Toscana a Sinistra

Toscana a Sinistra La sinistra del Sì.

Sì al reddito minimo, sì ad un piano speciale per il lavoro in Toscana; sì all'obiettivo "rifiuti zero"; sì all'attuazione dei referendum e alla gestione pubblica dell'acqua e dei servizi pubblici locali; sì ad una sanità pubblica, non residuale e di qualità per tutti; sì al rafforzamento del trasporto pubblico regionale e metropolitano di qualità, a partire dai treni per i pendolari; sì ad un pia

12/08/2024

"L'Italia è come il cocomero: è verde, bianca e rossa, ma dentro c'ha quei cosini neri che danno tanta noia” scrisse Piero Calamandrei.

Abbiamo festeggiato la liberazione di Firenze in una delle piazze simbolo della Resistenza, offrendo il cocomero e raccogliendo le firme per il referendum contro l’autonomia differenziata.

Abbiamo scelto il cocomero anche perché ha i colori della bandiera del popolo palestinese, vittima di un massacro senza fine, a poche ore dal raid israeliano su una scuola di Gaza dove sono morte 93 persone di cui 11 bambini.

27/07/2024

Paolo Berizzi, noto giornalista di Repubblica, fa un copia e incolla di un post letto su facebook e lo pubblica a suo nome, senza citare la fonte. Questa cosa sta accadendo sempre più spesso, su varie testate.

Una volta trovai un mio lungo e articolato intervento - una sorta di reportage dal Venezuela e dal Forum mondiale di Caracas- copiaincollato (fino alle virgole) e pubblicato a nome di un noto dirigente sindacale. Mi vergognai così tanto per lui che alla fine non dissi nulla, né al plagiatore né alla testata.

Ispirarsi a cose scritte da altri è cosa giusta e normalissima, copiare un testo altrui e firmarlo a proprio nome no.

Sia chiaro, Berizzi ha fatto un’opera meritoria a rilanciare il contenuto del post, ma avrebbe dovuto menzionare la fonte e cioè la pagina Difendere Lucca da CasaPound 2, il cui animatore è il bravissimo Massimiliano Piagentini. Non ci vuole molto.

22/07/2024

In questo disastro, Trump & Vance possono essere battuti solo da una coppia di donne, pacifiste, possibilmente giovani, con una candidata presidente afroamericana o ispanoamericana. Solo una forte mobilitazione dell’elettorato femminile e dell’elettorato non-bianco, unito allo zoccolo duro dei democratici, può farcela contro l’estrema destra.

Il partito democratico, se vorrà vincere, dovrà schierarsi decisamente dalla parte del diritto internazionale e della Corte dell’Aja, non dalla parte di Netanyahu, mentre ad oggi sono Trump & Vance ad essersi impadroniti (strumentalmente) del tema della pace.

Il partito democratico, se vorrà vincere, dovrà capire per tempo che nel campo avversario sta accadendo qualcosa di nuovo. Certo, con la vittoria di Trump & Vance ci aspettano le peggiori politiche di destra su molte materie fondamentali, in perfetta continuità con la tradizione del partito repubblicano: immigrazione, ab**to (e diritti delle donne in genere), ambiente. Ma allo stesso tempo il nuovo partito repubblicano sta svoltando a sinistra su importanti questioni sociali, basta ascoltare il discorso di Vance a Milwaukee: alzare i salari, attuare politiche per la classe media e per i ceti impoveriti (purché bianchi), rafforzare il ruolo dei sindacati, finirla con le guerre.

Vance, cresciuto nella Rust Belt con una madre alcolizzata e perfetto interprete della rabbia dei maschi bianchi impoveriti, uomo intelligente, laureato a Yale, autore di un (bel) best-seller autobiografico (Hillbilly Elegy) è il futuro della destra americana. Vance e non Trump. Se Trump vincerà a novembre, sarà Vance a diventare presidente degli Stati Uniti nei due successivi mandati; insomma, ci attenderebbero 12 anni di egemonia repubblicana.

Solo due donne con un programma pacifista e di sinistra possono fermarli.

12/07/2024

Affamàti di un mondo nuovo, uniamoci!

Il problema della sinistra è la perdita di visione, di orizzonte, di respiro. È andata persa l’ idea che un altro mondo è possibile.

“Abbiamo fame di un mondo nuovo”, scrivono invece gli operai ex GKN.

E stasera non riesco a pensare a un altro luogo in cui abbia senso stare se non piazza Poggi, a tre anni dal licenziamento in massa degli operai. “Se vinciamo qua - scrivono - creiamo un esempio contagioso a favore di tutte/i. Chiediamo stipendi, commissariamento, intervento pubblico qui e ora con la legge regionale sui consorzi pubblici: a servizio della transizione ecologica, del lavoro, dei diritti sociali, di un territorio solidale”.

Affamàti di un mondo nuovo, uniamoci!

10/07/2024

Mi sono stropicciato gli occhi. Un (bel) pezzo sul fallimento della privatizzazione dei servizi idrici in Gran Bretagna è stato pubblicato proprio dal Corriere della Sera, a firma del corrispondente da Londra. L’articolo è intitolato «La Gran Bretagna è diventata una fogna a cielo aperto: ‘La gente morirà per l’inquinamento’».

Scriveva qualche tempo fa l’inviato del Corriere: “Le aziende idriche in Inghilterra sono state privatizzate all’epoca di Margaret Thatcher e spesso mettono il profitto davanti alla sicurezza. Sotto accusa è anche la loro gestione: Thames Water, che rifornisce d’acqua Londra, è sull’orlo della bancarotta e si profila il ricorso al salvataggio pubblico, a spese dei contribuenti” e aggiunge “Non stupisce dunque che dalle file del Labour si levino voci che chiedono la rinazionalizzazione dell’industria idrica”.

Una decina d’anni fa, nell’introduzione a un volume sulle privatizzazioni in Inghilterra e Galles che venne anticipata sul sito di Micromega e la Repubblica (“La grande rapina della privatizzazione dell'acqua. Che cosa insegna all'Italia il caso inglese”; link nei commenti) cercavo di spiegare perché le cose sarebbero andate esattamente come sono andate.

Ma torniamo al Corriere della Sera del 2024: “La Gran Bretagna è diventata una fogna a cielo aperto, con le sue acque inquinate a livelli record. (…) Test recenti hanno evidenziato che nella rete acquifera inglese c’è di tutto: batteri, virus, sostanze chimiche e perfino radioattive (…). La questione sta diventando politica, perché la colpa del degrado è anche delle aziende di fornitura delle acque, che scaricano i residui a mare o nei fiumi senza precauzioni, nel momento in cui annunciano nuovi aumenti delle tariffe che andranno a colpire una popolazione già stremata dal carovita”. Aziende appunto privatizzate nell’epoca Thatcher, che hanno accumulato 64 miliardi di sterline di debiti e distribuito dividendi per ben 78 miliardi da quando sono state privatizzate, nel 1989. Le tasche degli azionisti privati in questi decenni si sono riempite grazie alle tariffe stellari pagate dai cittadini-utenti, all’indebitamento, a investimenti scarsi.

Ormai Parigi ha ripubblicizzato la gestione del servizio idrico, Berlino idem, e leggiamo che persino Londra, preso atto del disastro della privatizzazione, sta finalmente pensando alla ripubblicizzazione. Perché solo in Italia centro-destra e centro-sinistra (che preferisco chiamare “centro-PD”), infischiandosene del referendum del 2011, continuano ad andare nella direzione opposta? Quella della privatizzazione, anzi della finanziarizzazione della gestione dell’acqua?

In Toscana, la regione in cui vivo, stanno ora costruendo qualcosa di analogo a Iren, Hera, Acea o A2A. Hanno dato cioè luce ad una Holding finanziaria (la così detta “Multiutility”) che intendono quotare in borsa. L’obiettivo è la valorizzazione delle azioni e la distribuzione di lauti dividendi agli azionisti, compresi i vari fondi speculativi internazionali che faranno a gara per prendersi una fetta di questi servizi a domanda garantita, ex monopoli pubblici naturali divenuti monopoli privati, come nel caso del servizio idrico integrato. Un processo di finanziarizzazione - ultimo gradino della privatizzazione - che è stato fortemente voluto dal PD toscano e fiorentino (da Giani a Nardella fino alla neosindaca Funaro) in accordo con Fratelli d’Italia e con la benedizione della Meloni.

Questo è l’ultimo atto di quel lungo tradimento referendario che denunciamo da quasi quindici anni, ma è anche un processo in corso che può essere fermato, se c’è la volontà politica. Quel che è stato possibile a Parigi, Berlino e sperabilmente a Londra, deve essere possibile anche qui.

Mi sono stropicciato gli occhi. Un (bel) pezzo sul fallimento della privatizzazione dei servizi idrici in Gran Bretagna è stato pubblicato proprio dal Corriere della Sera, a firma del corrispondente da Londra. L’articolo è intitolato «La Gran Bretagna è diventata una fogna a cielo aperto: ‘La gente morirà per l’inquinamento’».

Scriveva qualche tempo fa l’inviato del Corriere: “Le aziende idriche in Inghilterra sono state privatizzate all’epoca di Margaret Thatcher e spesso mettono il profitto davanti alla sicurezza. Sotto accusa è anche la loro gestione: Thames Water, che rifornisce d’acqua Londra, è sull’orlo della bancarotta e si profila il ricorso al salvataggio pubblico, a spese dei contribuenti” e aggiunge “Non stupisce dunque che dalle file del Labour si levino voci che chiedono la rinazionalizzazione dell’industria idrica”.

Una decina d’anni fa, nell’introduzione a un volume sulle privatizzazioni in Inghilterra e Galles che venne anticipata sul sito di Micromega e la Repubblica (“La grande rapina della privatizzazione dell'acqua. Che cosa insegna all'Italia il caso inglese”; link nei commenti) cercavo di spiegare perché le cose sarebbero andate esattamente come sono andate.

Ma torniamo al Corriere della Sera del 2024: “La Gran Bretagna è diventata una fogna a cielo aperto, con le sue acque inquinate a livelli record. (…) Test recenti hanno evidenziato che nella rete acquifera inglese c’è di tutto: batteri, virus, sostanze chimiche e perfino radioattive (…). La questione sta diventando politica, perché la colpa del degrado è anche delle aziende di fornitura delle acque, che scaricano i residui a mare o nei fiumi senza precauzioni, nel momento in cui annunciano nuovi aumenti delle tariffe che andranno a colpire una popolazione già stremata dal carovita”. Aziende appunto privatizzate nell’epoca Thatcher, che hanno accumulato 64 miliardi di sterline di debiti e distribuito dividendi per ben 78 miliardi da quando sono state privatizzate, nel 1989. Le tasche degli azionisti privati in questi decenni si sono riempite grazie alle tariffe stellari pagate dai cittadini-utenti, all’indebitamento, a investimenti scarsi.

Ormai Parigi ha ripubblicizzato la gestione del servizio idrico, Berlino idem, e leggiamo che persino Londra, preso atto del disastro della privatizzazione, sta finalmente pensando alla ripubblicizzazione. Perché solo in Italia centro-destra e centro-sinistra (che preferisco chiamare “centro-PD”), infischiandosene del referendum del 2011, continuano ad andare nella direzione opposta? Quella della privatizzazione, anzi della finanziarizzazione della gestione dell’acqua?

In Toscana, la regione in cui vivo, stanno ora costruendo qualcosa di analogo a Iren, Hera, Acea o A2A. Hanno dato cioè luce a una Holding finanziaria (la così detta “Multiutility”) che intendono quotare in borsa. L’obiettivo è la valorizzazione delle azioni e la distribuzione di lauti dividendi agli azionisti, compresi i vari fondi speculativi internazionali che faranno a gara per prendersi una fetta di questi servizi a domanda garantita, ex monopoli pubblici naturali divenuti monopoli privati, come nel caso del servizio idrico integrato. Un processo di finanziarizzazione - ultimo gradino della privatizzazione - che è stato fortemente voluto dal PD toscano e fiorentino (da Giani a Nardella fino alla neosindaca Funaro) in accordo con Fratelli d’Italia e con la benedizione della Meloni.

Questo è l’ultimo atto di quel lungo tradimento referendario che denunciamo da quasi quindici anni, ma è anche un processo in corso che può essere fermato, se c’è la volontà politica. Quel che è stato possibile a Parigi, Berlino e sperabilmente a Londra, deve essere possibile anche qui.

03/07/2024

Appena ho letto la frase sono sobbalzato istintivamente, poi ho sbraitato in solitudine, infine ho continuato a rimuginare sulla cosa, un po’ perché mi è tornato in mente un racconto di storia familiare, un po’ perché sono amico da tanti anni dell’ottimo sindaco di Catanzaro, Nicola Fiorita, che peraltro ha risposto per le rime a Vittorio Feltri.

La frase pronunciata da Feltri è nota. Riferendosi all’europarlamentare Salis ha detto: “È vestita come una cameriera di Catanzaro” aggiungendo “proprio la cosa più bassa che si possa immaginare”. Testualmente così, una cameriera di Catanzaro, la “cosa più bassa” immaginabile; continua a ribollirmi il sangue, posso intuire la rabbia delle cameriere di Catanzaro e dell’intero sud Italia. Certo, va riconosciuto che Feltri è riuscito nella difficilissima impresa di unire sessismo, classismo, razzismo e colonialismo in sole 7 parole. Tutte le possibili discriminazioni, oppressioni e dominazioni in così poco spazio.

Non mi interessa qui discutere di Feltri, peraltro non nuovo a simili subpensieri (apprendo che in un suo reportage degli anni ’80 definì “vecchie, goffe e nere come insetti” le donne di San Luca) ma di quanto abbiano ragione le femministe e di quanto sia proficuo e attualissimo il concetto di intersezionalità: la comprensione profonda della simultaneità delle oppressioni e il rifiuto di metterle in ordine gerarchico e d’importanza.

Le parole di Feltri, ma anche quelle di altri uomini della medesima schiatta che per esempio hanno commentato i peli sulle gambe di Carola Rackete, mi hanno fatto tornare in mente una storia. Mia nonna Virginia, nata per l’appunto in Calabria ma di origini siciliane da parte di padre e napoletane da parte di madre, aveva tenuto un rapporto stretto con il paese d’origine del padre, Savoca. Si tratta di un piccolo borgo bellissimo, vicino a Taormina, divenuto improvvisamente famoso perché Francis Ford Coppola decise di girarci varie scene de Il Padrino. Il primo incontro di Michael Corleone con Apollonia Vitelli, e poi il loro matrimonio, vennero girati nel palazzetto dove erano nati il padre e i gli avi di mia nonna.

All’inizio degli anni ’90 ricordo di aver trovato una sera la nonna, che era una mente acuta e un carattere difficilmente perturbabile, disgustata e furente per una foto. In quell’immagine pubblicitaria aveva molto probabilmente riconosciuto alcune donne a cui voleva bene. Donne anziane, dignitose, belle, anche se non belle secondo i canoni delle agenzie pubblicitarie, che erano state fotografate accanto ad una delle più famose top model dell’epoca, la stupenda Linda Evangelista. Queste anziane signore erano state tratte in inganno: pagate una miseria, era stato spiegato loro che la foto sarebbe stata impiegata in una campagna contro l’AIDS. “La bella e le sette bestie”, così venne ribattezzata questa violentissima operazione pubblicitaria.

Ecco, vorrei dire che ho un’idea piuttosto chiara di chi siano qui le “bestie”, e di certo non sono le cameriere di Catanzaro né le anziane signore di Savoca. Finché non sradicheremo dalle nostre teste sessismo, classismo, razzismo e colonialismo rimarremo per l’appunto bestie, chi più chi meno. Piccole storielle come queste mostrano limpidamente come sia i diritti sociali, sia i diritti civili siano una questione molto “materiale”, e come le lotte per i diritti sociali e per i diritti civili debbano essere combattute congiuntamente.

Cadere nella trappola dell’opposizione fra gli uni e gli altri diritti fa solo il gioco delle bestie.

02/07/2024

Tutti sono giustamente in apprensione per quel che sta accadendo in Francia. Tuttavia, se osserviamo un po’ meglio la situazione, vediamo che la sinistra del Fronte Popolare ha preso un notevole 28% e il partito di Macron (a cui il PD ha guardato a lungo come al proprio omologo d’oltralpe) ha preso il 20%. La destra di Le Pen è al 29% e con l’alleato Ciotti arriva al 33%.

So bene che siamo ormai storditi e assuefatti da sistemi elettorali maggioritari, doppi turni, ballottaggi e via di questo passo, ma è evidente che se in Francia si votasse con il sistema elettorale proporzionale, come nella maggior parte delle democrazie europee, con il cavolo che saremmo qui a parlare di “pericolo Le Pen”.

E però in Francia, come in Italia, ci si inventa sistemi elettorali il cui fine è trasformare minoranze in maggioranze.

27/06/2024

C’è un elefante nella stanza.

Calenzano, Borgo san Lorenzo e Rosignano: la sinistra vince 3 ballottaggi su 4, battendo i candidati del PD. A Empoli il bravissimo Leonardo Masi purtroppo non ce l’ha fatta, ma raddoppia la percentuale del primo turno, facendo tremare il sistema di potere cittadino. A me pare che da tutto questo si possano trarre due insegnamenti essenziali:

1) quando in questa regione gli elettori sono liberi dal ricatto morale del voto utile (“vota me non perché ti convinco ma per non far vincere la destra”) votano perlopiù candidate/i e programmi di sinistra. Bella forza, si dirà, ma come si fa ad arrivare al ballottaggio?

2) ecco la seconda lezione: la sinistra arriva al ballottaggio, o comunque raggiunge percentuali impressionanti, se (e solo se) riesce a costruire coalizioni larghe. Non dico che sia facile farlo, perché non lo è, ma questa è la caratteristica di tutti i progetti “luminosi” di questa tornata di amministrative, compreso il caso di Livorno e di altre città di varia dimensione, dove le alleanze di sinistra hanno superato la destra o le sono arrivate molto vicine. È una strada che passa dal confronto con i pezzi in uscita dal PD (persino con ex sindaci PD), con liste civiche e con il M5S, sempre che Conte abbia la bontà di lasciar decidere la base locale del movimento. Convergendo attorno ad un programma di svolta, è possibile vincere e cambiare le nostre città e i nostri territori.

Un terribile vizio del capoluogo di regione è il “fiorentinocentrismo”, ma se ce ne liberiamo e allarghiamo lo sguardo alla piana, vediamo che a Campi Bisenzio e Calenzano adesso governano sindaci di sinistra (volendo si potrebbe aggiungere anche Sesto fiorentino, che è un po’ un caso a sé). E, per restare nell’area metropolitana, coalizioni larghe hanno avuto ottimi risultati anche a Bagno a Ripoli, Pontassieve, Pelago e via di questo passo.

Dell’elefante sembra essersi accorto Il Corriere (titolo: “Dalla piana a Borgo, il rosso si allarga e cambia i rapporti di forza con il PD”) e Il Tirreno. Ma, udite udite, se ne è accorto anche Eugenio Giani. Il presidente della Regione, intervistato da Il Tirreno (che domanda “un altro campanello d’allarme è il fatto che l’elettorato preferisca, talvolta, schierarsi a sinistra del PD. Come deve essere valutata questa tendenza?”) risponde: “Quello della vittoria di candidati più a sinistra del PD è un fenomeno che comincia ad essere ricorrente e con il quale ci dobbiamo senz’altro confrontare”. Talmente ricorrente che l’elefante inizia ad essere visibile anche a chi non vuol vedere.

C’è un elefante nella stanza.

Calenzano, Borgo san Lorenzo e Rosignano: la sinistra vince 3 ballottaggi su 4, battendo i candidati del PD. A Empoli il bravissimo Leonardo Masi purtroppo non ce l’ha fatta, ma raddoppia la percentuale del primo turno, facendo tremare il sistema di potere cittadino. A me pare che da tutto questo si possano ricavare due lezioni essenziali:

1) quando in questa regione gli elettori sono liberi dal ricatto morale del voto utile (“vota me non perché ti convinco ma per non far vincere la destra”) votano perlopiù candidate/i e programmi di sinistra. Bella forza, si dirà, ma come si fa ad arrivare al ballottaggio?

2) ecco la seconda lezione: la sinistra arriva al ballottaggio, o comunque raggiunge percentuali impressionanti, se (e solo se) riesce a costruire coalizioni larghe. Non dico che sia facile farlo, perché non lo è, ma questa è la caratteristica di tutti i progetti “luminosi” di questa tornata di amministrative, compreso il caso di Livorno e di altre città di varia dimensione, dove le alleanze di sinistra hanno superato la destra o le sono arrivate molto vicine. È una strada che passa dal confronto con i pezzi in uscita dal PD (persino con ex sindaci PD), con liste civiche e con il M5S, sempre che Conte abbia la bontà di lasciar decidere la base locale del movimento. Convergendo attorno ad un programma di svolta, è possibile vincere e cambiare le nostre città e i nostri territori.

Un terribile vizio del capoluogo di regione è il “fiorentinocentrismo”, ma se ce ne liberiamo e allarghiamo lo sguardo alla piana, vediamo che a Campi Bisenzio e Calenzano adesso governano sindaci di sinistra (volendo si potrebbe aggiungere anche Sesto fiorentino, che è un po’ un caso a sé). E, per restare nell’area metropolitana, coalizioni larghe hanno avuto ottimi risultati anche a Bagno a Ripoli, Pontassieve, Pelago e via di questo passo.

Dell’elefante sembra essersi accorto Il Corriere (titolo: “Dalla piana a Borgo, il rosso si allarga e cambia i rapporti di forza con il PD”) e Il Tirreno. Ma, udite udite, se ne è accorto anche Eugenio Giani. Il presidente della Regione, intervistato da Il Tirreno (che domanda “un altro campanello d’allarme è il fatto che l’elettorato preferisca, talvolta, schierarsi a sinistra del PD. Come deve essere valutata questa tendenza?”) risponde: “Quello della vittoria di candidati più a sinistra del PD è un fenomeno che comincia ad essere ricorrente e con il quale ci dobbiamo senz’altro confrontare”. Talmente ricorrente che l’elefante inizia ad essere visibile anche a chi non vuol vedere.

25/06/2024

A Firenze l’affluenza è crollata dal 64,4% del primo turno al 47,9%: al ballottaggio ha votato meno della metà degli elettori. Questa non è una gran sorpresa, tantomeno è una sorpresa la scontata vittoria di Sara Funaro contro Schmidt, il quale non ha mai avuto alcuna chance di spuntarla contro l’erede prescelta da Nardella. Era tutto ampiamente scritto nei numeri del primo turno.

In questa città i principali centri di potere sono sempre stati vicini al PD, mai alla destra, ma sopratutto in questa campagna elettorale la “mascheratura civica” di Schmidt non ha funzionato neppure un po’. Dietro il tedescone dal fare bonario era ben visibile tutta la spaventevole compagnia di giro (Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia) e questo è bastato a bloccarlo al primo turno poco sopra il solito 30%. Come scritto più volte, a Funaro sarebbero bastati gli elettori del primo turno per stravincere al ballottaggio, e così è stato.

Schmidt al secondo turno ha perso addirittura 6 mila voti, passando da 59.465 a 53.558 (come sempre i giorni di ponte penalizzano la destra), mentre Funaro è stata sostenuta da chi l’aveva già votata al primo turno, oltre a 4 mila elettori in più, passando da 78.126 a 82.254 voti complessivi. Queste poche migliaia di voti in più - che Funaro non ha particolarmente cercato nel corso delle ultime due settimane di campagna, sapendo benissimo di non averne alcun bisogno - sono venuti da un pezzetto di elettori di Firenze Democratica (circa 10 mila voti al primo turno), di Sinistra Progetto Comune (circa 9 mila voti), del M5S (circa 6 mila voti), di Italia Viva (circa 12.500 voti).
Ma ecco, aver “recuperato” 4 mila voti (sui circa 37 mila andati al primo turno alle liste di centrosinistra/sinistra esterne alla coalizione PD) è davvero un risultato miserrimo, questo mi pare evidente. Ottimo, ma scontato, che da nessuna di queste liste siano andati voti a Schmidt; neppure da Italia Viva, se non in minima parte, e quest’ultimo dato forse è l’unico che mi sorprende un po’.

Poco elegante autocitarsi, ma giorni fa avevo scritto, dopo aver mostrato come a Funaro sarebbero bastati i voti di chi l’aveva votata al primo turno per vincere: “Votare Funaro al ballottaggio pure noi, rafforzandola, forse preparerà il disastro prossimo futuro: rassicurerà questo PD (così ancora profondamente “renziano”) che serrerà baldanzosamente le fila, non cambierà di un grado la rotta e allora sì, alle regionali del 2025 in Regione Toscana vincerà per davvero la destra. Magari una forte astensione, mi dico, può spingerli a ripensare e modificare la rotta”.

Questa forte astensione sarà considerata e interpretata? Suonerà come un allarme?

Per ora, a Firenze, del cosiddetto “nuovo corso” schleiniano del PD non s’è vista traccia. L’ex classe dirigente renziana resta per così dire “renziana senza Renzi” (e cioè resta renziana non per fedeltà ma per formazione e cultura politica), compresa la nuova sindaca Funaro. Mi pare insomma che Funaro & C possano difficilmente incarnare la svolta vagheggiata da molti. Temo piuttosto che ci attenda nuovo cemento, nuove alienazioni di patrimonio pubblico (a partire dall’ex Ospedale San Giovanni di Dio, che non recupererà una funzione pubblica e sociale ma presumibilmente sarà venduto e trasformato in appartamenti), la quotazione in borsa della Multiutility e via di questo passo. Questo è il sistema di potere in città, c'è poco da fare. Temo cioè che l'era Funaro, pur benedetta da Elly Schlein, in termini di politiche concrete sarà la continuazione perfetta dell'era Nardella, che a sua volta era la continuazione dell’era Renzi.

Non so cosa deciderà di fare il M5S a Firenze, che mi pare purtroppo in piena confusione e dilaniato da uno scontro interno, né so se si possa immaginare qualcosa di simile ad un “governo ombra” per la città, che talloni la maggioranza da sinistra con proposte alternative, ma la mia speranza è che almeno SPC e Firenze Democratica possano ragionare di un fronte comune d’opposizione, collaborare, dialogare, andando oltre la frammentazione attuale. La vittoria delle coalizioni larghe di sinistra ai ballottaggi a Calenzano, Borgo san Lorenzo e Rosignano, ma anche l’ottimo risultato a Empoli, mostrano che esiste una possibile strada da percorrere in tutta la regione.

21/06/2024

Mi perdoni chi non è di Firenze per porre una questione tutto sommato “locale” ma a pochi giorni dal ballottaggio non ho ancora sciolto il dilemma. Votare o non votare?

Votare Funaro, la candidata della piena continuità con il sistema di potere che ha ridotto Firenze così come è, oppure astenermi? L’astensione, mi dico, è anche protesta, è un atto politico. Non riuscirei mai ad astenermi al primo turno, dove si definisce la rappresentanza e si elegge il consiglio comunale, potendo tra l’altro scegliere fra molte liste. Ma ad un ballottaggio fra due mali, seppur diversi fra loro, considero l’astensione una delle possibilità. Ha ben poco a che fare con la democrazia parlamentare la scelta binaria fra due candidati che non mi rappresentano. E aggiungo che se oggi Meloni può proporre il suo “premierato” anche a livello nazionale è perché il centrosinistra ha inventato il “premierato” prima a livello cittadino, con l’elezione diretta del sindaco, poi a livello regionale, con l’elezione diretta del presidente della Regione. Mancava ormai solo l’elezione diretta del presidente del consiglio, anzi, l’elezione diretta del “sindaco d’Italia”, come lo chiamava Renzi quando era ancora segretario del PD e sosteneva la causa.

Votare Funaro, mi dico, significa mandare un segnale tranquillizzante: alla fine va bene così, continuate pure a privatizzare i servizi pubblici e quotate in borsa la Multitutility, continuate a svendere il patrimonio collettivo per operazioni speculative di ogni genere, continuate a far costruire nuovi Student Hotel e alberghi di lusso, a cementificare, ad andare avanti con il nuovo aeroporto persino dopo la sonora bocciatura dei tecnici del Ministero (mi riferisco alle prescrizioni della commissione VAS, parere n. 56/2023). Continuate a fare tutto questo e fatelo anche con il mio voto.

Votare Funaro rafforzandola, aggiungo, preparerà il disastro prossimo futuro: rassicurerà questo PD (così ancora profondamente “renziano”) che serrerà baldanzosamente le fila, non cambierà di un grado la rotta e allora sì, alle regionali del 2025 in Regione Toscana vincerà per davvero la destra. Magari una forte astensione, mi dico, può spingerli a ripensare e modificare la rotta.

Chi conosce i numeri sa bene una cosa: se chi ha votato Funaro al primo turno torna a votarla anche al secondo turno, non c’è partita per Schmidt. È un fatto matematico. E allora viene da dire: che votino Funaro e la eleggano coloro che la sostengono convintamente. Solo nel caso in cui Italia Viva (con il suo 7%) avesse dato indicazioni per Schmidt, Funaro avrebbe sì vinto ugualmente, ma di misura. E tuttavia la candidata sindaca di IV, Saccardi, ha fatto endorsement per Funaro e di certo l’elettorato di FirenzeDemocratica o SPC non voterà mai per Schmidt: voterà Funaro o si asterrà. Insomma, Schmidt ha già perso e lo aspetta un posto da sottosegretario alla cultura, in sostituzione di Sgarbi, oppure un rientro dorato a Capodimonte.

Ma poi mi dico, e se invece chi ha votato Funaro al primo turno non tornasse a votarla al secondo? E contemporaneamente tutti gli elettori di Italia Viva non ascoltassero le indicazioni del loro partito e votassero Schmidt assieme a masse di elettori “situazionisti” del centrosinistra che si spostano improvvisamente a destra? Uno scenario altamente improbabile, quasi impossibile, ma angoscioso.

So bene che c’è un pezzetto di città che non è classificabile come “di destra” e che considera il voto a Schmidt l’unico possibile contro il sistema di potere cittadino (e Schmidt ha fatto furbescamente varie dichiarazioni “a sinistra” della Funaro: contro la quotazione in borsa della Multiutility, contro gli speculatori immobiliari e gli alberghi di lusso etc). Che sia così è ahimè anche responsabilità nostra, intendo dire della sinistra, che non è stata capace di mettere assieme una coalizione abbastanza credibile e larga da contendere al PD il governo della città come accaduto in tante altre aree della Toscana (fra parentesi: vorrei essere cittadino di Empoli, Borgo san Lorenzo, Calenzano, Rosignano etc per poter votare il candidato della sinistra al ballottaggio di domenica). Ma chi pensa questo, ha già votato Schmidt al primo turno, e gli equilibri al secondo turno non cambieranno.

A tal proposito, in mezzo alle incertezze per me esiste una sola certezza incrollabile: mai e poi mai potrei votare un candidato sostenuto da Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia. E sottolineo Fdi, Lega e FI, tutti e tre, a pari grado. Il partito con la radice nella fiamma, certo, ma anche il partito xenofobo che da anni cerca di superare FdI a destra (si pensi in ultimo alla candidatura di Vannacci e alla “secessione” appena votata in Parlamento), e infine FI, fondata da un amico dei mafiosi che ha sdoganato per primo i postfascisti e li ha portati al governo nazionale. C’è nel centrosinistra chi con almeno due di questi tre partiti ci ha fatto governi insieme, c’è chi spartisce quotidianamente (con tutti e tre) il micropotere locale; per me restano quanto di più distante esista dalla mia idea di mondo e di società.

Ma lo ripeto, questa è la mia unica certezza. Per il resto, in questa situazione, non mi sento di dare consigli, figuriamoci di giudicare le scelte altrui. Qualunque scelta si faccia avrà una parte convincente e una meno convincente e capisco chi voterà la candidata del PD turandosi il naso, chi si asterrà, chi annullerà la scheda.

[ps la foto non è una creazione dell’intelligenza artificiale, è vera]

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Indirizzo


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Orario di apertura

Lunedì 09:00 - 19:00
Martedì 09:00 - 19:00
Mercoledì 09:00 - 19:00
Giovedì 09:00 - 19:00
Venerdì 09:00 - 19:00
Sabato 09:00 - 13:00

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