Quel che resta dei Gattopardi

Nostalgie dell’epoca dei Gattopardi e dei leoni al tempo nostro di sciacalli e iene

23/06/2024

Sarà girata a Villa de Simone Achates Wirz la nuova serie di Netflix sul Gattopardo.

È questa la più antica villa della Piana dei Colli, risalente addirittura al Cinquecento. Una scelta inaspettata, mantenuta segreta fino a ieri. Inutile cercare in rete, le foto delle Villa sono introvabili, a parte qualcuna che mostra la facciata esterna o il giardino.

Noi, però, ne condividiamo una quasi in esclusiva, scattata qualche anno fa da Carlo Bevilacqua per il reportage Noblesse Reloaded: ritrae Maria Stella Wirz all’interno della Villa, che come potete notare ha dei decori a dir poco stupendi.

Altro set scelto per le riprese è Palazzo Comitini, in via Maqueda.

Pare, invece, che la scena del ballo dei Ponteleone, con il momento iconico del valzer, sarà girata in un palazzo di Catania, di cui non è stato ancora fornito il nome.

Probabilmente sarà Palazzo Biscari, che sarebbe una bella scelta, anche se nessuna dimora potrà mai eguagliare Palazzo Gangi, a parer nostro.

Per l’arrivo dei garibaldini è stata scelta le teatrale piazza Villena, i Quattro Canti. Alcune scene saranno, inoltre, girate a Siracusa.

Nulla si sa ancora su dove sarà girata la parte della villeggiatura a Donnafugata, che nel film viscontino era stata collocata a Ciminna, con la sua bellissima chiesa.

Vi terremo aggiornati, nella speranza che Netflix ci regali una bella serie.

Il principe La Grua Talamanca torna a Carini, italoamericani acquistano quadro 22/06/2024

Welcome back

Il principe La Grua Talamanca torna a Carini, italoamericani acquistano quadro La tela è l'unica effige che raffigura uno dei membri della famiglia della baronessa Laura Lanza: dal 12 settembre sarà esposta nella Sala delle Feste al castello

22/06/2024

«Ma il giardino, costretto e macerato fra quelle barriere, esalava profumi untuosi, carnali e lievemente putridi, come i liquami aromatici distillati dalle reliquie di certe sante; i garofanini sovrapponevano il loro odore pepato a quello protocollare delle rose ed a quello oleoso delle magnolie che si appesantivano negli angoli; e sotto sotto si avvertiva anche il profumo della menta misto a quello infantile della gaggìa ed a quello confetturiero della mortella; e da oltre il muro l’agrumeto faceva straripare il sentore di alcova delle prime zagare.
Era un giardino per ciechi: la vista costantemente era offesa: ma l’odorato poteva trarre da esso un piacere forte, benché non delicato. Le rose Paul Neyron, le cui piantine aveva egli stesso acquistato a Parigi, erano degenerate; eccitate prima e rinfrollite poi dai succhi vigorosi e indolenti della terra siciliana, arse dai lugli apocalittici, si erano mutate in una sorta di cavoli color carne, osceni, ma che distillavano un aroma denso quasi turpe, che nessun allevatore francese avrebbe osato sperare. Il Principe se ne pose una sotto il naso e gli sembrò di odorare la coscia di una ballerina dell’Opera. Bendicò, cui venne offerta pure, si ritrasse nauseato e si affrettò a cercare sensazioni più salubri fra il concime e certe lucertoluzze morte».

G. Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo

16/06/2024

Villa Filangeri e La Farina Principe di Cutò già Naselli e Branciforte Principe di Aragona poi Tasca Filangeri di Cutò poi Tomasi di Lampedusa poi Di Bernardo poi Carollo a Bagheria

15/06/2024

Un’autentica testa di moro di fine XVIII secolo. Fa parte della collezione dei Fratelli Tortorici.

Come potete notare la testa ha un modello asciutto, senza fronzoli né colori sgargianti. Le fattezze sono quelle di un africano, non di un mediorientale, e questi vasi antropomorfi, che iniziano a circolare nel Settecento, erano detti in origine, infatti, «teste di negro». Così le indica ancora Tomasi di Lampedusa in uno dei suoi racconti, in cui descrive il viaggio da Palermo a Santa Margherita, sede del palazzo di famiglia in cui i Principi sono soliti trascorrere la villeggiatura.

Su internet circola una storia secondo cui queste teste trovano origine in un fatto di gelosia e sangue accaduto nella Palermo araba. Un racconto di pessimo gusto, inventato di sana pianta ai giorni nostri e non una leggenda tramandata nei secoli, come viene spacciato essere. Un racconto che si basa sul cliché dei siciliani possessivi ed efferati, uno stereotipo da cui sarebbe meglio affrancarci una volta per tutte.

In origine, inoltre, queste teste erano solo di foggia maschile, la figura femminile bianca è una creazione piuttosto recente, da attribuirsi, probabilmente, agli artigiani di Caltagirone intorno alla seconda metà del Novecento. La frutta, gli elaborati ghirigori e gli accostamenti cromatici audaci sono da attribuirsi, invece, al cattivo gusto imperante nella società odierna.

Infine, le teste di moro erano usate esclusivamente per adornare i pilastri dei cancelli, non i balconi, su cui invece andavano le pigne, rigorosamente verdi.

Ma qual è l’origine di questi manufatti oggi così in voga? Semplice, la moda orientalistica che investì l’Europa nel Settecento, in virtù della quale iniziarono a circolare oggetti e architetture di gusto orientaleggiante, cioè le famose turquerie e le chinoiserie che abbellivano le case dei nobili.
A Palermo gli esempi più vistosi di questa attrazione verso il Levante e l’Estremo Oriente sono i quattro turchi avvinti e mutilati di Porta Nuova, presso il Palazzo reale, e la Casina cinese.

La prossima volta che qualcuno vi racconta la baggianata del bel saraceno decapitato dalla siciliana gelosa, che imbratta la nostra storia delle solite tinte sanguigne, per favore, fate presente che invece le teste di moro sono quel che rimane di un mondo frivolo e luminoso in cui la Sicilia era ancora un luogo alla moda, raffinato e ricco.

13/06/2024

⚗️ Giovanna Bonanno, soprannominata “la Vecchia dell’Aceto”, durante il processo istruito dalla Regia Corte Capitaniale di Palermo contro di lei e i suoi complici, rilascia una lunga deposizione, raccontando la scoperta degli effetti letali della lozione dell’aromatario Saverio La Monica, ossia una mistura a base di arsenico, e l’utilizzo che decise di farne, vendendola ad altre donne come “arcano liquore aceto” per essere utilizzata “ad homines occidendum”.

📃 Alla deposizione della "Vecchia dell’Aceto" si è ispirato il terzo racconto delle Cronache da Xanadù. Per saperne di più, il link è nel primo commento.

📌 L’appuntamento con le Cronache torna domani! Ogni settimana, di venerdì, vi proporremo un viaggio fra i documenti d'Archivio e i racconti che possono evocare.

12/06/2024

I castelli sono luoghi di mistero e magia, evocano sempre immagini di un tempo popolato da dame e cavalieri, un tempo di maghi e arcani, amori struggenti e mirabolanti avventure.

L’immagine che vedete è stata scattata dall’amico Placido Salamone di Casaleni nel suo antico maniero, Castel San Giorgio a Tusa Marina (ME).
Costruito su di un’antica fortificazione di epoca romana, di cui resta ancora una torre a strapiombo sulla scogliera, il castello appartiene ai Salamone da secoli.

Lì, quando il giorno s’inabissa nel mare antistante e la notte scende sul mondo, le luci fioche del giardino tessono ombre e storie del passato.

Ogni notte, come a vigilare sul luogo, torna a fare visita ai Baroni questo figliuol della sera, ormai amico e compagno delle pietre secolari e dei buoni fantasmi che certo si aggirano tra quelle stanze, desiderosi di raccontare una storia a chi, vinto ogni timore, la vorrà ascoltare.

Perché nulla è più bello di un racconto del tempo che fu sul far della sera.

09/06/2024

Villa De Cordova Marchese della Giostra già del Marchese Brancaccio poi Arceri poi Salomone poi Del Castillo Marchese di Sant’Isidoro poi Mammana

09/06/2024

Luce mattutina

08/06/2024

Palazzo del Marchese Costantino già Merendino poi Pareti poi Pittalà e Ferrara poi Bilotti Ruggi d’Aragona

08/06/2024

Palazzo Tortorici a Pietraperzia (Enna).

Il palazzo è stato progettato da Ernesto Basile ed è residenza dei Baroni Tortorici di Vignagrande

07/06/2024
06/06/2024

Lo stemma reale dei Borbone delle Due Sicilie sulla copertina di un libro custodito anOxford.
Meraviglioso!

05/06/2024

Piano di San Nicolò degli Scalzi

04/06/2024

Stupenda!

A Leonforte, nel cuore della Sicilia si trova una monumentale fontana realizzata in stile rinascimentale-barocco chiamata Granfonte perche' la fontana si estende per 24 metri ed e' composta da 24 cannelle in bronzo dove sgorga ancora fresca acqua sorgiva.

📷 Valeria Lazzara

31/05/2024

Palazzo del Marchese Costantino già Merendino poi Pareti poi Pittalà e Ferrara
Cortile interno, Andrea Gigante, 1766.

31/05/2024

Conoscete la storia delle Anime dei Decollati?
Nel 1799 il Senato cittadino decretò che i cadaveri dei condannati a morte dovessero essere essere seppellite presso il cimitero di Santa Maria del Fiume, situata presso l’Oreto su una proprietà un tempo appartenuta al Marchese di Santa Marina. I cadaveri dei condannati, che per lo più venivano decapitati, venivano messi in una specie di fossa comune antistante la chiesa. Nei pressi di questa botola c’era una specie di piramide con delle finestrelle o mensoline, sulle quali... venivano poste le teste dei condannati. Non sappiamo se esistono studi o immagini di questa piramide, ma immaginiamo dovesse somigliare nella struttura a quelle che ancora si ergono nell’ossario di Sedlec in Repubblica Ceca. Ad ogni modo, la presenza di queste teste spiega perché la chiesa venne prima rinominata delle Anime decollate, poi Maria Santissima del Carmelo ai Decollati.
Il luogo divenne presto oggetto della devozione (e della superstizione) popolare, tanto da essere meta di chi cercava responsi sul futuro. Pitré scrive che le donne, recitato il rosario in giorni prestabiliti, si accostavano a ad una «lapide, sotto la quale si credono numerosissime le anime e parla o mormora e prega ed interroga e vuole. Finito di parlare vi applica l’orecchio per attendere il responso, se ode un leggero tintinnio è segno che la grazia è già stata concessa. Tanti sono i desideri e le preghiere: si chiede fortuna negli affari, nel lotto, si prega per la salvezza dei figli in viaggio, per il marito. Le ragazze le cercano per questioni d’amore».
Nel 1881 una esondazione dell’Oreto provocò seri danni alla chiesa. Probabilmente fu durante quell’evento che venne distrutta la piramide con le teste. Oggi a memoria dei decollati resta solo un cippo funerario, sormontato da una croce, che raffigura le anime purganti, ma la devozione continua e più di uno giura d’aver preso i numeri al lotto grazie a queste anime scellerate in vita, ma ravvedutesi in punto di morte, che scontano le pene del Purgatorio in attesa di essere ammessi alla presenza del Re celeste in Paradiso

31/05/2024

frutta di stagione al monastero....

26/05/2024

“Nigro annuncia verità inedite sull'intrigo letterario che avviluppa Il Gattopardo da quasi settant'anni. Col piglio del narratore che gli è congeniale, Nigro scopre storie nascoste o misconosciute, il concatenarsi di convergenze in parallelo tra due scrittori così distanti come Tomasi di Lampedusa e Marguerite Yourcenar”. Maria Pia Farinella sul Il Foglio racconta “Il principe fulvo” di Salvatore Silvano Nigro e “Lampedusa e la Spagna” di Gioacchino Lanza Tomasi.
La presentazione sarà sabato 8 giugno a Una marina di libri

19/05/2024

Continuano le iniziative di inserimento nei circuiti di visite ed eventi di uno dei palazzi più belli e importanti di Caltagirone, Palazzo Spadaro Libertini. Recentemente restaurato da Lara Gravina di Belmonte, il palazzo è tappa obbligata per quanto visitano Caltagirone.
Da oggi, la proprietà ha messo a disposizione degli interessati anche un sito:

https://palazzospadarolibertini.com/

https://palazzospadarolibertini.com/

15/05/2024

«È il ritratto intimo della Palermo negli anni di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Ma è anche il romanzo di formazione di un giovane che arriverà a guardarsi nello specchio delle pagine scritte dal padre adottivo», scrive Salvatore Silvano Nigro nella nota. In libreria "Lampedusa e la Spagna" di Gioacchino Lanza Tomasi: il racconto di quei giorni in cui Giuseppe Tomasi di Lampedusa si confrontò con il figlio adottivo sulla letteratura sp****la, di quelle lezioni che durarono due anni. ;Ma è anche molto altro e molto di più, perché Gioacchino Lanza illumina le pagine con spunti biografici - suoi e di Tomasi -, lo sconforto del principe nel trovare la sua casa distrutta dalle bombe nel 1945, i circoli, le letture, Licy, i cugini Piccolo, gli incontri, gli aneddoti arricchiti. Ma soprattutto racconta la voglia del principe-scrittore di trasmettere il suo sapere a un gruppo di giovani nella Palermo degli anni Cinquanta mentre maturava il grande romanzo.
https://sellerio.it/it/catalogo/Lampedusa-Spagna/Lanza-Tomasi/15635

12/05/2024

La biblioteca di Palazzo Francavilla

11/05/2024

Un anno fa ci lasciava Gioacchino Lanza Tomasi, Duca di Palma

Una bellissima foto giovanile del recentemente scomparso Gioacchino Tomasi Lanza, Duca di Palma, tra Giuseppe Tomasi di Lampedusa e Lucio Piccolo di Calanovella.
Da oggi potranno tornare a discutere insieme ❤️

Se noi siamo figure
di specchio che un soffio conduce
senza spessore né suono
pure il mondo dintorno
non è fermo ma scorrente parete
dipinta, ingannevole gioco.

Lucio Piccolo di Calanovella

Photos from I Segreti del Chiostro's post 11/05/2024
10/05/2024

(…) un attimo ed ecco mutate
splendon le forme, ondeggian millenni.
E l’arco della porta bassa e il gradino liso
di troppi inverni, favola sono nell’improvviso
raggiare del sole di marzo.

Lucio Piccolo di Calanovella

08/05/2024

Continua il tour di per la presentazione del suo libro: "L'ultimo dei Monsù: Mario Lo Menzo, chef di casa Tasca d'Almerita"

📚 Appuntamento a Firenze presso il Salone delle Feste del
📍 Via dei Montughi 4
🗓 Giovedì 9 maggio
⏰ alle ore 17.30

20/11/2023

Palazzo Biscari, uno dei più importanti palazzi nobiliari della città di Catania. ❤️
Fu costruito nei primi anni del 1700, per volere del principe Ignazio Paternò Castello, discendente della famiglia Biscari.

Photos from Quel che resta dei Gattopardi's post 19/11/2023

Segnaliamo la prossima uscita di questo libro, scritto dal carissimo Agostino Zito dei Nobili di San Marco e da Nuccio Lo Castro.
Sarà presentato a San’Agata di Militello domenica 26 novembre, eccezionalmente nel Salone dei Principi del Castello Gallego

Fra trattazione testuale ed una ricca documentazione fotografica, nello studio viene analizzato
il singolare contesto storico, sociale ed economico di un comune del litorale messinese tra gli anni 1850-1930 e le particolari dinamiche che ne hanno favorito il veloce sviluppo tanto da determinare
una forte domanda per la prestazione di operatori nel campo delle diverse arti.
Pur attraversando momenti non facili della storia italiana, agiscono qui tuttavia voglia di riscatto
e orgoglio civico, creando le premesse per un incremento demografico e un consistente sviluppo urbano.
La strada verso la modernità è percorsa tanto dal ceto dei “don”, i proprietari terrieri,
i professionisti, i primi operatori della piccola industria e del commercio, gli esponenti delle antiche famiglie aristocratiche, quanto dai piccoli artigiani e da tutta la popolazione attiva, che ebbero a sostenere
la realizzazione di chiese, monumenti celebrativi, circoli culturali, edifici pubblici, istituzioni benefiche.
La vivace e complessa vicenda artistica trova i suoi punti di forza nell’edificazione di eleganti palazzi, e poi nella vera e propria “gara” per la decorazione di tali residenze con cicli di dipinti murali, pregevoli arredi
e suppellettili, secondo le mode del tempo, i cui artefici in gran parte provengono dal Capoluogo: architetti come Ernesto Basile o Leone Savoja, scultori come Antonio Ugo, Benedetto Civiletti, Leopoldo Messina; pittori come Andrea D’Antoni ed il più noto Salvatore Gregorietti, protagonista, tra i principali, della stagione Liberty nell’Isola.

Photos from Quel che resta dei Gattopardi's post 18/11/2023

La dimora di un’antica famiglia aluntina trasferitasi a Sant’Agata, della cui storia è parte essenziale.
Palazzo Zito, gioiello liberty della provincia siciliana e centro di una tradizione che ancora dura attraverso i suoi discendenti.

Tra questi, c’è il nostro amico Agostino Zito, che nei prossimi giorni presenterà un libro sulla borghesia terriera e la committenza d’arte tra neoclassicismo e liberty

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