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Un unico focus: aiutare, migliorare, motivare, fare compagnia a chi ha scelto di essere ciò che fa e non solo ciò che dice. Hai scoperto ora la rivista? Richiedi gli arretrati. Scrivi a [email protected]

22/06/2023

A forza di gettare ami i pesci hanno imparato a riconoscerli
C’era una volta (ed è ancora largamente utilizzata) la canalizzazione che prevedeva un ufficio marketing che dava le direttive ai venditori il cui compito era convertire lead in prospect e prospect in clienti. Nella versione digitale di questo processo, il venditore è rappresentato dalla agenzia che promuove una pagina atta a “convertire” in clienti l’interesse ottenuto attraverso la promozione. Ovviamente, con tutte le varianti del caso, basate sulla tipologia del prodotto offerto: vendere un immobile richiede un percorso di acquisizione estremamente diverso rispetto alla vendita di un aspirapolvere.

Molto del marketing che si vede in giro è stato pensato per un’epoca passata, in cui il venditore era la fonte primaria di informazioni per la clientela. I media erano di massa e poche aziende potevano accedervi; quindi, il passa parola tra clienti era limitato alla ristretta cerchia dei legami forti.

Si è sfruttata molto, troppo, la pesca a strascico in target per piazzare vendite, costi quel che costi. I prodotti e i servizi sono sempre più spesso simili a quelli di aziende concorrenti e le promesse tendono a ingigantire ciò che effettivamente si ottiene.
Leggendo questa interessante ricerca (https://research.hubspot.com/customer-acquisition-study) realizzata da HubSpot si evince che il tipico “funnel di vendita”, tanto caro e usato nelle slide a convegni e presentazioni, sembra ormai aver fatto il suo tempo. I motivi sono abbastanza noti, ripassiamoli:

* Il principale dato riguarda la facilità di ottenere informazioni, sfortunatamente non da cataloghi e siti web dei venditori, ma da persone comuni che hanno raccontato su web e social la loro esperienza e recensito il servizio/prodotto.
* Raccogliere dati e contatti relativi a un pubblico verso cui fare remarketing è diventato complesso a causa delle stringenti norme sulla privacy, anche se in Italia noto che pochissimi le applicano (GDPR).
* La fiducia è in calo. Le persone hanno imparato a essere diffidenti di fronte a un’etichetta che indica un contenuto “sponsorizzato” o a un registro comunicativo che ha tutta l’aria di essere una promozione. Probabilmente perché si sono già “scottati” in precedenza.
* Secondo la ricerca, marketer e venditori, hanno una credibilità inferiore a quella del barista che ti serve il caffè alla mattina. Sono dati USA, tuttavia li trovo credibili anche per noi.
* I costi per ottenere l’attenzione attraverso i contenuti organici, quindi non a pagamento, sono raddoppiati nel giro di pochi anni. Il posizionamento nei motori di ricerca (Google e YouTube, in primis) è diventato sempre più arduo. Google, nella fattispecie, sta facendo concorrenza ai siti mostrando anteprime dettagliate che mostrano un veloce riassunto alle domande, riducendo il pubblico che andrebbe sulle pagine con le risposte. In futuro la situazione non migliorerà visto che Google sarà dotata di una AI che risponderà direttamente a qualsiasi domanda.

I clienti non sono diminuiti, sono cambiate le modalità di acquisizione e persuasione. Oggi le aziende che crescono sono quelle in cui il successo della loro stessa attività è determinato dall’esperienza del cliente e da un approccio sincero, senza la patina della pubblicità, dell’interruzione o della forzatura.

“The Funnel is Dead” ha azzardato Iliyana Stareva, blogger di HubSpot (https://medium.com//the-funnel-is-dead-long-live-the-flywheel-e9d6c75248e4). Consigliando di mettere i clienti al centro (questa l’ho già sentita) di gratificazioni, garanzie e opportunità dedicate a loro per evitare di allontanarli e indurli a comunicare la loro soddisfazione ad amici e sui canali social. Conclude il suo ragionevole post con: “un tempo, la tua azienda, era ciò che vendevi, ora è come lo vendi”.

07/06/2023

I dati aiutano chi va oltre il dato.

Vuoi sapere chi vende casa? Cerca chi mette in vendita una lavatrice!
Nessuno vende una lavatrice senza una reale motivazione, di solito è un elettrodomestico che smaltiamo all’isola ecologica perché non più utilizzabile. Non è qualcosa che cambiamo per seguire la moda o sulla scia di un trasporto emotivo.

L’ufficio marketing di Subito ha infatti stimato che se una persona mette in vendita una lavatrice – sulla loro piattaforma – è abbastanza probabile che stia per cambiare casa.

Gli agenti immobiliari sono sempre alla ricerca di immobili da vendere, e in questo i dati possono aiutarli a trovare i loro clienti. Ma la stessa cosa avviene anche in altri settori e per altre esigenze.

Cosa possiamo dedurre da tutto ciò? Che i dati vanno valutati con occhio umanistico, non solo scientifico, perché senza interpretazione rischiano di rimanere semplici statistiche.

(Slide fotografata al convegno Sinergie e di proprietà di Subito.it S.r.l.)

17/05/2023

(Vale per tutto, non solo per i grafici.)

Promemoria ❤️👨🏻‍💻

02/05/2023

"Non esiste il fallimento nello sport" Ma forse non esiste proprio il fallimento. Ascoltate qui:

12/04/2023

Non abbiamo mai tempo. Davvero?

«Continuo a pensare che l’unico tempo veramente sprecato sia quello utilizzato in cose inutili o brutte. Un giovane Sioux di undici anni che aveva passato l’estate dai nonni, in riserva, interrogato, al suo ritorno a scuola, su come avesse trascorso le vacanze, rispose: ‘Benissimo. Il tempo era ritornato a essere intero’. Appunto.
Noi siamo troppo abituati a segmentarlo, a dividerlo in ore e minuti, in ansie e angosce, dimenticandoci che da piccoli giocavamo intere giornate con un pezzo di legno in cortile, avvertendo il passare del tempo solo al sopraggiungere della notte, allo scroscio improvviso della pioggia: avevamo una pura nozione atmosferica del tempo».

Fabrizio de André

Buongiorno Faberiani!

05/04/2023

L'equilibrio raramente deriva da una lista infinita di cose da fare.

"L'equilibrio, di solito, comporta la riduzione delle responsabilità. Più priorità abbiamo, più difficile sarà gestirle. È meglio fare bene poche cose che essere sopraffatti da molte. Una chiave per evitare il burnout è decidere cosa non ha importanza". (Adam Grant)

22/03/2023

Per non fare confusione, per non dare tutto il potere alle emozioni, prova a dividere le azioni degli altri in tre categorie:

1. quelle che ti feriscono o feriscono le persone a cui vuoi bene;
2. quelle che ti rendono felice;
3. quelle che non ti rendono felice, ma neanche ti feriscono.

Fai caso alle azioni che di solito metti nel primo gruppo, ma potrebbero stare benissimo nel terzo.

21/03/2023

Che fretta c'era, maledetta primavera?
E fallo un check up.

Forse più utile delle pulizie di primavera, una revisione del tuo modo di lavorare ti aiuta a fare il punto:
- hai tutte le "carte" a posto? Fatture, F24, documenti... una telefonata al commercialista, se serve, prima di entrare nel girone infernale della dichiarazione dei redditi.
- Ci sono discussioni o crisi in corso? Stai facendo qualcosa al riguardo?
- Hai notato che qualche collega è demotivato, arrabbiato? Puoi fare qualcosa al riguardo?
- La tua agenda è in ordine per le prossime settimane? Ci sono call o riunioni da fissare, e altre da eliminare?

Se ti accorgi che le cose non vanno, che l’archivio è un disastro, che le riunioni non sono produttive, che il dialogo è andato perso… fermati, fai un check-up della tua azienda o della tua attività (come quando vai a farti le analisi del sangue).

Spesso l’insorgere di un problema è, come l’ansia, solo un campanello d’allarme: meglio che abbia suonato in tempo, quando ancora puoi intervenire…

20/03/2023

Lunedì polemichino: ma secondo voi, le aziende ci sono o ci fanno?

Davvero non sanno cosa stanno chiedendo (o non chiedendo), oppure tutto fa comodo?
Se assumi un cameriere facendogli fare anche il lavapiatti, sanno che sono due contratti diversi? Vale sempre il classico "eh, ma qui si fa quello di cui c'è bisogno"?
Se cerchi un barista, perché dovrebbe avere la passione per i social?
Se cerchi un giornalista, perché sarebbe tenuto a scrivere qualche post qui e là?

Le aziende ci sono o ci fanno?
Diteci la vostra.

15/03/2023

Storie di inclusione, aziende che creano valore, interviste sui temi del lavoro: le trovate sul secondo numero di MestieriPiù, il nuovo magazine di Consorzio Mestieri Puglia.

Un progetto editoriale che ci sta piacendo molto, e che contiamo porti valore anche a chi lo legge: consulenti del lavoro, imprenditori, pubbliche amministrazioni.
Consorzio Mestieri Puglia è un'agenzia per il lavoro che ha deciso di pubblicare un magazine per raccogliere voci, storie e ispirazioni per i professionisti e i consulenti del lavoro, gli imprenditori e le pubbliche amministrazioni.

Anche i “piccoli” meritano una comunicazione grande.

13/03/2023

Mai stati testimoni del "lavorismo"?

Noi due abbiamo vissuto per un lustro buono in una città ossessionata dal lavoro. Abbiamo imparato molte cose, i nostri figli hanno ricevuto un’ottima preparazione scolastica, e la percezione netta è stata quella di aver abitato in una città efficiente e attiva, fresca e giovane, dove le prospettive lavorative per tanti sembravano meno utopistiche che altrove. Ma qualcosa di sottile eppure onnipresente, alla lunga, ha reso l’aria irrespirabile e ci ha poi spinto a trasferirci, pur conservando di quella città, per molti aspetti, un buon ricordo.
Ad allontanarci è stato il lavorismo, ossia l’ossessione diffusa per le performance lavorative proprie e altrui. Per la nostra esperienza, nei luoghi come quello ogni momento di svago durante la giornata – pranzi, colazioni, aperitivi alla moda – è visto da molti come occasione di networking e di intensificazione della propria rete di conoscenze. Conoscenze nel senso di “ulteriori possibilità lavorative”. Contatti utili.
La vita, per un numero crescente di persone, occupa gli interstizi tra una sessione lavorativa e l’altra. E il valore dell’individuo passa molto più che altrove dal monte ore che è capace di sobbarcarsi e dal livello di stanchezza che riesce a sostenere.
Conosciamo un’infinità di persone che vivono in città lavorocentriche e che sono in pieno burnout, esauriti dal lavoro; eppure continuano a fare a gara a chi lavora di più (e vive di meno), dentro multinazionali dal sorriso affabile che in cambio dello status symbol rappresentato su uno zainetto brandizzato offrono insensatezza, ipercompetizione, diritti sindacali inesistenti e richiedono disponibilità temporale infinita, bloccati dentro città all’avanguardia in cui è sempre più complicato trovare un alloggio se non si è ricchi di famiglia.
«Come va?», «Tutto bene, tanto lavoro, sono esausto ma ce la faremo» è la conversazione a cui abbiamo più spesso assistito. Condita da sorrisi di circostanza e pensieri del tipo «Ti prego, non chiedermi altro altrimenti svengo qui».

dal libro in uscita il 21 marzo "Ma chi me lo fa fare?" (Harper Collins)

07/03/2023

Succede così, no?

01/03/2023

Questi primi sei messi dell'anno sono andati benone. Benvenuto marzo!

28/02/2023

Un giovane venditore aveva perso un'importante vendita. Era molto turbato.

Quando ne parlò con il suo Direttore delle Vendite, dopo avergli raccontato l’evento, cercò di trarre una conclusione intelligente di fronte a lui e disse stringendosi nelle spalle: "Quello che mi è successo dimostra soltanto che puoi condurre il cavallo a una fonte, ma non puoi farlo bere."
"Figliolo", rispose il Direttore, "lascia che ti dia un consiglio: il tuo compito non è farlo bere, ma renderlo assetato”.

Senza conoscere l'obiettivo di qualsiasi cosa facciamo, sperimenteremo sempre scarsi risultati. (Edoardo Lombardi)

21/02/2023

Ma essere stressati va bene?

Mettiamoci d'accordo. Giustamente c'è chi dice che non è sano essere stressati tutto il tempo, e che se le urgenze sono sempre urgenze, c'è qualcosa che non va. Eppure, eppure. Oggi se non ti esaurisci, allora sembra che tu non stia lavorando abbastanza, o abbastanza bene.

Avete mai questa impressione?

😂

17/02/2023
16/02/2023

Oggi così. Alla faccia della sindrome dell'impostore.

Mobile uploads 14/02/2023

Sheldon conosce bene la sensazione.
E anche Megan Reitz che in questo articolo su V+ cita (e giustamente) chi sul lavoro pensa che "eh, ma le persone non parlano". E poi non ascoltano.
Oppure quelli che "in azienda si fa così: adéguati!" e che non si vogliono mettere in discussione.
Fastidio.
Quante conversazioni mancate.
Qui il link dell'articolo: https://www.venderedipiu.it/dagli-strumenti/lazienda-ha-una-voce-anzi-ne-ha-tante-megan-reitz-e-il-dialogo-al-lavoro

Eccome 🤣

10/02/2023

Venerdì così. Voi come state?

09/02/2023

Erano le 8:30 di un mattino come sempre pieno di attività nell’ospedale, quando un anziano signore sugli 80 anni arrivò per farsi togliere i punti dal suo pollice che era stato medicato alcuni giorni prima. Disse che aveva fretta perché lo aspettava un altro appuntamento alle 9.

Presi le sue generalità e lo feci sedere, sapendo che ci sarebbe voluta almeno un’ora prima che qualcuno avesse potuto vederlo. Mi accorsi che guardava l’orologio e decisi, poiché non ero impegnata con un altro paziente, che avrei dato già io uno sguardo alla sua ferita. La ferita si stava rimarginando, parlai con uno dei medici e mi attivai per rimuovere le suture e ricondizionare la ferita.

Mentre mi preoccupavo di lui, gli chiesi se avesse un appuntamento con un altro medico per cui aveva tanta fretta. Il signore mi rispose di no, ma che doveva fare colazione con sua moglie che era ricoverata lì. Egli mi disse che era in quell’ospedale da parecchio tempo e che era una vittima del morbo di Alzheimer.

Parlando, gli chiesi se lei avrebbe preso male il suo eventuale ritardo. Mi rispose che era trascorso molto tempo da quando si era ammalata e che non lo aveva più riconosciuto negli ultimi cinque anni.

Fui sorpresa e gli chiesi: “E lei viene qui ogni mattina a vederla anche se lei non lo riconosce più?”

Egli sorrise e mi disse: “Lei non mi riconosce, ma io so bene lei chi è”.

Le persone più felici non sono quelle che hanno il meglio di tutto; le persone più felici sono semplicemente quelle che traggono il meglio da tutto.

(Dalla serie di Edoardo Lombardi, storie brevi che lasciano il segno e che ti ricorderai a lungo!)

08/02/2023

Amiamo sempre di più questa pagina 👇
Il Signor Balocco

08/02/2023

Abbiamo cominciato a lavorare al numero 02 di MestieriPiù, il magazine di Consorzio Mestieri Puglia che raccoglie storie, punti di vista e informazioni utili sulle politiche attive del lavoro.
-> SCARICA UNA COPIA QUI: https://bit.ly/MESTIERIPIU

"Ma non siete un magazine?" Oh yes. Ma siamo una redazione, prima di tutto, e scriviamo sempre e da sempre, e i progetti di scrittura esterni al magazine ci piacciono tantissimo.
Ve lo abbiamo raccontato qui https://www.venderedipiu.it/dagli-strumenti/v-una-redazione-per-due e qui https://www.venderedipiu.it/dal-magazine/scopri-cosa-pu-fare-v-per-te-oltre-al-magazine-c-di-pi

💡Siamo molto emozionati ed orgogliosi di annunciare la pubblicazione del primo numero del 𝙈𝘼𝙂𝘼𝙕𝙄𝙉𝙀 di Consorzio Mestieri Puglia - Agenzia per il lavoro no profit:

𝗠𝗘𝗦𝗧𝗜𝗘𝗥𝗜𝗣𝗜𝗨’📰

▪️𝘗𝘦𝘳𝘤𝘩𝘦́ 𝘶𝘯 𝘔𝘢𝘨𝘢𝘻𝘪𝘯𝘦?
“Crediamo sia il momento di dare voce e valore al nostro ambito professionale, al settore lavoro, con i suoi professionisti, aziende e persone.
Cercheremo di raccogliere voci, anche fuori dal coro, di raccontare storie non banali e che possano ispirare altre persone o altri imprenditori. Ci auguriamo di far riflettere sui contenuti di valore della nostra professione, parlando agli 𝐢𝐦𝐩𝐫𝐞𝐧𝐝𝐢𝐭𝐨𝐫𝐢, ai 𝐜𝐨𝐧𝐬𝐮𝐥𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐝𝐞𝐥 𝐥𝐚𝐯𝐨𝐫𝐨, alle 𝐏𝐮𝐛𝐛𝐥𝐢𝐜𝐡𝐞 𝐀𝐦𝐦𝐢𝐧𝐢𝐬𝐭𝐫𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢".
Queste, nell’editoriale, le parole del 𝐏𝐫𝐞𝐬𝐢𝐝𝐞𝐧𝐭𝐞 del Consorzio Mestieri, Vito Genco.

▪️L’iniziativa, di fatto, rafforza la nostra , ovvero mirare ad includere persone nella società attraverso il e la sua “cultura” e, 𝐜𝐨𝐧 𝐢𝐥 𝐦𝐚𝐠𝐚𝐳𝐢𝐧𝐞, 𝐜𝐫𝐞𝐝𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐝𝐢 𝐩𝐨𝐭𝐞𝐫 𝐬𝐭𝐢𝐦𝐨𝐥𝐚𝐫𝐞 𝐢𝐥 𝐜𝐨𝐧𝐟𝐫𝐨𝐧𝐭𝐨 𝐢𝐧 𝐮𝐧𝐚 𝐥𝐨𝐠𝐢𝐜𝐚 𝐝𝐢 𝐧𝐞𝐭𝐰𝐨𝐫𝐤 𝐝𝐢 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐞𝐭𝐞𝐧𝐳𝐞.

Un sentito ringraziamento ai nostri partner🤝editoriali, già voce delle PMI attraverso la rivista V+ magazine che, con esperienza e competenza, ci hanno guidato e ci guideranno in questa nuova avventura!

Tanti gli spunti e gli strumenti in questo primo numero di 𝗠𝗘𝗦𝗧𝗜𝗘𝗥𝗜𝗣𝗜𝗨’🤩

Cosa aspetti?
Richiedi la tua copia compilando il form
➡️ https://forms.gle/Yq8b7AohQaiFdUHMA

Mobile uploads 07/02/2023

A volte sì, bisogna proprio cambiare direzione. Perseverare può essere diabolico, se ci sono delle opportunità vicino a te. Pensa che è così difficile vederle, anche quando ce le hai appena al di là del tuo naso. Perché, come ci insegnano i clienti, è più grande il "pain" (dolore) di cambiare che il "gain" (guadagno) di quello che otteniamo altrove.
"Possiamo auguarci che le cose cambino, ma non basta. Se vogliamo salvarci, dobbiamo muovere le nostre gambette da soli". Pietro Trabucchi da una delle nostre interviste preferite: https://www.venderedipiu.it/dagli-strumenti/perseverare-umano

06/02/2023

Stipendio o pace mentale? Forse ci stiamo facendo la domanda sbagliata.

Quando leggiamo i sondaggi su LinkedIN che chiedono "Per te cosa è più importante? Lo stipendio o la pace mentale?", non biasimiamo chi risponde questo o quello. Crediamo, però, che la domanda sia sbagliata.

Perché non si può scegliere o questo o quello.
O lo stipendio o la pace mentale.
Non parliamo di un mondo ideale, ma di quello reale, con le incazzature quotidiane e le testate sul muro.
Neanche nel mondo reale si può fare a meno dello stipendio e della pace mentale. Altrimento detto: non si può scegliere.

Apparentemente, sembra che si possa: ci diciamo che sì, dobbiamo sopportare una br**ta situazione in ufficio perché altrimenti chi le paga le bollette?! O, al contrario, ci convinciamo che basta, adesso è ora di finirla con quel lavoro, perché la "pace mentale" viene prima. E ci licenziamo.

In entrambi i casi, tuttavia, stiamo scegliendo sia lo stipendio che la pace mentale.
Nel primo caso, teniamo duro perché vuol dire che un minimo di pace mentale ce l'abbiamo, abbastanza per continuare.
Nel secondo caso, di sicuro non molleremo tutto per andare alle Bahamas. Dopo il licenziamento, dovremo per forza trovare qualcos'altro.

Questo per dire che non scegliamo mai tra pace mentale e stipendio, perché abbiamo bisogno di tutti e due per vivere dignitosamente.
E, nel mondo reale, aziende, governi, sindacati dovrebbero (dovrebbero!) lavorare per garantire il miglior livello possibile sia di stipendio che di pace mentale.
Altrimenti, resteremo senza lavoratori. Crollerà il sistema.
O così, o così.

Ripetiamo: non stiamo parlando di un mondo ideale, ma del mondo reale. Nel mondo reale senza lavoratori pagati decentemente e sani mentalmente, dove pensiamo di andare?

03/02/2023

Brand awareness.

03/02/2023

Riccardo Germani lo ha pubblicato su LinkedIn, ma sta benissimo anche qui.
Diffondete!

03/02/2023

Ma poi tornano, eh.

Può essere che "collaboriamo troppo"?
Ma come? Collaborare non è una cosa buona? Nì.
C’è da dire che la collaborazione ha molti effetti collaterali.

So già che avete in mente il primo: le email. Quando sentiamo professionisti e imprenditori che “mi sono preso la mattinata per controllare le email”, prima ci chiediamo quante email possano mai avere nella Inbox, e poi: ma servivano tutte?

Altro effetto collaterale: i report. Ah, i report. Mettere per forza per iscritto quello che ci si è detto in riunione (ma ognuno non potrebbe prendere appunti?) o ogni minimo risultato sul web, nelle vendite… Badate, il report, come strumento di analisi, è utilissimo, ma tutti quelli che scriviamo (o facciamo scrivere) sono tutti indispensabili? E verranno letti tutti da chi dovrebbe?

Nomiano al volo le riunioni, adesso sostituite con molta facilità dai meeting online, che bisogna fare, altrimenti quel problema non può essere in nessun modo risolto…

La collaborazione diventa controproducente, quando più che a un lavoro svolto da più persone allineate negli obiettivi, si delinea come una serie di attività collaterali che hanno poco a che fare con il risultato (ma “abbiamo sempre fatto così”).

Ci dedichiamo ad attività tipiche di una collaborazione “spicciola” (troppe email, riunioni inutili) perché sono anche quelle più facili, richiedono poco impegno, ma dimostrano che siamo operativi, o almeno così pensiamo. Vogliamo sentirci dire che “lavoriamo tanto”, e allora inviamo email a profusione, mettiamo tutti in copia o fissiamo call con velocità incredibile, riempiendo i calendari senza neanche sapere perché. Il tutto perché vogliamo renderci utili, e se capita, anche sentirci dire bravi. Il più delle volte non succede, perché l’unico risultato è che con questo sovraccarico da collaborazione… sovraccarichiamo gli altri (di nuovo, pensate se tutte le email che inviate siano utili o vadano solo ad appesantire le altrui caselle di posta).

Alla ricerca di un qualche “status” o riconoscimento, ci inseriamo (spesso a caso) nelle discussioni, negli scambi di messaggi in team, perché vogliamo dimostrare di “saperne” e di essere “esperti di” – quando, invece, la cosa migliore sarebbe intervenire solo quando abbiamo davvero qualcosa di prezioso da aggiungere alla conversazione o a un progetto.

Rischiamo di peccare di troppa collaborazione anche quando abbiamo paura che ci additino come persone pigre e vogliamo dimostrare di essere reattivi, quando vogliamo dimostrare di avere ragione su una questione (e allora raccogliamo dati, stiliamo liste, scriviamo report), o quando il progetto che abbiamo creato noi adesso viene condiviso da altri, e abbiamo paura di perderne il controllo. Allora chiediamo più dati, più analisi, più aggiornamenti, consumando il tempo e la pazienza di chi vorrebbe solo fare il suo lavoro.

Insomma, se cercate bene, troverete almeno un’occasione in cui avete esagerato, “collaborando troppo”. Ripensateci, e tornate sui vostri passi: less is more. Sempre. Manda giù questa pillola con… un momento di sano confronto con i tuoi colleghi. Il prima possibile!

📖Consiglio di lettura: Beyond Collaboration Overload, Rob Cross

Buongiorno.

Da La Prigione Del Disagio

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Le domande più frequenti

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