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WORKERS - Sportello Legale per lavoratrici e lavoratori. Siamo un team di Avvocate e Avvocati del lavoro.
Prima ancora, siamo persone da sempre impegnate nella difesa dei diritti delle persone e del pianeta.
…in comune abbiamo soltanto divieti.
Che senso hanno allora le mie visioni?
Che peso per me possiedono i sogni?
Ma possiedono un peso i sogni?
Ovidio, Le Metaforfosi – Libro IX
Su Domani (di oggi) parliamo di molestie sessuali sui luoghi di lavoro, della responsabilità dei datori di lavoro, della prevenzione e della tutela lavoristica avverso molestie di genere e sessuali e violenze sessuali nei luoghi di lavoro.
Buongiorno a tutte e tutti, continuiamo con le anticipazioni della Rivista.
Ecco il frammento n. 2
“Il primo sciopero di tutta la filiera Amazon al mondo avverrà in Italia lunedì 22 marzo...
Rispetto alle mobilitazioni nel resto del pianeta, la novità sta proprio nel fatto che vengono uniti nella protesta tutti i lavoratori che preparano, smistano e consegnano nelle case degli italiani ben 1 milione di pacchi al giorno...”
«Sciopero dell’intera filiera Amazon»: è la prima volta nel mondo | il manifesto «Sciopero dell’intera filiera Amazon»: prima volta al mondo. Stop di Cgil, Cisl e Uil per 40mila dipendenti (solo 9 mila diretti) il 22 marzo
Chiara Colasurdo ci ricorda, nella giornata internazionale delle donne, che anche nel mondo del lavoro, le donne lottano ogni giorno contro discriminazioni, violenza e molestie.
"Il 1 febbraio 2021, con la legge n. 4 del 15 gennaio 2021, lo Stato italiano ha ratificato la Convenzione ILO n. 190 sulla eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro, e la Raccomandazione n. 206 ad essa legata..
La Convenzione fa riferimento alla violenza e alle molestie sui luoghi di lavoro in generale (cioè a qualunque tipo di violenza e di molestie), ed in particolare alla violenza e alle molestie di genere e sessuali.
In Italia, le molestie di genere e sessuali sul lavoro rientrano nella disciplina prevista per le pari opportunità tra donne e uomini nell’accesso al lavoro, nello svolgimento della prestazione di lavoro, nel trattamento salariale e retributivo e nell’avanzamento di carriera lavorativa, oltre che nella disciplina generale del divieto di discriminazioni sancito dagli artt. 3 e 37, Cost., quest’ultimo che tutela specificamente la donna lavoratrice, e della tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro...
Sollecito e auspico che in questo anno, che intercorre tra la ratifica e la entrata in vigore della Convenzione, si riesca a lavorare insieme, movimenti, associazioni, sindacati, organizzazioni, lavoratrici e lavoratori, contribuendo fattivamente – attraverso il valore delle esperienze, che occorre tradurre nelle norme perché queste ultime siano giuste e concretamente applicabili, e le mobilitazioni – a cogliere l’occasione per contribuire a colmare la enorme disparità di trattamento e le pervasive forme di violenza e molestie ancora presenti nella nostra società, tutt’altro che civile, e nel mondo del lavoro, applicando una visione ed una critica femminista. Partendo da me, mi riservo anche di collaborare e lavorare, nelle sedi opportune, su proposte di modifica e implementazione della normativa italiana vigente, sotto il profilo tecnico/giuridico".
L'otto tutti i giorni!!!
I riders sono lavoratori subordinati!
Lo dice a gran voce il Tribunale di Palermo (sent. n. 3570/2020 pubbl. il 24/11/2020) al termine di una sentenza coraggiosa che finalmente esce dal solito schema volto a confinare la subordinazione nella classica dicotomia operaio-fabbrica, riconoscendo come i tratti della subordinazione si siano ammodernati ed evoluti per l'effetto delle innovazioni tecnologiche che hanno inciso sui tradizionali rapporti di lavoro.
Una sentenza che soprattutto prende posizione rispetto a quanto pronunciato dalla Suprema Corte che, pur avendo lasciato aperto uno spiraglio circa la possibilità di ricondurre i riders nel novero dei lavoratori subordinati, inquadrava gli stessi come autonomi (ma meritevoli di tutele previste per i dipendenti, a partire dalla retribuzione non più a cottimo).
Con la sentenza in esame si è fatto, dunque, un altro grande passo in avanti verso la difesa dei diritti di tutti i ciclofattorini la cui attività è stata riconosciuta come lavoro subordinato con inquadramento nel C.C.N.L. Terziario.
É LAVORATORE SUBORDINATO COLUI CHE RISULTA ESSERE STABILMENTE INSERITO NELL' ORGANIZZAZIONE IMPRENDITORIALE DELLA SOCIETÀ PER LA QUALE GARANTISCE LE PROPRIE ENERGIE LAVORATIVE. CIÒ A PRESCINDERE DAL NOMEN IURIS CON CUI SI FORMALIZZA IL RAPPORTO DI LAVORO.
Questo è quanto emerso dalla sentenza n. 4712 del 20.07.2020 con la quale il Tribunale di Roma accoglieva la domanda di un lavoratore che aveva invocato l'accertamento della natura subordinata del rapporto nonostante lo stesso fosse stato formalizzato illegittimamente come autonomo.
Come noto la disciplina che tutela il lavoratore subordinato è sottesa all'art. 2094 c.c. che prevede, quali requisiti peculiari la "collaborazione" e il "vincolo di dipendenza gerarchica" (c.d. teoria della doppia alienità). In contrapposizione a tale genere, il codice civile disciplina il lavoro autonomo (art. 2222 c.c.) individuando, quali segni distintivi: il compimento di un'opera o un servizio; la prevalenza di lavoro proprio (indicato tanto nella gestione del tempo quanto nell'utilizzo di strumentazione propria necessaria al fine di raggiungere l'obiettivo commissionato); la totale assenza di un vincolo di subordinazione nei confronti del committente. Ed è proprio al fine di fare chiarezza circa la corretta qualificazione del proprio rapporto di lavoro intercorso che il lavoratore ha adito il Tribunale di Roma.
Nel caso di specie, il lavoratore, un dentista regolarizzato ex art. 2222 c.c., deduceva di aver svolto la propria prestazione sempre nel rispetto delle direttive ricevute e nel pieno inserimento nell'organizzazione datoriale, prestando cure odontoiatriche per i pazienti scelti dalla convenuta, secondo gli appuntamenti fissati da questa nelle varie sedi aziendali dislocate in tutta Italia, essendo retribuito in maniera fissa.
In uno dei passaggi della sentenza sopra citata, il Tribunale ha precisato come "il contratto di lavoro subordinato si caratterizza per l'esistenza del potere unilaterale del datore di lavoro di indicare al lavoratore, di volta in volta, le modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, al fine di confermarla alle proprie esigenze".
Il Giudice di primo grado prosegue precisando come -al momento dell'accertamento del potere eterodirettivo, si dovrà sempre far riferimento al contenuto dell'attività lavorativa, poiché "[..] il potere direttivo sarà molto più stringente e puntuale nel caso di prestazioni di basso contenuto professionale, mentre sarà di larga massima quando la prestazione è altamente specialistica".
Per tali ragioni il Tribunale di Roma, sez. lavoro -a seguito dell'escussione dei testimoni- accoglieva le domande del lavoratore, ritenendo provato che il ricorrente fosse stato "stabilmente inserito nell'organizzazione imprenditoriale della società convenuta", essendo emerso "il completo assoggettamento del lavoratore alle direttive e agli ordini della convenuta", connotando la prestazione del ricorrente come una "collaborazione interamente etero diretta e non solo etero organizzata", accertando, infine, la natura subordinata del rapporto di lavoro.
In seguito al nuovo DPCM che chiude le attività commerciali di somministrazione alle h 18.00, che chiude i luoghi della cultura, dello spettacolo e dello sport, numerose sono le manifestazioni di dissenso che si stanno registrando sull'intero territorio nazionale da parte di lavoratori e lavoratrici che perderanno, o che hanno già perso, il posto di lavoro.
Questi lavoratori e lavoratrici, spesso, lavorano senza alcuna regolarizzazione contrattuale, fiscale e contributiva. Pertanto non potranno usufruire della Cassa Integrazione.
Ci sembra opportuno precisare che la natura del rapporto di lavoro va determinata sulla base del suo concreto atteggiarsi al di là del nomen iuris assegnato dalle parti (elemento necessario ma non indispensabile). Infatti, nel nostro Ordinamento giuridico, non esiste la figura del c.d. “lavoro nero”, poiché qualsiasi prestazione svolta da un lavoratore può essere formalizzata esclusivamente come lavoro autonomo, subordinato o come prestazione coordinata e continuativa. Nella grande maggioranza dei casi, dai Tribunali del Lavoro, viene accertato che il lavoro in nero si svolge con le modalità tipiche della subordinazione.
Un lavoratore senza contratto che perde il proprio lavoro, oltre a non aver avuto accesso a ferie, permessi e malattia retribuiti, oltre a non aver ricevuto da parte del datore di lavoro il versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali, oltre, con ogni probabilità, a non aver ricevuto il pagamento di una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro prestato e sufficiente per garantirsi una vita dignitosa, oltre a non aver diritto al TFR e alle competenze di fine rapporto - a causa del mancato versamento dei contributi -non potrà accedere alla c.d. Naspi.
Contrariamente a quanto affermato da chi tende a colpevolizzare le lavoratrici ed i lavoratori senza contratto, questi hanno tutto il diritto di rivendicare il pagamento delle poste economiche su citate e di chiedere il risarcimento del danno ai loro datori di lavoro anche per il mancato accesso alle misure attualmente esistenti in caso di disoccupazione involontaria.
Siamo profondamente convinti della necessità di istituire un reddito di base incondizionato, tuttavia siamo a disposizione di chiunque sia in difficoltà per le ragioni su esposte, perchè i diritti su menzionati si fanno legittimamente valere anche in giudizio.
Condividiamo questa importante iniziativa, in cui come Workers daremo il nostro contributo giuslavoristico, per re-inventare un diritto delle lavoratrici e dei lavoratori includente e che permetta a chiunque di potersi difendere dagli abusi quotidiani che avvengono sui posti di lavoro.
🛑Torna il Festival delle Camere del Lavoro Autonomo e Precario: la sua terza edizione, itinerante, sempre alla rincorsa di diritti e reddito.
🔎Da giovedì 8 ottobre a venerdì 6 novembre presso Esc Atelier, Il Giardino Popolare dei Castelli Romani (Genzano), Casale Garibaldi - common at work e Acrobax.
👉Qui il testo di presentazione e a breve il programma nel dettaglio: http://www.clap-info.net/2020/09/clap-and-go-festival-del-lavoro-vivo-2/
La foto usata per la realizzazione del manifesto è di Giulio Di Meo Workshop
Con la sent. 16253/2020, La Cassazione Civile - Sez. Lav., in tema di LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO (motivi economici) fa una utile ricognizione del discrimine tra tutela reintegratoria (anche attenuata) e tutela risarcitoria previste dall'art. 18 della l. n. 300/70 (Statuto del Lavoratori), come modificato - in pejus - dalla l. n. 92/2012 (c.d. Legge Fornero).
Riportiamo un passaggio estremamente esplicativo della sentenza, che tuttavia ci induce a fare una riflessione di opportunità politica sulla necessità, a 50 anni dalla entrata in vigore dello Statuto dei Lavoratori, e dal suo lento e inesorabile depotenziamento, da ultimo determinato anche dal c.d. Jobs Act.
Questa crisi economica e del lavoro generata dell'emergenza legata al Covid-19, ha sottolineato come occorra ritornate a ragionare su uno strumento coerente e completo a tutela del lavoro, di lavoratrici e lavoratori sia autonomi che subordinati, sia nei periodi di lavoro che dei periodi di non lavoro, sempre più vulnerabili a fronte di una valorizzazione indiscriminata dei profitti.
* * *
"...Invero la L. n. 92 del 2012, graduando le tutele in caso di licenziamento illegittimo, ha previsto al quarto comma del nuovo art. 18 una tutela reintegratoria definita "attenuata" (per distinguerla da quella più incisiva di cui al primo comma), in base alla quale il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla
reintegrazione del lavoratore ed al pagamento di una indennità risarcitoria dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, in misura comunque non superiore a 12 mensilità; al quinto comma dello stesso articolo è prevista, invece, una tutela meramente indennitaria per la quale il giudice dichiara risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento e condanna il datore al pagamento di una indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata tra un minimo di 12 mensilità e un massimo di 24, tenuto conto di vari parametri contenuti nella disposizione medesima.
Il discrimen tra le due tutele, in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo illegittimo, è descritto dal settimo comma dell'art. 18 novellato, secondo la
seguente formulazione testuale per cui il giudice: "Può altresì applicare la predetta disciplina -quella di cui al quarto comma- nell'ipotesi in cui accerti la manifesta
insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo; nelle altre ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del predetto giustificato motivo, il giudice applica la disciplina di cui al quinto comma".
Orbene, poiché il giudice "può" attribuire la cd. tutela reintegratoria attenuata, tra tutte le "ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi" del giustificato motivo
oggettivo, esclusivamente nel caso in cui il "fatto posto a base del licenziamento" non solo non sussista, ma anche a condizione che detta "insussistenza" sia "manifesta", non
pare dubitabile che l'intenzione del legislatore, pur tradottasi in un incerto testo normativo, sia quella di riservare il ripristino del rapporto di lavoro ad ipotesi residuali che fungono da eccezione alla regola della tutela indennitaria in materia di licenziamento individuale per motivi economici.
Pertanto tale ipotesi è riconducibile non a quella peculiare che postula un connotato di particolare evidenza nell'insussistenza del fatto posto a fondamento del
recesso, bensì è sussumibile nell'alveo di quella di portata generale per la quale è sufficiente che "non ricorrano gli estremi del predetto giustificato motivo" oggettivo.
Questa Corte ha, tuttavia, statuito, di recente (Cass. n. 29101 dell'11/11/2019), che, in tema di licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, la ritenuta
mancanza di un nesso causale tra recesso datoriale e motivo addotto a suo fondamento è sussumibile nell'alveo di quella particolare evidenza richiesta per integrare la
manifesta insussistenza del fatto che giustifica, ai sensi dell'art. 18, comma 7, I. n. 300 del 1970, come modificato dalla I. n. 92 del 2012, la tutela reintegratoria attenuata.
(Nel caso considerato, la Corte ha confermato la sentenza di merito nella quale era stato ritenuto che la giustificazione addotta a supporto del licenziamento, incentrata sul venir
meno dell'attività dal lavoratore dedicata al telegiornale ed alle trasmissioni di un canale televisivo ceduto dalla società datoriale ad altra emittente televisiva, fosse stata
smentita dall'istruttoria, essendo emerso che il predetto lavoratore, al momento del recesso, era adibito in via prevalente ad altre mansioni, rimanendo così escluso il
necessario nesso causale tra la cessione del canale televisivo ed il licenziamento)..."
WORKERS, dopo una breve pausa, riprende la sua attività di formazione e di informazione in ordine ai diritti di lavoratrici e lavoratori.
Oggi ci concentriamo su una sentenza di Cassazione del lavoro, la n. 16595/2020, che fa una ricognizione della funzione del CONTRATTO DI APPRENDISTATO (contratto a causa mista di formazione e lavoro), nel nostro ordinamento giuridico, ed anche una serie di nozioni di fatto, ai fini del riconoscimento, in giudizio, della sua illegittimità, nel caso in cui non venga effettuata la formazione che contraddistingue questo contratto di lavoro, con la conseguente trasformazione del rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dall'origine, cui segue la spettanza delle differenze retributive.
"È stato da tempo chiarito come, in tema di contratto di formazione e lavoro, l'inadempimento degli obblighi di formazione ne determina la trasformazione, fin dall'inizio, in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ove l'inadempimento abbia un'obiettiva rilevanza, concretizzandosi nella totale mancanza di formazione,
teorica e pratica, ovvero in una attività formativa carente o
inadeguata rispetto agli obiettivi indicati nel progetto di formazione e trasfusi nel contratto, ferma la necessità per il giudice, in tale ultima ipotesi, di valutare, in base ai principi generali, la gravità dell'inadempimento ai fini della declaratoria di trasformazione del rapporto in tutti i casi di inosservanza degli obblighi di formazione
di non scarsa importanza (Sez. L, Sentenza n. 1324 del
26/01/2015, Rv. 634083 - 01).
Lo scopo del contratto di apprendistato/ formazione e lavoro è, infatti, quello di favorire un ingresso guidato dei giovani nel mondo del lavoro, attraverso un supporto che dia loro anche gli strumenti per apprendere una determinata professionalità. E' consentito al datore di lavoro l'uso di una circoscritta discrezionalità
nel realizzare il programma di formazione, che si traduce nella possibilità di alternare la fase teorica con la fase pratica tenendo conto delle esigenze dell'impresa. Tale discrezionalità non può mai spingersi fino ad espungere una delle due fasi dalla esecuzione del contratto, atteso che entrambe sono coessenziali (Cass.
08/01/2003 n. 82). Ne segue che, qualora l'inadempimento abbia un'obiettiva rilevanza e l'inosservanza degli obblighi di formazione sia tale da non poter essere sanata in modo da consentire la formazione del giovane nel tempo stabilito, si giustifica la declaratoria di trasformazione del rapporto (Cass. 14/08/2004 n. 15878)..."
Alla domanda «Quali tipi di istituzione dobbiamo cominciare a instaurare, non soltanto per difenderci, ma anche per creare nuove forme sociali che costituiscano un’autentica soluzione alternativa [alle istituzioni tradizionali come quella della famiglia monogama] ?», il filosofo risponde: «Quali istituzioni ? Non ho idee precise». Questa imprecisione è, tuttavia, secondo Foucault, una risorsa, poiché dopo la seconda guerra mondiale ogni progetto politico deve essere guardato con sospetto. Le cose non si svolgono mai come prevedono i programmi politici e «non avere un programma può essere molto utile, molto originale e molto creativo, se questo non vuol dire non avere una riflessione profonda su quello che accade o non preoccuparsi di quello che è impossibile».
Michel Foucault, un’intervista: il sesso, il potere e la politica dell’identità. 1984
Si riporta una interessante e recente pronuncia della Suprema Corte che interviene sulla delicata tematica della qualificazione del rapporto di lavoro giornalistico precisando come «nell’ambito del lavoro giornalistico, il carattere della subordinazione risulta attenuato per la creatività insita nella prestazione e per la natura prettamente intellettuale dell’attività stessa. Tali caratteristiche comportano la necessità di ricorrere ad ulteriori criteri per individuare il vincolo della subordinazione, come l’inserimento continuativo delle prestazioni nell’organizzazione di impresa, la soddisfazione di un’esigenza informativa del giornale tramite la sistematica compilazione di articoli su specifici argomenti o di rubriche, il permanere, nell’intervallo tra una prestazione e l’altra, della disponibilità del lavoratore alle esigenze del datore di lavoro».
(Cassazione civile, Sez. lav., 11 giugno 2019, n. 15610 - Pres. Nobile - Rel. Pagetta)
Ora a Napoli la manifestazione di lavoratrici e lavoratori dello spettacolo per il reddito e i diritti sul lavoro!
Pubblichiamo e diffondiamo un questionario redatto con da un gruppo di lavoratori e lavoratici con cui collaboriamo e supportiamo; oggetto del questionario è lo smart working. Invitiamo chiunque ne abbia voglia a compilarlo, i dati che emergeranno saranno utili anche a noi nell'ambito dell'attività giudiziale che svolgiamo quotidianamente, per tutelare i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori.
Smartworking e telelavoro tra pandemia e prospettive di lungo periodo Nell'era digitale la pandemia in corso ha imposto il lavoro da casa a livello di massa. Sarà o no il nuovo modello lo scopriremo, intanto è necessario indagare pregi e difetti, necessità e vantaggi del cosiddetto smartworking/telelavoro. Aiutaci compilando il presente questionario in forma del tu...
Nella giornata del 5 maggio 2020, si é scritta una bella pagina per la giustizia in Italia, e la si é scritta presso il Tribunale di Roma - Sez. Lavoro, che nonostante le difficoltà del momento, accogliendo una delle nostre istanze di trattazioni scritte, per le cause già istruite e per quelle urgenti, ha pronunciato la sent. n. 2399/2020, accogliendo la domanda del ricorrente supportata dalla nostra difesa, volta al riconoscimento della parità di trattamento del nostro assistito parzialmente inabile discriminato sul luogo di lavoro e dipendente di una nota società a partecipazione pubblica.
Una pagina in cui non solo si é scritta un po' di giustizia, ma in cui si è anche affermato concretamente il principio per cui i luoghi di lavoro non sono neutri, e non sono neanche lo stato di natura dove domina la legge del più forte, perché anche i datori di lavoro miliardari sono TENUTI ad essere UMANI!
Il nostro assistito, in forza della Sentenza citata, che ha applicato sia la normativa nazionale (sul diritto del lavoratore disabile a scegliere la sede di lavoro più vicina al suo domicilio) che quella eurocomunitaria (sull'obbligo dei datori di lavoro di adottare "accomodamenti ragionevoli" per consentire anche ai lavoratori disabili di lavorare dignitosamente e senza pregiudizio per la loro salute psicofisica) verrà trasferito presso la sede della società più vicina alla sua residenza, e a lui verrà risarcito il danno non patrimoniale subito a causa dell'illecito posto in essere dal datore di lavoro!
Si legge nella Sentenza: "il danno non patrimoniale “tipizzato” dalla legge implica ad avviso del giudicante un apprezzamento legale preventivo riguardo all’esistenza di un pregiudizio immanente all’illecito in relazione al bene protetto, quantomeno in termini equivalenti al danno morale soggettivo. Essere discriminati per ragioni di handicap è di per sé presuntivamente fonte di sofferenza soggettiva che la legge vuole risarcita proprio perchè indimostrabile ed insieme presumibile in relazione alla natura ed alle caratteristiche dell’illecito, non dissimilmente da quanto avviene in caso di fatto reato (Cass. Pen. 6481/2011, 2113/97).
Degni di nota, poi sono gli inevitabili riferimenti in Sentenza, al limite alla libertà di iniziativa economica privata (art. 41, co. 1, Cost.) posti dal comma 2, dell'art. 41, perché l'iniziativa economica privata, benché libera, non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale, o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libera, e alla dignità umana; e all'art. 3, co. 2, Cost. e al principio di eguaglianza sostanziale che contiene!
Grazie alla Libera Repubblica di San Lorenzo per averci sollecitate a dare un contributo in questa giornata di lotta che è il Primo maggio.
Aderiamo alla campagna , delle lavoratrici e dei lavoratori dello spettacolo.
Sperando di tornare presto nelle strade ad urlarlo a gran voce.
Buon primo maggio a tutt/!
Con l'Ordinanza n. 502/2020 del 23/04/2020, il Tribunale di Grosseto - Sez. Lav., accoglie il ricorso di urgenza di un lavoratore con problemi di salute cui era stato negata la richiesta di lavoro agile (in tempo di Covid-19) e a cui era stata prospettata la possibilità, in alternativa con la presenza fisica sul luogo di lavoro, di consumare le ferie accumulate e non ancora godute, o di sospensione della prestazione di lavoro senza retribuzione.
Il diritto alla salute, prevale sulla libertà datoriale di organizzazione dell'impresa.
Con ricorso ex art. 700 c.p.c., il dipendente di Enegan S.p.A. con contratto a tempo indeterminato con mansioni di addetto al servizio assistenza legale lamentava che il datore di lavoro aveva illegittimamente rifiutato di adibirlo al lavoro cd. agile nonostante tutti i colleghi del suo reparto lo fossero già stati. Evidenziava che, nell'attuale periodo di crisi sanitaria connessa ai noti problemi della diffusione del Covid19, avrebbe avuto diritto ad essere preferito nell'assegnazione alla modalità di lavoro agile in ragione della previsione di cui all'art. 39, co. 2, D.l. 18/2020 in quanto portatore di patologia da cui era derivato il riconoscimento di un'invalidità civile con riduzione della sua capacità lavorativa. L'azienda invece si era limitata a prospettargli il ricorso alle ferie “anticipate”, da computarsi su un monte ferie non ancora maturato, in alternativa alla sospensione non retribuita del rapporto fino alla cessazione della lamentata incompatibilità (e, quindi, quantomeno fino al 30.4.2020, data della prevista nuova visita medica).
Rileva il Tribunale del lavoro di Grosseto che "Tutta la normativa straordinaria ed urgente cerca di coniugare la salvaguardia dell'attività lavorativa (soprattuto nei settori considerati essenziali, come quello relativo all'attività della resistente) con le esigenze di tutela della salute e di contenimento della diffusione dell'epidemia. In tale contesto, il ricorso al lavoro agile, disciplinato in via generale dalla legge 22 maggio 2017, n. 81, è stato considerato una priorità. Per ovvie ragioni, tale modalità lavorativa non può, né poteva, essere imposta in via generale ed indiscriminata; cionondimeno la stessa è stata, reiteratamente e fortemente, raccomandata ed addirittura considerata modalità ordinaria di svolgimento della prestazione nella P.A. (cfr. art. 87 D.l. 18/2020).
Inoltre, ai sensi dell'art. 39, co. 2, D.l. ult. cit., “ai lavoratori del settore privato affetti da gravi e comprovate patologie con ridotta capacita' lavorativa e' riconosciuta la priorità nell'accoglimento delle istanze di svolgimento delle prestazioni lavorative in modalità agile ai sensi degli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81” (il comma precedente disciplina il diritto allo svolgimento di siffatta tipologia di lavoro nel caso di lavoratori, o loro familiari, nelle condizioni di cui all'art. 3, co. 3, della L. 104/1992). Non è contestato, e del resto risulta documentalmente, che il ricorrente si trovi in situazione di ridotta capacità lavorativa e abbia dunque titolo di priorità.
Il DPCM 10 aprile 2020 nel ribadire, alla lettera hh) dell'art. 1, la volontà di
promuovere il lavoro agile “raccomanda in ogni caso ai datori di lavoro pubblici e privati di promuovere la fruizione dei periodi di congedo ordinario e di ferie, fermo restando quanto previsto dalla lettera precedente e dall'art. 2, comma 2.” Il che equivale a dire che, laddove il datore di lavoro privato sia nelle condizioni di applicare il lavoro agile, e (come nel caso in esame) ne abbia dato prova, il ricorso alle ferie non può essere indiscriminato, ingiustificato o penalizzante, soprattutto laddove vi siano titoli di priorità per ragioni di salute".
Chiara Colasurdo: "...D’altra parte come si costruisce un nuovo modello economico? Ne abbiamo il potere? Perché, in fin dei conti, penso che il lavoro vada pagato dignitosamente (attraverso un salario, una retribuzione, un assegno, un onorario, un cachet…) e penso pure che c’è molto poca autonomia nel cosiddetto lavoro autonomo (nella committenza è implicita una parte di eterodirezione), perché il lavoro è autonomo davvero solo se già si posseggono i mezzi per godere di una vita dignitosa (che non è costituita solo dal mettere un piatto a tavola, e avere un tetto sulla testa, ma anche dall’accesso alla cultura, all’arte, ai viaggi, all’ozio, allo svago, allo sport, al desiderio, all’immaginario, ecc.). Ad oggi la questione del reddito di base universale e incondizionato, del reddito di esistenza, del reddito di autodeterminazione (dispositivi diversi dall’attuale reddito di cittadinanza ispirato ad una concezione workfaristica della vita) si presenta, almeno, duplice: c’è chi in esso vede il mezzo per sottrarre la vita all’immaginario mercantile e alla messa a lavoro totale, e chi in esso vede una necessaria retribuzione del tempo fuori lavoro il cui contributo alla produttività del lavoro è diventato decisivo..."
Lavoro e libertà / Una questione aporetica? – OperaViva Magazine Un intervento a proposito di lavoro autonomo, precario e reddito.
“I buoni spesa vanno dati anche agli immigrati irregolari”. Ecco quanto stabilito dal Tribunale di Roma nella Sentenza n. 12835/2020 che ha dichiarato discriminatoria la delibera del Campidoglio che disciplina l’erogazione dei ticket.
Si legge nella pronuncia che hanno diritto a percepire i buoni spesa erogati dal Comune di Roma anche i cittadini extra UE irregolarmente soggiornanti, in quanto il diritto all'alimentazione rientra nel "nucleo irriducibile" di diritti fondamentali della persona umana, che deve essere riconosciuto anche agli stranieri, qualunque sia la loro posizione rispetto alle norme che regolano l'ingresso ed il soggiorno nello Stato.
In un passaggio della sentenza il Giudice ricorda che in tema di stranieri la Corte Cost. ha più volte affermato che, nel sancire il principio di eguaglianza, il riferimento dell’art. 3 ai “cittadini” non deve essere interpretato letteralmente ma andrà letto in connessione con gli artt. 2 e 10 della Carta costituzionale. Ed infatti il diritto all'alimentazione, ricorda il giudice, rientra nell'alveo dei diritti fondamentali sanciti dall'art. 2 della Costituzione e dunque lo straniero (anche irregolarmente soggiornante) gode di tutti i diritti fondamentali della persona umana.
Interessante infine, il richiamo alla recentissima sentenza della Corte Costituzionale n. 44/2020 ove la Corte ha ritenuto l'irragionevolezza del requisito della residenza ultraquinquennale previsto da una norma regionale come condizione di accesso al beneficio dell'alloggio ERP".
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