Studio Legale Moshi e Associati

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Lo studio è costituito dagli avv.ti I. Assael, D. Palmieri e N. Moshi, e svolge la propria attivit?

October rain (Arabic version) شتاء تشرين //Carine Bassili 03/10/2024

Carine Bassili è una cantante libanese che ha preso posizione contro l'orribile pogrom del 7 ottobre e canta in arabo la canzone che l'Eurovision non ha permesso di cantare alla cantante israeliana

October rain (Arabic version) شتاء تشرين //Carine Bassili "SILENCE in the face of EVIL is itself EVIL..."Special thanks to the NOVA Exhibition.credit:Lyrics: Keren Peles, Avi OhayonMusic: Avi Ohayon, Keren Peles ,St...

Photos from LechLechà's post 08/05/2024
03/02/2024

Che meraviglia ...
Si trova a Lione in Francia

09/01/2024

⚖ Con la sentenza n. 35581/2023, la Corte di Cassazione affronta la questione delle risorse destinate alle retribuzioni di posizione e di risultato nel lavoro pubblico, con riferimento in particolare alla dirigenza medica.

🧑‍⚖️ I giudici affermano che se la Pa non completa il procedimento per adottare il provvedimento di graduazione delle funzioni e di pesatura degli incarichi, che incide sulla retribuzione di posizione, il dirigente interessato può richiedere il risarcimento del danno da perdita di chance.

Aggiungono inoltre che se per qualsiasi motivo il dirigente non riceve una parte della retribuzione di posizione, questo può avere diritto ad un incremento corrispondente della retribuzione di risultato relativa al medesimo anno, a patto che vi siano importi sufficienti sul relativo fondo.

📄 Leggi la sentenza completa 👉 https://bit.ly/sentenza-corte-cassazione-35581-2023

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07/09/2023

🔍 L’avvocata giuslavorista Aurora Notarianni approfondisce, per la sezione NT+Lavoro del Sole 24 Ore, il tema della disciplina dei contratti di lavoro a tempo determinato, alla luce del provvedimento della Corte europea dei Diritti dell’Uomo dello scorso 25 aprile 2023.

Il pronunciamento fa riferimento al risarcimento del danno per la nullità del termine e l’abuso nella reiterazione dei contratti successivi, riaprendo la discussione sulla indennità risarcitoria onnicomprensiva, prevista dall’art. 32 della legge 183/2010.

💶 Come conseguenza della retroattività della norma, lavoratrici e lavoratori a tempo determinato si sono visti ridurre il risarcimento del danno che era stato riconosciuto dal giudice e commisurato alle retribuzioni e contribuzione maturata negli intervalli di tempo non lavorati tra un contratto e l'altro.

I ricorrenti e le ricorrenti hanno così denunciato la violazione della convenzione europea dei diritti dell'uomo perché l'applicazione retroattiva della norma costituisce un’ingerenza del legislatore nel godimento dei crediti di cui erano entrati in possesso, con una legittima aspettativa di mantenerli permanentemente.

La Corte europea sarà così chiamata ad esprimersi se lo Stato italiano non troverà un accordo sulla misura del risarcimento materiale e delle spese già quantificate.

📄 Il provvedimento completo 👉 https://bit.ly/corte-europea-diritti-uomo-domanda-76462-12

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Mobile uploads 28/07/2023
24/07/2023

Chi è nato dopo il 2000 non lo sa ma nel secolo scorso c'era un unico gestore dell'elettricità, un monopolio di fatto, che cessò poco prima che nasceste voi. Nel vostro primo giorno di scuola, nel 2006, avvenne un'altra piccola rivoluzione; la vendita dei farmaci da banco nei supermercati. Un altro monopolio stroncato con conseguente calo dei prezzi. Lo stesso giorno vennero liberalizzate anche le licenze dei tassisti, aprendo il mercato a tutti. Pensate che fino ad allora il numero dei taxi era chiuso e oltretutto c'era pure il privilegio dell'ereditarietà della licenza, ovviamente fu abrogato anche quello.
Vi sembrerà fantascienza ma noi all'epoca pagavamo una tassa per ricaricare i cellulari! Cioè, te pagavi 10 euro per ricaricare un cellulare e ne ricevevi solo 8 di traffico, ne sborsavi 30 e ne ricevevi 25. Non solo, avevi pure l'obbligo di restare fedele all'operatore di telefonia, altrimenti pagavi una penale. E la pagavi anche se chiudevi un conto in banca o se estinguevi un mutuo prima del tempo. Assurdo, no? Pensate che le aziende, tutte le aziende, furono costrette a indicare nelle loro offerte il prezzo "reale", sì perché prima di quei giorni potevano preparare le loro pubblicità senza indicare eventuali spese, tasse e oneri aggiuntivi, fregando un sacco di gente. Voi a questo punto vi starete chiedendo chi è stato a cambiare tutto questo. È stato un tizio apparentemente ordinario ma con le idee chiare, uno che da ragazzino mentre faceva il chierichetto organizzò uno sciopero per protestare contro il suo parroco sulla destinazione delle offerte. Eh lo so, vi viene da ridere, eppure si levò la tunica, la fece togliere anche ai suoi compagni e organizzò la sua prima piccola rivoluzione. Pensate che a soli quindici anni era a spalare insieme agli "angeli del fango" a Firenze..
Auguri a lui..

-Ettore Ferrini

17/07/2023

🔸 Secondo i dati elaborati dall'Istat, la retribuzione media annua lorda per dipendente è pari a quasi 27 mila euro.
📉 Nel 2021 era inferiore del 12% a quella media Ue e del 23% a quella tedesca, a parità di potere d’acquisto.

17/07/2023

Per chi non vuole il salario minimo!

🔸 L'Ocse segnala che in Italia i salari reali sono diminuiti più che altrove, con una flessione del 7,5% rispetto al periodo precedente la pandemia, contro una media Ocse del 2,2%.
La perdita di potere d'acquisto colpisce maggiormente le famiglie a basso reddito.

Leggi l'articolo sul sito de : https://www.ilsole24ore.com/art/ocse-italia-maggiore-calo-salari-reali-i-grandi-paesi-75percento-pre-pandemia-AFCnOeB

11/07/2023

⚖️ Con la sentenza 19510/2023, la Corte di Cassazione ribadisce alcuni principi sulla legittimazione del lavoratore a chiedere l’ammissione al passivo per le quote Tfr maturate, ma non versate al fondo di previdenza, in caso di fallimento del datore di lavoro.

Legittimazione che, per l’appunto, spetta al lavoratore, con l’eccezione che si materializza se, in fase di istruttoria, emerge una cessione del credito in favore del fondo, al quale spetterebbe nell’ipotesi la legittimazione attiva.

❗ Il fallimento del datore, mandatario del lavoratore, ricordano i giudici, comporta lo scioglimento del contratto di mandato e il ripristino della titolarità, spettante di regola al lavoratore, che risulta così legittimato ad insinuarsi allo stato passivo, salvo che vi sia stata una cessione del credito.

📄 La sentenza 👉 https://bit.ly/sentenza-corte-cassazione-19510-2023

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26/04/2023

⚖️ Nell’ambito dei licenziamenti collettivi, non si può limitare la scelta ai soli addetti di un reparto se idonei a svolgere mansioni diverse, per esperienza acquisita e per pregresso svolgimento della propria attività in altri reparti: lo stabilisce l’ordinanza n. 9128/2023 della Corte di Cassazione.

I giudici ricordano che se la ristrutturazione aziendale interessa una specifica unità produttiva o un settore, la comparazione dei lavoratori per l’individuazione di quelli da avviare a mobilità può essere limitata al personale addetto a quella unità o a quel settore.

❗ A tale principio fa però eccezione l’ipotesi in cui vi sia l’idoneità dei dipendenti del reparto in questione, per il pregresso impiego in altri reparti, ad occupare le posizioni lavorative dei colleghi addetti a questi ultimi.

Ai dipendenti spetta l’onere della deduzione e della prova di fungibilità nelle diverse mansioni. Al datore spetta invece di provare il fatto che giustifica il più ristretto ambito in cui è stata effettuata la scelta e che i lavoratori prescelti non svolgessero compiti fungibili con quelli dei dipendenti di altri reparti o sedi.

📄 Leggi l'ordinanza completa 👉 https://bit.ly/ordinanza-corte-cassazione-9128-2023

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26/04/2023

🧑‍⚖️ Indebito previdenziale per il venir meno di contribuzione figurativa: illegittimo il recupero delle somme in assenza di dolo da parte del beneficiario. Così pronuncia la Corte di Cassazione con la sentenza 10337/2023.

Nel caso affrontato, nel quale il socio avv. prof. Lorenzo Maria Dentici ha assistito un pensionato nella causa contro l’Inps, i giudici forniscono un’attenta disamina della questione dell'indebito previdenziale.

📌 Nella fattispecie per la Corte “sicuramente addebitabile all’INPS è il mancato rilievo della esistenza di un periodo contributivo coperto sia da contribuzione figurativa sia da contribuzione effettiva, trattandosi di verifica necessariamente emergente nella procedura amministrativa di liquidazione della prestazione”. In assenza di dolo da parte del beneficiario il recupero è dunque illegittimo.

📄 Leggi la sentenza completa 👉 https://bit.ly/sentenza-corte-cassazione-10337-2023

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Disabilità e licenziamento discriminatorio per superamento del periodo di comporto - Italian Equality Network 28/02/2023

articolo della prof.ssa Olivia Bonardi in merito all'Ordinanza del Trib. lecco sulla discriminazione per handicap.

Ancora sul licenziamento per superamento del periodo di comporto del lavoratore disabile.
Abstract:
In questo contributo l’A. analizza la decisione del T. di Lecco, che ha ritenuto discriminatorio il licenziamento del lavoratore disabile per superamento del periodo di comporto. Secondo il giudice, le assenze del lavoratore dovute a disabilità non devono essere computate nel periodo di comporto anche quando questo è stabilito in misura prolungata per i lavoratori affetti da patologie gravi. L’A. dà altresì conto dei alcune recenti decisioni dei giudici di merito che si sono espressi sostanzialmente nello stesso senso sulle medesime questioni.
Parole chiave: Licenziamento individuale – licenziamento indirettamente discriminatorio – licenziamento nullo – disabilità – malattia connessa con la disabilità – obbligo di adottare soluzioni ragionevoli – comporto.
Discrimination on grounds of disability – Dismissal for exceeding sick leave – Employee with disability – Count of absence from work including disability-related leave – Indirect discrimination – Existence
Si ritiene opportuno tornare sulla questione, di cui questo sito si è già occupato recentemente1, dei criteri di calcolo del periodo di comporto da applicarsi in caso di disabilità del lavoratore perché alcune recenti decisioni, e, in particolare quella del Tribunale di Lecco2, aggiungono ulteriori elementi al quadro giurisprudenziale, negli ultimi anni in rapida evoluzione. La decisione del Trib. Lecco merita attenzione sia per le novità in essa contenute relative ad aspetti sostanziali, sia per profili di carattere processuale, per l’analisi dei quali si rinvia al contributo di Laura Curcio, in corso di pubblicazione su questo sito. Il caso riguarda un lavoratore divenuto inidoneo alle proprie mansioni di autista a causa di una patologia cardiaca che lo aveva costretto a un intervento chirurgico e successivamente a numerose assenze dal lavoro. Il lavoratore era stato dichiarato temporaneamente inidoneo alle proprie mansioni dal medico competente, giudizio che in sede di ricorso era stato corretto in inidoneità allo svolgimento delle mansioni di autista senza controindicazioni per lo svolgimento di mansioni alternative. Lo stesso, durante l’assenza era stato riconosciuto invalido al 67% ex l. n. 104/92. L’azienda, dopo aver atteso la revisione del giudizio del medico competente per riammetterlo al lavoro, e dopo aver rifiutato di concedergli l’aspettativa
1 R. Bono, Disabilità e licenziamento discriminatorio per superamento del periodo di comporto, Link https:// www.italianequalitynetwork.it/disabilita-e-licenziamento-discriminatorio-per-superamento-del-periodo-di-comporto/ 2 Trib. Lecco, 26 luglio 2022
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non retribuita, anch’essa prevista dal contratto collettivo e, dopo numerose sollecitazioni e richieste del lavoratore, lo spostava a mansioni di addetto alle pulizie. A questo punto, lamentando l’incompatibilità delle nuove mansioni con il suo stato di salute e indicando all’azienda altre mansioni in cui avrebbe potuto essere utilmente impiegato, il lavoratore rimaneva ancora assente dal lavoro. L’azienda, applicando il periodo di comporto prolungato fino a 30 mesi previsto dal Ccnl per malattia grave certificata (di cui gli ultimi 12 comunque non retribuiti), una volta superato questo, procedeva al licenziamento. Il lavoratore dunque ricorreva in giudizio lamentando sia la discriminazione diretta consistente nel rifiuto di accomodamenti ragionevoli, nel caso di specie l’adibizione ad altre mansioni compatibili con lo stato di salute, sia la discriminazione indiretta per aver il datore di lavoro calcolato nel periodo in comporto anche le assenze connesse allo stato di disabilità.
Il giudice, anzitutto, ribadisce in linea con un orientamento ormai costante della giurisprudenza3, che la nozione di disabilità rilevante ai fini dell’applicazione delle tutele antidiscriminatorie va desunta dalla convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità del 2006 e dalla giurisprudenza della Corte di giustizia Ue, che a partire dal noto caso HK Danmark afferma che la nozione di disabilità include una “condizione patologica causata da una malattia diagnosticata come curabile o incurabile, qualora tale malattia comporti una limitazione, risultante in particolare da menomazioni fisiche, mentali o psichiche, che, in interazione con barriere di diversa natura, possa ostacolare la piena ed effettiva partecipazione della persona interessata alla vita professionale su base di uguaglianza con gli altri lavoratori, e tale limitazione sia di lunga durata»4. Il Tribunale, inoltre, si allinea all’orientamento secondo il quale l’applicazione dello stesso periodo di comporto costituisce discriminazione indiretta, in quanto tratta allo stesso modo sulla base di un criterio apparentemente neutro abili e disabili5, affermando altresì che il divieto opera oggettivamente a prescindere dall’intento lesivo. Pertanto, per evitare di incorrere nella fattispecie discriminatoria il datore di lavoro deve adottare le misure adeguate per ovviare agli svantaggi provocati dall’utilizzo
3 L’adattamento del periodo di comporto è stato riconosciuto dalla giurisprudenza anzitutto a favore dei lavoratori assunti ex l. n. 68/99 e in seguito esteso a tutte le condizioni di disabilità riconducibili alla definizione data dalla Convenzione Onu del 2006, così come interpretata dalla Corte di giustizia Ue. Per l’applicazione di detto principio alle assunzioni ex. L. n. 68/99 v. T. Milano, 28 .10.2016, RGL, 2017, II, 47; per la successiva estensione v. T. Catanzaro 21.05.2021, n. 349, (link), T. Roma 8.05.2018, n. 508 (link). Trib. Milano 24.09.2018; Trib. S. Maria Capua Vetere, 11.08.2019, Corte App. Genova, 21.07.2020; Corte App. Firenze, 26.10.2021.
4 Corte giust. 11.04.2013, HK Danmark, C-335/11 e C-337/11, e nello stesso senso Corte giust. 09.03.2017, C-406/15, Milkova; Corte giust. 18.01.2018, C-270/16, Ruiz Conejero; Corte giust. 10.02.2022, C-485/20, HR Rail Sa.
5 Contra: Trib. Lodi, 12/09/2022, n.19; Trib. Como 17.09.2020
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dello stesso periodo di comporto; misure riconducibili all’obbligo di accomodamenti ragionevoli, nella fattispecie consistenti nello scomputo delle assenze causate dalla disabilità.
La sentenza mette in luce alcune questioni che riteniamo importante segnalare. La prima, che pure non è affrontata espressamente dal giudice, ma che si evidenzia nel caso di specie e che comunque è assai frequente, attiene alla stretta correlazione esistente tra la discriminazione consistente nel rifiuto di adottare misure organizzative o logistiche o altri accomodamenti ragionevoli volti a consentire al lavoratore di proseguire l’attività lavorativa e il conseguente licenziamento del lavoratore dovuto alle assenze per malattia. Se l’applicazione dell’ordinario periodo di comporto costituisce, secondo un orientamento che va consolidandosi, discriminazione indiretta e se la necessità di adattamento di detto periodo è riconducibile essa stessa all’obbligo di adottare accomodamenti ragionevoli, ciò non toglie che il primo inadempimento del datore di lavoro, antecedente al prolungamento delle assenze, debba assumere rilevanza anche ai fini della esatta qualificazione del successivo licenziamento. La questione è strettamente legata al secondo più rilevante aspetto innovativo della sentenza del Tribunale di Lecco, attinente alle modalità con cui si adatta il periodo di comporto al caso della disabilità. In particolare, il giudice ritiene che l’accomodamento ragionevole implichi la necessità di sottrarre dal calcolo i giorni di malattia ascrivibili alla disabilità e al contempo ritiene non sufficiente da parte del datore di lavoro l’applicazione del solo allungamento del periodo di comporto, pure previsto dal contratto collettivo. Il punto è significativo perché, da un punto di vista generale e astratto, la previsione di un periodo di comporto più lungo a fronte di patologie gravi (nel caso di specie si trattava di un allungamento del diritto alla conservazione del posto, ma non alla retribuzione, fino a 30 mesi seguito dalla possibilità di richiedere una ulteriore aspettativa non retribuita) parrebbe a prima vista di per sé realizzare quel bilanciamento tra esigenze dell’impresa ed esigenze di tutela del lavoratore cui è sottesa anche la previsione degli accomodamenti ragionevoli6. Tuttavia, al di là della circostanza del caso concreto per cui il datore di lavoro aveva rifiutato di concedere al lavoratore l’aspettativa non retribuita, l’estensione del periodo di comporto anche oltre il limite già prolungato previsto dal contratto collettivo e/o l’applicazione di criteri di calcolo adattati alla condizione di disabilità è conclusione del tutto coerente con l’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale relativa alla nozione di accomodamento ragionevole. Anzitutto perché l’obbligo datoriale di adattamento ha contenuto variabile, definito sartoriale, che va individuato caso per caso, mentre la previsione dell’allungamento del diritto alla conservazione del posto stabilita dal contratto collettivo, peraltro a
6 In questo senso v. Corte App. Torino, 26.10.2021.
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fronte di patologie sia pure largamente ma non tutte e non necessariamente e riferibili alla disabilità, è stabilita in modo uniforme per tutti i lavoratori. In secondo luogo, perché la Corte di giustizia Ue ha chiaramente affermato che la valutazione circa la proporzionalità dell’accomodamento ragionevole rispetto al sacrificio richiesto al datore di lavoro va effettuata prendendo in considerazione tutti gli elementi pertinenti ai fini di tale verifica, in particolare i costi diretti e indiretti che le imprese devono sostenere a causa dell’assenteismo sul lavoro, ovvero i costi dell’indennità corrisposte dal datore di lavoro e quelli relativi alle necessità di sostituzione del lavoratore assente. In tale valutazione occorre altresì considerare se la normativa nazionale preveda lo scomputo, o criteri di comporto diversi per determinate patologie o altre cause di assenza. Solo all’esito di tale valutazione si può procedere al bilanciamento degli interessi in gioco, senza ignorare il rischio cui sono soggette le persone disabili, le quali, in generale, incontrano maggiori difficoltà rispetto ai lavoratori non disabili a reinserirsi nel mercato del lavoro e hanno esigenze specifiche connesse alla loro condizione7. Analoghe considerazioni sono già emerse in alcune decisioni di merito. In particolare La Corte d’Appello di Genova, rilevando come la contrattazione collettiva si sia evoluta nel tempo introducendo rilevanti differenziazioni nella durata del comporto in relazione a diverse gravi patologie, ed escludendo dal computo le assenze per cure in day hospital, ricoveri e terapie salvavita, ha rilevato l’incongruità dell’esclusione, dalla deroga al calcolo del periodo di comporto, dei casi di assenze dei lavoratori per malattie connesse a disabilità, così come definita dal diritto europeo8. Il Tribunale di Verona ha inoltre ritenuto che l’esclusione da parte dei contratti collettivi dei giorni di permesso ex art. 33, l.n. 104/92 e per terapie non sia sufficiente per poter escludere il rischio di una ingiustificata disparità di trattamento, in ragione del limitato ambito di applicazione di tali disposizioni rispetto all’ampia nozione di disabilità derivante dalla normativa europea. In tale occasione i giudici hanno altresì osservato come la conservazione del posto di lavoro non costituisca un onere sproporzionato, in quanto il datore di lavoro ha a disposizione una serie di misure e sostegni per poterlo sopportare, potendo egli inoltre controllare in modo costante l’idoneità alle mansioni del lavoratore 9.
Lo scomputo delle assenze dal calcolo per comporto, quindi, e non il suo allungamento sembra tendenzialmente costituire per i giudici l’accomodamento più ragionevole. Ciò anche perché l’applicazione di un comporto uniforme, ancorché prolungato, rischia di inficiare la valutazione di tutti gli elementi da prendere in considerazione ai fini della verifica della giustificatezza del
7 Cgue, 18 gennaio 2018, C- 270/16 Carlos Enrique Conejero 8 Appello Genova 21 luglio 2021, n. 211
9 Contra v. però Appello Torino 26 ottobre 2021, n. 604)
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licenziamento. In tale operazione infatti non si potrà non tener conto del principio generale che impedisce alla parte che intende recedere dal contratto di fondare le proprie pretese su fatti e circostanze causati dal proprio inadempimento contrattuale. Tale principio è infatti all’origine di diverse specifiche disposizioni normative. Tra queste si ricorda, anzitutto, per affinità, la previsione frequente nella contrattazione collettiva dell’esclusione dal calcolo del periodo di comporto dell’assenze dovute infortuni sul lavoro e malattie professionali. Ma va a altresì ricordato che all’origine del diritto del lavoratore divenuto idoneo all’assegnazione a diverse mansioni, anche inferiori, riconosciuto oggi a favore di tutti i lavoratori dall’art. 42 d. lgs.81/08 e riconosciuto a favore dei lavoratori avviati obbligatoriamente sulla base della l.n. 68/99 vi è un risalente e consolidato orientamento giurisprudenziale in base al quale salvo il caso di totale inabilità, l’inidoneità parziale determinata dalla violazione delle norme in materia di salute sicurezza sul lavoro non può dar luogo a licenziamento10. Uno stretto collegamento sussiste infatti tra le problematiche connesse a disabilità e la normativa in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, che annovera tra i suoi principi generali quello di adattare il lavoro all’uomo, disposizione che, se non vuole essere intesa come mera affermazione di principio, esige che sia interpretata in senso specifico, riferita cioè alle condizioni dei singoli lavoratori11. In questo senso dispone del resto anche la previsione dell’obbligo del datore di lavoro di tenere conto nell’affidamento dei compiti ai lavoratori «delle capacità e delle condizioni degli stessi». Nel caso del licenziamento del lavoratore disabile per superamento del periodo di comporto, quindi, non si potrà non tener conto anche dell’eventuale antecedente rifiuto del datore di lavoro di adottare quegli accomodamenti che sarebbero stati necessari, non per la conservazione del posto durante le assenze, ma, prima ancora, per consentire al lavoratore di non assentarsi. Va da sé che ciò non significa presupporre che il prolungamento delle assenze del lavoratore disabile sia sempre imputabile al datore di lavoro, ma che si debbano valutare caso per caso le circostanze per cui si è prolungata l’assenza e se parte del prolungamento non dipenda da inadempimento agli specifici obblighi di accomodamenti ragionevoli e, altresì, di sicurezza del datore di lavoro12.
10 V. Cass. 27.06.2017, n. 15972 e da ultimo Trib. Bolzano 20.01.22, n. 18, in de Jure, Trib. Cassino, 20.10.2022, n. 802; Trib. Firenze sez. lav., 18/06/2021, n.478, in De jure
11 Nel senso che la valutazione dei rischi deve essere individualizzata, cioè tenere conto delle specifiche condizioni del singolo Cgue 19 ottobre 2017, Ramos, C-531/15, riferita peraltro a un caso di lavoratrice in stato di gravidanza e sul tema si v. anche Cgue, 11 settembre 2019, C- 397/18, Plastiques Ibérica SA.
12 Nel senso che l’adozione di a.r. è presupposto della legittimità del licenziamento Corte giust. 11.04.2013, HK Danmark, C-335/11 e C-337/11, Corte giust., 10 febbraio 2022, C-485/20, HR Rail Sa, Trib. Catanzaro, 21 maggio 2021, n. 349
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Per altro verso, ci si chiede se, a prescindere da ogni accertamento circa la condizione pregressa del lavoratore, il superamento del periodo di comporto non sia già di per sé sintomo rivelatore della sussistenza di una patologia duratura (con tutte le incertezze che connotano detta caratteristica) tale da giustificare, secondo i correttezza e buona fede, l’attivazione del datore di lavoro al fine di verificare se sussistano le condizioni in relazione alle quali sorge l’obbligo di accomodamento ragionevole. Si tratta invero di un obbligo diverso rispetto alla comunicazione al lavoratore dell’approssimarsi del superamento del periodo di comporto, non riconosciuto dall’orientamento prevalente in giurisprudenza13. È pur vero che la Corte di giustizia ha più volte escluso l’assimilazione tra le fattispecie disabilità e malattia, affermando chiaramente che sia da escludere che i lavoratori siano tutelati dal divieto di discriminazione per handicap non appena si manifesti una qualsiasi malattia14 ma essa ha altresì precisato che la durevolezza della menomazione o della patologia che riduce la capacità lavorativa non deve essere necessariamente essere predeterminata, né può essere valutata ex post, dovendosi invece fare riferimento al fatto che all’epoca del fatto asseritamente discriminatorio, la menomazione dell’interessato non presentasse una prospettiva ben delimitata di superamento nel breve periodo o al fatto che tale menomazione potesse protrarsi in modo rilevante prima della guarigione di tale persona15.
Infine, è utile segnalare come la sentenza del Tribunale di Lecco si allinei altresì all’orientamento che ritiene irrilevante il fatto che il datore di lavoro fosse o meno a conoscenza della riconducibilità delle assenze del lavoratore al suo stato di disabilità. I giudici hanno individuato più di una ragione a sostegno di detta interpretazione. La prima, e più rilevante è costituita dal carattere oggettivo della discriminazione vietata, che opera a prescindere dal suo intento, a protezione della persona disabile e non a fini sanzionatori del comportamento. Sebbene in alcuni casi si sia ritenuto che per configurare un obbligo di scomputo delle assenze connesse a disabilità occorrerebbe ritenere sussistente il correlativo onere di comunicazione del lavoratore16, l’orientamento prevalente ritiene che un simile onere si tradurrebbe in una surrettizia limitazione del divieto di discriminazioni. In alcuni casi, si è altresì osservato come, pur non conoscendo le ragioni delle singole assenze, il datore di lavoro fosse comunque a conoscenza della situazione di rischio disabilità del lavoratore17. Irrilevante è stato poi considerato il fatto che sui certificati medici non fossero barrate le caselle
13 V. da ultimo Appello Salerno, sez. lav., 12/07/2022, n.448 14 Corte giust. 18.01.2018, C-270/16, Ruiz Conejero
15 Corte giust., 1.12. 2016, C-395/15, Mo. Da.
16 Corte App. Torino, 26.10.2021.
17 Corte App. Firenze 26.10.2021, Trib. Roma, 8.05.2018; Trib. Verona, 21.03.2021
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terapie salvavita o patologie connesse all’invalidità18, sia in quanto la mancata indicazione da parte del medico sul certificato di malattia della connessione con lo stato di disabilità ex l. 104/92 o di patologia grave, è fatto sul quale il lavoratore non ha controllo e non modifica la situazione sfavorevole oggettiva in cui egli si trova, sia in quanto secondo i canoni di correttezza e buona fede il datore di lavoro avrebbe potuto, prima di irrogare il licenziamento, attivarsi chiedendo al
lavoratore di fornire la necessaria documentazione, sia, infine, in quanto facoltà di revocare il licenziamento.
Olivia Bonardi
Prof.ssa di diritto del lavoro dell’Università degli studi di Milano
il datore di lavoro ha
18 Trib. Verona, 21.03.2021
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Disabilità e licenziamento discriminatorio per superamento del periodo di comporto - Italian Equality Network Il contributo si propone di fornire un quadro della giurisprudenza nazionale in materia di licenziamento del lavoratore o della lavoratrice con disabilità per superamento del periodo di comporto, dando atto degli importanti progressi compiuti a tutela delle persone con disabilità sulla base della ...

24/02/2023

❗️ Il risarcimento del danno ottenuto dal lavoratore, anche in via transattiva, per la perdita di opportunità di accrescimento professionale, a causa dell’omessa predisposizione di programmi e obiettivi sostenuti dal datore, non è tassabile. Lo prevede l'ordinanza n. 3804/2023 della Corte di Cassazione.

La causa trae origine dall’impugnazione di alcuni dipendenti degli avvisi di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate aveva chiesto la tassazione Irpef sulle somme a loro riconosciute dal datore di lavoro, a titolo di risarcimento del danno.

🧑‍⚖️ Richiesta respinta dalla Commissione Tributaria Regionale: ma la Corte di Cassazione, ribaltando la pronuncia, sottolinea che la perdita di chance di miglioramento deriva dalla carenza di un programma e di obiettivi incentivanti: le somme risarcitorie ottenute, destinate a riparare un pregiudizio, non costituiscono quindi reddito imponibile e dunque non sono soggette a tassazione.

📄 Leggi l’ordinanza completa 👉 https://bit.ly/ordinanza-cassazione-3804-2023

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Orario di apertura

Lunedì 09:00 - 18:30
Martedì 09:00 - 18:30
Mercoledì 09:00 - 18:30
Giovedì 09:00 - 18:30
Venerdì 09:00 - 18:30

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