) e del distretto testa-collo (48%).

La malnutrizione avanzata nei malati oncologici può essere definita con il termine .
Questo termine significa che l’individuo si trova in una condizione di profondo , consistente in perdita di peso e inappropriata nutrizione (malnutrizione).
Questo è il risultato di più cause che agiscono in una complessa interazione tra la malattia di base, le alterazioni metaboliche correlate alla malattia stessa e la concreta ridotta disponibilità di per l’organismo.
Importante l’apporto idrico ( del paziente).
Le cause sono fondamentalmente una ridotta assunzione di cibo per o difficoltà digestive (ad esempio per effetti delle terapie) o un alterato degli o un aumento delle perdite di nutrienti (in caso di prolungata diarrea o aumentata perdita delle masse muscolari); spesso assistiamo alla combinazione di tutti questi fattori.

La Cachessia (cancer-related anorexia-cachexia syndrome o ), è una complessa che accompagna una malattia primaria cronica quale la malattia oncologica ed emato-oncologica, alcune malattie croniche internistiche ( , cronica, ), malattie infettive croniche quali l’AIDS ed è caratterizzata da progressiva perdita della massa muscolare e/o di massa grassa.

L’aspetto clinico preminente è la perdita di peso. Uno stato di cronica, resistenza all’insulina e aumentato delle del tessuto sono condizioni frequentemente associate.

Importante: la cachessia non è la perdita di tessuto muscolare correlata all’età ( ) o il deficit nutrizionale associato alla , alla sindrome da malassorbimento, all’ .

La definizione “cachessia neoplastica” comprende sia i veri casi di deperimento organico oncologico che i casi di carenza nutrizionale da cause specifiche, ancorché oncologiche, come l’ostruzione del tubo digerente, la tossicità di un trattamento o , oppure un malassorbimento intestinale (in questo caso si parla di cachessia secondaria). Tale differenza contempla un atteggiamento terapeutico differenziato.

Nella malnutrizione in corso di patologia oncologica, una carenza, un eccesso o uno sbilanciamento di apporto energetico e assunzione di corrette quantità di proteine e altri nutrienti, provoca effetti sfavorevoli misurabili direttamente con il danneggiamento dei singoli tessuti tessuto o del corpo (forma, dimensione e composizione del corpo), con esiti importanti anche sulla funzione organica generale.

L’European Society for Clinical Nutrition and Metabolism ha pubblicato linee guida che raccomandano lo screening nutrizionale in tutti i malati di cancro.
Più recentemente, anche il Ministero della Salute ha pubblicato Linee guida ufficiali per i percorsi nutrizionali per i malati oncologici.
Tuttavia, nonostante queste raccomandazioni, la malnutrizione rimane spesso trascurata e anche se diagnosticata non viene trattata in circa il 50% dei casi.

La nutrizione è un fattore centrale nel paziente oncologico: influenza l’andamento della , può condizionare i , contribuisce a migliorare la risposta e il dopo il trattamento antineoplastico, mostrando quindi un forte impatto sulla qualità della vita e sulla della malattia.

Una delle principali caratteristiche degli effetti di una alterazione nutrizionale in corso di patologia oncologica è rappresentato dalla riduzione delle masse muscolari, definita inizialmente come sarcopenia (termine che deriva dal greco e significa: mancanza di carne ed è intesa come mancanza o perdita di muscolo), fortemente associata a ridotta capacità funzionale, totale dell’individuo, maggiore incidenza di ̀ per la , aumento dei ricoveri e del tasso di complicanze, nonché incremento della mortalità.

Lo e la valutazione del , da attuare fin dalle prime visite oncologiche, consentono la diagnosi precoce di una eventuale malnutrizione o evidenziano il rischio di modificazioni patologiche di parametri metabolici come la o il quadro lipidico a causa di determinati farmaci che si rendono necessari alle cure, spesso associati ad un indesiderato aumento del grasso corporeo o alla comparsa – aggravamento di patologie come il Diabete.

Un pronto intervento nutrizionale volto a prevenire il deterioramento muscolare o l’aumento patologico di tessuto adiposo, richiede una valutazione proattiva delle alterazioni cliniche che si verificano prima della diagnosi, durante i trattamenti e nel decorso della malattia ed è essenziale per selezionare un adeguato intervento specialistico, che non è quindi solo nutrizionale ma clinico, per ottenere in sintesi un miglior impatto sui risultati dei pazienti.

L’intervento precoce personalizzato di tipo Internistico ha il potenziale per migliorare la composizione corporea e l’efficacia del trattamento e come risulta da numerose prove scientifiche è un intervento adiuvante fondamentale, con la probabilità di migliorare la prognosi della malattia stessa.

Il 20% dei pazienti oncologici rischia severe complicanze o la vita stessa per le conseguenze della protratta malnutrizione ed anche una volta chiuso il programma oncologico di terapia e , i pazienti dovrebbero sforzarsi di mantenere un peso sano ed evitare un eccessivo aumento di peso per tutta la vita, bilanciando l'apporto calorico con .
I soggetti o in devono sforzarsi di ridurre progressivamente il peso e di conseguenza raggiungere un equilibrio sano. L'obesità e la sindrome metabolica potrebbero essere fattori di rischio indipendenti per la recidiva e per la riduzione della in pazienti con alcune tipologie di , come quella mammaria e gastrica. L'elevato consumo di carne rossa è esso stesso associato a un aumento del rischio di cancro mentre è sempre suggerito un corretto apporto di e .
Nonostante l’intervento in ambito metabolico e nutrizionale sia ampiamente riconosciuto come essenziale, questo processo diagnostico terapeutico in affiancamento all’azione dell’Oncologo non è facilmente accessibile a tutti i pazienti.

Nutrizione e svolgono un ruolo cruciale nella cura multimodale di molte patologie croniche e oncologiche.
Solide evidenze indicano che gli aspetti nutrizionali dovrebbero essere presi in considerazione sin dal momento della diagnosi, all'interno di un percorso diagnostico e terapeutico e dovrebbero essere gestiti parallelamente ai trattamenti medici e .
Tuttavia, in tutto il mondo, la malnutrizione legata alle più diffuse e alle patologie oncologiche è ancora largamente sottovalutata e sottostimata nella pratica clinica quotidiana.

Data l’incidenza del rischio di carenze nutrizionali, di sarcopenia e di cachessia, di alterazioni metaboliche e disordini alimentari nel paziente cronico e in particolare nel paziente oncologico, un approccio di tipo Internistico in collaborazione integrata con l’equipe oncologica, con azioni mirate e sull’alimentazione e sulle eventuali , appare oggi vitale per migliorare la qualità dell’assistenza in , l’efficacia del trattamento e infine ridurre le complicanze e migliorare la sopravvivenza e la qualità della vita.

BIBLIOGRAFIA

ESPEN practical guideline: Clinical Nutrition in cancer. M. Muscaritoli et al. Clinical Nutrition (2021) Vol. 40 - 2898

From guidelines to clinical practice: a roadmap for oncologists for nutrition therapy for cancer patients. M. Muscaritoli et al. Ther Adv Med Oncol (2019) Vol. 11: 1–14


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DIABETE E APNEE NOTTURNE - UNA RELAZIONE TEMIBILE

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Roma, 22.11.2022

L'impatto delle apnee notturne va ben oltre la sensazione di stanchezza mattutina, del , della fame d’aria. Per le persone con , le apnee notturne possono influenzare i livelli di in ogni momento, anche di giorno, modificare il modo in cui il corpo risponde all'insulina e svolgere un ruolo problematico nelle complicanze del Diabete nel corso della vita.

Nella popolazione generale in Italia, il 4% soffre di , ma tra i soggetti con Diabete di tipo 2, la percentuale sale al 72%
Perché le apnee notturne sono più comuni nel Diabete di tipo 2?
Una condizione sembra peggiorare l'altra se non si affrontano entrambe le patologie.

L'apnea notturna priva il corpo di ossigeno, con un effetto negativo diretto sui livelli di glucosio e sulla resistenza all'insulina e nel tempo è più difficile mantenere un buon equilibrio glicemico e metabolico.

L’obesità è una ulteriore comorbidità (patologia concomitante) riconosciuta del Diabete di tipo 2 e aumenta la probabilità o lo sviluppo di apnee notturne.
I depositi di cellule adipose nel collo (palato, lingua) possono ridurre gli spazi delle alte vie respiratorie e il grasso addominale può comprimere la parete toracica, entrambi peggiorando la respirazione mentre si è sdraiati o si dorme.

L'apnea notturna influisce sulla glicemia?
Sì, sicuramente.

Lo stress che il corpo affronta nel contrastare le apnee notturne, attiva diverse risposte ormonali in grado di far aumentare i livelli di glicemia e la .
Nel tempo, questi livelli di glucosio persistentemente più elevati portano ad una più difficile gestione della malattia diabetica.

Accade anche che quando i livelli di zucchero nel sangue sono bassi (ipoglicemia), il paziente può sperimentare un sonno agitato, incubi, sudorazione notturna e altro ancora.
Questo crea un ciclo infinito di fluttuazioni dei livelli di glicemia che possono essere di difficile gestione.

Oltre al suo effetto sui livelli di glucosio, le apnee notturne sono quindi associate ad un di scarsa qualità e condizionano un peggioramento della , alterano la funzione cardiaca con aumentato rischio di eventi cardiovascolari come , , , e riducono le prestazioni intellettuali e di procedurale.

Le apnee hanno un importante impatto sugli ormoni della fame (aumento della grelina) e questa condizione rende più difficile controllare l'appetito e prendere decisioni sane riguardo al cibo. Gli individui che sono genericamente privati del sonno (insonnia o apnee notturne) tendono a consumare 385 in più al giorno rispetto a quelli che hanno dormito bene la notte.
Questo conduce inevitabilmente ad un aumento di , che complica ulteriormente la gestione del Diabete.

Come gestire apnee notturne e Diabete?
Si inizia con il seguire le attività standard di una efficace gestione del Diabete (mantenere i livelli di glucosio entro i limiti, scelte alimentari sane, esercizio fisico regolare e assunzione di farmaci come prescritto dai medici).
Ridurre il peso corporeo è ovviamente indispensabile.

Può essere molto rilevante, se prescritta dopo il completamento di uno studio del sonno notturno chiamato , una terapia ventilatoria a pressione positiva continua delle vie aeree ( ), trattamento che consente di invertire un andamento metabolico sfavorevole nell’arco di poche settimane.

La polisonnografia
Una diagnosi medica di certezza per le apnee notturne richiede uno studio strumentale del sonno durante il quale una persona dorme con alcuni sensori attaccati al proprio corpo e viene monitorata per tutta la notte, appunto la polisonnografia. Solo così possiamo avere tulle le informazioni utili ad impostare una corretta terapia.

Perché cercare assistenza medica
L'apnea notturna non trattata, nel tempo, può peggiorare ulteriormente le complicanze già note del Diabete di tipo 2 (ma anche di tipo 1), sommando gli effetti negativi di entrambe le condizioni.

Si parla principalmente di complicanze e che generano nel tempo gli incidenti cardiovascolari già elencati ma anche la o la .

Se convivi con il Diabete di tipo 2, parla con il tuo medico per sottoporti a screening per le apnee notturne con un esame polisonnografico.

I sintomi di solito sono abbastanza evidenti per il partner che condivide il tuo letto o i familiari, quindi non ignorarli se si lamentano del russare o dei rumori allarmanti del tuo respiro durante la notte.

Se ti senti costantemente affaticato o sonnolento durante il giorno, ricevi lamentele dal tuo partner o dai colleghi di lavoro o semplicemente non ti senti te stesso ultimamente, consulta il tuo medico il prima possibile.

Sottoporsi a un'analisi del sonno può aiutarti ad affrontare l'apnea notturna e ridurre il rischio di gravi complicazioni in futuro.

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24/10/2022

Prof. Dott. Francesco Peverini - Medicina Interna - Terapia Nutrizionale Integrata oncologica, geriatrica, metabolica.

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LA MEDICINA INTERNA OGGI
24.10.2022

Solitamente si pensa all'assistenza sanitaria come ad un percorso lineare, con il medico che segue ogni paziente dall'adolescenza alle patologie croniche, in una realtà medica integrata (pubblica o privata) fino al fine vita.

Ma è sotto gli occhi di tutti come l'assistenza sanitaria del 21° secolo operi in modo estremamente complicato, mediante interazioni tra medici, farmacie, piani terapeutici, terapisti, strutture mediche e infermieristiche domiciliari, ricoveri, a volte simultaneamente.

Si è portati pertanto ad attendersi risultati sui pazienti più validi che mai. La complessità dell'assistenza sanitaria, può invece eclissare i fattori più rilevanti nelle cure al paziente, in particolare nella gestione delle malattie croniche.

Il primo a essere svilito è il rapporto medico-paziente.
Spesso poi non c'è una fonte centrale di coordinamento o riferimento mentre il paziente si muove lungo il percorso di cura.

Accade quindi che un paziente possa essere curato per il diabete da un medico, consultare uno psichiatra per l'ansia, un ortopedico per un problema di colonna vertebrale, senza che alcuno di questi professionisti sia a conoscenza delle reciproche diagnosi o piani di trattamento già esistenti. Con costi e disagio per famiglie e pazienti.

L'internista è abituato a gestire da solo gravi ed articolate malattie croniche o situazioni complesse in cui diverse malattie colpiscono contemporaneamente un individuo.

In definitiva, L'Internista si preoccupa di fornire una assistenza sanitaria di alto livello.

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11.10.2022

LA STEATOSI EPATICA NON ALCOOLICA NAFLD
STEATOEPATITE NON ALCOOLICA NASH

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Prof. Francesco Peverini - Medicina Interna

La NAFLD (steatosi epatica non alcolica) comprende un vasto gruppo di malattie del fegato, che va dal fegato grasso (steatosi epatica) alla NASH (steatoepatite non alcolica), fino alla cirrosi, lo stadio più avanzato della malattia epatica.

La steatosi epatica non alcolica NAFLD è presente nel 30% circa della popolazione adulta ed è caratterizzata dall'accumulo di goccioline lipidiche contenenti trigliceridi all'interno delle cellule del fegato, in assenza di infiammazione o vere lesioni al fegato.
La steatosi epatica (o fegato grasso) viene definita tale se il grasso accumulato rappresenta almeno il 5% del peso dell’organo in assenza di patologie metaboliche, eccessivo consumo di alcool, infezione virale o trattamenti farmacologici.

La steatosi epatica è classificata come:
grado 0 – sano (grasso inferiore al 5%),
grado 1 – lieve (tra il 5% e il 33%),
grado 2 – moderato (tra il 34% e il 66%)
grado 3 – grave (oltre il 66%).

L’eccesso di grasso intraepatico è considerato un fattore di rischio per la progressione della malattia steatosica.
L'aumento dell'apporto calorico e la ridotta attività fisica negli ultimi anni hanno senza dubbio contribuito all'aumento dell'obesità e ad un parallelo aumento della prevalenza della steatosi epatica o malattia del fegato grasso non alcolica (NAFLD).

La NAFLD è ora la causa più importante di malattia epatica cronica in tutto il mondo, manifestata da alterazioni epatiche in assenza di consumo eccessivo di alcool.
La NAFLD è anche considerata la manifestazione epatica della sindrome metabolica, (obesità, insulino-resistenza, colesterolo e/o trigliceridi aumentati, iperglicemia o diabete e ipertensione arteriosa).
La NAFLD è presente nel 70% dei soggetti in sovrappeso, nel 70% dei soggetti diabetici e fino al 90% degli individui patologicamente obesi.
Dati allarmanti indicano che NAFLD è presente anche dal 3% al 10% dei bambini di peso normale e nel 50% dei bambini obesi.

Questa condizione può progredire verso cicatrici interne dell’organo (la cirrosi) e verso forme di progressiva insufficienza epatica.
Questo danno è simile al danno causato dall'uso pesante di alcool.

I sintomi e come si manifesta

La NAFLD di solito non provoca sintomi, se non lievi difficoltà digestive o senso di stanchezza. Talvolta viene percepito dolore o disagio addominale, sotto le costole a destra.
E' possibile rilevare alterazioni degli esami di laboratorio come aumento delle transaminasi (GOT, GPT) della gammaGT, di altri parametri.

I fattori di rischio

Una vasta gamma di malattie e condizioni può aumentare il rischio di NAFLD , tra di esse ricordiamo:
- Alti livelli di colesterolo e/o trigliceridi nel sangue
- Sindrome metabolica
- Obesità, in particolare quando il grasso è concentrato nell'addome
- Sindrome delle ovaie policistiche
- Apnee notturne
- Diabete di tipo 2
- Tiroide ipoattiva (ipotiroidismo)

La NASH è invece più probabile in questi gruppi di soggetti:
- Persone anziane
- Persone con diabete
- Persone con alimentazione disordinata, inappetenza da farmaci, disfunzioni alimentari, magrezza patologica, sarcopenia in corso di trattamenti medici oncologici.

Cosa fare

La steatosi epatica semplice è una condizione reversibile, che può essere corretta da modifiche dello stile di vita come l'attività fisica e gli interventi dietetici.

Modifiche dello stile di vita e interventi dietetici guidati dal medico sono necessari per prevenire o curare la steatosi epatica e le forme più avanzate di NAFLD.

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