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Non fare niente vs fare poco ma con costanza.
L’immagine rende l’idea?
La strada che puoi fare ripetendo piccole azioni nel tempo è immensa e va a costituire l’interesse composto della tua crescita personale.
Piuttosto che non farlo, anche quando non hai voglia, fallo poco!
Cerca di portare a casa un passetto in modo da rinforzare da un lato l’acquisizione di una nuova abitudine e dall’altro di mettere un mattoncino in più alla costruzione generale.
Ci fai caso a dare peso anche ai piccoli passi e non soltanto ai grandi risultati?
In fin dei conti Roma non è stata costruita in un giorno.
E nel processo di costruzione potresti anche incappare in qualche passetto indietro.
E va bene così.
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PsicoAnswer: dipendenza affettiva, relazioni tossiche, ansia Estratto dello PsicoAnswer del Sabato sul canale Instagram Rispondo alle vostre domande.Buona visione!Ti invito gentilmente a supportarmi isc...
Uno dei temi per cui le persone mi contattano più di frequente in psicoterapia riguarda le relazioni.
Espressioni come relazione tossica, narcisismo, dipendenza affettiva sono ormai abusati e svuotati del loro senso profondo.
Il punto è che una relazione perché generi benessere deve prevedere l’investimento affettivo di due parti.
Una non basta.
Ci vuole una minima compatibilità, affinità valoriale ma ci vuole anche impegno per remare verso una direzione comune.
E quando le cose non funzionano non è sempre possibile trovare la quadra. A volta bisogna lasciarsi andare per non farsi del male.
Ha sempre senso chiedere un “falò di confronto?”
No!
A volte il punto di incontro viene meno e quel falò diventa soltanto un saluto.
Va bene lavorare sulla coppia ma occorre anche definire un limite dettato dai propri bisogni, dall’amor proprio e da quanto quella relazione ci ferisce.
A volte quel falò di confronto deve soltanto spegnersi.
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I treni giusti passano ma bisogna andare in stazione.
La fortuna la lasciamo al caso: può accelerare ma da sola non basta!
Dobbiamo costruire un contesto per facilitare l’incontro con possibilità di vita identitarie.
A volte ci iper focalizziamo sul risultato e ci dimentichiamo di rendere il processo qualcosa di gradevole e soprattutto di andare sul campo nella stazione della vita, nel mondo.
Nessuno ti darà quello che vuoi.
Non ti cadrà in testa quella possibilità.
Se ti chiudi nel tuo mondo le cose non cambieranno.
I treni giusti ci sono: una relazione, un lavoro etc.
Ma devi permetterti di andare in stazione.
Magari il tuo treno sarà in ritardo, magari dovrai fare un cambio ma alla fine arriverà e se sarai in stazione ci salirai!
Hai fatto il biglietto?
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Consapevolezza e Cambiamento.
Due delle dimensioni della psicoterapia e della crescita personale.
Ma vanno sempre a braccetto?
No!
La consapevolezza può darti un’idea dei tuoi bisogni e della strada da percorrere (anche se non sai bene quale puoi andare per prova d’errore).
Ma ciò che genera cambiamento è “scendere in campo”.
Toccare con mano nell’esperienza dell’azione è l’unico modo per cambiare.
E la consapevolezza può aiutare anche nel comprendere che anche l’azione se canalizzata nel verso sbagliato provocherà sempre lo stesso risultato.
È quindi importante costruire un dialogo tra la dimensione della consapevolezza e quella dell’azione così da avere una sorta di bussola nell’esperienza.
Ma alla fine dovrai agire.
Ti permetti di scendere in campo?
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Se non parli l’altro non sa.
Renderti accessibile è un atto di amor proprio, di validazione emotiva e di responsabilità verso te stesso.
Se non ti racconti all’altro, questi non potrà sapere cosa stai provando e come ti senti.
Una persona sensibile potrà casomai avere delle intuizioni.
Ma nessuno può leggerti dentro: nemmeno lo psicologo.
Esprimi all’altro ciò che conta per te e cosa macini dentro.
Non tenerlo lì sperando che l’altro ci arrivi (un amico, un partner, un familiare).
Diglielo!
Renditi accessibile perché soltanto così potrai negoziare con l’altro e mettere dei confini.
Se aspetti che sia l’altro ad arrivarci rischi di aspettare in eterno.
Ti rendi accessibile?
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Spesso per mettere dei confini nelle relazioni dobbiamo prendere una posizione scomoda.
Noi umani non amiamo scontentare l’altro e questo accade in linea con il principio della desiderabilità sociale: cerchiamo di essere accettati dal gruppo perché in gruppo è più facile sopravvivere.
Questo porta però le persone ad accettare situazioni non identitarie e a soffrire vivendo una situazione che semplicemente non ci appartiene e non vorremmo vivere.
Di fronte a queste situazioni o relazioni, quando maturiamo la consapevolezza che non le vogliamo, ci troveremo davanti ad un bivio: assecondare l’altro mettendo da parte noi stessi o prendere una posizione scomoda e legittimare il nostro sentire.
“No! Non mi va”.
Dall’altra parte della scomodità ci sono autostima, amor proprio e benessere psicologico.
Difendi i tuoi spazi?
Metti dei confini nelle relazioni?
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PsicoAnswer: ansia, attacchi di panico e relazioni tossiche Estratto dello PsicoAnswer del Sabato sul canale Instagram Rispondo alle vostre domande.Buona visione!Ti invito gentilmente a supportarmi isc...
Le relazioni tossiche sono caratterizzate da dinamiche distruttive che possono avere gravi conseguenze emotive sulla persona coinvolta.
In questo contesto, emergono spesso comportamenti controllanti, manipolatori o abusanti che minano la salute psicologica di chi vive queste relazioni “tossiche”.
Ci sono varie manifestazioni di “tossicità” come la mancanza di rispetto, la dipendenza emotiva e la manipolazione psicologica.
L’effetto deleterio delle relazioni tossiche si estende oltre l’individuo coinvolto, influenzando anche la percezione di sé e le dinamiche sociali.
L’isolamento, tipico di molte relazioni tossiche, può amplificare il senso di impotenza e ridurre la capacità di autodeterminazione.
È fondamentale individuare i segnali precoci di uno sbilanciamento nella reazione di coppia e intraprendere interventi terapeutici mirati.
Il lavoro psicologico si concentra sulla consapevolezza emotiva, l’autostima e lo sviluppo di abilità relazionali volte al riconoscimento e alla validazione dei propri bisogni.
È possibile uscirne e acquisire strumenti per stabilire connessioni più positive e costruttive e vivere le relazioni affettive senza mettersi da parte per l’altro.
Una relazione sana è una relazione dove puoi essere te stesso e non una relazione che funziona soltanto se ti metti da parte assecondando l’altro.
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Ti lascio anche il link del mio corso sulle relazioni tossiche
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https://corsi.psicoexplorer.it/prodotto/relazioni-tossiche/
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Oggi ti parlo di paura.
Se vuoi vivere un’esperienza o vuoi qualcosa ma ti spaventa semplicemente fallo spaventato.
La maggior parte delle volte ciò che vogliamo e che ci rende felice si trova dall’altra parte della paura.
Ogni volta che nella mia vita ho aspettato il momento giusto per fare una scelta quel momento “giusto” non è mai arrivato.
Ciò che mi ha tenuto fermo è sempre stato qualcosa che proiettavo nel futuro: una situazione ideale, una persona, un episodio.
Come se quell’elemento avesse il potere di rivoluzionare tutto.
E poi un grande freno era giocato dalla paura.
Come farò?
Ci riuscirò?
Sarò all’altezza?
Domande che tutt’ora mi accompagnano nel mio lavoro che ho trasformato in una missione.
Il tema è proprio questo: se hai paura fallo spaventato!
Il cambiamento non avverrà mai prima ma soltanto durante o addirittura dopo aver agito.
E non deve essere facile.
Togliamo di mezzo l’aspettativa che ci sarà un momento in cui sarà facile.
Ciò che vuoi ottenere ti farà bene, potrà renderti felice ma non deve essere facile.
Il cambiamento richiede fatica e azione.
Ho vissuto in prima persona questo passaggio e voglio invitarti a rifletterci.
L’azione fa tutta la differenza nel processo di cambiamento.
Lo dico sempre anche ai miei pazienti nelle sedute online.
Quelle parole sul piano della consapevolezza devono diventare azioni sul piano del cambiamento.
Passi all’azione?
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Oggi ti parlo di rimuginio!
Ti è mai successo di restare in trappola in una situazione cercando una spiegazione ad ogni costo?
Perché mi ha lasciato?
Perché proprio a me?
Come è potuto accadere?
La ricerca di una spiega genera rimugino!
Ci ostiniamo spesso e volentieri a cercare una motivazione univoca che possa spiegare l’accaduto.
Un esempio tipico è la fine di una relazione.
Ma perché?
Non capisco!
E possiamo generalizzare il tema…
Il punto è che la maggior parte delle volte la spiega non c’è perché l’accaduto è semplicemente la conseguenza di molteplici elementi storici combinati tra loro.
E più cercherai una spiega più resterai in trappola.
Finché la cercherai non riuscirai a lasciare andare e ad andare oltre.
E anche se in quel momento ti sembra impossibile puoi tornare a stare bene spostando il focus sui tuoi bisogni e ciò che ti fa stare bene.
Riesci ad abbandonare la dimensione della spiega?
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“L’attacco di panico è un urlo del corpo laddove provo a zittire le mie emozioni e a raccontarmela”
(Psicoexplorer)
Una delle manifestazioni della sofferenza emotiva umana che amo trattare di più riguarda proprio gli attacchi di panico.
Quante volte tendiamo a raccontarci un mucchio di bugie piuttosto che permettere a noi stessi di accedere alla verità in una situazione specifica.
Lo facciamo tutti eh, chi nel lavoro, chi negli affetti, chi rispetto all’evitamento di un progetto da realizzare o di una situazione da vivere.
Tuttavia quest’operazione di autoinganno nel plot narrativo del racconto che facciamo a noi stessi può arrivare a configurarsi come un abisso tra la realtà delle cose ed il modo in cui ce le raccontiamo.
“Come va con il tuo compagno?”
“Tutto benone”, e la sera stessa quando ce l’ho lì accanto nel letto provo quasi disgusto.
Questo è un esempio di come possiamo piegare il racconto a nostro vantaggio.
Pensa che noi stessi siamo la persona a cui mentiamo di più.
Vedi, a volte questa operazione arriva ad essere così potente in termini di incongruenza tra esperienza e racconto che poi dopo mille bugie a noi stessi, ci arriva il corpo al posto nostro.
Ed ecco che arriva l’attacco di panico: tachicardia, senso di soffocamento (dispnea), sudorazione, paura di morire e impazzire, nausea e altre manifestazioni sintomatologiche.
Il panico può essere anche solo il picco massimo di una crisi d’ansia più generalizzata.
Questo riguarda l’evitamento di una situazione se dipende dalla paura per quella specifica cosa.
Ma altre volte riguarda la bugia che ti racconti giorno dopo giorno, pur di non affacciarti al cambiamento.
Paul Ricoeur, filosofo francese, definiva l’identità narrativa come il racconto di chi siamo stati, di chi siamo e di chi vorremo essere a noi stessi.
Insomma, viviamo, facciamo esperienza e tutto ciò si riconfigura narrativamente nella nostra identità.
Occhio alle parole che usi per definirti!
Troppe bugie a te stesso potrebbero causare tanta sofferenza.
E tu che bugia ti racconti?
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Psicoexplorer
La rabbia è un’emozione fondamentale.
È faticosa e talvolta dolorosa sì! Ma è fondamentale!
Quando la rabbia non si traduce in aggressività e distruttività può insegnarci tanto sui nostri bisogni.
Ogni volta che la rabbia si infiamma cela un bisogno violato: qualcosa che parla di noi.
La rabbia dice molto di noi.
Ascoltarla e usarla è importante: può diventare un potente propulsore al cambiamento.
All’ennesima situazione ingiusta la rabbia mi ha permesso di riposizionarmi: ho cambiato lavoro, relazione, vita.
La paura spesso blocca, la rabbia genera invece quella grinta che ci porta ad attraversare la paura e a trasformarla.
La rabbia è la conquista di un pezzo di consapevolezza in più: e la consapevolezza genera benessere se passiamo all’azione.
Che rapporto hai con la rabbia?
La utilizzi?
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